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LE CHIESE PERDUTE

di Giancarlo Baiocco

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14 - COLLEGIATA DI SANTA MARIA ASSUNTA


La chiesa fu distrutta nel 1738 per la costruzione della Collegiata di San Giovanni; occupava il centro della prima fortificazione medievale che era limitata a levante dal palazzo fortificato di Nicola Orsini, costruito nel 1372 in funzione di rocca.

La tradizione che vuole questa chiesa eretta sulle rovine di un tempio dedicato al dio Nettuno non ha trovato ancora diretta conferma archeologica, malgrado la continua restituzione di materiale antico da parte del borgo medievale. Un indizio della presenza in zona di un edificio pubblico è nel frammento di colonna, scanalata e monolitica, inserita come paracarro all'ingresso del borgo che si distingue per il suo diametro dalle altre sparse nelle strade e nei giardini di Nettuno.

La pianta della città del 1558, la cui attendibilità relativa alle strutture degli edifici pubblici deve essere accettata per il confronto con quanto è pervenuto, lascia intendere una chiesa a tre navate, in asse e con lo stesso orientamento della chiesa di San Giovanni. La cuspide del suo campanile, a forma conica, è ben documentata nelle vedute seicentesche di Nettuno. Oltre che in una incisione di Van Wittel, il campanile svetta in un affresco di Pier Francesco Mola nel Palazzo Pamphilj dove, nel rappresentare la distruzione del porto Cenone, il pittore ha delineato il profilo marittimo di Nettuno.

Il Vescovo di Albano Michele Bonelli nella sua relazione del 1595 descrive un altare maggiore sovrastato da un tabernacolo ligneo dorato, e due altari laterali; uno sotto il patronato della confraternita del Santissimo Rosario l'altro sotto quella del Nome di Gesù.

Habet Ecclesiam Parochialem Collegiatam Archipraesbiteralem nuncupatam sub titolo sancti Iohannis Baptistae in qua in capite iuxta parietem adest Altare maius cum tabernaculo ligneo inaurato ubi asservatur Sanctissimum Sacramentum cum societates erecta adsunt praeterea in ea alia Altaris duo à lateribus, ubi erectae sunt societatis santissimi Rosarij e societatis Nomine Iesu, quae nullos habent redditus, sed ex elemosinis eorum curam habent, et celebrare faciunt à canonicis ecclesiae.

Habet Bapisterium, sacristiam, campanile cum campanis et cemeterium. In sacristia adsunt sacrae reliquiae, quorum memoria descriptae fuerunt, et pro earum decenti conservatione factum decretum.

La chiesa aveva un reddito di cinquecento scudi ed era officiata da quattro canonici e da un Arciprete.

Nulla, al di fuori di questo, è dato attualmente conoscere dell'architettura, degli affreschi, degli arredi, delle tombe, dei monumenti, degli altari, dei marmi di questa chiesa, svaniti nella polvere della sua demolizione; resta ancora da effettuare lo studio sistematico del disordinato archivio parrocchiale che, malgrado la distruzione volontaria durante la peste del 1656 e l'incendio del 1780, potrebbe ancora conservarne qualche memoria.

 

La sede vescovile di Anzio

Pur nella mancanza di fonti archeologiche e documentarie dirette è possibile dall'insieme degli avvenimenti che nel territorio anziate seguirono la caduta dell'impero romano e l'avvento del potere temporale della Chiesa porre in Santa Maria Assunta, o nella chiesa che l'aveva preceduta, una sede vescovile.

Il potere della Chiesa nel Lazio

Le proprietà fondiare del Papato, che nel Lazio erano già consistenti all'inizio del IV secolo, iniziarono con la decadenza di Roma a trasformarsi lentamente da patrimonio privato a territorio pubblico per la necessità di governare le molte comunità della regione nelle quali il potere civile si andava sfaldando per la lontananza di Bisanzio, capitale dell'impero, e di Ravenna, capitale italiana.

Il controllo amministrativo e politico avvenne con la ripartizione del territorio in diocesi ecclesiastiche : aree soggette ciascuna ad un vescovo con poteri prima solo religiosi e poi amministrativi, in sostituzione e talvolta in concorrenza dei poteri civili locali.

