In data 12 giugno 1889, giusto all'indomani della firma della convenzione per edificare l'Ospedale di Nettuno ed in immediata applicazione di essa, fra Orsenigo firmò anche, questa volta congiuntamente al suo Superiore Generale ed al suo Superiore Provinciale, l'atto d'acquisto di una splendida area con vista sul mare, sita all'uscita di Nettuno lungo la litoranea per Anzio, subito prima della Villa Borghese, e ceduta per 38.000 lire dalla Società delle Ferrovie Secondarie Romane.
Avendo la legislazione eversiva italiana privato l'Ordine della personalità giuridica, tutti e tre i suddetti frati firmarono a titolo personale e coi loro rispettivi nomi secolari: Innocente Orsenigo, Angelo De Giovanni e Giorgio Gasser. Trattandosi però di una semplice finzione giuridica, poiché in coscienza essi avevano acquistato non per se stessi ma per il loro Ordine, essi fecero successivamente testamento a favore di altri Confratelli, in modo che in caso di morte la proprietà acquistata non passasse ai propri parenti, ma restasse alla Comunità Religiosa.
Fra Orsenigo redasse in duplice copia il proprio testamento olografo il primo agosto 1890, designandovi i Confratelli Gasser e De Giovanni come "eredi universali a parti uguali ed in specie per tutto che mi riguarda in Nettuno". Tali ultime volontà non vennero mai più modificate e pertanto, due settimane dopo la sua morte, il semplice fogliettino di 17 righe che le conteneva fu pubblicato dal notaio romano Marzio Ambrosi Tommasi in data 29 luglio 1904, repertorio n. 13087, che ho potuto consultare nell'Archivio Notarile di Roma e che è identico alla copia conservata nell'Archivio dei Fatebenefratelli (273).
Per permettere ai Confratelli di acquistare il terreno di Nettuno, fra Cortiglioni estinse lo specifico deposito bancario in titoli a medio termine, nel quale fin dal 6 aprile 1885 erano andate confluendo le offerte lasciate dai pazienti del Gabinetto Dentistico dell'Isola e che avevano raggiunto l'importo complessivo di 41.000 lire: l'intera somma fu consegnata in contanti e fu interamente spesa per pagare sia il venditore, sia le spese notarili e di registrazione (274).
L'area acquistata era un rettangolo d'oltre cinquemila metri quadrati, poggiante su uno sperone che s'ergeva di una diecina di metri sul livello del mare ed era formato di macco, una pietra calcarea locale di color giallino assai utilizzata nell'edilizia. Il fronte mare era ampio un quaranta metri ed era delimitato dalla linea ferroviaria, immediatamente oltre la quale correva la strada litoranea (275), snodantesi a breve distanza dalla spiaggia. Verso l'entroterra la proprietà s'estendeva per un centotrenta metri, restando delimitata sul retro dalla stupenda passeggiata alberata di Santa Barbara (276) e sul fianco di ponente dalla via del Colle (277), che contornava l'immenso parco della Villa Borghese (278).
La scelta del terreno era stata concordata sia con la Congregazione di Carità sia col Comune di Nettuno, i cui rispettivi rappresentanti fin dal febbraio avevano collaborato insieme con l'architetto Giacomo Paniconi (279), divenuto consulente fiduciario di fra Orsenigo, a definire col rappresentante delle Ferrovie i termini del contratto d'acquisto del terreno (280).
In base agli articoli 6, 7 ed 8 della convenzione (281) che aveva firmato l'11 giugno 1889, fra Orsenigo, a nome personale e dei suoi futuri eredi, si era impegnato ad acquistare nel territorio di Nettuno un'area di circa 5.000 metri quadrati per costruirvi, nel termine di tre anni ed a tutte sue spese, un ospedale maschile di venti letti e ad organizzare in un edificio comunale un'infermeria per cinque donne; inoltre restavano a suo carico il mobilio, l'attrezzatura medica, le spese di gestione ed i salari del personale; in più, con l'articolo 12 si obbligava ad aprire una farmacia per uso dell'Ospedale ed erogarvi gratis per i poveri di Nettuno medicinali per un valore annuo di 200 lire.
