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Sulle tracce
di Fra Orsenigo

di
Fra Giuseppe Magliozzi o.h

DELEGAZIONE FILIPPINA
DEI FATEBENEFRATELLI
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11 - TRE DEGENZE MEMORABILI


Gli ecclesiastici ed i Religiosi di Roma, da sempre fedeli clienti del Gabinetto Dentistico di fra Orsenigo, furono tra i primi ad utilizzare il Reparto di degenze sanatoriali che egli aveva allestito nell'Ospedale di Nettuno, anche se per qualche tempo lo fecero in forma privata come ospiti, pendendo ancora il rilascio dell'autorizzazione prefettizia.

Il ricovero che più rallegrò il cuore di fra Orsenigo fu quello del cardinal Serafino Cretoni (319), poiché si rivelò il tramite provvidenziale per dar infine compimento ad un suo devoto auspicio covato da decenni, come ci svela questo trafiletto funebre (320), apparso in una rivista spagnola del 1909 e dovuto alla penna del suo carissimo Confratello fra Martino Guijarro (321): "E' morto il card. Cretoni, Nunzio a Madrid in anni passati e ospite nostro per vari mesi a Nettuno. Con lui condivisi gioie e dolori. Ristabilitosi dei suoi acciacchi, fu nominato Prefetto della Congregazione dei Riti. Fu lui ad ottenere dal Santo Padre Leone XIII che si contentasse il nostro Padre Orsenigo, introducendo nelle Litanie Lauretane la sua invocazione preferita "Mater Boni Consilii". Semplice e buono, Sua Eminenza amò entusiasticamente gli spagnoli. Il cardinal Vives lo preparò a ben morire. Che riposi in pace l'amico sincero degli ospedalieri di San Giovanni di Dio e di tutti gli spagnoli!".

Per comprendere l'importanza che riveste per noi tale trafiletto bisogna ricordare che da cinquant'anni tutti coloro che, scrivendo su fra Orsenigo, hanno voluto far cenno alla tradizione che si debba a lui codesta decisione presa da Leone XIII d'inserire nelle Litanie Lauretane l'invocazione alla Madre del Buon Consiglio, si sono affrettati a mettere in dubbio la cosa, per carenza di dati precisi. Nel coro dei dubbiosi, chi meno esitò a dar credito a quanto tramandato verbalmente, fu Luigi Huetter, che nel 1953, appigliandosi ad un'ipotesi vicinissima al vero, scrisse: "Non è improbabile, che si debba alla sua iniziativa l'inserzione nelle litanie lauretane del soave titolo "Mater Boni Consilii". L'Orsenigo può aver procurato presso la S. C. dei Riti, a mezzo di qualche alto prelato o membro del S. Collegio, l'introduzione ufficiale di questo titolo" (322).

Ciò che ha finalmente permesso di superare i dubbi e ricostruire la sequenza degli eventi, è stata una ricerca metodica delle fonti più antiche, soprattutto nell'Archivio che i Fatebenefratelli hanno in Spagna a Granada (323). Va infatti tenuto presente che proprio ai tempi di fra Orsenigo dall'Isola Tiberina partì per la Spagna una delle maggiori glorie dei Fatebenefratelli, San Benedetto Menni (1841-1914), cui va il merito della Restaurazione del suo Ordine in tutta la penisola iberica, nella quale ammise alla Professione dei Voti ben 274 Novizi (324), vari dei quali passarono poi per qualche tempo nelle Case della Provincia Romana dell'Ordine; questo creò forti legami tra Italia e Spagna e spesso gli avvenimenti italiani trovarono eco e commento nelle Comunità della Provincia Spagnola dell'Ordine. Così ad esempio, quando morì fra Orsenigo, qualcuno inviò in Spagna un profilo manoscritto del confratello, che ho rinvenuto a Granada (325) e che diedi subito a conoscere tramite le pagine de "Il Melograno" (326).

Tale profilo era privo di qualsiasi indicazione d'origine, ma dal contesto risultava essere la traduzione spagnola di un articolo su fra Orsenigo apparso in qualche periodico romano, poiché vi si sollecitava il grato ricordo dei tanti che avevano ricevuto le sue cure. Con il recente aiuto del dattiloscritto di don Benassedo (327), è stato infine possibile rintracciare l'articolo originale italiano, che era uscito nel trigesimo della morte di fra Orsenigo sul settimanale "La Vera Roma" (328). Tra le varie annotazioni interessanti di tale articolo c'è una che, pur senza entrare in dettagli, così inequivocabilmente enuncia il merito di fra Orsenigo nella modifica introdotta appena l'anno prima nelle Litanie Lauretane: "Nutrì sempre una tenera devozione alla Vergine del Buon Consiglio, celebrandone a tutte sue spese, e con la massima solennità, l'annua festiva ricorrenza; ed a lui si deve che da oggi il popolo cristiano nelle Litanie Lauretane sotto un tal titolo la saluta ed invoca"

Ugualmente nell'Archivio di Granada, essendo l'unico che possieda la serie completa dell'antica rivista spagnola "El Archivo Religioso Hospitalario", fu possibile rintracciare in essa due articoli di fra Martino Guijarro, che parimenti diedi subito a conoscere tramite le pagine de "Il Melograno" (329). Il secondo di essi, giusto appena un trafiletto funebre, è quello qui riprodotto in apertura di capitolo e che ci permette di individuare nel cardinal Cretoni l'ipotetico prelato vaticano che Huetter giustamente suppose si fosse fatto voce autorevole ed efficace del desiderio di fra Orsenigo di veder adottata ufficialmente dalla Chiesa l'aggiunta dell'invocazione alla Madonna del Buon Consiglio nelle Litanie Lauretane.