Un più efficiente controllo del territorio si ebbe successivamente con la creazione delle domuscultae , grandi aziende agrarie gestite in proprio dal Papato. L'importanza delle domuscultae fu notevole anche dal punto di vista militare: la maggior parte di queste aziende, con grossi casali fortificati, erano infatti distribuite in modo strategico lungo le principali vie di accesso a Roma.

Nei secoli XI e XII, per la mutata distribuzione della popolazione, la rete delle diocesi fu ristrutturata con una serie di unificazioni e soppressioni.

Nelle campagne, in parte abbandonate dagli abitanti che preferivano trasferirsi nei centri fortificati, fecero la comparsa dal Duecento gli ordini mendicanti dove sostituirono i vescovi nel riferimento spirituale, politico ed economico, mentre le diocesi si trasformavano più nettamente in elementi urbani.

Questi poteri religiosi, ai quali vanno in alcune zone aggiunti quelli esercitati dagli ordini monastici , vennero spesso in conflitto con il potere laico dei signori feudali che in alcune zone furono risolti in favore della Chiesa solo in epoca relativamente recente.

Il potere della Chiesa nell'agro anziatino

L'agro anziate nel quale si sviluppò la Nettuno medievale partecipò a tutte le fasi di questo processo che vide l'affermazione del potere temporale della Chiesa nel Lazio, e che qui si concluse solo nel 1594 con l'acquisto delle terre possedute dalla famiglia Colonna.

Nel territorio, dopo una prima donazione da parte di Costantino di un latifondo (massa) per la spesa delle lampade che ardevano nella basilica di San Pietro, fu insediata una diocesi ; il primo vescovo di cui è restato il ricordo è Gaudenzio Anziatino che nel 465 partecipò a insieme ai vescovi di Albano e Velletri al Sinodo Romano convocato da Sant'Ilario. L'ultimo è Vindemio presente insieme al vescovo di Trae Tabernae (Cisterna) nei Sinodi di papa Simmaco del 499 e del 501. Il terzo vescovo di cui è restata memoria è Felice presente nel concilio di Papa Felice III del 487.

Nella metà dell'ottavo secolo papa Zaccaria (741-752) istituì nel territorio una domusculta . Nel secolo XII i monaci di Grottaferrata si insediarono con una loro abbazia appena fuori il castello medievale, mentre i monaci di S. Alessio avevano già fondato una loro comunità alla foce del fiume Astura. Nel XIII secolo i Padri Minori Francescani costruirono un convento sui resti di un edificio romano che si apriva sulla Via Severiana, non distante dal punto in cui si univa con la più antica via di comunicazione con i Colli Albani.

Il potere civile era stato ben saldo prima nelle mani dei Conti di Tuscolo , poi degli Orsini ed infine dei Colonna ; i contrasti con la tendenza egemonica della Chiesa caratterizzeranno tutta la storia di Nettuno.

I privilegi sinodali condivisi dal Capitolo della chiesa di S Maria Assunta con la diocesi di Albano, i diritti esercitati sul Convento di San Francesco e sull'Abbazia di San Nicola, il possesso di notevoli estensioni di terreni, conservati sino all'avvento del Regno d'Italia, rafforzano l'ipotesi di una sede vescovile in questa chiesa.

Nei sinodi diocesiani i Canonici di San Giovanni formavano un corpo unico con quelli della cattedrale di Albano e procedevano sotto la stessa croce. Ai canonici di San Giovanni spettava il diritto di nominare il rettore dell'Abbazia di San Nicola, mentre ai monaci era riservata solo la scelta dell'amministratore; il diritto di celebrare messa nella chiesa di San Francesco, molto contestato dai frati, fu tolto solo nel 1700. Nel 1609 i soli fondi rustici del Capitolo di Nettuno ammontavano a circa 720 ettari , oltre al possesso di numerosi fondi urbani e di postazioni per la caccia.

