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LE VIE DEL "CASTELLO"

Laura Baiocco

 

Via dello Steccato e Via del Cavone
Le due vie sono i resti del cammino di ronda posto sulla sommità delle mura castellane. Al completamento con una struttura lignea del suo muretto di protezione o alla presenza di una ringhiera in legno della scala di accesso al lato est può essere legato il nome di Via dello Steccato. Su questa camminamento gli ingressi delle abitazioni che vi prospettano sono stati aperti in epoca relativamente recente; la via non è, infatti, presente in un rapporto del vicegovernatore di Nettuno del 1857 nel quale sono indicati i nomi di tutte le vie e piazze cittadine, comprensive per ognuna del numero degli ingressi delle abitazioni.


Ingresso al Cavone
che dalla base delle mura permetteva
una rapida salita in Via del Forno a Soccio


Il dirupo che dal lato mare delimita la parte più antica dell’abitato era in origine privo di opere murarie. L’accenno presente nell’iscrizione della torre del palazzo baronale a nuove fortificazioni fatte da Marcantonio Colonna può essere relativo alla sistemazione di questa parete. Anche dopo i restauri operati alle mura dallo Stato Pontificio nel 1867 la parte della falesia prossima alla Rocca degli Orsini fu lasciata allo stato naturale; la nuda parete indicata come il “Cavone” ha dato prima il nome al corto vicolo che partendo dall’attuale Piazza Marconi ne permetteva l’affaccio, e poi a tutto il tratto della “Marciaronda” che si arresta a lato del Palazzo Segneri.
Dopo la seconda guerra mondiale la parte del camminamento che si affacciava sul “Cavone” è stata arbitrariamente chiusa da un privato con un cancello, anche grazie alla tiepida opposizione delle autorità cittadine; queste in seguito hanno autorizzato i proprietari delle case di Via dello Steccato alla sua chiusura notturna con due cancelli.
Cavi o Cavoni erano chiamati i passaggi praticati sotto le abitazioni del borgo medievale per i quali dalla base delle mura, si poteva giungere direttamente nell’interno del paese. Oltre a questo, che era anche attrezzato con una scala, ne esistevano altri due: uno sbucava in Via del Forno a Soccio, in corrispondenza della porta marmorea, aperta nelle mura sottostanti, e l’altro in Via del Baluardo, all’altezza della porta est.


Portale d’ingresso dell’abitazione
di Giacomo Filippo De Baptistis
in Via del Baluardo

Portone di cantina
in Via del Baluardo.
di R Alfonsi.

 

 

Le Vie di Sopra, di Mezzo e di Sotto
Erano questi i nomi delle tre vie parallele che da Piazza Colonna raggiungono il limite est del borgo medievale.
La Via di Sopra prese in seguito il nome di Via del Baluardo, perché da essa si poteva salire sulle mura e raggiungere il torrione di Urbano VIII. Era collegata attraverso un passaggio coperto, il Vicolo del Baluardo, alla Via di Mezzo, attuale Via Andrea Sacchi. La Via di Sotto costeggiava il palazzo dei Pamphilj, ed era conosciuta anche come Via della Fontana perché raggiungeva l’acqua sorgiva della Fontana Vecchia.
Nella secondametà dell’Ottocento è stata intitolata a Stefano Porcari per il porcellino presente nello stemma di una sua abitazione, oggi distrutta.
In realtà la casa era quella del ravennate Roberto de Porcellinis come è stato chiarito da Giuseppe Tomassetti.
Alcuni ciceroni spacciano questo come stemma dei Porcari, nobili Romani, e indicano quivi la casa del celebre Stefano Porcari. Siamo invece innanzi ad un nobile Porcellino Ravennate, del resto ignoto nella storia di Ravenna e di Roma.

 

Piazza Colonna e Via della Rocca
La piazza prendeva il nome da un grande rocchio di colonna, eretto come un monumento in un suo lato; in origine era un campo mantenuto libero per le necessità difensive della Rocca degli Orsini, che vi incombeva con una delle sue facciate. Dedicata con l’unità d’Italia al re Vittorio Emanuele, fu trasformata in Piazza Marcantonio Colonna al termine della seconda guerra mondiale, ritenendo che il vecchio nome si riferisse alla famiglia Colonna; le stesse vicende hanno coinvolto il vicolo che vi conduce.
Via della Rocca era il breve vicolo cieco sottostante il palazzo baronale che costeggiava un lato della Chiesa del Sacramento; su di essa si aprivano solo quattro ingressi di abitazione.


Via del Quartiere fine Ottocento,
prima dell’apertura sulla via esterna al borgo.