Estendendo poi le ricerche a Roma, nell'Archivio Generalizio dell'Ordine è stato possibile rinvenire una modesta ma irrefutabile documentazione del ricovero del cardinal Cretoni a Nettuno, ossia alcune note contabili che fanno riferimento ad un suo periodo di degenza conclusosi nell'aprile 1901 (330) e durante il quale chissà quante volte, nel recarsi in Cappella per celebrarvi la Santa Messa o per pregarvi, avrà posato lo sguardo sull'immagine della Madonna del Buon Consiglio venerata all'altar maggiore.

Durante quei "vari mesi" di convalescenza in Sanatorio non fu solo il cappellano fra Guijarro ad entrare in tanta confidenza con lui da "condividere goie e dolori", ma certamente si stabilirono rapporti di buona cordialità anche con altri Confratelli della Comunità, nonché con il buon fra Orsenigo che, grazie al comodo collegamento ferroviario con Roma, veniva spessissimo a Nettuno, magari insieme a qualche benefattore (331). Prova dell'allacciata amicizia è che ritroviamo citato (332) il nome del cardinal Cretoni tra quelli degli illustri porporati, quali il cardinal Antonio Agliardi (333) ed il cardinal Lucido Maria Parocchi (334), che si alternarono a presiedere, anno dopo anno, la solennissima festa che fra Orsenigo, immancabilmente ogni aprile dal 1871 fino alla propria morte, organizzava all'Isola Tiberina in onore della Madonna del Buon Consiglio.

Il Pontificale presieduto da un cardinale costituiva ovviamente il culmine liturgico della festa, che però non si esauriva in questo ma aveva un'articolazione variegata, con il susseguirsi al mattino d'innumerevoli Sante Messe e conclusione nel pomeriggio con un Panegirico e la solenne Benedizione Eucaristica. Come nota particolare, fra Orsenigo usava organizzare con singolare enfasi il canto delle Litanie Lauretane, affidandolo, come testimonia Huetter (335), alle "migliori cappelle musicali romane, dirette da maestri illustri (336) come Filippo Capocci od Augusto Moriconi", e chiedendo ai cantori di aggiungere in ultimo, subito prima dei tre Agnus Dei, l'invocazione alla Madre del Buon Consiglio.

Quell'aggiunta era arbitraria e fra Orsenigo, profittando dei buoni rapporti allacciati col cardinal Cretoni, gli confidò l'ardente desiderio che prima di chiuder gli occhi fosse ufficializzato dalla Chiesa ed esteso al mondo intero quel suo inserire nelle Litanie Lauretane l'invocazione alla "Madre del Buon Consiglio".

Il cardinale riacquistò a Nettuno completa salute e quando nel 1903 ricevette la nomina a Prefetto della Congregazione dei Riti, ossia proprio del Dicastero Vaticano (337) responsabile in campo liturgico, si ricordò della pia aspirazione di fra Orsenigo e riuscì ad esaudirla in tempi brevissimi, come ben appare dalla documentazione conservata nel dicastero vaticano e che ci permette di ricostruire l'iter protocollare dell'iniziativa.

Risulta dunque che Leone XIII, il quale fin da fanciullo era assai devoto della Madonna del Buon Consiglio, quando il cardinal Cretoni nell'Udienza privata del 22 marzo 1903 gli ipotizzò d'inserirne l'invocazione nelle Litanie Lauretane, ben volentieri dette l'assenso ad istruire la pratica (338). Già all'indomani il cardinale la mise allo studio della Commissione Liturgica, che il 30 trasmise parere favorevole, per cui la proposta fu subito inserita al primo posto nell'agenda della Congregazione dei Cardinali ed approvata all'unanimità nella seduta del 21 aprile. Nell'Udienza privata del 22 aprile 1903 Leone XIII autorizzò il card. Cretoni a pubblicare in tale data il decreto.

Il decreto fu diffuso solo in maggio, trascorsa già la festa della Madonna del Buon Consiglio. Ma il 26 aprile del 1904 fra Orsenigo, anche se ormai gravemente malato, ebbe la gran gioia di dargli applicazione e di organizzare per l'ultima volta la festa all'Isola Tiberina, così descritta in Cronaca Cittadina da "L'Osservatore Romano" del 27 aprile (339): "Quest'oggi nella Chiesa di S. Giovanni Calibita a S. Bartolomeo all'Isola è stato con pompa solenne celebrata la festa della Madonna del Buon Consiglio, la cui immagine tra lumi e fiori artisticamente disposti, spiccava nel mezzo dell'Altare Maggiore. Nella mattina varii Prelati e dignitari Ecclesiastici si sono recati a celebrare la Santa Messa nella Chiesa, che è stata sempre affollata di devoti. La Messa solenne, accompagnata da scelta musica gregoriana, secondo le ultime disposizioni del Santo Padre, diretta dal Maestro Comm. Capocci, è stata celebrata da S. E. Mons. Ceppetelli Patriarca di Costantinopoli, Vicegerente di Roma. Nel pomeriggio dopo il Panegirico detto dal R.mo P. Ferrini, lo stesso Mons. Ceppetelli ha impartito la Benedizione col Venerabile. I religiosi Fate Bene Fratelli, che durante l'anno distribuiscono a moltissimi poveri la minestra, oggi, in occasione della festa hanno fatto una speciale distribuzione di pane. La bella e solenne ceremonia, è stata celebrata come già da 33 anni, a cura del valente e caritatevole odontoiatra Fratel G. B. Orsenigo, il quale sebbene infermo - a lui che oggi ha voluto levarsi per assistere alla sua festa si sono rivolti gli auguri più sinceri di pronta guarigione - nulla ha trascurato perché la festa in onore della Madonna del Buon Consiglio riuscisse solenne quanto meglio si potesse".

