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Sulle tracce
di Fra Orsenigo

di
Fra Giuseppe Magliozzi o.h

DELEGAZIONE FILIPPINA
DEI FATEBENEFRATELLI
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3 - LA VOCAZIONE DI FATEBENEFRATELLO


A Milano i Fatebenefratelli sono presenti da oltre quattro secoli. L'Ordine fu fondato in Spagna da San Giovanni di Dio (44), un umile portoghese dalla vita raminga ed avventurosa il quale nel 1538, dopo un drammatico ricovero nell'Ospedale Reale di Granada, sentì nascersi il desiderio di aprire un Ospedale dove i malati fossero assistiti con maggiore umanità: non solo vi riuscì, ma ebbe dei discepoli che dopo la sua morte (8 marzo 1550) ne continuarono l'opera e, come aveva egli stesso profetizzato (45), si diffusero in tutto il mondo, essendo oggi presenti in ogni continente e gestendovi circa quattrocento centri sanitari, disseminati in cinquanta nazioni.

Le prime Comunità sorsero in Spagna ed ottennero che San Pio V con la Bolla "Licet ex debito" del primo gennaio 1572 le riconoscesse come Istituto Religioso Regolare, sottoposto alla Regola di Sant'Agostino, per cui i Confratelli cominciarono ad emettere la Professione Religiosa nelle mani del Vescovo locale. L'anno 1572 segnò così la nascita canonica dei Frati di San Giovanni di Dio, i quali presero a diffondersi anche in altre nazioni tra cui l'Italia, dove ebbero il soprannome di Fatebenefratelli perché nel questuare ripetevano lo stesso ritornello del Fondatore (46), come ci ricordano queste ingenue terzine di una "villanella" (47) in voga a Roma nel 1584:

Vanno per Roma con le sporte in collo
certi gridando: Fate Ben Fratelli,
per medicar gl'infermi poverelli.
A questi non v'è donna tanto avara
che non faccia limosina e non sia
verso di loro liberale e pia.

Benché animate da un medesimo ideale e vincolate ad un medesimo stile di vita, le singole Comunità dei Fatebenefratelli restarono tra loro giuridicamente autonome, finché nel 1586 Sisto V volle elevarle a costituire un Ordine Religioso, riunendole quindi in un sol corpo, con un unico Superiore Generale residente a Roma nell'Isola Tiberina. Il primo a ricoprire tale incarico fu lo spagnolo fra Pietro Soriano (48), eletto nel giugno 1587 e che era stato l'artefice della diffusione in Italia.

Già ufficiale nell'esercito dell'imperatore Carlo V, il Soriano prese a Granada l'abito dei Fatebenefratelli ma con esso tornò più volte sui campi di battaglia durante la rivolta dei Mori nelle montagne delle Alpujarras (1568-1570) e alla battaglia navale di Lepanto (1571), prendendosi cura dei feriti quale generoso antesignano della moderna Croce Rossa (49).

Dopo Lepanto seguì il vincitore Don Giovanni d'Austria a Napoli e ne ottenne 5.000 ducati per aprire un Ospedale nella città partenopea (50); grazie all'afflusso di vocazioni, poté anche aprire nuove Comunità dapprima nel 1581 a Roma, poi nel 1584 a Perugia ed infine nel 1586 a Tarquinia e Palermo (51).

Dopo l'elezione a Superiore Generale il Soriano riuscì ad avviare altre tre fondazioni, rispettivamente a Velletri, Lanciano e Milano (52).

La fondazione di Milano fu l'ultima impresa del Soriano. Egli da Perugia, dove si era recato per alcune Professioni Religiose, partì per Milano il 12 maggio 1588, recando con se il viennese fra Melchiorre Buenaventura (53), che aveva fatto parte dell'iniziale Comunità perugina ed era ora destinato ad essere il primo Priore della progettata Comunità milanese. In agosto il Soriano ripassò da Perugia, dove una febbre improvvisa lo stroncò in pochi giorni: era il 18 agosto 1588. Fu sepolto nella Chiesa dell'Ospedale con gran cordoglio della popolazione, che lo stimava e volle tributargli solenni esequie; ne rimane ancora forte il ricordo ed in occasione del quarto centenario dell'Ospedale che egli aveva fondato a Perugia il Comune ha voluto intitolargli una strada (54).