Ovviamente fra Orsenigo assunse tali onerosi impegni in base a due dati concreti: limitatamente alle spese iniziali d'impianto dell'ospedale, confidava di riuscirvi a far fronte con le offerte dei suoi pazienti (282); ma poiché quel cespite straordinario non poteva certo durare all'infinito, riguardo invece le spese di gestione ordinaria, contava sull'impegno che il Comune e la Congregazione di Carità s'erano assunti firmando la suddetta convenzione, con la quale restavano obbligati a contribuire per sempre alla gestione con una quota fissa annua, per inciso non superiore a quella già da loro finora mediamente spesa e che, per carenza di strutture, non aveva però mai permesso d'offrire alla popolazione un'assistenza sanitaria adeguata per qualità e quantità.
Un'idea del bisogno assistenziale la possiamo ricavare sia dai dati, certi ma non aggiornati, del censimento del 31 dicembre 1871, che segnalava per Nettuno 2.165 abitanti su una superficie di 8.027 ettari; sia da uno studio di fattibilità che fu presentato al Consiglio Generale dell'Ordine (283), nel quale si valutava che nell'abitato di Nettuno ci fosse durante i nove mesi della buona stagione un'addizionale presenza di duemila villeggianti e che nelle contigue tenute di Conca e Campomorto fosse impegnato nei lavori agricoli un bracciantato fluttuante di circa tremila persone; inoltre si considerava la possibilità di servire anche i militari dell'istituenda Scuola di Tiro (284), nonché il comune di Anzio, distante appena un chilometro e la cui popolazione fluttuante si stimava sulle mille persone, oltre ovviamente a quella stabile, che al censimento del 1871 era risultata di 1.932 abitanti su una superficie di 4.312 ettari.
Nello studio di fattibilità si precisava che, a norma delle Tavole di Fondazione dell'esistente Ospedale di Nettuno, avevano diritto al ricovero gratuito i residenti poveri del paese ed i marinai che venissero sbarcati per infortunio dai navigli di passaggio, ed andavano ovviamente aggiunte le migliaia di braccianti agricoli fluttuanti.
La Congregazione Comunale di Carità, tenendo conto di tali cifre e potendo contare su circa 5.000 lire di rendita l'anno (285), decise d'impegnarsi, come precisato nel primo articolo della convenzione, a versare mensilmente a fra Orsenigo un importo mensile, provvisoriamente fissato in 300 lire finché egli avesse gestito i ricoveri nel vecchio Ospedale, somma forfetaria con cui intendeva indennizzare tutti i ricoveri gratuiti da lei richiesti fino ad un tetto di 1.600 giornate di degenza l'anno; se per ipotesi tale tetto fosse stato superato, avrebbe corrisposto una diaria di due lire per ogni ulteriore giornata. Nel momento poi che fosse entrato in funzione il nuovo Ospedale, la Congregazione di Carità, tenuto conto che in tale edificio i costi d'esercizio sarebbero stati maggiori, avrebbe incrementato il proprio contributo forfetario mensile a 430 lire (286).
Il Comune, in forza degli articoli 3, 4 ed 5 della convenzione, s'impegnava ad aiutare la gestione dell'Ospedale in tre modi: un sussidio annuo di 500 lire (287), quale corrispettivo dell'obbligo che, in forza dell'articolo 9 della convenzione, fra Orsenigo s'assumeva di tenere aperto due ore il giorno un ambulatorio gratuito per i poveri; la perpetua fornitura gratuita per l'Ospedale di due once d'acqua della sorgente Tinozzi, che già dal 1884 il Comune aveva incanalata in condotti di ghisa per distribuirla in quel versante dell'abitato; la concessione di sei ettari di terreno incolto, da ridurre ad uso agricolo per assicurare un certo approvvigionamento alimentare all'Ospedale.
Riguardo al terzo punto, bisogna tener presente che il Comune, al duplice scopo d'incrementare la popolazione residente (288) e di ridurre a coltura le centinaia di ettari incolti di proprietà comunale, aveva deciso di assegnarne parcelle a chiunque fosse o divenisse cittadino di Nettuno. Per favorire dunque la realizzazione del nuovo Ospedale, il Comune pensò di applicare tale norma, dichiarando cittadini nettunesi fra Orsenigo ed i suoi eredi nella proprietà dell'Ospedale, ammettendoli a tutti i diritti civici e concedendo a tal titolo sei ettari di terreno, in zona da individuare successivamente.
