Agli inizi del 1863, durante i mesi che trascorse a Pusiano, fra Orsenigo tornò più volte al Noviziato milanese dei Fatebenefratelli per tentare di superare le prove di accertamento culturale, ma l'esito continuava a rimanere negativo, come lui stesso confida in un brano che il Benassedo trascrisse testualmente dal famoso fascicolo (85): "Quando lasciai l'impiego a Milano per farmi religioso, andavo a dare l'esame al convento dei Fatebenefratelli in Milano, ma sempre ero in dietro d'istruzione. Così mi ero intrattenuto 4 mesi in Pusiano presso quel Parroco per istruirmi sempre più. Cosicché, non badando bene, né riflettendo agli avvisi, si andava sempre avanti con le lezioni, ma io rimanevo sempre uguale. Mentre ero in aspettativa del mio stato, io mi mantenevo con le mie proprie spese e non volevo essere di aggravio alla famiglia, perché questa era contro la mia vocazione. Così all'ultimo mi trovavo costernato, perché finivano i mezzi per entrare in religione e non avevo neppure la scienza per entrarvi. E così andavo dicendo: ma come farò, mi avevano assicurato essere volontà di Dio di dover entrare, e ho perduto l'impiego e i quattrini? E perciò dicevo: sarà o non sarà volontà di Dio?".
Narra il Benassedo (86) che l'Orsenigo a questo punto, preso atto che la sua memoria non aveva più l'agilità d'un tempo e che il volenteroso impegno negli studi otteneva scarsi risultati, confidò le sue perplessità alla veggente Teresa Isacchi, che gli assicurò che la Madonna avrebbe risolto i suoi problemi se egli fosse andato in fiducioso pellegrinaggio a Locarno ed avesse chiesto questa grazia nel Santuario della Madonna del Sasso (87).
Mentre l'Orsenigo si chiedeva come organizzarsi per questo pellegrinaggio a Locarno, gli accadde d'incontrare dal parroco i coniugi Giuseppe e Rosa Guenzati, che egli ben conosceva poiché venivano spesso a Pusiano per visitare le Isacchi ed era anche andato alcune volte a casa loro in Milano. Oltre che possidenti, essi commerciavano in tessuti e coperte e spesso ne fornirono a Don Bosco, che più volte fu loro ospite a Milano. In quel momento il Guenzati era in cattiva salute e non riuscendo a rimettersi era venuto ad affidarsi alle preghiere delle Isacchi, che anche a lui assicurarono piena guarigione se fosse andato in pellegrinaggio alla Madonna del Sasso: egli decise di farlo ed invitò Teresa Isacchi ad accompagnarlo. Quando seppe che anche l'Orsenigo aveva avuto il medesimo suggerimento, gli propose di andarci insieme, dividendo le spese.
Nel citato dattiloscritto (88) lo stesso Orsenigo rievoca così la vicenda: "I signori Guenzati mi dissero: prenderemo una carrozza a due cavalli, e così faremo le spese assieme…Per convenienza dissi di sì, ma pensavo fra me: starò a vedere anche questo come finirà, perché a me erano rimaste circa 300 lire (89) e dovevo vivere 8 giorni con famiglia agiata. Dicevo: speriamo nell'aiuto di Dio e della Madonna. Arrivammo a Locarno e la mattina seguente salimmo al Santuario (90) per una strada ripidissima e faticosa senza poter avere, stante la brutta strada, neppure una cavalcatura, essendo il sito accessibile solo ai pedoni. Il sig. Guenzati era malato, allora io, oltre a fargli l'assistenza, dovevo portarlo a braccio, facendo una gran fatica. Il sig. Guenzati diceva che se io non l'avessi portato a braccio, non avrebbe potuto salire, per cui mi aveva molta riconoscenza. Dopo molta attesa ed aver ascoltato la S. Messa, la Teresa mi disse: la Madonna gli fa due grazie, una di entrare in Religione, e l'altra la saprà lei. Il sig. Guenzati riacquistò la perfetta salute. In questo Santuario avemmo la sorte di avere sentito cose prodigiose e celesti: le consolazioni erano tali e tante, che parevaci di essere entrati in un Paradiso Terrestre. Tornati a casa (91), il sig. Guenzati per le grazie ricevute, sia spirituali che corporali, si sentiva inondato di celesti consolazioni e diceva che in vita sua non si era mai sentito così felice. E siccome io l'avevo portato a braccetto e gli avevo prodigato tutte le cure possibili, così mi volle mostrare la sua gratitudine non accettando da me neppure un soldo, benché io gli avessi chiesto e mi fossi profferto di rimborsargli la porzione di spese a me spettanti. E così ottenni l'altra grazia (92): non avendo speso nulla, mi rimaneva tutto ciò che era sufficiente per entrare nell'Ordine (92). Giunto poi a casa del Parroco, questi mi porse la lettera del Superiore che mi invitava ad entrare in Firenze".
