Già immagino che in alcuni di voi sorgerà il famoso dubbio: suor Umilia Garzoni, ma chi era costei? E che cosa mai rappresenta di fronte alla figura statuaria di Paolo Segneri, denominato non a torto il Cicerone cristiano? Il mio compito sarà quello di farvi intendere e conoscere, quanto meglio possibile, il personaggio e la figura spirituale di questa umile Suora del convento di San Nicola di Lucca, vissuta nel XVII secolo, e il suo rapporto con il grande predicatore padre Paolo Segneri.(1)
A proposito di Lucca, viene alla memoria il passo dantesco del canto dei barattieri (Inf., XXI, 36-40): " [...] O Malebranche, / ecco un delli anzian di Santa Zita! / Mettetel sotto, ch'i' torno per anche / a quella terra che n'è ben fornita: / ogn'uom v'è barattier, fiior che Bonturo ". Quello che a noi qui più interessa non è tanto l'accento satirico dei versi danteschi, quanto il ricordo di Santa Zita. Santa Zita era vissuta fra il 1218 e il 1272, nata in un villaggio vicino a Lucca ben quattro secoli prima della Suora. La sua figura ascetica ebbe molte virtù spirituali simili a quelle della Garzoni: questo è il motivo del suo richiamo alla nostra memoria. Infatti un biografo ci riferisce fra l'altro che Santa Zita "digiunava rigorosamente tutto l'anno [...] camminava a piedi ignudi, dormiva sulla nuda terra, e talvolta per delizia sulla tavola, portava una fune, sì strettamente cinta alle reni, che dopo la morte si trovò la corda entrata due dita nella carne [...]. La sua umiltà [un tema questo su cui più tardi ritorneremo] corrispondeva alle altre sue virtù ".(2) Ma l'identificazione da parte del Poeta della città di Lucca con la santa sta a indicare il suo sdegno per tanti peccatori, cittadini di grado elevato, di fronte alla semplicità e alla pietà religiosa di Zita, che aveva trascorso la sua vita nell'attività di umile fantesca. Per noi l'accostamento con la monaca lucchese nasce da quella somma di virtù che unì spiritualmente a tanta distanza di tempo le due pie donne. E se Zita si conquistò larga fama, Umilia appare una personalità nascosta, dimenticata, la cui memoria risulta un simbolo di umiltà e di mortificazione grazie proprio all'opera del padre Segneri, che ha lasciato un significativo ricordo di lei.
L'editore delle lettere dirette a suor Umilia, il padre Giuseppe Boero (che le pubblicò a Napoli, nel 1848, in una Raccolta di Lettere inedite del Segneri) riferisce che poco dopo la morte dell'Autore la monaca aveva fatto una scelta di quelle lettere, come riferiva in una missiva, che aveva inviato ad un personaggio a noi ignoto, con la preghiera che le fossero poi restituite " per darle alle persone che me le chiedono per divozione ", aggiungendo di averne bruciate molte. In quella lettera ricordava anche: " Io avrei molto da dire di lui, come di avermi profetizzato molti anni avanti che sarei Superiora e che sarebbe morto avanti a me, e molte altre cose che si son avverate ".(3) Le lettere giunte fino a noi sono una sessantina, e vanno dal 7 marzo 1665 al 16 maggio 1694, cioè fin quasi alla morte del Segneri, avvenuta a Roma il 19 dicembre 1694. Come ben si comprende, in sostanza il materiale delle lettere dirette alla Garzoni appare piuttosto scarso, se si tiene presente che molti documenti andarono perduti probabilmente nello stesso convento. Tuttavia l'esigua quantità dei testi superstiti già di per sé fa supporre che dovesse esistere un ampio carteggio nei trent'anni di corrispondenza fra i due personaggi.