Per fra Orsenigo quella festa fu in qualche modo il canto del cigno, poiché purtroppo non si realizzò quell'auspicio di "pronta guarigione" formulatogli dal cronista de "L'Osservatore Romano".

Anche altri cronisti romani, nel dare resoconto della festa all'Isola Tiberina, evidenziarono i problemi di salute di fra Orsenigo. Quello de "La Voce della Verità" scrisse (340): "i Religiosi Fate Bene Fratelli, celebrarono, ieri, dopo devoto triduo, con la consueta pompa, la festa della Madonna del Buon Consiglio, a cura di Fr. Giovanni Battista Orsenigo, che testé riavutosi da affezione morbosa, volle rendere anche più solenne la festa".

Per tutto maggio la sua salute non migliorò ed allora fra Orsenigo, sperando che un cambio di clima potesse giovargli, provò a cercar qualche sollievo nel suo Sanatorio di Nettuno, recandovisi questa volta da degente, per cui possiamo affermare che la sua fu la terza più memorabile degenza registrata nel mezzo secolo d'attività dell'Ospedale, essendo la prima quella del cardinal Cretoni e la seconda quella di Santa Maria Goretti.

Da un necrologio (341) che gli dedicò in morte "Il Giornale d'Italia" apprendiamo che fra Orsenigo trascorse a Nettuno "un mese e mezzo" per "cercar sollievo e cure al Sanatorio da lui fondato, nella speranza di guarire da una ulcerazione allo stomaco". La stessa diagnosi è riportata nel già citato articolo dedicatogli nel trigesimo della scomparsa dal settimanale "La Vera Roma", nel quale si legge che chiuse i suoi giorni a 67 anni, "consunto da un'ulcerazione allo stomaco". Più vago a riguardo è invece il necrologio (342) pubblicato all'indomani della morte da "Il Messaggero": "un male allo stomaco minava da tempo la sua esistenza".

Non sappiamo esattamente quando era iniziata la sintomatologia, ma probabilmente durava da almeno un decennio, come farebbe pensare il già menzionato episodio avvenuto durante il Capitolo Generale del 1893, quando misero sul muro un suo ritratto non avendo egli le forze di lasciare il letto e scendere in cortile per la foto ricordo dell'Assemblea (343).

Come già nel 1893, in quelle ultime settimane di vita trascorse a Nettuno fra Orsenigo fu spesso costretto a restarsene a letto per la debolezza. Il suo amico avvocato Scotti così ne descrive drammaticamente gli ultimi giorni (344): "in seguito a lunga malattia, per la quale era impedita la nutrizione dell'infermo, questi erasi ridotto, il 13 luglio 1904, in stato di debolezza tale da non reggere a qualsiasi fatica e da essere nella fisica impossibilità di scrivere".

Gli fu spesso accanto in quegli ultimi giorni il suo confratello cappellano, fra Martino Guijarro, che dal marzo era anche il Priore della Casa (345), essendo succeduto in tale carica a fra Stefano Gazzurelli (346). L'argomento principale di conversazione era in quei giorni l'imminente inaugurazione del monumento a colei che oggi veneriamo come Santa Maria Goretti (347). Il Processo per la sua Canonizzazione sarebbe iniziato solamente nel maggio 1935, ma fin dal primo momento la popolazione la considerò una Santa e ne mantenne vivo il ricordo, tanto che rispose generosamente alla sottoscrizione avviata dal settimanale romano "La Vera Roma" per erigerle il suddetto monumento (348).

Più volte fra Guijarro, sostando al capezzale di fra Orsenigo, gli rievocò i memorabili momenti vissuti insieme a fra Gazzurelli giusto due anni prima, quando la sera del 5 luglio 1902 dalla tenuta Le Ferriere giunse in Ospedale il corpicino straziato della Goretti (349). La giovinetta, per difendere la sua innocenza, era stata selvaggiamente trafitta 14 volte con un lungo punteruolo di 27 centimetri. Quando sua madre Assunta era accorsa ai suoi lamenti, l'aveva trovata, per citare le sue parole testuali, "macellata nell'addome e con le budella fuori". Di corsa il mezzadro Mario Cimarelli era venuto a cercare aiuto in paese e dall'Ospedale si era recato a soccorrerla con l'ambulanza a cavalli della Croce Rossa il dottor Francesco Bartoli, un chirurgo trentottenne nativo di Girgenti, il quale giunto alla Cascina aveva davvero trovato l'omento che fuoriusciva dalle ferite addominali della giovinetta. Dopo aver eseguita una medicazione provvisoria, aveva deciso di caricarla sull'Ambulanza e portarla in Ospedale, dove era arrivato verso le sei e mezza del pomeriggio.

In Sala Operatoria fra Gazzurelli aveva aiutato, come assistente chirurgico e flebotomo, il dottor Bartoli ed i due suoi colleghi chirurghi Perotti e Onesti, che procedettero ad una laparotomia per suturare le lacerazioni intestinali. L'intervento era durato oltre un'ora, ma la piccola martire era morta all'indomani per complicazioni infettive (350), impossibili a dominare in quell'epoca in cui non esistevano ancora gli antibiotici.

Consapevole della gravità della situazione, il dottor Bartoli prima dell'intervento aveva fatto chiamare fra Guijarro perché la confessasse. Questi, dopo essersi assicurato con mamma Assunta che la famiglia era praticante, accorse dal dottor Bartoli, che lasciandolo per alcuni minuti con la giovinetta, gli disse (351): "Padre, ella ha qui poco da fare; qui trova un angelo; noi lasciamo un cadavere". Fra Guijarro ricordava nitidamente la scena in Camera Operatoria (352): "La sala era splendidamente illuminata dalla luce elettrica. Il centro era occupato da un apparato operatorio (353) in cui giaceva mezzo coperta Maria Goretti, la cui bionda capigliatura, in totale disordine, sul bianco guanciale, dava un aspetto angelico e maestoso alle delicate forme del volto, tanto pallido per l'abbondante perdita di sangue".