Quel fruttuoso pellegrinaggio a Locarno non solo mise felicemente alla prova l'effettiva capacità dell'Orsenigo di prendersi cura dei malati, ma lo tolse finalmente dai dubbi d'essere davvero chiamato dal Signore a divenire membro di un Ordine che si dimostrava così esitante ad accoglierlo.
La lettera d'accettazione che gli consegnò il parroco fu indubbiamente in risposta a qualche petizione che costui aveva inviato, a quanto sembra di capire senza informarne previamente l'Orsenigo, che comunque gioì dell'iniziativa, considerandola ispirata dalla Madonna, che egli con tanta fede aveva invocato a Locarno.
Non abbiamo idea in che data il parroco avesse spedito la petizione e quale ne fosse il contenuto, ma possiamo facilmente intuire che don Mariani fosse rimasto contrariato delle difficoltà che i Fatebenefratelli di Milano continuavano a porre all'Orsenigo ed avesse tentato di sciogliere il nodo interpellando direttamente a Roma il Superiore Generale dei Fatebenefratelli, il milanese fra Giovanni Maria Alfieri (94), che forse aveva avuto modo di conoscere quand'era ancora Priore dell'Ospedale di Verona (95), prima che nel 1860 andasse a Roma come Consigliere Generale e vi ascendesse poi alla guida dell'Ordine il 19 maggio 1862.
A don Mariani lo spedire la petizione a Roma dovette sembrare una mossa strategica, convinto che se l'Alfieri, che apparteneva alla Provincia Milanese dell'Ordine (96), avesse inviato a Milano due righe di segnalazione per l'Orsenigo, i Confratelli avrebbero senz'altro fatto il possibile per accontentarlo. In realtà, con la sua lettera don Mariani spinse gli eventi in una direzione abbastanza diversa e inaspettata.
Accadde che certamente nella lettera il Mariani avrà elogiato la non comune tempra spirituale del suo parrocchiano e ciò fece presa sull'Alfieri, poiché egli da Generale fu sempre alla ricerca di anime di grande levatura interiore con le quali dar vita a Comunità pilota, nel cui ambito cominciare ad applicare quella riforma che il Beato Pio IX, con l'enciclica "Ubi primum" del 17 giugno 1847, aveva additato a tutti gli Istituti Religiosi, auspicando il loro ritorno alla perfetta osservanza della Vita Comune e l'eliminazione di quei compromessi, specie nell'osservanza del Voto di Povertà, adottati sotto la spinta di situazioni di emergenza create dalle leggi eversive emanate da vari governi liberali e massonici, che più volte dispersero le Comunità Religiose e ne confiscarono i beni (97).
Nei suoi 36 anni di generalato l'Alfieri (98), incoraggiato dal Beato Pio IX che lo stimava grandemente e l'annoverò perfino tra i suoi confessori (99), riuscì ad aprire a Brescia due Comunità di perfetta osservanza, mantenendole sotto la sua immediata dipendenza (100); riuscì inoltre a costituire in Austria un'intera Provincia riformata, quella di Stiria (101), e soprattutto avviò secondo tale spirito la Restaurazione dell'Ordine nella penisola iberica e nell'America Latina (102).