Noi non sappiamo nulla dei primi passi della vita di suor Umilia, neppure della sua fanciullezza o dell'adolescenza, o dell'ingresso nel convento lucchese come novizia. E dal carteggio è possibile dedurre che il rapporto epistolare non fosse soltanto molto ricco, ma anche complesso, non formale. Anche se molte delle lettere di suor Umilia al Segneri fino ad ora risultano del tutto perdute, certamente la figura del grande predicatore rivela nell'incontro con l'umile sorella un aspetto meno conosciuto della sua attività. Infatti occorre tener presente che qui appare evidente non tanto il personaggio famoso del predicatore, quanto quello del direttore spirituale, con una natura profondamente umana, che si trova a colloquiare con un'anima, come quella della monaca, agitata e penata di continuo, in cerca di tranquillità, ma piena di dubbi sul percorso da tenere nella sua perfezione spirituale: le ansie, le contraddizioni, la speranza di avvicinarsi a Dio ne distinguono la personalità. E il Segneri appare un santo vivente, ma anche un uomo che comprende le cadute e le incertezze della Suora, sebbene talvolta - ma di rado - sembri come infastidito. Il grande predicatore, in quanto uomo proteso nella via della salvezza, non può nascondere le proprie debolezze o insofferenze. Singolare è l'inizio della lettera scritta a Firenze il 26 novembre 1680:
[...] Voi vorreste sempre i Padri spirituali a la cintola, e questo non può ottenersi. Bisogna saper nuotare ancora da sé, né aver subito a spaventarsi se manchi chi vi sostiene. Non avete dentro di voi Gesù Cristo? e che cercar di più? (4)
Qui il Segneri si rivela più intimo e persuasivo, di animo schietto, sagace osservatore del cuore umano, confortatore, uno che in realtà conduce un discorso diretto non alle folle ora plaudenti, ora flagellanti dei numerosi ascoltatori (peccatori e non), ma ad un solo corrispondente, e tuttavia non manca anche un interesse per gli altri, specie per le altre monache, le sorelle forse meno turbate ma più disciplinate di suor Umilia. Qui l'ufficio non è tanto quello di portare le anime alla fede, quanto piuttosto di comportarsi come un consigliere esperto e intelligente. E Segneri non si propone di avviare la propria discepola ad una sorta di misticismo sterile, piuttosto di guidare un'anima travagliata attraverso il grande insegnamento dell'umiltà. È questa appunto l'essenza dell'esempio e dell'insegnamento del Segneri ispirato dalle parole dell'evangelista Luca: " Qui se humiliat exaltabitur " (14, 11; 18, 14).
Scorrendo i vari documenti nella loro sequenza cronologica avvertiamo subito la spiritualità inquieta della Suora, insieme alla parola con-solatrice, profondamente umana, del Segneri, che nella lettera del 10 febbraio 1665 informava Umilia di aver pregato " davanti la tomba di S. Antonio " ed approfittava per chiedere come augurio che " fossero del tutto svanite quelle tentazioni di diffidenza che v'ingombrano ", concludendo con questa metafora: " dopo un pò di nuvolo sarà tornato il sole ". " Sapete che in ogni tempo bisogna cercare Dio dal chiaro all'oscuro ".(5) Metafora a lui cara, che ritroviamo anche in una lettera del 17 novembre 1673: " dopo un po' di nuvolo sarà ritornato il sole, così dopo le nuvole viene il sole più luminoso, o almeno più accetto ".(6) Ma questa, che in realtà costituisce una semplice mossa dell'oratoria, doveva significare agli occhi di suor Umilia già il segno del trapasso della fastosità della retorica sentimentale dell'epistolografìa secentesca (a volte anche narrativa e spontanea) in sostanza autobiografica, che informa di un carattere ben definito ciascuna lettera, e attraverso la forza espressiva denota la personalità dell'Autore, il quale nonostante gli slanci - qui misurati - della propria fede, comunica una insuperabile malinconia che occupa l'atmosfera del narrato e accompagna l'itinerario verso la tanto desiderata unione con il Dio infinito, quale premio della propria condotta.