Subito dopo l'intervento, mentre l'operata era ancora in Reparto, l'aveva assistita per una diecina di minuti fra Clemente Windrich (354), che rimase edificato nel vederla assai sofferente, ma serena e lucida, con sulle labbra solo fiduciose invocazioni alla Madonna. La ricoverarono poi in un villinetto al margine della proprietà, riservato alle donne, e fu lì, al letto n. 3 per l'esattezza (355), che fra Guijarro aveva seguito l'agonia della piccola Marietta, come in famiglia chiamavano la non ancora dodicenne fanciulla (356).

Agli inizi della sua vita religiosa fra Guijarro era stato incaricato di seguire i ragazzi in un Orfanotrofio di Malaga (357) ed aveva dimostrato di ben sapere in qual modo avvicinare i giovani e come destare in loro sentimenti devoti. Marietta, che aveva ricevuto in famiglia una soda educazione religiosa, corrispose immediatamente alle pie esortazioni del cappellano: non solo accettò prontamente di confessarsi, ma accolse volentieri ogni suggerimento spirituale. Come prima fra Windrich, anche fra Guijarro notò la devozione mariana della giovinetta e come mantenesse fisso lo sguardo sull'immagine della Madonna che adornava la parete della stanza, anzi a un certo punto aveva chiesto alla mamma (358) se potevano metterla nel letto libero attiguo, che era più vicino e più in direzione del quadro; e vedendo che non l'accontentavano, le aveva detto accorata: "Perché non mi volete far andare con la Madonna?".

Fra Guijarro pensò allora di proporle di iscriversi tra le Figlie di Maria. Era questa un'associazione giovanile mariana fondata nel 1864 da un Canonico Regolare Lateranense, padre Alberto Passèri (359), e presto largamente diffusasi nelle Parrocchie, tra cui quella della vicina Anzio, che vantava in quel momento una fiorente sezione, curata dal parroco, il conventuale padre Leone Turco (360), il quale aveva autorizzato fra Guijarro, quale cappellano dell'Ospedale di Nettuno, ad accogliere nuove aspiranti, benedicendo e consegnando loro la medaglia, che era considerata come tessera d'appartenenza. Era una medaglia di formato più piccolo, legata ad un nastro verde, ma dopo alcuni mesi di prova le aspiranti erano accettate stabilmente e durante la cerimonia di professione ricevevano dal parroco la medaglia definitiva, legata ad un nastro celeste.

Fra Guijarro propose dunque a Marietta di divenire Figlia di Maria e le spiegò che alla medaglia era legata l'indulgenza plenaria in articulo mortis. La giovinetta accolse con entusiasmo l'invito di fra Guijarro, che le ripeté formalmente (361):

- Marietta, sei contenta di essere iscritta tra le Figlie di Maria?
- Tanto, tanto!
- Ebbene, io manderò il tuo nome a Roma alla sede di San Pietro in Vincoli (362). E intanto ti do la cara Medaglia di Figlia di Maria! Va bene così?...
- Bene, molto bene!
Dopo averle messo al collo il nastro verde con la medaglia di aspirante e recitato l'atto di consacrazione alla Vergine Immacolata, fra Martino le chiese di nuovo:
- Sei contenta ora, Mariettina?
La risposta della fanciulla fu un lungo, ripetuto bacio alla medaglia (363), di cui ripeté l'invocazione "O Maria concepita senza peccato, pregate per noi".
Poco dopo passò nella saletta di degenza il farmacista fra Meinrado Orsenigo che, come narra l'avvocato Marini (364), ebbe con Marietta questo scambio di battute:
"Fr. Meinrado, volle pregarla di ricordarsi di lui in Cielo. Essa rispose:
- Chi sa chi vi giungerà prima?
- Tu, cara Maria, replica il Farmacista.
Ed essa, sorridendo dolcemente:
- Bene, se sarà cosi, mi ricorderò di lei".

Passò a confortarla anche l'arciprete don Temistocle Signori e la esortò a perdonare il feritore, cosa che fece ovviamente anche fra Guijarro, come testimoniò mamma Assunta.

La fine appariva imminente e fra Guijarro, prima di somministrarle come Viatico la Santa Comunione, le chiese ancora se perdonava il suo feritore. Senza esitazione ella replicò che per amor di Gesù lo perdonava, anzi desiderava anche per lui il Paradiso. Fu quel perdono il tocco finale della santità della fanciulla, tanto che la stanza in cui ella spirò e che fu poi trasformata in cappella, viene oggi significativamente indicata come Tenda del Perdono.

La morte di Marietta venne registrata da don Signori nel Libro dei Defunti della Parrocchia non con l'usuale fraseggio burocratico, ma con un grato cenno all'accoglienza ospedaliera che aveva facilitato la santità di quella morte: "Trasportata all'Ospedale e amorevolmente accoltavi, ristorata col Santo Viatico e corroborata con l'Unzione Estrema, perdonando più che volentieri al proprio uccisore, si addormentò nel bacio del Signore".

Fra Guijarro avvertì del trapasso il parroco di Anzio, che intervenne al funerale con "un grande numero di Figlie di Maria" (365), sul cui periodico comparve un profilo della martire scritto dall'agile penna di G. Balducci, che chiudeva l'articolo invitando le Figlie di Maria ad imitare le virtù della Goretti (336).