 

La primitiva sede vescovile e la chiesa di Sant'Ermete

La coincidenza della chiesa di Santa Maria Assunta con la primitiva sede vescovile anziatina è un'estensione dell'ipotesi che, nell'assoluta mancanza d'indicazioni archeologiche, può trovare accoglienza anche dal confronto con quanto accaduto ad Ostia, la città litoranea travolta dagli stessi tragici eventi seguiti alle invasioni barbariche, dove la sede episcopale fu posta non nella città, ma nel suburbano che darà origine al borgo medievale (1).

La nascita dell'abitato della futura Nettuno si può far risalire al concentrasi delle famiglie del personale di servizio delle lussuose ville costiere e delle attive fattorie rustiche dell'interno, abbandonate dai proprietari quando con la decadenza di Roma vennero a mancare le condizioni di sicurezza che ne avevano permesso l'impianto.

La stessa origine è ammessa per alcuni castelli dei Colli Albani il cui territorio in età romana era cosparso di ville; come per Frascati, nata dal nucleo di abitanti che si era radunato nella villa di C. Pessieno Crispo che fu poi di Agrippina e di Nerone.

Nell'area del borgo medievale, occupata nella parte di levante da un unico grande complesso residenziale, doveva essere già presente una prima comunità costituita da liberti e da legionari reduci, come appare dalle numerose iscrizioni funerarie estratte anche in prossimità del recinto medievale, al tempo sfiorato dalla Via Severiana (2).

L'ipotesi di un abbandono di Anzio in epoca tarda da parte dei suoi abitanti in favore di Nettuno per ragioni difensive, ammessa per collocarvi tutti gli avvenimenti seguiti alla caduta dell'impero, non trova alcuna giustificazione nella conformazione dei luoghi. La rupe di Nettuno, formata dall'improvviso precipitare della falesia sulla bassura scavata dal fiume Loricina, appare più modesta e più esposta di quella anziate delle Vignacce il cui possente vallo è ancora in parte conservato.

Al tempo del vescovo Gaudenzio (465 d. C.) il processo di formazione della comunità che darà origine a Nettuno doveva essere già concluso, ed il declino di Anzio ormai definitivo.

Nel 410 d. C. su tutto il litorale si erano già abbattuti i Visigoti e nel 455 erano passati i Vandali di Genserico. La mancata occupazione di Anzio nel 537 da parte dei Goti, diversamente da quanto avvenuto ad Ostia, e la possibilità che fu offerta ai bizantini di farvi sbarcare i rifornimenti per Roma assediata, indica l'agibilità del porto, ma anche la perdita di ogni importanza strategica della città.

La contemporanea presenza ad Anzio, in epoca così tarda, di un porto attivo e di una diocesi porterebbe ad ammettere una comunità consistente che sarebbe entrata nel medioevo o almeno avrebbe lasciato qualche memoria di se (3).

La non lontana e modesta Trae Tabernae , sede vescovile nel 499, ha proseguito la sua storia per tutti i secoli successivi.

Del tempo dei vescovi anziatini nessuna memoria significativa è, del resto, ancora venuta alla luce tra le rovine della città.

Scrive padre Francesco Lombardi: ma qual gravissimo rincrescimento il trovarsi impossibilitato di registrare un avanzo solo, una sola reliquia cristiana di Anzio! In tanti anni che questo suolo è ricercato e svolto per ogni verso con ripetute escavazioni, egli ha risposto copiosamente alle speranze dei cercatori in ogni genere di oggetti gentileschi, ed è stato sempre avaro in modo meraviglioso di cristiane memorie; nè una lapida, nè un sepolcro, nè una traccia qualunque ha rilevato di culto cristiano. Tantochè se la storia non fosse lì per affermarci che fu già in questo luogo una Sede Episcopale ne' secoli V e VI con fiorentissimo numero di fedeli, saremmo pressochè tentati di dubitare della sua fede. Or come sia intravvenuto, che il tempo abbia rispettato tante antichità pagane, ed abbia poi ingoiato così invidiosamente quelle più recenti cristiane, non v'è ragione che io ne possa addurre, nè conghiettura plausibile, che possa farsene.