Ed ecco riaffacciarsi alla mente il tema dell'umiltà, come nella vicenda di Santa Zita, senonché in questo caso l'uso di una lingua comune non può far ignorare i richiami all'ampia cultura sacra di Paolo Se-gneri, sia pure espressi in forma modesta: alla monaca egli dice che non è il caso di approfondire i problemi dello spirito, " perché non avete dottrina ",(7) ma solo di essere ubbidiente alla regola conventuale. Di qui l'" ammaestramento " che rappresenta un soccorso per colei che vuole mantenere un continuo colloquio con Dio, per cui egli afferma: " mi rallegro che il Signore sia tornato sì lieto nell'animo vostro "; e le ricorda che deve essere sempre presente l'annegazione, o meglio " l'annegamento " in Dio che è al tempo stesso una negazione della " volontà ", qualcosa che è " la maggiore conquista che possa farsi ".(8)
Agli ammaestramenti si accompagnano le voci di moderazione dei fervori mistici, che si concretano in inviti ad attendere, ad avere pazienza, ad avere la capacità tutta umana di " aspettare ", un'attesa che consente - a chi attende il Bene - di rincuorarsi, ed evita l'avvilimento e la sfiducia, anche quest'ultima un sentimento tipicamente umano. Le inquietudini premono il cuore di Umilia; ora è dubbiosa se sia il caso di comunicarsi ogni giorno, ora non sa se deve affaticarsi nei lavori conventuali, che potrebbero impedirgli di mantenere un rapporto continuo con Dio per mezzo delle orazioni e delle contemplazioni, ora invece è in ansia per il suo futuro, ora teme le tentazioni del Demonio, " il nimico "(9) che con somma facilità può impossessarsi delle anime deboli. D'altra parte è anche vero che Dio, agli spiriti profondamente tormentati dall'amore per Lui, dona insieme gioie e pene; ne consegue che occorre rifugiarsi nelle " derelizioni ",(10) abbandonarsi completamente a Lui, nell'angoscia disperata della vana attesa. Ma spesso il colloquio impostato sulle disillusioni provate nel non poter raggiungere il Paradiso sì fa più drammatico, mentre la parola profondamente umana del direttore spirituale insiste sull'opportunità " di aspettare che il Signore vi chiami ", e suggerisce di " sottomettere in tutto la volontà alla disposizione divina".(11) Le lezioni su questo argomento ritornano continue e insistenti, ma non ripetitive. Deve cercare Dio " al chiaro e allo scuro ", accrescere l'unione spirituale con Lui, impegnare se stessa e tutte le Suore ad amare il Signore: " la vostra vita non ha altro da essere se non aspettare perpetuamente il Signore ", e facendo un'eco lontana alla dottrina del probabilismo: " Se poi il Signore vi tira a sé è difficile ripugnarli, massimamente ch'io non credo che una tal quiete vi nuoca alla sanità".(12) Ma ecco ancora la voce consolatoria e pacificatrice di uno spirito tormentato: " i due dubbi che vi angustiano sono fatti dal volere a tutti gli straordinari dar frutto di voi medesima ".(13) E ancora:
della varietà che trovate nella vostra anima, ora consolata, ora afflitta, non dovete meravigliarvi. Dice Santa Teresa che il mal sarebbe quando l'anima stesse sempre a un modo, perché quello sarebbe un modo sospetto, altero, che, come nella natura ha voluto il Signore che vi sia giorno e notte, così è anco nella grazia.(14)
Attraverso queste lezioni avvertiamo che l'umanità del Segneri si rivela sempre in ogni momento composta ed equilibrata; la capacità di contemplare e giudicare gli atti umani nel quotidiano, giorno per giorno, si arricchisce e si varia andando incontro alla personalità dell'individuo che in lui si rifugia e confida.
Appare evidente come non sia mai assente, tuttavia, insieme ad una salda struttura logica, la capacità di rappresentare i dati della realtà psicologica, in queste prose, fenomeno che accade più spesso quando, sia pure sinteticamente, l'Autore si sofferma sulle pratiche ascetiche, tendenti a dominare gli impulsi almeno apparentemente disordinati di suor Umilia, in realtà sempre diretti alla perfezione spirituale, com'è nel caso delle mortificazioni.