Quando la mattina dell'8 luglio 1902 fu celebrato il funerale nella Chiesa dei Fatebenefratelli (367), una folla strabocchevole, venuta non solo da Nettuno ma anche da Anzio, accorse alla Messa Solenne, presieduta dall'arciprete di Nettuno con tutto il Capitolo della Collegiata e poi un lungo corteo si snodò per accompagnare verso il Cimitero, che era dall'altro lato del paese, il feretro, che fu portato a spalla attraverso le vie cittadine. Il corteo si sciolse solo dopo aver oltrepassato le ultime case e sostato in località Santa Croce per ascoltarvi il commosso elogio delle virtù della Goretti che vi pronunciò l'arciprete (368). Poi il feretro fu posto sul carro funebre e accompagnato al Cimitero dall'arciprete e da fra Guijarro (369).

Venerdì 10 luglio 1904, nel secondo anniversario di quell'eroica morte, ci fu l'inaugurazione del monumento, erettole nel maggior Santuario mariano di Nettuno, quello della Madonna delle Grazie. Fra Orsenigo era troppo debole per attendervi, ma i Confratelli gli raccontarono come alle dieci e mezza del mattino, in mezzo ad una fitta ala di popolo, una processione s'era snodata dalla Collegiata fino al Santuario per la benedizione del monumento e vi avevano partecipato, recando palme e gigli, centinaia e centinaia di alunni e alunne non solo delle Scuole di Anzio e Nettuno, ma anche quelli di qualche Scuola di Roma, che erano in zona per la stagione balneare (370).

Giusto due giorni dopo, la sera del 14 luglio, fra Orsenigo entrò in agonia e spirò, come annotato nel suo certificato di morte (381), mezz'ora dopo scoccata la mezzanotte, ossia quando era appena iniziata la giornata del 15 luglio, che è dunque la data esatta del decesso, anche se erroneamente sul ricordino funebre, di cui si conserva una sola copia nell'Archivio dell'Ordine a Granada (372) ed il cui testo qui riproduciamo, si legge 14 luglio:

 

FRA. GIOV. BATT. ORSENIGO
NATO A PUSIANO
E PER 36 ANNI PROFESSO DELL'ORDINE DEI FATEBENEFRATELLI
PERTRANSIT BENEFACIENDO.
Roma consacrerà imperitura memoria del celeberrimo dentista.
I buoni non lasceranno certamente di elevare una prece per il comune benefattore.
Mori a Nettuno, dove aveva impiegato tutte le sue energie e sostanze in beneficio dei sofferenti,
il 14 luglio 1904 nell'età di 67 anni.
Mater Boni Consilii, ora pro eo.
Lecco. Tip. Gius. Corti

 

Questo ricordino è interessante, non solo perché infine ci mostra nitidamente le reali fattezze del volto di fra Orsenigo, ma anche per il chiaro riferimento che vi si volle porre alla stima ed alla fama che egli s'era guadagnato a Roma come dentista.

Ai funerali, come sottolinea il più volte citato necrologio pubblicato dal settimanale "La Vera Roma" nel trigesimo della morte, "i Municipi di Anzio e Nettuno, le civili e militari Autorità gli resero il tributo della loro stima e della loro gratitudine accompagnandone con solenne pompa la di lui salma al sepolcro".

Per dare dignitosa sepoltura a fra Orsenigo, il 20 dicembre i Fatebenefratelli di Nettuno acquistarono per 200,10 lire nel Cimitero Comunale un riquadro di 20 metri quadrati, giusto dirimpetto a quello dove era sepolta Santa Maria Goretti, e vi eressero la tomba della Comunità, nella quale riposano tuttora i resti di fra Orsenigo e di un altro suo Confratello (373).

Anche se dal 1921 i Fatebenefratelli hanno lasciato l'Ospedale di Nettuno, continua però ad aleggiarvi il ricordo di fra Orsenigo, non solo perché una lapide posta nel 1946 nel Salone principale lo ricorda come Fondatore (374), ma molto più perché il Comune, che per gratitudine gli aveva concesso nel 1889 la cittadinanza, ha voluto intestargli la strada che scorre su di un fianco dell'edificio, esattamente nel lato della Cappellina, tra le cui mura Santa Maria Goretti spese le sue ultime decisive ore, quelle dell'eroico perdono; inoltre ad Orsenigo continua ad essere intitolata la Farmacia di Piazza dei Cavalieri di Vittorio Veneto.

 

 

319 - Elevato alla porpora il 22 giugno 1896, Cretoni era nato a Soriano del Cimino il 4 novembre 1833 ed era stato nominato Nunzio in Spagna il 9 maggio 1893, restandovi fino al 1896; tornato poi a Roma, fu nominato il 23 ottobre 1900 Prefetto della Curia Romana, passando poi il 7 gennaio 1903 ad essere Prefetto della Congregazione dei Riti; morì il 3 febbraio 1909.

320 - Cf. Martino GUIJARRO, "Nuestra Correspondencia. Frascati (Italia)" in "El Archivo Religioso Hospitalario", a. III, aprile 1909, p. 156.

321 - Fra Martino Guijarro Prieto, al secolo Emanuele, era nato a Zamora (Spagna) il 9 luglio 1867. Entrato giovanissimo nell'Ordine dei Fatebenefratelli il 2 ottobre 1882, emise i Voti Semplici il 15 agosto 1885 ed i Solenni il 23 ottobre 1890. Ordinato sacerdote nel 1891, per le sue doti di grande zelo, comunicativa e disponibilità fu poi inviato a Roma, dove giunse il 28 dicembre 1900 (cf. AGF, registro "Religiosi Provincia Romana", elenco del 1912, n. 2) e v'apprese rapidamente l'italiano. Inviato come cappellano a Nettuno, ne fu nominato Priore il primo marzo 1903, restandovi finché nel 1908 fu nominato Priore dell'Ospedale di Frascati, che migliorò grandemente finché nel 1914 una peritonite postoperatoria pose prematuramente fine ai suoi giorni. Nel 1912 era stato nominato Procuratore Generale dei Fatebenefratelli su segnalazione di un Religioso spagnolo, allora di Comunità a Frascati, il padre Gioacchino Maria de Llevaneras (1852-1923), cappuccino e fratello del cardinale Giuseppe Calasanzio Vives y Tutó, anch'egli cappuccino e Prefetto della Congregazione dei Religiosi dal 1908 al 1913. L'unica foto che abbiamo di fra Martino Guijarro, oltre quella del ricordino funebre, risale al 1892, in occasione di un incontro a Ciempozuelos dei sacerdoti della Provincia Spagnola, e fu pubblicata dalla rivista "Caridad y Ciencia" (Madrid), a. VII, n. 82, ottobre 1935, p. 583.