La cessione di sei ettari incolti e sabbiosi in contrada La Seccia fu formalizzata il 23 maggio 1890 (289). Diligentemente fra Orsenigo li fece dissodare e vi fece piantar viti, ortaggi e alberi da frutto, scavare un pozzo, edificare una casa colonica (290), corrispondendo dunque in pieno alle aspettative del Comune. Per quanto riguarda invece il trasferirsi a vivere a Nettuno, bisogna onestamente precisare che gli fu impossibile farlo in modo stabile, poiché avrebbe significato interrompere la sua attività professionale all'Isola Tiberina, fonte indispensabile per finanziare i lavori dell'Ospedale, tanto che in un articolo spagnolo del 1907 si commenta icasticamente che l'edificio "fu costruito con i denti" (291). Vi si recò però spessissimo, specie per seguire i lavori, ed a Nettuno volle chiudere i suoi giorni e vi fu sepolto, facendo davvero onore alla sua cittadinanza nettunese.
Fra Orsenigo s'era impegnato a costruire l'Ospedale entro tre anni e vi riuscì, ma il primo anno se ne andò solo per definire il progetto, già grandioso in partenza e che lo divenne ancor di più quando fu deciso che in un'ala parallela a quella ospedaliera si sarebbero approntati gli ambienti per trasferirvi la Curia Generalizia dell'Ordine ed il Noviziato della Provincia Romana (292), essendo divenuto sempre più conflittuale il rapporto con gli amministratori pubblici dell'Ospedale Tiberino insediativisi dopo la confisca; tra l'altro, l'articolo 2 della citata legge eversiva del 19 giugno 1873 tollerava che esclusivamente i Superiori Generali in carica conservassero il diritto di abitare nei locali delle Curie Generalizie, ma non più i loro successori, perciò alla morte nel 1888 di fra Alfieri, il suo successore fra Gasser aveva dovuto stipulare un contratto d'affitto per continuare ad usare il proprio ufficio (293). Per inciso, appena fu possibile nel 1892 ricomprare l'Ospedale Tiberino e risolvere il problema della Curia Generalizia, la costruzione a Nettuno di tale ala parallela fu bloccata per sempre, restandone finiti solo gli scantinati.
Nell'attesa di costruire il nuovo Ospedale, fra Orsenigo restaurò e riorganizzò il vecchio Ospedale, avendo l'11 settembre 1889 ottenuto il permesso dei Superiori d'utilizzare a tal scopo le 25.000 lire che s'erano andate accumulando nel deposito creato nel gennaio 1883 per la celebrazione all'Isola Tiberina della festa della Madonna del Buon Consiglio (294). A Natale del 1899 fra Orsenigo fu pertanto lieto d'informare i due Enti firmatari della convenzione che, giusto a cominciare dal nuovo anno, era già in grado d'accettare ricoveri. Don Signori gli rispose il 29 dicembre (295): "Mi pregio partecipare alla Signoria Vostra che comunicata la sua del 25 corrente alla Congregazione di Carità, relativamente all'apertura dell'Esercizio di questo Spedale col 1° Gennaio 1890, la Congregazione medesima ha deliberato, nell'adunanza del 26 corrente, nulla esservi in contrario". Il Sindaco di Nettuno, Stefano Grappelli, gli rispose parimenti il 29 dicembre 1899 (296): "Mentre ringrazio la Signoria Vostra della partecipazione della riapertura, col 1° Gennaio entrante, dell'Ospedale e dell'ambulatorio a forma delle convenzioni, mi compiaccio significarle il mio gradimento per la data disposizione, che arriva dopo lunga ma inevitabile attesa a soddisfare ad uno dei maggiori bisogni del paese tanto pei riguardi umanitari che sanitari e igienici".
Nella seduta del Consiglio Generale del 18 dicembre 1899 fu stabilita la seguente composizione della prima Comunità Religiosa di Nettuno: il medico fra Stefano Signorini come Priore, fra Faustino Ghidini come infermiere e fra Bonaventura Bignetti come dispensiere (297).
La Comunità fu posta sotto la protezione della Beata Vergine Maria del Buon Consiglio e di San Giuseppe (298) .
In data 13 febbraio 1890 fra Orsenigo chiese a titolo personale dalla Prefettura l'autorizzazione ad aprire anche una Farmacia, che il primo marzo iniziò a funzionare ad uso interno dell'ospedale e divenne poi pubblica, avendo fra Orsenigo rilevato l'11 luglio 1890 la licenza d'esercizio di quella intestata in Nettuno a Cesare Tomasi (299); la farmacia portava ovviamente il nome di Orsenigo e lo conservò anche quando i Fatebenefratelli nel 1920 lasciarono l'Ospedale di Nettuno, anzi lo conserva ancor oggi, pur avendo ormai gestione autonoma e tutt'altra ubicazione, ossia in Piazza dei Cavalieri di Vittorio Veneto.
