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NETTUNO
LA SUA STORIA

 

Giancarlo Baiocco - Laura Baiocco
Eugenio Bartolini - Chiara Conte
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MORFOLOGIA DEL TERRITORIO
Caratteristiche geologiche, idrogeologiche e vegetazionali

Giancarlo Baiocco

 

Caratteristiche geologiche
Le principali formazioni geologiche presenti nel territorio di Nettuno si possono suddividere in tre gruppi: formazioni sedimentarie marine, formazioni vulcaniche, formazioni sedimentarie continentali.
Le formazioni sedimentarie marine, che si sono depositate in un mare non molto profondo, costituiscono il basamento dell’Agro Romano e della Pianura Pontina.

La più antica di queste formazioni è costituita da argille di colore grigio azzurro che si sono depositate nel pliocene inferiore–medio (circa 6-3 milioni di anni fa), quando il livello del mare superava di circa 100 metri quello attuale. Questo basamento di fondo appare solo ad Anzio nella zona di Tor Caldara.

L’avvicinamento successivo del continente africano a quello europeo nel pliocene medio–superiore (circa 3-2 milioni di anni fa) determinò una condizione di mare sottile ed una temperatura calda che favorì l’insediamento di coralli, molluschi ed echinodermi che con il loro accumulo formarono una bioarenite compatta, ricca di fossili: il “macco”. Per la sua particolare composizione, questa tenera roccia si presta bene ad essere tagliata e lavorata, e nel passato ha trovato un largo impiego nell’edilizia cittadina. Il “macco” affiora lungo la costa, tra Nettuno ed Anzio, tra Tor Caldara e Lavinio e lungo il fosso Cacamele.

Un successivo innalzamento del livello del mare portò nel pleistocene inferiore (tra 1,8 milioni e 50 mila anni fa) al deposito di argille sabbiose che si sovrapposero al “macco”. Queste formazioni di color plumbeo con resti di molluschi di clima freddo affiorano per un’altezza di alcuni metri lungo la linea di costa, in località “Grottacce” (Poligono Militare).


Tor Caldara dall’alto.

Presenza del “Macco” lungo la costa tra Nettuno ed Anzio.

Spiaggia fossile nel macco

Fossile nelle argille del pleistocene.
(Località Grottacce).

 

Le formazioni vulcaniche provenienti dall’attività del vulcano laziale, attivo nel pleistocene medio sino ad alcuni migliaia di anni fa, si estendono in modo discontinuo dai Colli Albani sino alla linea di costa. Queste formazioni, generalmente colate laviche e piroclastiche, derivate da fasi di attività vulcanica, alternate a fasi di quiescenza, si sono sovrapposte alle argille basali del pliocene e del pleistocene.

Nel Vallone Carnevale, tra Nettuno ed Astura e nel bacino imbrifero del fiume Astura, affiora il tufo litoide, una piroclastite di colore rossastro o grigio. All’attività tardiva del complesso del Vulcano Laziale sono riconducibili le emissioni sulfuree gassose nella riserva naturale di Tor Caldara.

Le formazioni sedimentarie continentali sono rappresentate da sabbie eoliche, generalmente rossastre, del pleistocene superiore; sono sovrapposte sia alle formazioni vulcaniche che al basamento sedimentario delle argille. Formano dune che s’innalzano fino ad un massimo di un’ottantina di metri sopra il livello del mare; accompagnano tutta la costa, dal Circeo alla foce del Tevere. Tra Foce Verde ed Anzio queste dune eoliche raggiungono una larghezza di una decina di chilometri; le loro testate sono visibili a Nettuno, da Cretarossa sino al fiume Foglino.


Testate delle sabbie eoliche del pleistocene superiore in località Cretarossa.


Presenza di zolfo nella riserva naturale di Tor Caldara.


Tratto di spiaggia del Vallone Carnevale.


Il bacino del Loricina.

 

Caratteristiche idrologiche

Le caratteristiche idrologiche del territorio derivano direttamente dalla situazione geologica del suo intorno, dove una grande colata lavica ad elevata permeabilità drena la massima parte delle acque di precipitazione atmosferica, infiltrate nel sottosuolo in corrispondenza di un vasto settore del versante meridionale di Colli Albani, e convoglia una imponente corrente idrica sotterranea verso la costa. La sua emersione genera un notevole numero di sorgenti che alimentano molti fossi perenni dal breve corso, che in gran parte entrano a costituire il sistema idrografico del Loricina.

Questo ha come asse portante il Fosso del Quinto che nasce e scorre interamente in territorio nettunese.

Dopo aver segnato, alle Pinete della Campana, il confine con la provincia di Latina riceve, prima di Cadolino, l’apporto del Fosso dell’Armellino che nel suo tratto finale modifica il nome in Fosso dello Sbirro.