Come meglio vedremo in seguito, l'Alfieri nell'agosto 1868 ingaggerà ufficialmente in quest'ampio progetto di riforma dell'Ordine anche l'Orsenigo (103) e per intanto, dando credito alle assicurazioni del Mariani, se lo fece venire nella Provincia Romana, di cui aveva immediato controllo, assegnandolo per una prima fase di discernimento alla Comunità di Firenze.
L'Orsenigo rimase sorpreso di dover fare l'ingresso nell'Ordine a Firenze invece che a Milano ma, come sottolinea il Benassedo (104), accettò la novità in spirito di fede, convinto che rientrasse nei disegni del Signore. Ovviamente a Firenze, in attesa che verificassero la possibilità di ammetterlo in un secondo tempo in Noviziato nonostante il modesto livello culturale, gli veniva per il momento semplicemente offerto d'entrare come aspirante Oblato, il che comunque non lo esimeva dal presentare l'usuale documentazione richiesta per chiunque voleva entrare in Religione.
Per quanto riguarda la documentazione civile, l'Orsenigo ottenne il 14 giugno 1863 dal sindaco di Pusiano, Pietro Pellegata, l'attestazione che "non fu mai inquisito per alcun reato e tenne sempre una condotta regolare e conforme alle Leggi" (105).
Per quanto riguarda la documentazione ecclesiastica, in data 22 marzo 1863 il parroco gli aveva rilasciato senza problemi il Certificato di Nascita e di Battesimo (106), ma restava il problema di quello di Cresima, poiché l'Orsenigo era arrivato a ventisei anni senza averla ancora ricevuta.
Don Mariani, dimostrando ancora una volta quanto tenesse a cuore l'aspirazione dell'Orsenigo ad entrare dai Fatebenefratelli, si mobilitò personalmente, non solo accompagnandolo di sabato a Monza il 27 aprile 1863 per esservi cresimato dal vescovo Caccia, che abbiamo visto era il Vicario Generale dell'Arcidiocesi in Sede forzosamente Vacante, ma impetrò ed ottenne dal Prelato, giacché si trattava d'agevolare una vocazione religiosa, di poter fungere eccezionalmente da padrino, nonostante la propria condizione sacerdotale (107).
Completata la documentazione, arrivò finalmente il momento di congedarsi dal parroco e dalle sorelle Isacchi e di lasciare definitivamente la natia sponda del lago di Pusiano, dando addio, come la Lucia manzoniana, al profilo ineguale del monte Resegone, che in quelle nitide giornate di giugno si stagliava possente oltre la distesa d'acque e le colline.
E se il Manzoni nel 1827 se n'era andato a Firenze per "sciacquare in Arno" il suo romanzo, l'Orsenigo ora v'andava per imprimere una svolta decisiva al romanzo della propria vita, lieto che il Signore, dopo avergliene paternamente tracciato la trama fin dal grembo materno, avesse ora cominciato a disvelargliela attraverso le veggenti di Pusiano.
Quella trama prevedeva che la tappa finale sarebbe stata Roma e forse non fu male che prima d'arrivarvi l'Orsenigo apprendesse dai fiorentini quel linguaggio fin'allora parlato quasi solo in Toscana ed ora adottato dall'intero Regno d'Italia, nel quale il Granducato era già confluito come effetto collaterale della Seconda Guerra d'Indipendenza (108). Ad ogni modo, il suo primo approccio linguistico con i Confratelli di Firenze fu facilitato dal fatto che il Capitolo Generale del 1862 aveva eletto come loro Superiore il milanese fra Giovanni Luigi Caimi (109).