La fondazione milanese era stata auspicata dall'arcivescovo San Carlo Borromeo (1538-1584), che per designazione verbale di Gregorio XIII fu il primo Cardinale Protettore (55) dei Fatebenefratelli ed aiutò finanziariamente fra Pietro Soriano per l'Ospedale in Roma (56). Durante la peste che colpì Milano nel 1576 il Santo, che non esitò a prodigarsi personalmente nell'assistenza ai colpiti, aveva notato la mancanza in città d'un Convalescenziario e provvide già nel 1577 ad erigerne uno di dodici letti a Porta Orientale, dedicandolo a San Rocco ed affidandolo per intanto all'omonima Confraternita, ma ripromettendosi di chiamarvi i Fatebenefratelli (57). Codesto auspicio fu realizzato dal suo successore mons. Gaspare Visconti, che nel 1587 chiamò i Fatebenefratelli a Milano, li ospitò nel palazzo arcivescovile ed assistette il Soriano nell'acquistare il 6 luglio 1587 una proprietà a Porta Nuova, subito fuori delle mura spagnole, dove trasferire con più agio il Convalescenziario ed incrementarne il numero di letti, rimasti ancora una dozzina(58) .

Ultimata la sistemazione dell'edificio acquistato, il nuovo Convalescenziario, che fu inizialmente intitolato a San Giovanni Battista e poi dal 1592 a Santa Maria Aracoeli (59), vi venne solennemente inaugurato il 22 settembre 1588 da mons. Visconti, che benedisse anche la prima pietra d'una più razionale corsia di 32 letti (60).

Nel 1688 venne aggiunta una nuova corsia di 10 letti di Medicina, riservati al clero (61). Nel 1771 l'Ospedale arrivò ad avere complessivamente 58 letti grazie alla costruzione di un'ulteriore corsia di 12 letti di Medicina, con molto tatto riservata "ad uso di Cavalieri, e Nobili, e Civili decaduti" per alleviare il disagio psicologico di chi era stato ricco ed ora si ritrovava tanto povero da dover mendicare l'assistenza medica (62).

Nell'Ottocento l'espansione della città rese necessarie nuove strutture sanitarie e pertanto i Fatebenefratelli trasformarono il loro nosocomio milanese in Ospedale Generale e ne incrementarono la Farmacia, che dal 1820 al 1848 ebbe la fortuna d'essere diretta da una personalità di grandissimo prestigio scientifico, fra Ottavio Ferrario (63), autore di numerosi trattati e scopritore dello iodoformio e di un economico sottoprodotto del chinino, per qualche tempo commercializzato come chinina dei poveri (64).

Nell'ampio ed attrezzato Laboratorio della sua Farmacia il Ferrario fu il primo a preparare il chinino in scala semi industriale, tanto che ci fu chi volle affidargli una grossa partita di corteccia di china per estrarne i principi medicinali e questo lavoro fornì un utile di alcune centinaia di migliaia di lire, che aiutarono ad affrontare il totale rifacimento dell'edificio ospedaliero su progetto dell'arch. Pietro Gilardoni, intrapreso nel 1822 grazie ad alcuni lasciti ed ultimato nel 1828, nonché la collocazione nel monumentale scalone d'accesso alla Sala Superiore di un gruppo marmoreo di San Giovanni di Dio col malato, scolpito nel 1827 da Pompeo Marchesi, che era già da un decennio il titolare della cattedra di scultura all'Accademia di Brera (65).

