Caratteristiche geologiche
Le principali formazioni geologiche presenti nel territorio di
Nettuno si possono suddividere in tre gruppi: formazioni sedimentarie
marine, formazioni vulcaniche, formazioni sedimentarie continentali.
Le formazioni sedimentarie marine, che si sono depositate in un mare
non molto profondo, costituiscono il basamento dell’Agro Romano e
della Pianura Pontina.
La più antica di queste formazioni è costituita da argille di colore
grigio azzurro che si sono depositate nel pliocene inferiore–medio
(circa 6-3 milioni di anni fa), quando il livello del mare superava di
circa 100 metri quello attuale. Questo basamento di fondo appare solo
ad Anzio nella zona di Tor Caldara.
L’avvicinamento successivo del continente africano a quello europeo
nel pliocene medio–superiore (circa 3-2 milioni di anni fa) determinò
una condizione di mare sottile ed una temperatura calda che
favorì l’insediamento di coralli, molluschi ed echinodermi che con il
loro accumulo formarono una bioarenite compatta, ricca di fossili: il “macco”. Per la sua particolare composizione, questa tenera roccia si
presta bene ad essere tagliata e lavorata, e nel passato ha trovato un
largo impiego nell’edilizia cittadina. Il “macco” affiora lungo la costa,
tra Nettuno ed Anzio, tra Tor Caldara e Lavinio e lungo il fosso
Cacamele.
Un successivo innalzamento del livello del mare portò nel pleistocene
inferiore (tra 1,8 milioni e 50 mila anni fa) al deposito di argille
sabbiose che si sovrapposero al “macco”. Queste formazioni di color
plumbeo con resti di molluschi di clima freddo affiorano per un’altezza
di alcuni metri lungo la linea di costa, in località “Grottacce” (Poligono Militare).
Tor Caldara dall’alto. |
Presenza del “Macco” lungo la costa
tra Nettuno ed Anzio. |
Spiaggia fossile nel macco |
Fossile nelle argille del pleistocene.
(Località Grottacce). |
Le formazioni vulcaniche provenienti dall’attività del vulcano laziale,
attivo nel pleistocene medio sino ad alcuni migliaia di anni fa, si
estendono in modo discontinuo dai Colli Albani sino alla linea di
costa. Queste formazioni, generalmente colate laviche e piroclastiche,
derivate da fasi di attività vulcanica, alternate a fasi di quiescenza, si
sono sovrapposte alle argille basali del pliocene e del pleistocene.
Nel Vallone Carnevale, tra Nettuno ed Astura e nel bacino imbrifero
del fiume Astura, affiora il tufo litoide, una piroclastite di colore
rossastro o grigio. All’attività tardiva del complesso del Vulcano
Laziale sono riconducibili le emissioni sulfuree gassose nella riserva
naturale di Tor Caldara.
Le formazioni sedimentarie continentali sono rappresentate da sabbie
eoliche, generalmente rossastre, del pleistocene superiore; sono
sovrapposte sia alle formazioni vulcaniche che al basamento sedimentario
delle argille. Formano dune che s’innalzano fino ad un massimo
di un’ottantina di metri sopra il livello del mare; accompagnano tutta
la costa, dal Circeo alla foce del Tevere. Tra Foce Verde ed Anzio queste
dune eoliche raggiungono una larghezza di una decina di chilometri;
le loro testate sono visibili a Nettuno, da Cretarossa sino al fiume
Foglino.
Testate delle sabbie eoliche del pleistocene superiore in località Cretarossa.
Presenza di zolfo nella riserva naturale
di Tor Caldara.
Tratto di spiaggia del Vallone Carnevale.
|
Il bacino del Loricina. |
Caratteristiche idrologiche
Le caratteristiche idrologiche del territorio derivano direttamente
dalla situazione geologica del suo intorno, dove una grande colata
lavica ad elevata permeabilità drena la massima parte delle acque di
precipitazione atmosferica, infiltrate nel sottosuolo in corrispondenza
di un vasto settore del versante meridionale di Colli Albani, e convoglia
una imponente corrente idrica sotterranea verso la costa. La sua
emersione genera un notevole numero di sorgenti che alimentano
molti fossi perenni dal breve corso, che in gran parte entrano a costituire
il sistema idrografico del Loricina.
Questo ha come asse portante il Fosso del Quinto che nasce e scorre
interamente in territorio nettunese.
Dopo aver segnato, alle Pinete della Campana, il confine con la provincia
di Latina riceve, prima di Cadolino, l’apporto del Fosso
dell’Armellino che nel suo tratto finale modifica il nome in Fosso dello
Sbirro.
Ai Pantani, bassura con sorgive posta tra la Via dei Frati e la strada
per Velletri, vi confluisce il Fosso della Seccia, e prende il nome storico
di Loricina. A Santa Maria del Quarto riceve il Fosso Cacamele o
dei Tinozzi, e poco prima della foce il Fosso di Ponserico.