322 - Cf. L. HUETTER, "Fra Orsenigo: la storia…cit", p. 101.

323 - Cf. G. MAGLIOZZI, "Fra Orsenigo…cit.", in "Strenna dei Romanisti", pp. 338-345.

324 - Esattamente 18 novizi fino al 1876 ed altri 256 novizi fino al 1902. Cf. Juan Ciudad GÓMEZ BUENO, "El resurgir de una obra", Archivo Interprovincial, Granada 1968, p. 296.

325 - Cf. "El Rvdo. P. Juan B. Orsénigo, Hospitalario del Orden de San Juan de Dios", Archivio Interprovinciale di Granada, Armadio 3°, Ripiano 2°, mns. n. 197.

326 - Cf. G. MAGLIOZZI, "Nuovi dati…cit.", pp. 10-11.

327 - Cf. P. BENASSEDO, APP, pp. 472-474.

328 - Cf. "La Vera Roma. Giornale Illustrato Politico Religioso Sociale della Domenica Roma", a. XIV, n. 33, domenica 14 agosto 1904.

329 - Cf. G. MAGLIOZZI, "Nuovi dati…cit.", pp. 11-12.

330 - Cf. AGF Nettuno, registro "Cassa. Giornale Entrate-uscite 1900-1901", in cui in data 15 aprile 1901 è annotata sia una sua "regalia ai Religiosi" di 50 lire, sia un'entrata di 55,40 lire quale "incasso Farmacia per medicinali somministrati e medicature all'Eminentissimo Cardinale Serafino Cretoni durante la sua permanenza nel Sanatorio".

331 - Cf. J. A. ENGLEFIELD, APP, pp. 6-7.

332 - Cf. L. HUETTER, "Fra Orsenigo: la storia…cit.", p. 101.

333 - L'Agliardi, elevato alla porpora il 22 giugno 1896, era nato a Cologno al Serio il 4 settembre 1832 ed era stato nominato Delegato Apostolico in India nel 1884; fu poi inviato Nunzio in Germania il 9 aprile 1889 e Nunzio in Austria il 12 giugno 1893; assegnato nel 1896 alla Curia Romana, morì il 19 marzo 1915.

334 - Come già ricordato, il card. Parocchi fu dal 1884 al 1899 Cardinale Protettore dei Fatebenefratelli, il che spiega perché amasse intervenire alla festa e, come riferisce Englefield, celiando sul grande zelo di fra Orsenigo, usasse chiamarlo "Re dei festaioli" (cf. J. A. ENGLEFIELD, APP, p. 6).

335 - Cf. L. HUETTER, "Fra Orsenigo: la storia…cit.", p. 101.

336 - Sia il Capocci (1840-1911) sia il Moriconi (1844-1907) nacquero e conclusero la loro vita a Roma, dove si distinsero come organisti e compositori. Il Capocci fu anche docente a Santa Cecilia e si fece promotore del Movimento Riformista italiano, restando fondamentale il suo contributo alla moderna concezione della musica sacra, in particolare grazie alla sua collaborazione nella stesura e nell'applicazione delle norme radicalmente innovative emanate da San Pio X col motu proprio"Tra le Sollecitudini" del 22 novembre 1903 che, pur non mettendo al bando la musica moderna, ne definiva il corretto spirito e ruolo nell'uso liturgico.

337 - Cf. Archivio della Congregazione dei Santi, "Sacra Rituum Congregatio", Decreta 1903, n. 140.

338 - Va sottolineato che si trattava di un'iniziativa abbastanza inusuale. Cf. G. MAGLIOZZI, "Fra Orsenigo e la Madonna del Buon Consiglio", in "Il Melograno", a. V, n. 4, 19 marzo 2003.

339 - Cf. "La Madonna del Buon Consiglio" in Cronaca Cittadina de"L'Osservatore Romano", a. XLIV, mercoledì 27 aprile 1904, p. 3.

340 - Cf. "Ai Benfratelli", in "La Voce della Verità" (Roma), a. XXXIV, n. 96, mercoledì 27 aprile 1904, p. 2, quarta colonna. Per il testo integrale del necrologio vedi Giuseppe MAGLIOZZI, "Con lo sguardo su Maria", in "Il Melograno", a. VI, n. 7, 30 maggio 2004, pp. 1-6.

341 - Cf. "La morte di Padre Orsenigo" in "Il Giornale d'Italia", a. IV, n. 198, sabato 16 luglio 1904, p. 4, colonna 3. Per il testo integrale del necrologio vedi G. MAGLIOZZI, "Con lo sguardo…cit.", p. 6.

342 - Cf. "Il Messaggero" del 16 luglio 1904, p. 3. Per il testo integrale del necrologio vedi Giuseppe MAGLIOZZI, "Il segreto del successo di fra Orsenigo", in "Il Melograno", a. V, n. 7, 15 luglio 2003, p. 3.

343 - Un accenno ad imprecisati gravi problemi della sua salute già nel luglio 1876, l'abbiamo in una lettera con cui il parroco di Pusiano così gli trascriveva un messaggio divino, ricevuto per lui da Angela Isacchi: "E tu dovevi già essere morto l'anno passato. Ma per mantenerti sulla strada dei miei disegni dissi: passa o malattia e siati data la perfetta sanità. E così fu con prodigio il più evidente" (cf. P. BENASSEDO, APP, mns."Parole relative a fra Giov. Batt. Orsenigo, 18 Ottobre 1877").