Qui il discorso si appunta infatti sul principio che la prima cosa su cui dobbiamo mettere gli occhi, per mortificarla e sradicarla da noi, è proprio quella passione predominante che in certa misura fa deviare anche i fervori ascetici. È necessario, scrive Segneri, darsi " il torto in tutte le cose ",(15) mettendo in evidenza in qualche modo gli sforzi di suor Umilia, che va protestando per supposte ingiustizie commesse nei suoi confronti, per cui risulta utile soffrire le mortificazioni esterne, distinguendole da altre ricevute quotidianamente. Comunque occorre possedere un chiaro senso della vita scelta, particolarmente dalle persone spirituali, trattando con riguardo la propria salute fisica, che è appunto un dovere anche dell'individuo teso all'incontro sempre più stretto con Dio: " il corpo è servo, e però bisogna farlo faticare, ma sostenerlo; e bisogna tenerlo basso, ma non ucciderlo ",(16) concetti che non si riferiscono solo a Segneri, ma in primo luogo alla stessa corrispondente. E il padre ben conosce a quali fatiche e sofferenze sottopone se stesso, anche durante le Missioni, insistendo su quelle che chiama mortificazioni esterne che a volte si manifestano appunto attraverso supposte ingiustizie e patimenti, ricordando alla discepola " di dar sempre a voi torto, all'altre ragione, che però scusate ancora sempre quelle che disapprovano l'azioni o vostre o delle vostre compagne, né mai con chi vi sia vi scappi di bocca che vi perseguitano, che v'invidiano o altro somigliante vocabolo ".(17) C'è in sostanza un discorso semplice, ma ricco di sapienza popolare, che deriva dall'esperienza ma anche dalla preparazione culturale del Gesuita, che parafrasa, spiega, commenta senza esplicitarle le testimonianze antiche e moderne da San Girolamo a San Giovanni della Croce, a San Vincenzo de' Paoli. Si avverte di conseguenza un rapporto costante fra l'esiguità delle pagine e il valore simbolico della loro significanza, senza quasi mai far apparire l'attrito fra la vita quotidiana e l'intensa aspirazione " a farsi santo ".(18) Si attua così uno scambio ininterrotto di esperienze, segnalate indirettamente nei colloqui fra lei impegnata nella vita contemplativa e lui occupato con estremo fervore nelle sue Missioni a Milano, a Padova, a Piacenza, a Ferrara ed in tante altre piccole o grandi città, di lei che vive negli spazi ristretti e limitati di un convento, e di lui impegnato nelle prediche affollate di gente del mondo, di lei che vive i problemi di una piccola comunità, dove ciò che conta e che crea qualche diversivo sono " le avversioni delle altre ",(19) la condizione di " serva di strapazzo ",(20) l'occasione di ricevere mortificazioni in qualunque luogo del convento come nel refettorio, l'assoggettamento completo alla volontà altrui.(21) " Abbandonatevi in mano alla Superiora quale corpo morto " egli dice, " e sappiate che ciò più vale di tutte l'estasi, che forse in altre invidiate",(22) poiché questa è l'unica strada per farsi santa.
Insomma la lezione del direttore spirituale si sviluppa su tanti temi a guisa di diario, in una parafrasi continua delle Sacre Scritture, attraverso lo scindersi dei pensieri, i primi piani della figura del Cristo, le rappresentazioni delle inquietudini e delle consolazioni. Così in mezzo alle parole consolatrici ed esortatrici del Padre vengono alla luce gli oggetti del mondo, l'albero della fonte, l'aria della torre, i momenti del tempo, la notte oscura, l'aurora, ma anche gli animali come l'asinello che " per la debolezza non può più reggere al peso " che " non bisogna volerglielo fare tutto portare a sua marcia a forza, ma ristorarlo tanto che rinfranchi le forze ",(23) con un'immagine popolare che da nuovo colore a questo umano insegnamento della virtù. In questa maniera l'ardore spirituale, il fuoco d'amore, l'esperienza mistica si incentrano in un'aura : terrestre, nel tentativo di rendere più umana l'elevazione a Dio. Il predicatore che aveva dovuto ora con dolcezza ora con severità spronare i peccatori, dalla natura diversa e talvolta riottosa, doveva con suor Umilia tenere presenti le leggi claustrali, la regola, al di là della propria personale cultura, doveva dimostrare una preparazione spirituale e teologica, insistendo su argomenti fondamentali come quelli della perfezione o della mortificazione, o quello dell'umiltà, espresso, invocato e commentato, ripetuto con affermazioni in apparenza disperse e isolate, ma mai dimenticate o interrotte, che si accumulano nelle varie pagine, con semplici formule espressive, termini di confronto, voci di natura popolare. È qui che si fa palese l'esperienza mistica consapevolmente sofferta dei due personaggi, sempre nella ricerca dell'unione con Dio, attraverso una sapiente e delicata tonalità della narrazione, senza fronzoli o vacue preziosità lessicali. Proprio nelle affermazioni sull'umiltà, che richiamano maggiormente la nostra attenzione, si rivela una rigorosa concatenazione logica, nella quale emerge dapprima l'impulso, poi fa seguito l'anelito, ed appresso il fervore, spicca la matura introspezione, il severo riordinamento, l'indugio delle analisi, quindi lo stile e l'eco delle prediche riprendono voce in forma sintetica, con una più incisiva forza conoscitiva.