Quanto al nuovo edificio ospedaliero, del quale l'architetto Giacomo Paniconi aveva ultimato il progetto, fra Orsenigo poté infine avviarne la costruzione stipulandone il contratto d'appalto il 22 luglio 1890 con la ditta dell'ingegnere Candido Vaselli (300). Quello stesso mese iniziò lo scasso del terreno (301) ed il 15 settembre le prime opere murarie (302).
La prima pietra della costruzione viene posta il 15 ottobre 1890 con gran concorso di popolo, come leggiamo in questo promemoria dell'Archivio Diocesano di Albano (303): "La benedizione della prima pietra del magnifico edificio fu fatta con grande solennità dell'eminentissimo Cardinale Lucido Maria Parocchi, Vescovo di Albano Laziale, assistito dal Venerabile Seminario Diocesano, con l'intervento di tutte le autorità civili e religiose di Nettuno, di Anzio e della Provincia. In poco spazio di tempo il maestoso edificio fu condotto a termine da tre lati (304), con ampia corte nel mezzo, un giardino ed un orto e due casette per i servizi accessori".
Fra Orsenigo seguì personalmente il progredire della costruzione, la cui grandiosità stupiva talmente che qualcuno cominciò a dubitare che sarebbe stato possibile completarla ed il dubbio si diffuse a macchia d'olio, fino a provocare il panico degli appaltatori, come ci narra con gran vivacità l'Englefield (305): "Mentre stava per terminare la sua fabbrica i suoi appaltatori vennero ad una subitanea decisione di voler essere pagati tutti insieme. Forse qualche cattiva lingua aveva sparso che fra Giovanni (306) stava per fallire, poiché aveva intrapreso un lavoro superiore alla prudenza umana. In ogni modo essi vennero contro il pover'uomo con tale mancanza di delicatezza che non si sarebbe aspettato da chicchessia. Allora fra Giovanni dichiarò che non poteva pagare tutti assieme, e che avessero un po' di pazienza. Ma essi dichiararono che non volevano aspettare e che si abusava di loro. Quando i monaci seppero tutto ciò, si rivoltarono contro fra Giovanni che la sua presunzione danneggiava l'Ordine, che Iddio non poteva averlo ispirato di fare un'opera sì gigantesca e rammentandogli che era stato tante volte avvisato di non fare una fabbrica sì colossale. Il pover'uomo fu talmente abbattuto che per cinque giorni rimase come pietrificato senza mangiare e parlare. Egli ascoltò tutti riconoscendo le sue miserie. Era la prova di Dio. Egli mi ha spesso ripetuto che in quella circostanza non faceva che ripetere Signore pietà di me, sono un peccatore. Alla fine la tremenda prova terminò. Una gran somma di denaro venne e con essa la benedizione di Dio. Allora chiamò tutti gli appaltatori e gli disse che sarebbero tutti pagati fino all'ultimo centesimo, ma che gli dessero il tempo di respirare o altrimenti potevano vendere la casa non finita, realizzandone ciò che potevano. Si ritirarono e tornarono col dire che volevano aspettare. Allora tutto cambiò e tutti quelli che lo avevano accusato dovettero lodare quest'uomo che nella tempesta era restato sempre lo stesso".
La costruzione del nuovo Ospedale proseguì in maniera abbastanza spedita, giungendo in un anno al tetto, come possiamo dedurre dal registro di spese (307), nel quale è annotata un'uscita di 110 lire "a rimborso del pranzo dato e fatto ai 60 operai nella prima domenica di novembre 1891 per la copertura della fabbrica", la qual domenica quell'anno cadeva il primo novembre.
I lavori terminarono nell'autunno seguente. Oltre agli ambienti di ricovero, fu approntata una spaziosa Cappella, con ingresso anche sulla strada. La Cappella disponeva di un altare principale e di altari al centro delle due pareti laterali, rispettivamente dedicati uno a San Giovanni di Dio e l'altro a San Raffaele Arcangelo, che sono i due Santi Patroni dei Fatebenefratelli.