344 - Cf. AGF Nettuno, cartella "Cause Giudiziarie", fasc. 2, "Sentenza" del 30 dicembre 1905, p. 3.

345 - La decisione fu presa dalla Curia Generalizia nella seduta di Consiglio del primo marzo 1903 (cf. AGF, "Verbali del Definitorio Generale 1896-1920", p. 92), perciò è erronea l'annotazione che fra Martino fosse Priore di Nettuno già nel luglio 1902, come si legge nel seguente testo che troviamo inserito nell'antico "Necrologio de' Religiosi della Provincia di S. Pietro Ap. in Roma" alla data del 10 agosto 1914: "M.R.P. Martino Guijarro, Sacerdote, Procuratore Generale e Priore di Frascati di anni 47 e 29 di Professione Religiosa. Il P. Martino, essendo Priore e Cappellano nell'ospedale di Nettuno, allorché nel luglio 1902 fu portata, crivellata da 14 ferite, Santa Maria Goretti, ebbe il singolare privilegio di prestare alla giovane Martire della purezza tutti i conforti del ministero sacerdotale, iscrivendola altresì tra le Figlie di Maria ed assistendola con tenerezza paterna fino all'ultimo respiro".

346 - Fra Stefano Gazzurelli, in precedenza di Comunità a Civitavecchia come chirurgo minore (cf. AGF, "Statistica dell'Ordine Ospitaliero di S. Giovanni di Dio - detto Fatebenefratelli al primo gennaio 1892") e poi per qualche tempo vicario della Comunità di Nettuno, n'era divenuto Priore il 29 giugno 1902, avendone ricevuto la nomina nel Capitolo Provinciale. Era nato a Bedizzole (Brescia) il 2 dicembre 1842 ed era stato ammesso in Noviziato a Brescia il 21 novembre 1875, emettendovi la Professione Semplice l'8 dicembre 1876 e quella Solenne l'8 dicembre 1879, passando poi a Roma il 22 giugno 1884 (cf. AGF, "Elenco II de' religiosi di I classe dell'Ordine di S. Gio. di Dio della Provincia Romana e Toscana dal 1878 al 1911").

347 - Pio XII la proclamò Beata il 27 aprile 1947 e Santa il 24 giugno 1950.

348 - Realizzato in marmo di Carrara dal prof. Raffaele Zaccagnini, fu inaugurato la mattina del 10 luglio 1904. Lo scultore ritrasse la giovinetta giacente in terra, nella posa della Santa Cecilia del Maderno, mentre l'anima vola al cielo, accolta dalla Madonna che aveva tanto invocato (cf. G. C., "Inaugurazione solenne del monumento di Maria Goretti a Nettuno", in "La Vera Roma. Giornale Illustrato Politico Religioso Sociale della Domenica", a. XIV, n. 28, domenica 10 luglio 1904).

349 - Cf. G. MAGLIOZZI, "Le ultime ore di Santa Maria Goretti", in "Il Melograno", a. IV, n. 10, 5 luglio 2002; cf. anche "Vita Ospedaliera", a. LVI, n. 7-8, luglio/agosto 2002, p. 15.

350 - Nel referto medico del dr. Bartoli si legge infatti che "causa unica ed assoluta della morte fu la peritonite settica originata dalle ferite intestinali". Cf. Giovanni ALBERTI, "Maria Goretti", Arti Grafiche G.A.D.I., Roma 2000, p. 179.

351 - Citiamo dalla prima biografia della santa, scritta a caldo dal redattore del settimanale romano "La Vera Roma", l'avvocato Carlo MARINI, che intervistò nell'ottobre 1902 fra Martino Guijarro e fra Meinrado Orsenigo. Cf. C. MARINI, "Cenni…cit.", pp. 27-28.

352 - Idem, p. 28.

353 - L'originario tavolo operatorio in marmo, sul quale la Santa subì l'intervento chirurgico, quando l'ospedale Orsenigo cessò di funzionare, finì in uno scantinato e lì di recente lo vide e ne segnalò l'esistenza il prof. Salvino Leone, per cui il Sindaco di Nettuno, avv. Vittorio Marzoli, provvide nel 2000 a farlo restaurare e collocare nel Museo allestito su di un fianco del Santuario di Nettuno (cf. V. MONTI, "Un secolo…cit.", p. 80).

354 - L'infermiere fra Clemente Windrich restò a Nettuno fino al novembre del 1902 e risultò l'unico frate ancor vivo della Comunità di Nettuno quando ci celebrò il Processo di Beatificazione della Goretti, nel quale poté esser sentito come testimone il pomeriggio del 19 febbraio 1936 e poi di nuovo il pomeriggio del 14 ottobre 1938. Era bavarese, essendo nato a Platting (Ratisbona) il 2 settembre 1872; ricevette l'abito religioso all'Isola Tiberina il 4 aprile 1899 ed ivi poi morì il 25 maggio 1945.

355 - A p. 113 del "Registro degli ammessi" dell'ospedale di Nettuno figurò annotato: "Letto n° 3. Diagnosi: Ferite multiple all'addome. Nome: Goretti Maria, di anni 12 del fu Luigi e di Ambrosetti Assunta, nata a Corinaldo; entrò nello Ospedale Fate-bene-fratelli il 5 luglio 1902; morì il 6 Luglio 1902 alle ore 15,45".