Prima ancora di migliorare l'edilizia del loro Ospedale milanese, i Fatebenefratelli avevano provveduto a formare professionalmente Confratelli in grado di affrontare le esigenze non più di un Convalescenziario, ma di un Ospedale Generale. Precisato che se quello di Milano rimase nei primi due secoli riservato ai convalescenti ed ai febbricitanti, la Provincia Milanese aveva comunque reparti chirurgici in altri suoi ospedali, va messo in risalto che già nel Capitolo Provinciale del 1785 fu emanato un decreto sui criteri d'ammissione dei nuovi candidati nel quale si elencò la Chirurgia come uno dei quattro possibili campi della loro futura attività (gli altri erano Medicina, Farmacia e Amministrazione Ospedaliera) ai quali i giovani dovevano dimostrare d'essere idonei: il risultato di questa saggia norma fu che nel giro di alcuni anni entrarono a far parte della Provincia Milanese ben quindici chirurghi o studenti di Chirurgia (66). Il decreto del 1785 veniva ancora applicato ai tempi dell'Orsenigo, tanto è vero che San Benedetto Menni usava raccontare che quando il primo maggio 1860 aveva fatto il suo ingresso nell'Ordine, si era presentato al Convento milanese di Santa Maria Aracoeli recando con sé "una borsa di ferri di Chirurgia Minore, com'era allora richiesto nella Provincia di Milano ai giovani che aspiravano a ricevere il santo abito" e che gli fecero poi fare un biennio di pratica chirurgica, la qual cosa in seguito gli riuscì preziosa quando si prodigò per tre anni come volontario della Croce Rossa sul fronte di battaglia della Guerra Civile Spagnola (67).

Tra i primi frati chirurghi assegnati a Milano merita ricordare due lombardi, fra Ambrogio Appiani e fra Francesco Mandelli, che, probabilmente per eludere le restrizioni numeriche del Governo asburgico nelle ammissioni in Noviziato, erano entrati nella Provincia Romana dell'Ordine (68), compiendo il loro Noviziato a Tivoli dove professarono nel 1774, ma che poi passarono alla Provincia Milanese, che nel 1777 aveva ottenuto di aprire nel suo ospedale veneziano di San Servolo una Scuola di Chirurgia alla quale i due frati furono i primi ad iscriversi; dopo averla frequentata per cinque anni (69), furono inviati a specializzarsi per tre anni nell'Ospedale La Charité che l'Ordine aveva a Parigi (70) e furono poi pertanto in grado nel 1785 di ottenere dall'Università di Pavia l'abilitazione alla professione, grazie alla quale nell'ospedale milanese venne affidata al Mandelli la grande corsia al pianterreno ed all'Appiani le due minori al piano superiore (71). Divennero entrambi chirurghi di grande fama e l'Appiani passò ad esercitare con successo negli ospedali che la Provincia aveva a Corfù e Zara, tornando poi a Milano, dove fu Chirurgo Maggiore dal 1802 al 1827, quando lo colse la morte.

Poiché l'Appiani era nato sulle sponde del lago di Pusiano, a Bosisio Parini, e sua madre era di Pusiano (72), non è improbabile che l'Orsenigo in paese abbia sentito tesserne da qualche anziano gli elogi e magari qualche volta, mentre in negozio maneggiava con destrezza i taglienti, abbia fantasticato di poter un giorno maneggiare con altrettanta destrezza i ferri chirurgici, diventando famoso quanto lo scomparso frate brianzolo.

Quando poi a Milano cominciò ad avvertire il desiderio di consacrarsi al Signore, l'ipotesi d'entrare dai Fatebenefratelli gli dovette sembrare in sintonia sia con quella vaga ambizione di diventar chirurgo, sia con la tendenza del tempo, come abbiamo visto nel brano del Ravizza (73), di privilegiare quegli impegni apostolici che fossero allo stesso tempo di utilità sociale, come il prendersi cura dei poveri e dei malati.

I Fatebenefratelli da secoli erano ben conosciuti a Milano e proprio nel 1860 avevano incrementato l'attività chirurgica aprendo una filiale a Porta Vercellina, l'Ospedale di Santa Maria di Loreto (74), per cui non mancarono occasioni per l'Orsenigo di conoscerli meglio mentr'era nella metropoli lombarda e di rimanere affascinato soprattutto dalla personalità del più noto di loro, fra Benedetto Nappi (75).