Aveva detto Sant'Agostino che l'umiltà è il fondamento di tutte le virtù, e più tardi San Bernardo aveva parlato lungamente dell'umiltà. La tradizione cristiana ne aveva fatto un principio fondamentale per il perfezionamento spirituale, tanto che Tommaso da Kempis aveva scritto che " le persone umili, che si tengono basse in se stesse ed amano esser tenute dappoco e disprezzate dagli altri, piacciono sommamente a Dio " con un tono mistico denso di affetto, che si fonda sull'amore e sulla grazia, per raggiungere uno stretto rapporto interiore con Dio. Volendo, potremmo ricordare uno stuolo di religiosi e di santi che hanno sperimentato la via dell'umiltà quale mezzo più idoneo a vincere passioni e dubbi. Segneri, seguendo in parte la tradizione, svolge con molto garbo il suo metodo persuasivo di fronte alle debolezze di suor Umilia, incitandola ad esercitare senza indugi l'umiltà, poiché è necessario, invece di affliggersi e lamentarsi inutilmente, conservare sempre una " cordiale umiltà ";(24) e cade a proposito l'occasione di sottolineare l'aggettivo " cordiale " in una prosa nella quale non abbondano gli aggettivi. " Cordiale " è una voce viva nel Trecento, ma più usata proprio nel Seicento e vale " di cuore, che viene dal cuore, affabile, commosso, sentito profondamente e intimamente "; quindi la " cordiale umiltà " è un sentimento che allo stesso tempo permette di frenare ogni grandezza e indica certe limitate facoltà umane. Nel Trecento a Faenza era vissuta una badessa, analfabeta, autrice di modeste opere spirituali, ed aveva condotto umilmente la propria vita, appunto operando con umiltà, così da acquistarsi il nome di Santa Badessa; ed Umilia doveva comportarsi nello stesso modo con le proprie sorelle, secondo quello che Segneri le scriveva: " Siate umile, facendo alle più vecchie tutti quegli atti di carità che potete, perché questo è adempire alla legge di Cristo ".(25) " Esaltandovi in prove di continua umiltà e di umiliazione, abbracciando volentieri quelle occasioni che Dio vi manda, potrete patire presso altri di qualche discredito ".(26) Ma ciò non conta; e Segneri insiste nel chiedere il rispetto della " cordiale umiltà " così interna che esterna. E ancora: " Fatevi santa " perché a ciò conviene aspirare, ma questa è una meta che può essere conseguita solo " umiliandosi ".(27) D'altra parte San Bernardo aveva pure detto che tutti quelli che hanno voluto veramente arrivare al possesso dell'umiltà si sono dati interamente all'esercizio delle umiliazioni, perché sapevano che quella era la via più spedita e più corta. E il Segneri avvertiva suor Umilia di tenersi sempre forte nell'umile cognizione di se stessa, ciò che è la base dell'edificio spirituale. E tali continue lezioni di umiltà sono l'essenza dell'arte di queste semplici prose.
Il modo di esprimersi di Segneri è sempre denso e conciso, con una tendenza evidente alla concentrazione e alla rapidità, ad un vigore espressivo che vuole nel felice tessuto prosastico riuscire persuasivo, ma breve. Non troviamo nelle lettere lungaggini o enfasi, né abbandoni o indulgenze nelle esortazioni o nelle esclamazioni ammirative. La sostanza dei discorsi riposa su opinioni ben meditate, non bisognose di commenti, dando origine a un dialogo fra due solitari che concordano nel riconoscere che la via della santa umiltà è la strada da percorrere per raggiungere la beatitudine di servire e patire con Cristo.