356 - Nel Venerdì Santo di quest'anno una tela del pittore filippino Eladio Santos, rievocante l'assistenza prestata da fra Guijarro alla Santa, è stata collocata nella stanza dove ella morì e che fu poi trasformata in Cappellina, suggestivamente denominata "Tenda del Perdono", oggi di proprietà della Santa Sede ed affidata alla vicina Comunità delle Suore della Sacra Famiglia di Bergamo. Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, "Eco tra i Passionisti", in "Vita Ospedaliera", a. LVIII, n. 6, giugno 2003, p. 23; e Giuseppe MAGLIOZZI, "Fra Orsenigo", in "Vita Ospedaliera", a. LIX, n. 4, aprile 2004, p. 23.

357 - Era l'Orfanotrofio Vescovile di San Bartolomeo, che i Fatebenefratelli gestirono dal 2 ottobre 1883 al 24 maggio 1895. Cf. "La Caridad" (Madrid), a. II, n. 24, dicembre 1942, p. 31.

358 - L'episodio, grazie alla cortesia del Padre Adolfo Lippi, Provinciale dei Passionisti, l'ho ripreso testualmente dalla deposizione resa al Processo Apostolico dalla mamma della Santa la mattina del 29 ottobre 1938.

359 - Sull'iniziativa del Passèri, che divenne poi Abate Generale della sua Congregazione, cf. Nicola LARDI, "Manuale per le Figlie di Maria iscritte alla Pia Unione Primaria di S. Agnese e alle altre ad essa aggregate", La Figlia di Maria, Gubbio 1933, pp. 11-14.

360 - Padre Leone Turco, al secolo Attilio, era nato a Segni il 15 aprile 1874 e divenne Parroco di Anzio nel 1901. Quando nel 1938 depose al Processo di Beatificazione della Goretti, era da nove anni il Provinciale dei Frati Minori Conventuali.

361 - Per il dialogo di quei momenti cf. Aurelio della Passione, "La S. Agnese del secolo XX. La Beata Maria Goretti. Martire della purezza", Roma 1947, p. 54.

362 - La Basilica romana di San Pietro in Vincoli è la residenza dell'Abate Generale dei Canonici Regolari Lateranensi, da cui dipendevano le Figlie di Maria.

363 - La santa fu seppellita con tale medaglia, che fu poi ritrovata in occasione della ricognizione canonica della salma ed oggi è conservata nel Museo del Santuario, mentre nell'urna se ne vede una nuova, da professa ad honorem, che le mise la Presidente Centrale delle Figlie di Maria, Maria Crivellari, quando alla vigilia della Canonizzazione rivestì la salma con l'uniforme delle professe dell'associazione, ossia l'abito bianco e la fascia celeste.

364 - Cf. C. MARINI, "Cenni…cit.", pp. 30-31.

365 - Cf. A. della Passione, "La S. Agnese…cit.", p. 78.

366 - Cf. G. BALDUCCI, "Una piccola eroina", in "La Figlia di Maria", a. XXXV, n. 24, Roma 17 dic. 1902, pp. 469-470.

367 - Giusto cent'anni dopo, a lato del presbiterio è stata collocata la seguente lapide commemorativa: "IN QUESTA CHIESA / L'8 LUGLIO 1902 / SI CELEBRARONO I FUNERALI / DELLA GIOVINETTA MARTIRE / S. MARIA GORETTI / NEL CENTESIMO ANNIVERSARIO / A PERENNE RICORDO / I SUOI CONTERRANEI / FRANCO C. - IRIO G. - MANLIO B. / QUESTO RICORDO POSERO / L'8 LUGLIO 2002 / A.D.".

368 - Dopo il funerale l'arciprete don Temistocle Signori compose in onore della fanciulla un inno nel quale tra l'altro così ricorda la paterna assistenza prestatale in Ospedale: "Fra mille cure amabili / In sacro ostello accolta / Potesti esprimere l'ultima / Parola di perdon". Cf. G. ALBERTI, "Maria cit.", p. 207.

369 - Per maggior dettagli sul funerale vedi C. MARINI, "Cenni…cit.", pp. 34-37.

370 - Cf. la cronaca apparsa su "La Voce della Verità", a. XXXIV, n. 156, domenica 12 luglio 1904, p. 3, colonna 2. Una conferma dell'imponenza della cerimonia la troviamo nella deposizione resa la mattina del 5 settembre 1935 al Processo Diocesano della Goretti dal parroco di Anzio, il quale sottolinea che già solo lui da Anzio portò alla processione "più di 200 Figlie di Maria, tutte vestite di bianco".

371 - Copia del certificato di morte, inviato al Comune dal Direttore dell'Ospedale, fu allegata al testamento di fra Orsenigo quando fu pubblicato dal notaio Marzio Ambrosi Tommasi in data 29 luglio 1904 (cf. Archivio Notarile di Roma, repertorio n. 13087).

372 - Cf. G. MAGLIOZZI, "Dedizione senza limiti", in "Vita Ospedaliera", a. LVIII, nn. 7-8, luglio-agosto 2003, p. 10.

373 - Si tratta dell'oblato fra Silvestro Corsi, morto a Nettuno pochi giorni dopo Orsenigo, il 25 luglio 1904. Oltre a tali due salme, la tomba custodisce oggi quelle di numerosi Passionisti, essendone stato fraternamente concesso l'uso nel 1932 alla loro Comunità di Nettuno.

374 - La lapide inizia, infatti, con queste parole: QUESTA CASA / CHE FRA' GIOVANNI ORSENIGO / DEGLI OSPITALIERI DI S. GIOVANNI DI DIO / AVEVA ERETTO / PER OSPITARE E CURARE AMMALATI. Per il testo completo della lapide cf. Augusto RONDONI, "Ospedale "B. Maria V. del Buon Consiglio" Nettuno" in AA.VV:, "Gli Ospedali della Melagrana", Centro Studi San Giovanni di Dio, Roma 1988, p. 273.

 



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