Nappi era nativo di Milano e vi aveva preso l'abito nel 1827, quando aveva appena diciannove anni. S'era poi addottorato a Pavia in Chirurgia nel 1842 e successivamente, nel 1849, anche in Medicina, per di più ottenendo al contempo l'abilitazione ad insegnare qualsiasi materia medico-chirurgica, il che gli consentì d'aprire quell'anno a Pavia una Scuola Medico-Chirurgico-Farmaceutica quinquennale e gratuita (76). Nappi esercitò poi a Milano in Ospedali sia pubblici che privati ed ottenne riconoscimenti scientifici per l'ideazione di nuove attrezzature chirurgiche. Nel 1856 venne nominato Segretario Generale dei Fatebenefratelli e per tal motivo spese un triennio all'Isola Tiberina, dove gli impegni curiali, tutto sommato meno pressanti, gli lasciarono tempo di dare alle stampe in Roma un apprezzato Manuale di Chirurgia. Rientrò poi a Milano nel 1859, ricoprendo per due trienni consecutivi l'incarico di Superiore Provinciale. Lo scrittore Antonio Fogazzaro, che nel 1860 era stato operato con successo dal Nappi, s'ispirò a lui per il personaggio di padre Tosi (77) nel celebre romanzo "Malombra" che pubblicò nel 1881.

Dal Benassedo sappiamo che l'Orsenigo, probabilmente mentre accompagnava in pellegrinaggio Angela Isacchi al Santuario Mariano di Lezzeno (78), ebbe il suo primo memorabile incontro col Nappi a Varenna, un Comune della sponda orientale del lago di Como distante una quarantina di chilometri da Pusiano, forse mentre il frate era diretto all'Istituto Climatico della frazione di Regoledo (79) per visitarvi qualche paziente. In quell'occasione la Isacchi predisse a fra Orsenigo (80): "Tu diventerai anche più celebre di questo Padre".

Quella predizione poteva sembrare elettrizzante, ma per intanto la realtà si mostrò ben differente. Quando fra Orsenigo si recò a parlare a Milano nell'Ospedale di Santa Maria Aracoeli con quel sant'uomo del Maestro dei Novizi, il sacerdote Bernardino Sorre (81), n'ebbe una risposta dilatoria: per essere ammesso nell'Ordine occorreva che prima provvedesse a migliorare la sua modesta preparazione culturale.

In realtà, in casi come il suo c'era la possibilità di una soluzione di ripiego: invece d'entrare subito in Noviziato per prepararsi alla Professione dei Voti, poteva entrare come postulante e dopo un anno di prova essere inserito in Comunità come Oblato, ossia senza l'emissione di Voti e senza godere del diritto dei frati Professi di votare e d'esser votati, però indossando ufficialmente l'abito religioso dell'Istituto ed adottando lo stesso stile di vita e di apostolato del resto della Comunità, senza contare che non si trattava di una scelta irreversibile, poiché assai spesso dopo qualche anno gli Oblati riuscivano a guadagnarsi tanta stima da esser autorizzati ad iniziare il Noviziato.

In un primo momento l'opzione di divenire Oblato non fu però minimamente ventilata all'Orsenigo. Forse si trattò di una manovra tattica, sia per metterne alla prova la serietà d'intenzioni, sia per stimolarlo, visto che appariva sveglio e generoso, a conseguire per intanto qualche titolo di studio, che tra l'altro gli avrebbe facilitato l'eventuale futura iscrizione ad un corso di Chirurgia Minore, per la quale si dichiarava così portato.

Risoluto a meritarsi il suo ingresso in Noviziato, l'Orsenigo decise verso la fine del 1862 di lasciare il suo lavoro a Milano e di tornarsene a Pusiano per farsi dare lezioni private dal suo Parroco. I suoi fratelli non furono affatto contenti di questa sua decisione e l'Orsenigo, per evitare polemiche e visto che aveva qualche risparmio, prese alloggio per conto suo. Va notato che la sua non era la prima vocazione in famiglia, in quanto due suoi zii paterni erano divenuti Parroci (82), ma forse l'opposizione non era al suo consacrarsi al Signore, ma al suo entrare in un Istituto Religioso, con la conseguente emissione del Voto di Povertà, il che avrebbe modificato i suoi rapporti con i parenti assai più che divenendo prete diocesano.(83)

Di questo suo ritorno al paese natio troviamo menzione in alcune dichiarazioni (84) che l'Orsenigo rilasciò sul finire del 1866 per il giornale fiorentino "La Vera Buona Novella", nelle quali egli afferma che quattro anni prima si era trattenuto cinque mesi a Pusiano, prendendo alloggio dalla signora Maria Pellegata, in un quartino della cui casa viveva a fitto anche la veggente Maria Colombo e suo padre. Questa convivenza nella medesima casa non solo permise all'Orsenigo di verificare di persona che la veggente si nutriva unicamente delle specie eucaristiche, ma gli dette modo di ascoltare dalle sue labbra la previsione di "fatti inattesi della sua vita futura che poi si verificarono a capello". Però, nonostante l'incoraggiamento della Colombo e le lezioni private del parroco, i mesi passarono senza che l'Orsenigo riuscisse ad entrare dai Fatebenefratelli.