Ma se è vero che l'umiltà è uno dei tratti distintivi dell'interiorità segneriana, è anche vero che altri motivi non meno interessanti, legati all'esperienza e all'attività dei Gesuiti, fanno spicco nelle lettere, come quelli dell'orazione, della penitenza, della salute fisica, della vita attiva di un convento di suore, o dell'opera di promozione dello stesso direttore spirituale. Né dobbiamo dimenticare l'equilibrio e la moderazione di questo severo ma umano sacerdote, che prosegue anche all'interno del convento la sua opera di missionario. Alla fine di ogni lettera domanda di pregare per lui, di aiutarlo a redimere i propri peccati, affinché con l'aiuto di Dio egli ottenga il profitto delle sue azioni spirituali: " Si avvicina per me il tempo delle fatiche " (cioè delle missioni); " Pregate Iddio che tutte debbano riuscire a sua gloria ".(28) " [...] Giacché voi dite che il Signore vi concede quanto voi gli sapete chiedere,(29) chiedetegli che mi faccia suo vero servo a dispetto della mia infedeltà, e della mia ingratitudine ".(30) " [...] Piuttosto vorrei che mi contentaste, tutto che da lontano, di aiutarmi presso il Signore, che vi concede tutto, non bramando altro che risorgere dalle mie iniquità ".(31) E di nuovo torna in modo incisivo il sentimento dell'umiltà, e l'invito a suor Umilia a pregare per lui " perché m'impetri che Dio mi dia luogo nella gloria del Paradiso ".(32)
Accanto a queste affermazioni ritornano gli ammaestramenti e le esortazioni fondamentali a dirigere la condotta di vita di suor Umilia. Cominciamo dall'esercizio della preghiera, individuale (o mentale) e collettiva: le orazioni. Si tratta di istruzioni ben precise, che guidano all'elevazione verso Dio, istruzioni che suor Umilia deve seguire, se vuole veramente raggiungere il fine di " farsi santa ",(33) ma anche in questo caso operando con discrezione, senza lasciarsi trascinare da pericolose fantasie, seguendo piuttosto le norme stabilite dal Concilio Tridentino per non cadere in gravi errori: " E solo per vostro ammaestramento avvertite di non fondarvi nell'orazione, se non su quelle verità che son di fede e come tali assai note ".(34) D'altra parte nel vangelo di Luca si legge: " oportet semper orare et non defìcere " (18, 1). È evidente che non esiste uno strumento migliore della preghiera, e pertanto dobbiamo concepirne stima grande e grande amore, ed usare ogni diligenza per farla bene. E Segneri fa eco all'evangelista quando scrive: " Desidero poi che mi diciate [...] le grazie che il Signore, come voi affermate, vi comunichi nell'orazione ".(35) Talvolta la natura di Umilia le fa sorgere dubbi e inquietudini, ma ecco che subito corre in aiuto il direttore spirituale, ammonendola: " solamente avvertite di non andare a bello studio ricercando nei libri se ritrovate i vostri modi conformi a quelli che si leggono di più anime sante, perché potete in ciò correre dei pericoli ancor grandi ",(36)
Fra i problemi che il Segneri dovette affrontare nelle Lettere fu anche quello delle penitenze, cioè quelle opere che giovano a raggiungere la perfezione spirituale attraverso l'espiazione del peccato e la repressione degli istinti peccaminosi. La parola penitenza indica per via di sineddoche un cordiglio fornito di nodi e usato quale rozza cintura o come cilicio.3' Suor Umilia ha bisogno di essere guidata anche in questi esercizi di purificazione. D'altra parte delle pratiche penitenziali di Segneri ci riferisce ampiamente il padre Pinamonti nella sua Lettera al Padre Rettore del Collegio di Firenze sopra le virtù del Padre Paolo Segneri, scritta dal Padre Giovanni Pietro Pinamonti per commissione di Cosimo III,(38) in cui si legge:
Quanto alle Penitenze, domandò allora al suo confessore la licenza di poterne far tante, quante egli stesso prudentemente giudicasse di poter sopportare senza pregiudizio delle forze necessarie per il suo impiego, e con questa licenza prese a farne molte, come dirò.(39)
Apprendiamo infatti che " faceva d'ordinario più d'una volta il giorno la disciplina "(40) (cioè un fascio di funicelle, o cinghie o fili di metallo intrecciati usati per percuotere il corpo), e " su gli ultimi anni la faceva ogni dì tre volte, la mattina, il giorno e la sera ",(41) ripetendo " in queste flagellazioni [...] le parole del Dies illa "(42) E il lettore, seguendo il racconto del biografo, scopre che questa disciplina era per il Segneri la più lieve, perché egli era solito seguire altre pratiche ben più dolorose.