Sugli altari laterali fra Orsenigo collocò due grandi tele: quella di San Giovanni di Dio, collocata sull'altare a sinistra entrando, era un recente dipinto dell'artista romano Marcello Sozzi (308) , ispirato al quadro dell'altar maggiore dell'Isola Tiberina e raffigurante la visione che, secondo la tradizione (309), il Santo ebbe in Spagna nel Santuario mariano di Guadalupe, ossia la Vergine che gli porgeva il Bambinello affinché lo fasciasse.
Per l'altare a destra entrando, fra Orsenigo s'affiderà al pittore nettunese Giuseppe Brovelli Soffredini, che ultimerà il 13 ottobre 1902 una grande tela dell'Arcangelo San Raffaele (310), raffigurato con indosso lo scapolare dei Fatebenefratelli e porgendo del pane, in allusione a quell'episodio della vita di San Giovanni di Dio quando, mancandogli il pane da distribuire ai malati, se ne vide offrire una cesta da San Raffaele, apparsogli con uno scapolare analogo al suo e rassicurandolo con queste parole: "Apparteniamo allo stesso Ordine, poiché Dio ci vuole fratelli nella medesima carità. Non affliggerti dunque vedendo di non aver abbastanza per i poveri, poiché mai si esaurirà la dispensa celeste" (311) .
Anche se il quadro di San Raffaele sarebbe arrivato solo dopo dieci anni, fra Orsenigo cercò di completare e benedire la Cappella già in ottobre (312), in tempo da potervi celebrare il 24 ottobre la festa dell'Arcangelo San Raffaele.
Poco dopo riuscì a terminare anche l'arredamento degli ambienti di ricovero, per cui sabato 12 novembre 1892 fu possibile lasciare il vecchio Ospedale ed inaugurare il nuovo (313), che venne intitolato alla Madonna del Buon Consiglio, la cui immagine è ancor oggi venerata all'altare maggiore della Cappella: il dipinto ha le stesse modeste dimensioni del miracoloso affresco di Genazzano ed è racchiuso in una cornice decorata con melagrane (314), circondata da una grande raggiera con nugoli di angioletti, a ricordare che l'affresco originale volò prodigiosamente nel 1467 a Genazzano, "portato da mani angeliche" che volevano evitarne la profanazione da parte delle truppe turche che stavano per conquistare la fortezza albanese di Scutari.
Il sigillo della Comunità Religiosa della nuova Casa mostrava al centro l'immagine della Madonna del Buon Consiglio e all'intorno la dicitura "Ospedale Orsenigo a S. M. del Buon Consiglio - Nettuno", ma la gente lo chiamava semplicemente "Ospedale Orsenigo", anche perché sul fronte mare dell'edificio spiccava a caratteri cubitali la scritta "Farmacia Orsenigo" per segnalare la Farmacia che v'era al pianterreno.
Anche dopo finiti i lavori, fra Orsenigo continuò a seguire da vicino le vicende dell'Ospedale ed a venirvi di frequente, anche se mai entrò a far parte della Comunità, che nell'aprile 1893 risultava formata dal quarantenne Priore e Cappellano, fra Luigi Maria Pozzi, arrivato a Nettuno il 30 giugno 1890; dal chirurgo minore fra Faustino Ghidini, di 48 anni ed a Nettuno dal primo gennaio 1890; dal farmacista minore fra Alessio Piacentini, di 47 anni ed anche lui lì dal primo gennaio 1890; dall'infermiere fra Antonino Poletti e dal cantiniere fra Carlo Grandi, entrambi di 44 anni ed entrambi a Nettuno dal 4 novembre 1892; e dal dispensiere fra Bonaventura Bignetti, di 27 anni, Terziario Professo di Voti Semplici e lì dal 13 aprile 1893 (315).