La recente comparsa nel Museo Archeologico di Anzio di un capitello bizantino, di provenienza ignota, è stata considerata la prova di una vita attiva in Anzio in età tardo antica. Il capitello, con profondo incavo nella parte superiore, corrisponde ad una delle due acquasantiere descritte da L. Tomassetti, presente nella chiesa di San Francesco di Nettuno sul finire dell'Ottocento e scomparsa almeno dagli anni cinquanta del Novecento.

Nella chiesa di San Francesco di Nettuno le due acquasantiere sono formate con marmi antichi, tra i quali un capitello di stile bizantino riccamente intagliato.

‘E possibile che dopo il suo trafugamento sia stato adattato a fontana, come attesta un foro nell'incavo, in qualche giardino di Anzio dal quale è poi passato nel Museo Archeologico.

La chiesa di Santa Maria Assunta per la millenaria storia della comunità, deve essere considerata a sua volta erede di un'altra chiesa paleocristiana. Il titolo più antico giunto a noi è quello di Sant'Ermete posta nella Civita di Anzio che studi recenti fanno coincidere con Nettuno e con la stazione di sosta sulla Via Severiana (3). Il nome di Ermete è presente in una iscrizione sepolcrale di età romana, rinvenuta a Nettuno e murata all'esterno dell'ufficio parrocchiale della Collegiata; vi è ricordato un Ermete di professione actor , cioè amministratore.

La domusculta di Anzio

Nel territorio costiero compreso tra il Tevere ed il fiume Astura furono istituite da papa Zaccaria tre domusculte. La prima, denominata Paonaria , era situata nel territorio dei Laurenti e si estendeva dalla foce del Tevere sino al confine ovest di Anzio. La seconda, Formia , coincideva con Campomorto ed interessava le terre comprese tra Velletri ed Anzio. La terza, Anzio , doveva interessare il territorio costiero prossimo all'Astura (4). La fondazione delle due domusculte di Anzio e Formia era stata preceduta dall'acquisto di beni rurali. La situazione dell'agro anziatino nel 700 d.C., precedentemente delineata, porta ad escludere come sede della masseria l'antica città di Anzio e la sua civita Nettuno nella quale era già presente una comunità organizzata che poteva provvedere in modo autonomo alle lavorazioni agricole della parte del territorio più vicina all'antica città volsca; la colonizzazione della campagna romana, avviata da papa Zaccaria, interessò infatti il ripopolamento di villaggi e borgate abbandonate. La storia parallela dei due latifondi di Campomorto e di Conca, e dei loro due casali, proprietà della Chiesa sino ad epoca relativamente recente, inducono a collocare nel casale di Conca, limite est del territorio che fu poi di Nettuno, la domusculta anziatina, la cui istituzione verrebbe a rappresentare il primo tentativo di bonifica e di sfruttamento del territorio pontino. L'ipotesi può trovare conferma nel collegio congiunto che fu costituito per l'amministrazione delle domusculte di Anzio e Campomorto, e che porta ad ammettere una loro vicinanza, ben compatibile con quella dei due casali fortificati ancora superstiti.

(1) Una testimonianza indiretta della presenza cristiana nel territorio di Nettuno può essere vista nel frammento di ara con il ciclo mitraico scolpito in bassorilievo, vista da L. Tomassetti nel giardino dell'avvocato Annibale Censi. Nella grossa scheggia, che mostrava anche il foro di fissaggio di una statua (certamente quella del dio Mitra), i volti delle figure erano molto rovinati rispetto alle altre parti del bassorilievo, più vulnerabili per la loro maggiore delicatezza e rilievo. ‘E possibile vedere in questo un gesto di sfregio da parte dei cristiani, analogamente a quanto documentato in molti altri mitrei.

(2) L'ipotesi è confortata dal numero di lapidi funerarie di liberti ritrovate nell'intorno di Nettuno, maggiore di quello documentato nell'area di Anzio. Questo un elenco delle persone e delle famiglie che in età romana possono aver vissuto, almeno una parte della loro vita, nel suburbano anziate di levante.