Le lettere riecheggiano quei comportamenti, ma documentano anche le abitudini della Suora. E qui senza alcuna indulgenza a forme barocche, in un procedimento di condensazione di norme ben precise, nella preoccupazione di aderire alle richieste della Suora ricca di fervore, rigidamente decisa a percorrere la via della perfezione nella dedizione a Dio, senza dimenticare tuttavia che si trova di fronte a una persona dalla salute inferma, il rigido penitente Segneri, consapevole della durezza di certi esercizi, sceglie di raccomandare un indirizzo di condotta più umano. Con espressioni incisive e più idonee egli intende frenare e limitare le pratiche penitenziali, a tutela della salute fisica della Suora, a rischio di produrre risposte negative di suor Umilia o giudizi contrari da parte delle consorelle. Ecco che il confessore ha stabilito norme precise, e Segneri afferma che ha fatto bene " a non vi concedere di andare scalza in questi tempi freddi, perché questa penitenza è di natura contraria alla vostra disposizione di idropisia [...] "(43) " Le discipline fatele, ma senza effusione di sangue ".(44) " Quanto alla penitenza il signor Primicerio fa bene a tenervi a briglia corta "(45) " Alla brama che vi accende, [...] di far penitenza corporale, soddisfate con la disciplina solita d'ogni giorno, e state sana ".(46) Occorre però esortare la Suora con indicazioni convincenti, e così afferma pure che " le fatiche sono invece le vere penitenze, e piacciono a Dio ".(47) " Rompete la vostra volontà negli eccessi a cui vi trasporta ad un fervore di penitenza inconsiderato ".(48) L'accenno alle " fatiche " ci introduce nella vita del convento, dove una Madre Priora segue Umilia, convinta anch'essa che le fatiche suppliscono le penitenze, e sono più care a Dio perché al confronto rappresentano un " debito d'ufficio ".(49) E viene ribadito spesso il medesimo concetto, con una particolare attenzione al rispetto della salute fisica, con un'esplicita volontà di convincere la corrispondente senza deluderne le attese, con una sottile descrizione del tipo di discipline e l'indicazione di quelle che suor Umilia non deve fare:
[...] nelle penitenze lasciatevi regolare dal P. Confessore, ma anteponete a questa il far bene all'ufficio vostro, e però lasciate star quelle che ve lo impedirebbero, come sono il perder sonno la notte, ed altre cose tali. Il cilicio non è per voi, fate la disciplina, ma non a sangue. Se quella che già riceveste è già sì logora, è perché voi non l'avete incerata bene prima di porta in opera. Quelle di corde di fiuto presto rompon le carni, e però non si possono adoprare continuamente.(50)
Io ho consegnato tuttavia per voi al P. Pinamonti che vien costì, la disciplina tante volte richiestami di funicelle ritorte che meno offende. (51)
Ancora una volta ci troviamo di fronte a un'umile prosa, freddamente condotta, elementare nella sua rappresentazione, nuda e schietta, come si rileva dall'umano impulso di elevazione che le è sotteso.
Seguendo le lettere abbiamo potuto scrutare l'anima di suor Umilia Garzoni attraverso la testimonianza diretta del Segneri. Ci siamo serviti della storia di un'anima, senza le risorse di fonti letterarie. Tuttavia penso che qualcosa si possa ricavare da questo semplice materiale. Abbiamo visto come qui prevalga un discorso legato ad una lunga tradizione spirituale, di tono popolare; e abbiamo avvertito che quando di cultura si deve parlare bisogna riferirsi alle Sacre Scritture, alle biografie dei santi, alla tradizione ascetica della perfezione cristiana.
Dal lato umano l'arte della parola, spoglia e disadorna, ci mette di fronte a due anime che vivono intensamente la loro vita spirituale, in una dimensione impenetrabile alla cultura moderna, mentre le operazioni divine che le impegnano suscitano una desolante nostalgia, e tuttavia per un attimo offrono alla vista uno spiraglio di salvezza e di pace per i nostri comuni affanni.
AULO GRECO
Custode generale dell 'Arcadia
NOTE
1 - Cfr. Lettere inedite del padre Paolo Segneri della Compagnia di Gesù, raccolte e pubblicate a cura di Giuseppe Boero, Presso G. Nobile Libraio-2 Editore, Napoli 1848.
2 - Biografia Sacra: Vita de ' Santi distribuita per tutti i giorni dell 'anno raccolta dagli Atti de ' Santi pubblicati dai PP. Bollandisti e da altri autori. Opera di un P. della Congr. dell'Oratorio, tomo IX, mese di aprile, giorno 27, s.v. " S. Zita ", Roma, Gio. Batt. Rechi editore, 1836.
3 - Cfr. suor Umilia Garzoni, lettera datata Lucca, 27 febbraio 1695, in Lettere inedite del padre Paolo Segneri della Compagnia di Gesù, cit., pp. 64-65 : nota 1.