A norma della convenzione stipulata nel 1889, con l'inizio dell'attività nel nuovo Ospedale la Congregazione Comunale di Carità avrebbe dovuto cominciare a adeguare l'importo del sussidio mensile per i ricoveri gratuiti, ma purtroppo, forse anche perché don Signori non n'era più Presidente, il nuovo Presidente Mariano Trofelli non solo si rifiutò di applicare l'aumento, ma aveva addirittura preso l'abitudine di posporre i pagamenti o di dare solo piccoli acconti, tanto che alla fine del 1892 s'era gia accumulato un arretrato di quasi 9.000 lire, con la conseguenza che fra Orsenigo, risultati vani i tentativi di conciliazione, si vide costretto a denunciare l'inadempimento della convenzione. La denunzia fu presentata il 10 giugno 1893 ed accolta in Tribunale con sentenza del settembre 1893, confermata nel febbraio 1894 e che dichiarò rescissa la convenzione e condannò la Congregazione di Carità a pagare sia gli arretrati sia la penale, per un importo complessivo di oltre 37.000 lire; fra Orsenigo a quel punto avrebbe potuto subastare il patrimonio della Congregazione di Carità per ottenere tale somma, ma preferì addivenire ad una transazione amichevole, stipulata il 9 luglio 1895 dinanzi al notaio Luigi De Luca, per la quale accettava che il debito gli venisse pagato in rate annuali di 3.600 lire (in pratica l'equivalente del famoso sussidio mensile di 300 lire pattuito nel 1889), poi per ulteriore benevola concessione ridotte alla metà, ossia a 1.800 lire annue (316).
Va sottolineato che tale generosità di fra Orsenigo era dovuta unicamente al suo cuor d'oro, perché la situazione finanziaria dell'Ospedale di Nettuno era tutt'altro che rosea. Infatti, dal citato rapporto presentato (317) al Capitolo Generale del 1899, risulta che il costo complessivo delle strutture edilizie era stato di 450.000 lire e che, per saldare tale importo e quelli degli arredi, era stato necessario contrarre dei mutui al 4%, che non si riusciva ad estinguere, tanto che a dicembre del 1898 l'ammontare del debito era ancora attestato a 282.796 lire.
Per contenere i debiti, si cercò di incrementare i ricoveri, sia stabilendo convenzioni col Comune di Anzio e con la Scuola d'Artiglieria, sia diversificando la tipologia dell'assistenza ed aprendo in maniera ufficiosa un Reparto per degenze sanatoriali, per le quali fra Orsenigo riuscì infine il 9 marzo 1903 ad ottenere a suo nome l'autorizzazione della Prefettura (318). D'allora l'Ospedale prese ad essere denominato anche Sanatorio e ce lo testimonia la novella "Va bene", scritta da Pirandello presumibilmente nella primavera del 1905 e pubblicata per la prima volta in "Nuova Antologia" il primo novembre di quell'anno: è ambientata a Nettuno ed il protagonista, feritosi nel Parco dei Borghese, vi si legge che ricevette sette punti di sutura nel "vicino Sanatorio Orsenigo dei Fate Bene Fratelli".
273 - Cf. AGF, faldone "Necrologi e Testamenti", cartella Testamenti dei Religiosi Defunti (1815-1926).
274 - Cf. AGF Nettuno, cartella "Affari Giudiziari", fasc. n. 3, rendiconti su carta bollata dei Depositi< cf. anche AGF Nettuno, registro "Stato e Conto di Cassa per la Casa, Farmacia e fabbrica in Nettuno (1889-1892)", p. 1.
275 - Oggi quel tratto della strada provinciale è intitolato ad Antonio Gramsci.
276 - Oggi Via dell'Olmata.
277 - Oggi Via San Benedetto Menni, cui il Comune in occasione della canonizzazione volle dedicare la strada per ricordare la sua frequente presenza nell'Ospedale, nel quale aveva nel luglio 1910 affidato il Reparto femminile ad una Comunità delle Suore Ospedaliere del Sacro Cuore di Gesù, da lui fondate e che vi restarono fino al marzo 1915.
278 - A quel tempo sul fianco orientale del presente edificio ospedaliero non correva ancora l'attuale strada che il Comune ha voluto giustamente intitolare a fra Orsenigo.
279 - Aveva lo studio in Roma e finché visse non presentò mai la sua parcella a fra Orsenigo, né per le varie consulenze dal 1885 in poi, né per il progetto dell'Ospedale di Nettuno, né per la direzione tecnica e collaudo dei lavori edilizi; morto lui, suo figlio l'ingegner Enrico presentò una parcella per tutte tali voci, per un importo complessivo di 15.735,20 lire, scontate poi a 7.500 lire , che gli vennero saldate il 21 maggio 1894. Cf. AGF Nettuno, "Stato e Conto di Cassa per la Casa, Farmacia e fabbrica di Nettuno", quietanza n. 3 del 1894.
280 - Cf. AGF, "Verbali del Definitorio Generale dal 1877 al 1896", seduta del 2 febbraio 1889.