 

 

44 - Per un suo profilo biografico sintetico, ma aggiornato e completo di riferimenti bibliografici, cf. Giuseppe MAGLIOZZI, "Nei fratelli vedeva Gesù. Biografia di San Giovanni di Dio Fondatore dei Fatebenefratelli e Patrono Universale dei malati, degli ospedali e degli infermieri", Centro Studi "San Giovanni di Dio", Roma 2003.

45 - Leggiamo, infatti, nel cap. XVIII della prima biografia del Santo che egli, pienamente consapevole che l'esiguo gruppo di discepoli che gli si era affiancato rappresentava solo la prima cellula di un Istituto Religioso destinato ad espandersi per ogni dove, espresse la propria convinzione ad una persona con cui usava confidarsi che "vi sarebbero stati molti del suo abito a servizio dei poveri in tutto il mondo". Cf. Francesco de CASTRO, "Storia della vita e sante opere di Giovanni di Dio", Ed. Fatebenefratelli, Milano 1989, p. 139.

46 - San Giovanni di Dio quando usciva alla questua per le strade di Granada, soleva cantilenare "Fate bene, fratelli, a voi stessi per amor di Dio", affinché la gente intuisse l'immenso valore d'ogni gesto di misericordia e capisse che egli veniva non a chiedere, ma al contrario ad offrire loro la possibilità d'essere ricompensati a dismisura nella vita eterna per ogni gesto di generosità con i bisognosi.

47 - Le villanelle sono considerate le progenitrici delle attuali canzonette napoletane e nacquero quattro secoli fa nella città partenopea, ma si diffusero poi anche in altre regioni. Quella qui citata si trova in un manoscritto della Biblioteca Comunale di Palermo intitolato "Libro di Villanelle, Madrigali, Canzoni, Stanze, Sonetti et motti raccolti da diversi autori l'anno 1584". Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, "Le villanelle", in "Vita Ospedaliera", a. XXXVII, n. 4, aprile 1982, p. 63.

48 - Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, "Cenni biografici del padre Pietro Soriano", in "Vita Ospedaliera", a. XXXIX, nn. 2-3, febbraio-marzo 1984, pp. 44-46.

49 - Sul suo pionieristico impegno in sanità militare cf. Giuseppe MAGLIOZZI, "Quarto centenario della Bolla Salvatoris", in "Vita Ospedaliera", a. XXVI, nn. 9-10, settembre-ottobre 1971, pp. 226-233.

50 - Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, "Cominciò da Napoli la storia dei Fatebenefratelli in Italia", in "Vita Ospedaliera", a. XLI, nn. 10-11, ottobre-novembre 1986, pp. 151-154.

51 - Per la fondazione dei quattro Ospedali cf. rispettivamente: Giuseppe MAGLIOZZI, "L'inizio dell'attività ospedaliera dei Fatebenefratelli nelle città di Roma e Perugia", in "Ospedali Fatebenefratelli" (Roma), vol. I, fasc. 2, settembre-ottobre 1983, pp. 238-252; Agostino CARDINALI, "Memorie dell'ospedale municipale maschile di Corneto-Tarquinia", Tip. Tarquinia, Tarquinia 1892; e Gabriele RUSSOTTO, "I Fatebenefratelli in Sicilia. Tre secoli di storia ospedaliera 1586-1866", Ufficio Formazione e Studi dei Fatebenefratelli, Roma 1977, pp. 13-30.

52 - Per Velletri e Lanciano cf. in Pietro CICINELLI, Bartolomeo COLADONATO, Eduardo FERRI (a cura di), "Gli ospedali della melagrana. I Fatebenefratelli nei quattro secoli di storia della Provincia Romana", Centro studi San Giovanni di Dio, Roma 1988, le rispettive voci di Lucia SANDRI, "Ospedale San Giovanni Battista, Velletri", pp. 51-54; e di Florindo BARABBA, "Ospedale Santa Maria dell'Umiltà, Lanciano", pp. 61-68. Per Milano cf. Giuseppe MAGLIOZZI, "Un viennese a Milano", in "Vita Ospedaliera", a. XLIII, n. 7, luglio 1988, pp. 134-135.