Ai Pantani, bassura con sorgive posta tra la Via dei Frati e la strada per Velletri, vi confluisce il Fosso della Seccia, e prende il nome storico di Loricina. A Santa Maria del Quarto riceve il Fosso Cacamele o dei Tinozzi, e poco prima della foce il Fosso di Ponserico.

Più modesto è il bacino imbrifero del Foglino che, dopo aver raccolto le acque di due sorgenti, poste nel vicino omonimo bosco, apre con la sua foce il basso cordone dunale che si snoda verso Astura.

 


Foglie di Cerro.

Foglie di Farnia

 

Caratteristiche vegetazionali

I boschi

Il territorio di Nettuno è ancora rappresentativo dell’ambiente forestale che un tempo caratterizzava gran parte della pianura costiera del Lazio meridionale, dove la foresta mediterranea sempreverde si compenetrava con quella a foglie caduche.

Della selva di Nettuno, che agli inizi dell’Ottocento occupava 11.000 ettari, rimangono ancora lembi isolati, ma significativi, come il Bosco di Foglino e la Sughereta della Campana.

Nel bosco di Foglino dove il suolo è profondo e con discrete possibilità idriche sono prevalenti le querce a foglie caduche come il cerro (Quercus cerris), il farnetto (Quercus frainetto) e la farnia (Quercus robur– peduncolata). Lungo i fossi permane qualche esemplare di olmo (Ulmus minor), di pioppo tremulo (Populus tremula) e di pioppo canescente (Populus canescens). Nel sottobosco è presente la felce aquilina, il biancospino, il pungitopo, il rovo, l’edera e il ciclamino.

I suoli più rilevati ed asciutti, in genere i più interni, erano ricoperti da un manto sempreverde di lecci (Quercus ilex) e di sughere (Quercus suber), con sottobosco di erica arborea, fillirea, corbezzolo, alaterno e con numerose rampicanti come lo stracciabrache, il tamaro ed il caprifoglio. Di questi ambienti rimane un bosco di sughere alla Campana ed una piccola lecceta all’interno di Villa Borghese; esemplari isolati di lecci e sughere sono ancora presenti lungo i margini delle strade campestri.

La compenetrazione di questi due tipi di bosco, a foglie caduche e sempreverdi, ha portato alla formazione di ibridi come la pseudo sughera (Quercus crenata) e la “Quercus Nettuno”, ritrovata per la prima volta in questo territorio nel 1988.

Il manto boschivo è completato da alcune pinete di origine artificiale, impiantate dalla famiglia Borghese. La più vecchia, risalente alla metà dell’Ottocento, è nell’interno del parco di Villa Borghese; la pineta litoranea di Astura e l’altra interna, in località Campana, risalgono agli anni 30 del Novecento.

Dopo l’acquisto nel 1831 del territorio di Nettuno da parte della famiglia Borghese l’immensa foresta che lo ricopriva fu distrutta nel giro di poche generazioni, ricorrendo anche ad incendi colossali, come quello che tra il 1888 ed il 1889 interessò la selva di Mattone, tra Nettuno ed Astura.

Nei secoli precedenti la foresta, oltre al combustibile per la miniera di zolfo di Tor Caldara, per le Ferriere di Conca e dell’Acciarella, e per le fornaci locali di mattoni e di manufatti in argilla, aveva fornito ghiande per l’alimentazione del bestiame, legna da carbone e legname per carpenteria edilizia e navale, esportata anche nel Regno delle due Sicilie e nel Nord Africa.


Foglie di Farnetto

Foglie di Leccio

 

L’ambiente litoraneo sabbioso

Nel tratto di litorale compreso tra la foce del fosso del Foglino ed il castello di Astura sono ben conservate le associazioni vegetali che un tempo caratterizzavano le dune sabbiose del Mediterraneo.

In questo ambiente, dove si assiste ad un graduale passaggio di cinture di vegetazione, dal mare verso l’interno, le piante sono estremamente specializzate ed adattate per superare le condizioni estreme cui sono sottoposte, in particolare nei mesi estivi quando si creano vere e proprie situazioni desertiche.

Dopo la spiaggia troviamo una prima zona caratterizzata dal solo Ravastrello marittimo, cui segue l’antiduna con le Gramigne delle spiagge, la Calcatreppola, il Vilucchio marittimo e lo Zigolo delle spiagge. Nei primi modesti rialzi dunali troviamo lo Spargo pungente, il Finocchio litorale spinoso, l’erba Medica marina, e subito dopo il Crucianelleto, caratterizzato dalla presenza della Crucianella marittima e del Narciso marino. Nella duna retrostante sono presenti le prime formazioni arbustive della macchia mediterranea che nel loro
insieme costituiscono il tumuleto, quali il Ginepro feniceo, il Ginepro coccolone, il Lentisco, l’Asparago pungente, la Fillirea, il Mirto, ed i primo Lecci, bassi e piegati dal vento.


Litorale nei pressi del Castello di Astura

 


OPERA APPARTENENTE AL FONDO BIBLIOGRAFICO
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