 

 

Via del Quartiere e Via della Mola
La difesa di Nettuno e del suo litorale era tradizionalmente affidata, al tempo del dominio della Chiesa, a soldati Corsi, integrati da una milizia locale. La loro caserma o quartiere comprendeva l’area che oggi è in gran parte occupata dal Palazzo Nuovo Camerale; vi si giungeva da piazza Colonna attraverso il vicolo, al tempo cieco, che ha conservato il nome di Via del Quartiere. La torre quadrata che chiude il vicolo, ed alla quale corrisponde fuori delle mura il baluardo di terra, è un residuo della primitiva fortificazione nella quale tutte le torri dovevano avere questa forma; la sua bifora, forse più tarda, è una conservazione miracolosa, considerando l’estrema fragilità dell’arenaria con la quale è stata realizzata.
La ripida scalinata di Via della Mola, oggi Via del Mare, era in origine un taglio artificiale che potenziava le difese della Rocca di Nicola Orsini. Il suo lato destro era tutto occupato dalle strutture dell’unico molino del paese; l’acqua per il funzionamento era la stessa che serviva a colmare il fossato alla base delle mura.


Via della Mola, oggi Via del Mare.

 

 

Piazza della Rocca
Era compresa tra la facciata del palazzo baronale e l’isolato abbattuto nel 1937; con essa, dopo aver superato il ponte sul fossato e le porte, dette l’Avanzata e l’Entrone, si entrava nel borgo medievale.
La parte sottostante la torre del palazzo era conosciuta in tempi più recenti come Piazza dell’Orologio.

 

Via di San Giovanni,
Via di San Giovanni di Sotto e Vicolo delle Campane

Limitano la Collegiata ed hanno conservato il loro nome con l’eccezione di Via di San Giovanni di Sotto, dedicata nell’Ottocento ad Antonio Ongaro; con l’abbattimento della Chiesa del Carmine una parte della Via di San Giovanni si è dilatata nella piazza che porta lo stesso nome, oggi dominata dalla statua in bronzo di Paolo Segneri, opera dello scultore G. Gianesi, (1975).


Inaugurazione della statua in bronzo di Paolo
Segneri di G. Gianesi; 1975.

 

 

Via del Forno a Soccio
La via che sbocca in Piazza Segneri prende il nome dal forno a soccida, dove era possibile alle famiglie di Nettuno cuocere il pane per uso personale; la panificazione per la vendita era invece riservata al solo forno camerale. Si faceva un’eccezione per le vedove che potevano vendere il pane, ma solo se prodotto con frumento coltivato in campi di loro proprietà.
Nella metà dell’Ottocento, cadute ormai le leggi feudali, il forno a “soccio”, al tempo gestito dalla nettunese Candida Castelli, fu prima trasferito nel vicolo Colonna, e poi nell’isolotto di Piazza Mazzini, dove fu condotto dalla figlia di Candida, Leopolda Garofolo.

 

 

Piazza del Gelso e Via del Limbo
L’esistenza di un grande albero di gelso in un lato della piazza sulla quale prospetta il palazzo dei Segneri, è documentata in un disegno acquerellato di G. Battista Cingolani del 1689. L’area, proprietà privata di questa famiglia, passò dopo l’estinzione del loro ramo nettunese ai Soffredini, insieme al palazzo. Una piccola iscrizione ricorda la cessione della piazza da parte dei Soffredini all’uso pubblico.


Piazza del Gelso nel 1689, pianta di G. Battista Cingolani.

 



Iscrizione che indica il luogo
dove è nato Paolo Segneri.


Due diverse iscrizioni, l’una accanto al portale del palazzo e l’altra, più antica, incassata sopra il modesto ingresso di una casa vicina, ricordano ambedue la nascita di Paolo Segneri. E’ possibile che la casa corrisponda alla prima abitazione dei Segneri, che solo dopo la nascta dell’oratore (1624) devono aver costruito il palazzo che ha interrotto il cammino di ronda sulle mura castellane.
Il palazzo è presente nel disegno di G. B. Cingolani, mentre non compare in un’altra pianta della città conservata alla Royal Library di Windsor, sicuramente antecedente al 1648, dove è ancora presente il cammino di ronda.
Il busto in bronzo posto accanto all’ingresso della casa è stato per tutta la seconda metà del Novecento al centro dell’attuale Piazza dei Martiri della Pace. La sua prima collocazione era stata nell’atrio interno del Municipio; una sua copia in marmo è al Pincio, nel giardino della palazzina Valadier. Il busto in bronzo è opera dello scultore Raffaele Zaccagnini (1903), che eseguì nell’anno successivo il bassorilievo in marmo di Maria Goretti, passato dalla chiesina dell’Annunziata al moderno santuario.
La Via del Limbo, il buio vicolo che si arresta di fronte alla torre di nord ovest costeggiando le mura, iniziava, prima degli abbattimenti che hanno dato origine a Piazza San Giovanni, da Piazza della Rocca. ‘E possibile che il suo nome derivi dal termine latino limbus, lembo in italiano, ad indicare la sua marginalità.


Via del Forno a Soccio.

 


Bifora lobata in Via Ongaro

Bifora lobata in Via Ongaro
con colonnina tortile moderna.

 

 


OPERA APPARTENENTE AL FONDO BIBLIOGRAFICO
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