53 - La data della partenza di fra Melchiorre per Milano è annotata in una pagina del Registro perugino delle Professioni riprodotta nel libro di Jaroslav NEMEC "I Fatebenefratelli a Perugia", Centro Studi "San Giovanni di Dio", Roma 1984, p. 43. Fra Melchiorre aveva preso l'abito in Spagna e poi da Madrid era stato mandato come Novizio in Perugia, per cui in vari documenti dell'Italia è qualificato come spagnolo, ma in una sua lettera del 1592 indirizzata all'arciduca d'Austria per ottenerne il permesso ad aprire un Ospedale a Vienna, precisa d'essere nativo di tale città (cf. Giuseppe MAGLIOZZI, "Un viennese…cit", p. 135).

54 - Anche per fra Orsenigo è stato proposto di dedicargli una strada a Pusiano ed uno spiazzale a Roma, ma l'attuale trafila burocratica è interminabile. A Perugia, per esempio, l'iter burocratico, ricostruitomi da fra Bartolomeo Coladonato, fu il seguente: l'idea fu lanciata il 25 marzo 1984 durante il Convegno celebrativo del quarto centenario dell'Ospedale, fu formalizzata dalla Commissione Comunale per la Toponomastica il 12 novembre 1984, fu valutata favorevolmente dalla Deputazione di Storia Patria per l'Umbria il 12 gennaio 1985, fu accettata all'unanimità con Delibera Comunale n. 1048 del 26 marzo 1985 e fu infine approvata dalla Prefettura il 15 luglio 1985. Meno male che a Nettuno hanno dedicato una strada a fra Orsenigo quando ancora non v'era tutta questa burocrazia, tanto è vero che in Comune non esiste alcun fascicolo sull'iniziativa, come assicuratomi dalla Segreteria del Sindaco.

55 - In antico ogni Istituto Religioso veniva dal Papa affidato ad uno specifico cardinale, che ne diveniva pertanto il Protettore; l'usanza fu interrotta nel 1964 da Paolo VI, che ritenne sufficiente allo scopo l'apposto dicastero vaticano per i Religiosi, attualmente denominato Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica.

56 - Cf. Alonso PARRA Y COTE, "Bulario de la Sagrada Religión de Hospitalidad de N. P. S. Juan de Dios", Francisco Xavier García, Madrid 1756, vol. I, p. 86.

57 - Cf. Gianfranco RADICE - Celestino MAPELLI, "I Fatebenefratelli. Storia della Provincia Lombardo-Veneta di S. Ambrogio dell'Ordine Ospedaliero di S. Giovanni di Dio. Libro I 1588-1687", Ed. Fatebenefratelli, Milano 1976, vol. I, pp. 9-10.

58 - Idem, pp. 11-22.

59 - Il nome deriva dal fatto che sull'altar maggiore fu collocata una tela della Madonna Ara Coeli, ossia Altare del Cielo (cf. G. RADICE - C. MAPELLI, "I Fatebenefratelli…cit.", Milano 1976, tomo I, vol. I, p. 42), titolo mariano coniato dai Francescani per la Chiesa che a Roma Innocenzo IV nel 1249 affidò loro in vetta al Campidoglio, ed ispirato da un'antica leggenda, riportata dai Mirabilia Urbis Romae, secondo cui l'imperatore Augusto fece erigere un altare in quest'angolo del Campidoglio poiché vi ascoltò una voce dirgli "Haec est Ara Primogeniti Dei" (= Questo è l'Altare del Primogenito di Dio) nel mentre gli apparve la Madonna in Cielo, seduta su un altare e con il Bambino tra le braccia.

60 - Idem, pp. 26 e 52.

61 - Idem, pp. 56-62.

62 - Cf. G. RADICE - C. MAPELLI, "I Fatebenefratelli…cit.", Milano 1983, tomo X, vol. II, pp. 54 e 104. Si noti che anche San Giovanni di Dio ebbe a cuore i poveri "vergognosi" ed usava visitare nelle loro case quanti si vergognavano di bussare al suo Ospedale (cf. F. de CASTRO, "Storia…cit.", cap. XII, p. 102).