4 - Lettere inedite del padre Paolo Segneri della Compagnia dì Gesù, cit., p.137.
5 - Ibidem, pp. 64-65.
6 - Ibidem, p. 118.
7 - Ibidem, p. 96 (S. Chiara, 29 novembre 1667).
8 - Cfr. ibidem, pp. 90, 93, 96, 117, 141 (Milano, 16 febbraio 1667; Ciciana, 6 agosto 1667; S. Chiara, 29 novembre 1667; Pisa, 20 marzo 1673; Firenze, 7 febbraio 1682).
9 - Ibidem, p. 158 (Firenze, 9 novembre 1686).
10 - Ibidem, p. 110 (Piacenza, 10 maggio 1670).
11 - Ibidem, p. 146 (Missioni di Bologna, 20 maggio 1683).
12 - Ibidem, p. 118 (Parma, 17 novembre 1673).
13 - Ibidem, p. 149 (Firenze, 17 febbraio 1684).
14 - Ibidem, p. 154 (Firenze, 27 dicembre 1685).
15 - Ibidem, p. 90 (Milano, 16 febbraio 1667).
16 - Ibidem, p. 67 (Padova, 14 aprile 1665).
17 - Ibidem, p. 90 (Milano, 16 febbraio 1667).
18 - Cfr. ibidem, p. 104 (Mantova, 6 febbraio 1669).
19 - Ibidem, p, 111 (Piacenza, 3 luglio 1670).
20 - Ibidem, p. 93 (Ciciana, 6 agosto 1667).
21 - Cfr. ibidem, p. 131 (Lucca, 15 novembre 1677).
22 Ibidem, p. 130 (Pisa, 10 aprile 1677).
23 - Ibidem, p. 145 (Firenze, 6 febbraio 1683).
24 - Ibidem, p. 90 (Milano, 16 febbraio 1667).
25 - ìbidem, p. 105 (Ferrara, 25 marzo 1669).
26 - Ibidem, p. 65 (Padova, 10 febbraio 1665).
27 - Ibidem, p. 104 (Mantova, 6 febbraio 1669).
28 - Ibidem, p. 65 (Padova, 10 febbraio 1665).
29 - Con queste parole Segneri si riferisce ai momenti della contemplazione e delle visioni. Cfr. ibidem, p. 109 (Missioni di Piacenza, 5 maggio 1670).
30 - Ibidem.
31 - Ibidem, p. 153 (Firenze, Sabato Santo del 1684).
32 - Cfr. ibidem, pp. 169, 189 (Firenze, 13 novembre 1689; Roma, 25 aprile 1693).
33 - Cfr. ibidem, pp. 104, 140 (Mantova, 6 febbraio 1669; Missioni di Bologna, 6 settembre 1681).
34 - Ibidem, p. 96 (S. Chiara, 29 novembre 1667).
35 - Ibidem, p. 109 (Missioni di Piacenza, 5 maggio 1670).
36 - Ibidem, p. 136 (Firenze, 15 febbraio 1680).
37 - Cfr. ibidem, pp. 148, 157, 158 (Firenze, 27 novembre 1683; Firenze, 19 ottobre 1686; Firenze, 9 novembre 1686).
38 - Lettere inedite di Paolo Segneri al Granduca Cosimo terzo, tratte dagli autografi, a cura di Silvio Giannini, Firenze, Felice Le Monnier, 1857, pp. XXXIX-LX.
39 - Ibidem, p. XLI.
40 - Ibidem, p. XLII
41 - Ibidem.
42 - Ibidem, p. XLIII.
43 - Lettere inedite del padre Paolo Segneri della Compagnia di Gesù, cit, p. 117 (Pisa, 20 marzo 1673).
44 - Ibidem.
45 - Ibidem, p. 132 (Firenze, 7 gennaio 1679).
46 - Ibidem, pp. 133, 136 (Firenze, 5 agosto 1679; Firenze, 15 febbraio 1680).
47 - Ibidem, p. 137 (Firenze, 16 luglio 1680).
48 - Ibidem, pp. 137-38 (Firenze, 26 novembre 1680).
49 - Ibidem, p. 150 (Firenze, 17 febbraio 1684).
50 - Ibidem, p. 132 (Firenze, 5 agosto 1679).
51- Ibidem. |