281 - In AGF non esiste copia ufficiale della convenzione, ma solo una minuta provvisoria, poi modificata nella stipulazione definitiva, per cui è preferibile dedurne il contenuto dagli ampi riferimenti contenuti negli atti dei vari procedimenti giudiziari promossi a difesa dei diritti dell'Ospedale. Qui preferiamo citare da uno dei più esaurienti in merito, ossia AGF Nettuno, cartella "Cause Giudiziarie", fasc. 3, Avv. Carlo Scotti, "Comparsa Conclusionale del 28 febbraio 1911", pp. 5-7.
282 - Come risulta dalla minuta provvisoria della convenzione, nel corso delle trattative era inizialmente stato ventilato che la Congregazione di Carità desse un contributo una tantum alle spese di costruzione nella misura di 40.000 lire, che pensava di ricavare dalla vendita di alcune proprietà dell'Ente, ma tale offerta fu poi ritirata. Cf. AGF Nettuno, cartella "Atti Notarili", "Minuta del Notaro" (1889).
283 - Cf. AGF Nettuno, cartella "Cause Giudiziarie", fasc. 3, "Progetto d'impianto di un nuovo Stabilimento di salute da erigersi in Nettuno".
284 - La Scuola Centrale di Tiro di Nettuno fu aperta dal Ministero della Guerra il primo luglio 1889 (cf. Alberto SULPIZI, "Nettuno sull'onda dei ricordi", Banca di Credito Cooperativo di Nettuno, Nettuno 2003, p. 131) e ricoveri per feriti d'artiglieria cominciano a figurare nell'Ospedale di Nettuno già nel 1890, come risulta dalla statistica curata dal chirurgo Perotti, lo stesso che opererà Santa Maria Goretti (cf. Archivio della Provincia Romana dei Fatebenefratelli, cartella Nettuno, Norberto PEROTTI, "Rapporto statistico del movimento degli infermi nell'Ospedale Orsenigo di Nettuno, anno 1890").
285 - Cf. AGF Nettuno, cartella "Cause Giudiziarie", fasc. 1, "Sentenza dell'11 settembre 1893", p. 9.
286 - Tale incremento intendeva inoltre, anche se in maniera dilazionata e diluita nel tempo, sostituire in qualche modo quel contributo alle spese di costruzione che era stato ventilato all'inizio delle trattative.
287 - Quest'importo era della stessa entità di quella che il Sindaco usava annualmente spendere a tal fine, come risulta da una lettera inviata da don Signori al suo vescovo il 16 ottobre 1885, nella quale scrive che nel 1880 il Sindaco disponeva di un fondo di mille lire"da erogarsi metà in soccorso ai bisognosi e metà a' poveri infermi del paese". Cf. ADA, faldone Nettuno, fasc. 2, lettera n. 92.
288 - In effetti, al censimento del 10 febbraio 1901 la popolazione di Nettuno risulterà salita a 5.072 abitanti, dei quali 3.406 residenti in città.
289 - Cf. AGF Nettuno, "Posizione dei Documenti ed altro sulla istallazione dell'Ospedale e Casa di Salute di libera proprietà dell'Istituto di Nettuno dal 1885", documento n. 11.
290 - Cf. AGF Nettuno, cartella "Cause Giudiziarie", fasc. 3, Avv. Carlo Scotti, "Comparsa Conclusionale del 28 febbraio 1911", p. 33.
291 - Testualmente: "Verdaderamente esta casa ha sido construida con los dientes". Cf. Martino GUIJARRO, "Bajo
cit.", p. 51.
292 - Cf. ADA, faldone Nettuno, fasc. 2, promemoria n. 123, p. 1.
293 - Cf. AGF Nettuno, cartella "Conti, Situazione Economica", promemoria "Sullo stato economico della Casa Ospedale di Nettuno al 1° Gennaio 1899" (preparato l'8 aprile 1899 per essere discusso durante il Capitolo Generale), p. 1.
294 - Cf. AGF, "Verbali del Definitorio Generale dal 1877 al 1896", seduta dell'11 settembre 1889. In tale seduta fu disposto che a bilanciare gli effetti della chiusura del deposito, dai cui interessi veniva alimentata la festa all'Isola Tiberina, sulla Comunità dei Fatebenefratelli di Nettuno sarebbe ricaduto l'obbligo, qualora non vi provvedesse fra Orsenigo, di elargire un contributo annuo di almeno 500 lire per la celebrazione di tale festa. Tale decisione fu comunicata a fra Cortiglioni con lettera del 13 settembre 1889, conservata in AGF Nettuno, cartella "Atti Notarili".