63 - Cf. Franco MOLINARI, "Ottavio Ferrario. Il Pasteur dei Fatebenefratelli", Ed. Ancora, Milano 1988.

64 - Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, "Il chinino dei poveri", in "Vita Ospedaliera", a. XLII, nn. 8-9, agosto-settembre 1987, pp. 141-143.

65 - Cf. Giovanna della Croce BROCKHUSEN - Mauro ZUCCHELLI, "I Fatebenefratelli. Storia della Provincia Lombardo-Veneta di S. Ambrogio dell'Ordine Ospedaliero di S. Giovanni di Dio. 1788-1887", Milano 1999, tomo XXI, vol. III, pp. 45, 66-83 e 74. L'edificio, che purtroppo i Fatebenefratelli dovettero lasciare nel 1885, fu poi demolito nel febbraio 1937 e si salvò unicamente la statua, che si può ancor oggi ammirare nel cortile del nuovo edificio.

66 - Cf. G. RADICE - C. MAPELLI, "I Fatebenefratelli…cit.", Milano 1983, tomo X, vol. II, pp. 58-59.

67 - Cf. Luciano DEL POZO, "Caridad y Patriotismo", Luis Gili, Barcelona 1917, pp. 120-121; e Giuseppe MAGLIOZZI, "Da volontario della Croce Rossa a santo della carità ospedaliera", in "Hospitalarias" (Madrid), n.237, aprile-maggio 2001, pp. 40-41.

68 - Antonio Appiani fu ammesso non ancora ventunenne in Noviziato col nome di fra Ambrogio Alessandro il 23 ottobre 1773 ed alla Professione il 24 ottobre 1774; Carlo Francesco Antonio dei Conti Mandelli, che era nato il 25 giugno 1749 a Montorfano (Como), fu ammesso in Noviziato col nome di fra Francesco Antonio Maria il 28 novembre 1773 ed alla Professione il 30 novembre 1774 (cf. AGF, Personale Religioso, Atti di Professione (1723-1870), Vestizioni e Professioni dal 13 Novembre 1723 all'8 Dicembre 1853, c. 58). Per gli anni che i due trascorsero nella Provincia di Milano, cf. G. BROCKHUSEN - M. ZUCCHELLI, "I Fatebenefratelli…cit.", Milano 1999, tomo XXI, pp. 568-573.

69 - Furono studenti di chirurgia nell'Ospedale San Servolo dal 1777 al 1781, quando vi ricevettero l'obbedienza, datata 22 settembre 1781, di proseguire la loro formazione a Parigi. Cf. G. RADICE - C. MAPELLI, "I Fatebenefratelli…cit.", Milano 1990, tomo XVIII, vol. I, , pp. 191-194.

70 - A Parigi ebbero come maestro il celebre accademico Pierre-Joseph DESAULT, che dal 1782 al 1785 fu Chirurgo Maggiore nell'0spedale La Charité. Cf. André CHAGNY, "L'Ordre Hospitaller de Saint Jean de Dieu en France", M. Lescuyer, Lyon 1951, vol. I, p. 50. Cf. anche Jean GIRARDOT, "P.-J. Desault, 1738-1795", Société d'Histoire et d'Archéologie de la Région de Lure, Lure 1983.

71 - Cf. G. BROCKHUSEN - M. ZUCCHELLI, "I Fatebenefratelli…cit.", Milano 1999, tomo XXI, p. 572.

72 - Come gentilmente riferitomi dall'amico Agostino Appiani, dai registri della Parrocchia di Sant'Anna di Bosisio fra Ambrogio risulta nato il 15 dicembre 1752 da Paolo e da Teresa Prina, originaria di Pusiano ed imparentata col poeta Parini, poiché sua sorella sposò a Pusiano il figlio di una sorella del Parini, Elena Regina, tragicamente affogata con sette altre donne nell'aprile del 1741 mentre attraversava in barca il lago, che in quell'occasione non dovette certo apparire "vago" al futuro poeta.