Col suo modesto fagottello, ma con l'animo pieno d'entusiasmo, l'Orsenigo il 18 giugno 1863 fece il suo ingresso a Firenze, che s'apprestava a celebrare il suo Patrono San Giovanni Battista, anche se in modo sommesso ed interiore, essendo le tradizionali manifestazioni popolari ormai rimaste soppresse dal nuovo Governo liberale. I fiorentini avevano scelto il Battista come loro Santo Patrono perché fu l'inviato da Dio a testimoniare l'avvento di una nuova epoca del mondo e volevano anche loro divenire artefici di una nuova età. L'Orsenigo non lo sapeva ancora, ma il giorno che a Roma gli avrebbero concesso l'abito di Novizio, gli avrebbero anche a lui assegnato come nuovo nome in Religione quello di San Giovanni Battista, il profeta dei tempi nuovi.
85 - Cf. P. BENASSEDO, APP, p. 67.
86 - Idem, pp. 67-68.
87 - Questo famoso santuario mariano si trova all'estrema sponda nord del lago Maggiore, esattamente ad Orselina, subito sopra Locarno. Esso nacque per iniziativa di fra Bartolomeo di Ivrea, che dal convento di Locarno, che la tradizione vuole fondato da Sant'Antonio di Padova nel 1229, uscì fuori città e si ritirò in preghiera sulle alture del Sasso, uno sperone roccioso posto tra i due rami del torrente Rampogna e lì, la notte della vigilia dell'Assunta del 1480, gli apparve la Madonna con in braccio il Bambino. Fra Bartolomeo innalzò sul posto della visione una cappella, in cui pose una statua lignea della Madonna che ha richiamato per secoli folle di fedeli, com'è attestato da innumerevoli ex voto, e che è tuttora venerata nell'attuale Basilica, meta d'imponenti pellegrinaggi di fedeli, provenienti principalmente dal Canton Ticino e dall'Italia settentrionale. Da Pusiano il Santuario dista un centinaio di chilometri, il che richiedeva allora otto giorni fra andare e tornare.
88 - Cf. P. BENASSEDO, APP, pp. 68-69. Sulla vicenda cf. anche Giuseppe MAGLIOZZI, "La vocazione religiosa di fra Orsenigo", in "Il Melograno", a. VI, n. 8, 8 giugno 2004, pp. 1-4; e Giuseppe MAGLIOZZI, "La Madonna del Sasso e la vocazione di fra Orsenigo", in "Vita Ospedaliera", a. LIX, n. 6, giugno 2004, p. 15.
89 - Si trattava certamente di modeste lire italiane, anche se fino all'ottobre 1858 la moneta corrente in Lombardia era stata la lira austriaca, moneta d'argento suddivisa in 100 centesimi e che dal novembre 1858 era stata sostituita dal fiorino austriaco, anch'esso d'argento e suddiviso in 60 soldi; la vecchia lira austriaca fu ragguagliata a 35 soldi ed un soldo equivaleva a 2,47 lire italiane. Queste ultime erano divise in centesimi e divennero il 24 agosto 1862 la nuova moneta ufficiale del Regno d'Italia, che era stato proclamato il 17 marzo 1861 e comprendeva già sia la Lombardia, sia la Toscana, dove l'Orsenigo si recherà nel giugno 1863 col suo residuo gruzzoletto, frutto di sudati risparmi negli anni trascorsi come garzone di bottega nella metropoli lombarda. Un gruzzoletto troppo modesto per dargli titolo di partecipare alle elezioni, per nulla proletarie, del primo Parlamento Italiano, tenutesi nelle domeniche del 27 gennaio e del 3 febbraio 1861 ed alle quali partecipò solo l'1,9% della popolazione italiana.
90 - Oggi ogni quarto d'ora c'è una funicolare che dalla città, che ha un'altitudine di 193 metri, porta rapidamente ai 378 metri d'altezza del Santuario; a quel tempo c'era invece solo un ripido sentiero pedonale, assolutamente impercorribile non solo in carrozza ma anche a cavallo.