Frasino e la moglie Flavia Olimpiade.
Caio Nonnio Basso.
Petrusidio Ermete , la consorte Valeria Deutera con il figlio Petrusidio Fortunato
Ciro e la moglie Leda.
Fortunato con i figli Fortunato , Callistiano e la figlia Flavia Atenaide .
Marco Antonio Filino e la moglie Arria Higia .
Ottavia Erote e la figlia Ottavia Fortunata .
Gli ex legionari Lucio Munazio Sabino , Caio Mamilio Nao , N. Nevio Rufo,
Lucio Verazio Certo .
Euno Venuleo e l'amico Ermete di professione amministratore.
Lucio Fabio Octaniano .
Marco Vibio Severo .
Suro Numulario .
N. Ogulnio Ermete e la moglie Ogulnia Proba .
Caio Cassio Rufo .
A. Sulpicio Primigenio e la consorte Cominia Ianuaria .
Lucio Ortensio Asclepiade e la figlia Ortensia
Prisco Profimo e la moglie (A)riscusa .
Lucio Verazio Afro , prima pretoriano, poi decurione ed infine questore di Anzio.

La nobile Antonia Tertulla Valeria Asinia Sabiniana , figlia di Marco Asinio Sabiniano che nel 213 d. C. dedicò un'iscrizione all'imperatore Caracalla, oggi a Roma nella Cripta di S. Eusebio.

Aulo Larcio Lepido , la moglie Cecina Larga e la figlia Larcia Priscilla . Larcio Lepido è il generale romano, ricordato anche dallo storico Flavio Giuseppe, che nell'assedio di Gerusalemme del 70 d. C. scavalcò per primo le mura della città.

Claudio Erotion , di origine greca, con la moglie Claudia Ipponoe ed il fratello Claudio Gorgon

Lucio Postumio Kresckentos , greco, e la sua famiglia.

(3) Nel 419 d.C., durante lo scisma dell'arcidiacono Eulalio contro papa Bonifacio I, l'imperatore Valentiniano Augusto ordinò ai due contendenti di allontanarsi da Roma. Il bibliotecario Anastasio ricorda che Bonifacio andò ad abitare nel cimitero di Santa Felicita martire, ed Eulalio nella civita di Anzio presso S. Ermete.

Habitavit Bonifacius in Coemet. S. Felicitatis M. via Salaria: Eulalio Vero in civitate Antii ad Sanctum Hermen .( Liber Pontificalis,I, pag. 227 cap. XLIV, I, 7 Bonifatius (418 - 422) ).

(4) Le notizie sulle domuscultae di Antium e Formiae derivano tutte dal libro pontificale di papa Zaccaria e da una fonte coeva che riporta lo stesso evento con qualche maggiore dettaglio.

Massas quae vocatur Antius et Formias suo studio iure b. Petri adquisivit, quae et domus culta statuit. (Lib. Pont., I, p 435, l .2 Zacharias (741- 752) ).

...et massas quae Anthiis et Formas vocantur, perpetuo iure beato Petro appropriavit et de omnibus domo annexis sacerdotale collegium instituit et sub anathemate proibuit, ne quis successorum suorum alienaret...

(5) L'agro anziatino raggiunse la sua massima estensione con la distruzione della città volsca di Satrico, quando nella diretta influenza di Anzio vennero lo scalo alla foce dell'Astura e le terre del corso inferiore del fiume. Il limite est era sul fiume Incastro, l'attuale fosso Mascarello; ad ovest il fosso della Moletta lo divideva dal territorio di Ardea; a nord, il corso superiore dell'Astura era il limite incerto che lo separava dalle zone di influenza di Lanuvio e Velletri. Il territorio venne poi ereditato da Nettuno il cui nome compare per la prima volta solo nel decimo secolo. Le terre comprese tra il fosso Mascarello ed il fiume Astura andarono ben presto a costituire il feudo di Conca, senza sbocco sul mare ed a vocazione esclusivamente agricola. Dopo la caduta dei Conti di Tuscolo nel 1191, le terre prossime alla riva destra del fiume Astura, lo scalo, il porto e il castello marittimo costituirono un feudo autonomo sino all'avvento della famiglia Colonna, nel 1594, quando fu ricostituita l'integrità storica dell'agro anziatino, conservata sino in epoca moderna.

 


 

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