73 - Nel già citato "Un curato di campagna: schizzi morali" il Ravizza non solo esorta il clero a distinguersi per l'impegno caritativo-assistenziale, ma lo invita a stringere un'alleanza coi medici condotti per affrontare in un unico congiunto i bisogni sanitari e spirituali della popolazione (cf. Giorgio COSMACINI, "La Salute. La Cura. La Storia", Ed. Velar, Gorle (Bg) 1994, pp. 74-77

74 - La filiale fu solennemente inaugurata il 23 agosto 1860. Cf. G. BROCKHUSEN - M. ZUCCHELLI, "I Fatebenefratelli…cit.", Milano 1999, tomo XXI, p. 171.

75 - Per un profilo biografico del padre Nappi cf. sia Gabriele RUSSOTTO, "San Giovanni di Dio e il suo Ordine Ospedaliero", Ed. Ufficio Formazione e Studi dei Fatebenefratelli, Roma 1969, vol. II, pp. 156-159; sia G. BROCKHUSEN - M. ZUCCHELLI, "I Fatebenefratelli…cit.", Milano 1999, tomo XXI, pp. 479-488.

76 - L'iniziativa nacque per ovviare ad una situazione contingente: il governo austriaco, dopo le note rivolte del 1848, aveva chiuso a tempo indeterminato le Università di Pavia e Padova per prevenire qualsiasi assembramento di studenti.

77 - Cf. Ottorino MORRA, "Un personaggio fogazzariano. Il Padre Tosi di "Malombra"", in "Vita Ospedaliera", a. VII, n. 6, nov. 1952, pp. 124-131.

78 - Il Santuario di Lezzeno, una frazione di Bellano poco dopo Varenna, sorse per custodire un medaglione di gesso della Madonna di Nobiallo che il 6 agosto 1688 lacrimò miracolosamente sangue. Di almeno un pellegrinaggio compiuto a Bellano dall'Orsenigo, in compagnia del suo parroco e di altri fedeli, c'informa don Giovanni PIERINI nel suo opuscolo "Il digiuno prodigioso di Giuseppa Colombo di Pusiano nella Provincia di Como", Tip. Cattolica, Firenze 1866, p. 13.

79 - Oggi l'Istituto Climatico, sito poco oltre Varenna e prima di Lezzeno, ospita una sezione staccata dell'Istituto Sacra Famiglia di Cesano Boscone, ma allora era uno Stabilimento frequentatissimo e vi soggiornarono Antonio Fogazzaro, Ippolito Nievo, Arturo Toscanini e Massimo D'Azeglio.

80 - Cf. P. BENASSEDO, APP, p. 462, dove si rimanda per maggior dettagli al cap. XXXII, oggi purtroppo non più presente nel dossier.

81 - Nato a Milano il 7 settembre 1805, emise i Voti l'8 febbraio 1827 e fu ordinato sacerdote il 25 novembre 1832. Morì a 91 anni il 25 febbraio 1897 (cf. G. BROCKHUSEN - M. ZUCCHELLI, "I Fatebenefratelli…cit.", Milano 1999, tomo XXI, p. 733).

82 - Secondo quanto segnalatomi dall'amico Agostino Appiani, l'Orsenigo annoverava due zii paterni che erano parroci in Brianza, come risulta da una richiesta che, morto suo padre, essi presentarono nel novembre 1853 al Comune di Pusiano per ottenere la nuova intestazione livellaria di un bosco che aveva avuto a livello il defunto (cf. Archivio Comune di Pusiano, Livelli, Corrispondenza varia, faldone anni 1853-1895). Essi erano: don Carlo Orsenigo, parroco di Carcano, già Comune e ora frazione di Albavilla; e don Innocente Orsenigo, parroco di Caslino d'Erba.

83 - Negli anni successivi i rapporti dell'Orsenigo con la famiglia torneranno ottimi e, per esempio, quando il 21 gennaio 1873 il fratello Cipriano, rimasto vedovo, convolerà a seconde nozze con Giulia Carolina Colombo, egli verrà appositamente da Roma per partecipare alla cerimonia (cf. P. BENASSEDO, APP, lettera del 7 febbraio 1873 inviata dal parroco don Mariani all'avv. Papalini).

84 - Cf. G. PIERINI, "Il digiuno…cit.", pp. 12-13.

 



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