Più modesto è il bacino imbrifero del Foglino che, dopo aver raccolto
le acque di due sorgenti, poste nel vicino omonimo bosco, apre con la
sua foce il basso cordone dunale che si snoda verso Astura.
Foglie di Cerro. |
Foglie di Farnia |
Caratteristiche vegetazionali
I boschi
Il territorio di Nettuno è ancora rappresentativo dell’ambiente forestale
che un tempo caratterizzava gran parte della pianura costiera del
Lazio meridionale, dove la foresta mediterranea sempreverde si compenetrava
con quella a foglie caduche.
Della selva di Nettuno, che agli inizi dell’Ottocento occupava
11.000 ettari, rimangono ancora lembi isolati, ma significativi, come il Bosco di Foglino e la Sughereta della Campana.
Nel bosco di Foglino dove il suolo è profondo e con discrete possibilità idriche sono prevalenti le querce a foglie caduche come il cerro
(Quercus cerris), il farnetto (Quercus frainetto) e la farnia (Quercus robur– peduncolata). Lungo i fossi permane qualche esemplare di olmo
(Ulmus minor), di pioppo tremulo (Populus tremula) e di pioppo canescente
(Populus canescens). Nel sottobosco è presente la felce aquilina,
il biancospino, il pungitopo, il rovo, l’edera e il ciclamino.
I suoli più rilevati ed asciutti, in genere i più interni, erano ricoperti
da un manto sempreverde di lecci (Quercus ilex) e di sughere
(Quercus suber), con sottobosco di erica arborea, fillirea, corbezzolo,
alaterno e con numerose rampicanti come lo stracciabrache, il tamaro
ed il caprifoglio. Di questi ambienti rimane un bosco di sughere alla
Campana ed una piccola lecceta all’interno di Villa Borghese; esemplari
isolati di lecci e sughere sono ancora presenti lungo i margini
delle strade campestri.
La compenetrazione di questi due tipi di bosco, a foglie caduche e
sempreverdi, ha portato alla formazione di ibridi come la pseudo
sughera (Quercus crenata) e la “Quercus Nettuno”, ritrovata per la
prima volta in questo territorio nel 1988.
Il manto boschivo è completato da alcune pinete di origine artificiale,
impiantate dalla famiglia Borghese. La più vecchia, risalente alla
metà dell’Ottocento, è nell’interno del parco di Villa Borghese; la
pineta litoranea di Astura e l’altra interna, in località Campana, risalgono
agli anni 30 del Novecento.
Dopo l’acquisto nel 1831 del territorio di Nettuno da parte della
famiglia Borghese l’immensa foresta che lo ricopriva fu distrutta nel
giro di poche generazioni, ricorrendo anche ad incendi colossali,
come quello che tra il 1888 ed il 1889 interessò la selva di Mattone, tra
Nettuno ed Astura.
Nei secoli precedenti la foresta, oltre al combustibile per la miniera
di zolfo di Tor Caldara, per le Ferriere di Conca e dell’Acciarella, e per
le fornaci locali di mattoni e di manufatti in argilla, aveva fornito
ghiande per l’alimentazione del bestiame, legna da carbone e legname
per carpenteria edilizia e navale, esportata anche nel Regno delle due
Sicilie e nel Nord Africa.
Foglie di Farnetto |
Foglie di Leccio |
L’ambiente litoraneo sabbioso
Nel tratto di litorale compreso tra la foce del fosso del Foglino ed il
castello di Astura sono ben conservate le associazioni vegetali che un
tempo caratterizzavano le dune sabbiose del Mediterraneo.
In questo ambiente, dove si assiste ad un graduale passaggio di cinture
di vegetazione, dal mare verso l’interno, le piante sono estremamente
specializzate ed adattate per superare le condizioni estreme cui
sono sottoposte, in particolare nei mesi estivi quando si creano vere e
proprie situazioni desertiche.
Dopo la spiaggia troviamo una prima zona caratterizzata dal solo
Ravastrello marittimo, cui segue l’antiduna con le Gramigne delle
spiagge, la Calcatreppola, il Vilucchio marittimo e lo Zigolo delle
spiagge. Nei primi modesti rialzi dunali troviamo lo Spargo pungente,
il Finocchio litorale spinoso, l’erba Medica marina, e subito dopo il Crucianelleto, caratterizzato dalla presenza della Crucianella marittima
e del Narciso marino. Nella duna retrostante sono presenti le
prime formazioni arbustive della macchia mediterranea che nel loro
insieme costituiscono il tumuleto, quali il Ginepro feniceo, il Ginepro
coccolone, il Lentisco, l’Asparago pungente, la Fillirea, il Mirto, ed i
primo Lecci, bassi e piegati dal vento.
Litorale nei pressi del Castello di Astura |
|