91 - Anche se l'Orsenigo non lo specifica, sembra logico pensare che non si tratti della casa di Milano, ma della villa poco distante da Pusiano che i Guenzati avevano ad Erba Incino e dove vivono ancora i discendenti, signori Rivolta.
92 - Si tratta della grazia che la Isacchi aveva predetto come seconda, senza specificarne il contenuto.
93 - Quando sarà ammesso nel Noviziato dell'Isola Tiberina, fu in grado di consegnare al padre Maestro 200 franchi, come risulta dall'inventario conservato nella sua cartella personale. Cf. AGF, "Personale religioso: cartelle personali dei religiosi 1867-77", fasc. n. 59.
94 - Sull'Alfieri cf. la nota 11 nel primo capitolo.
95 - L'Alfieri fu eletto Priore dell'Ospedale veronese dei Santi Zeno e Carlo nel 1856 e vi si distinse nell'assistervi i feriti della II Guerra d'Indipendenza, tanto che l'imperatore Francesco Giuseppe il 4 luglio 1859 lo decorò della Croce di Cavaliere del suo Ordine Imperiale "in riconoscenza della tanto lodevole, compassionevole e premurosa cura" prestata ai feriti del suo esercito. Cf. Celestino MAPELLI - Giovanna della Croce BROCKHUSEN, "Padre Giovanni Maria Alfieri Priore Generale dei Fatebenefratelli. Epistolario", Milano 1991, vol. II, pp. 277-278.
96 - Le Comunità dei Fatebenefratelli fin dal Capitolo Generale del 1587 furono raggruppate a formare distinte Province Religiose, il cui numero variò lungo i secoli. Secondo una statistica diffusa dallo stesso Alfieri ("Prospetto Statistico degli Spedali dell'Ordine di San Giovanni di Dio detto de' Fatebenefratelli secondo i rendiconti del 1864, Bernardo Morini, Roma 1865, pp. 2-3), in quel momento l'Ordine "era ormai limitato alla sola Europa, eccettuata Manila nelle Filippine" e comprendeva 11 Province: quattro in Italia (la Romana con 13 Ospedali, la Lombarda con 9; la Napoletana con 12, la Siciliana con 12), una in Francia con 6 Ospedali; una in Austria con 18; una in Ungheria con 14: una in Baviera con 7; una in Prussia con 5; una in Polonia, rimasta col solo Ospedale di Cracovia; ed una in Spagna con 12.
97 - Per una disamina su intenti e necessità della riforma auspicata dal Beato Pio IX, cf. Giacomo MARTINA, "La situazione degli istituti religiosi in Italia intorno al 1870", in AA. VV., "Chiesa e religiosità in Italia dopo l'Unità (1861-1878)", Milano 1973, pp. 195-335.
98 - Sulle iniziative prese dal Deidda e poi dall'Alfieri per attuare nell'ambito dei Fatebenefratelli la riforma auspicata dal Beato Pio IX, cf. Giuseppe MAGLIOZZI, "Ricordando fra Pietro Paolo Deidda nel secondo centenario della nascita", in "Il Melograno", a. IV, n. 14, 20 settembre 2002, pp. 1-4.
99 - Cf. Gabriele RUSSOTTO, "Un grande animatore. Padre Giovanni Maria Alfieri. 1807-1888", Curia Generalizia dei Fatebenefratelli, Roma 1988, pp. 27-29.
100 - In pratica l'Alfieri inserì le due Comunità nella Provincia Romana, che canonicamente era una Provincia con autonomia limitata e, proprio per questo, sotto suo immediato controllo. Per inciso, nel 1939 la Provincia Romana venne equiparata alle altre (cf. G. RUSSOTTO, "San Giovanni
cit.", vol. I, p. 397), ma in qualche modo è andata poi man mano ricostituendosi una specie di provincia generalizia, senza questa volta la minima veste ufficiale, neppure di Delegazione Generale, ma formata da ben tre Comunità canonicamente costituite: la Farmacia Vaticana, l'Ospedale dell'Isola Tiberina ed il Centro Internazionale di Via della Nocetta.
101 - Cf. C. MAPELLI - G. BROCKHUSEN, "Padre G. M Alfieri
cit.", Milano 1994, vol. III, pp. 677-685.
102 - Pur essendoci innumerevoli libri ed articoli sulla Restaurazione dell'Ordine Ospedaliero nel mondo ispano-lusitano attuata dall'Alfieri per mezzo di San Benedetto Menni, manca ancora uno studio sulla visione riformistica con cui fu condotta e che il Beato Pio IX in persona sintetizzò nella raccomandazione "vita perfettamente comune, molto povera, molto casta e molto obbediente" quando il 14 gennaio 1867, durante l'udienza privata che concesse all'Alfieri ed a San Benedetto Menni, benedisse la missione nella quale il Santo stava per lanciarsi in Spagna (cf. G. RUSSOTTO, "San Giovanni
cit.", vol. II, p. 453).
103 - Su invito dell'Alfieri, l'Orsenigo la mattina dell'8 agosto 1868 sottoscrisse un impegno giurato che si conserva nella sua cartella personale. Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, "Dedizione senza limiti", in "Vita Ospedaliera", a. LVIII, nn. 7-8, luglio-agosto 2003, p. 10. Per inciso, analoghi impegni scritti, secondo quanto riferitomi dal Postulatore padre Felix Lizaso Berruete, si trovano nelle cartelle personali di molti dei Beati dell'Ordine caduti Martiri durante l'ultima Guerra Civile Spagnola.
104 - Cf. P. BENASSEDO, APP, p. 70.
105 - Cf. l'originale in AGF, "Personale religioso: cartelle personali dei religiosi 1867-77", fasc. n. 59.
106 - Idem.
107 - L'inopportunità che un sacerdote faccia da padrino deriva dal volergli evitare che, se il figlioccio necessiti aiuto, si senta impegnato a soccorrerlo non solo spiritualmente, ma anche finanziariamente. Nel Certificato di Cresima dell'Orsenigo, conservato come i precedenti nella sua cartella personale, si precisa che il parroco fece da padrino "previo permesso dell'Ill.mo Vescovo". Nella cartella si conservano anche, firmate dal medesimo vescovo l'11 luglio 1863, le lettere testimoniali chiestegli dai Fatebenefratelli per l'Orsenigo in ossequio al decreto Romani Pontificis del 25 gennaio 1847: tale documento, oggi non più previsto dal Diritto Canonico, serviva ad attestare che dagli atti della Curia Diocesana il candidato non risultava inquisito o processato o incorso in censure ecclesiastiche o altro impedimento canonico.
108 - Di fronte ai moti sobillati da Cavour, Leopoldo II di Lorena aveva abbandonato il Granducato di Toscana il 27 aprile 1859, giusto all'indomani dello scoppio della Guerra; gli successe un Governo provvisorio, finché l'11 e 12 marzo 1860 un plebiscito, che di popolare ebbe ben poco, sancì l'annessione al Regno di Sardegna, trasformatosi in Regno d'Italia il 17 marzo 1861.
109 - Era nato a Nova Milanese il 27 dicembre 1808, ottenne a Milano l'abito di oblato nell'aprile 1827, entrò in Noviziato nell'agosto 1828 incontrandovi come compagno fra Benedetto Nappi, emise la Professione Solenne nell'aprile 1830, fu ordinato sacerdote nel 1852. Lasciò la Provincia Milanese nel 1854, essendo stato chiamato all'Isola Tiberina come Segretario Generale, e passò poi come Vicario Priore a Firenze, dove morì il 30 gennaio 1874. Cf. G. BROCKHUSEN - M. ZUCCHELLI, "I Fatebenefratelli
cit.", Milano 1999, tomo XXI, vol. III, pp. 546-551. |