295 - Cf. AGF Nettuno, "Posizione dei Documenti ed altro sulla istallazione dell'Ospedale e Casa di Salute di libera proprietà dell'Istituto di Nettuno dal 1885", lettera 6.
296 - Idem, lettera 5.
297 - Cf. AGF, "Verbali del Definitorio Generale dal 1877 al 1896", seduta del 18 dicembre 1889.
298 - Con questo titolo viene ricordato nel prospetto statistico del 1892, che al primo gennaio fornisce la seguente ampliata composizione della Comunità di Nettuno: Priore e Cappellano, fra Luigi Maria Pozzi; aiutante chirurgo, fra Faustino Ghidini; aiutante farmacista, fra Alessio Piacentini, e per i restanti compiti i confratelli fra Raffaele De Montis, fra Pacomio Benedicto, fra Carlo Maria Grandi, fra Camillo Bonfigli e fra Pio Maria Guidoboni. Cf. AGF, "Statistica dell'Ordine Ospitaliero di S. Giovanni di Dio - detto Fatebenefratelli al primo gennaio 1892 colla classificazione e distinta sul personale della Provincia Romana - Toscana".
299 - Cf. AGF Nettuno, "Posizione dei Documenti ed altro sulla istallazione dell'Ospedale e Casa di Salute di libera proprietà dell'Istituto di Nettuno dal 1885", documenti n. 9 e n. 12.
300 - Idem, doc. n. 14.
301 - Cf. AGF Nettuno, "Stato e Conto di Cassa per la Casa, Farmacia e fabbrica di Nettuno", p. 1.
302 - Idem, prospetto "Lavori Murari dal 15 settembre al 15 dicembre 1890".
303 - Cf. ADA, faldone Nettuno, fasc. 2, doc. n. 123.
304 - Il quarto lato, rimasto definitivamente sospeso, era quello che si era pensato destinare a Curia Generalizia e Noviziato.
305 - Cf. J. A. ENGLEFIELD, APP, p. 7; cf. anche G. MAGLIOZZI, "L'ammiratore
cit.", in "Vita Ospedaliera", p. 16.
306 - Il suo nome completo da Religioso era fra Giovanni Battista ORSENIGO, ma qui l'Englefield usa per brevità solo la prima parte del nome.
307 - Cf. AGF Nettuno, registro "Stato e Conto di Cassa per la Casa, Farmacia e fabbrica in Nettuno (1889-1892)", pp. 5-6.
308 - Quest'artista, che fu discepolo di Tommaso Minardi (Faenza 1787 - Roma 1871) e buon rappresentante del purismo romano, eseguì varie pitture per i Fatebenefratelli, le più riuscite delle quali sono quella eseguita nel 1853 per la beatificazione di Giovanni Grande, oggi nella Sala Verde dell'Isola Tiberina (cf. G. MAGLIOZZI, "Arte e storia
cit.", p. 127), ed il trittico eseguito nel 1872 per l'Ospedale di Barcellona ed oggi conservato a Granada nel Museo dell'Ordine (cf. Felix LIZASO BERRUETE, "Perfil Juandediano del Beato Benito Menni (463 cartas)", Archivo Interprovincial Casa del Tránsito de San Juan de Dios, Granada 1985, seconda foto di p. 16). La tela di Nettuno, firmata e datata "M. Sozzi fece 1886", è dal 1978 venerata nell'atrio laterale della Cappella dell'Istituto Psichiatrico dei Fatebenefratelli di Genzano, dove fu collocata per interessamento di fra Elia Tripaldi.
309 - Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, "San Giovanni di Dio narrato dal Celi. Sintesi selettiva della seconda biografia di San Giovanni di Dio, pubblicata a Burgos nel 1621 da fra Dionisio Celi o.h.", Centro Studi San Giovanni di Dio, Roma 1993, p. 36.
310 - Cf. Vincenzo MONTI in "Un secolo
cit.", pp. 28 e 43.
311 - Cf. G. MAGLIOZZI, "San Giovanni di Dio narrato cit
", p. 36. Dal 1999 tale tela è conservata a Roma nella Curia della Provincia Romana dei Fatebenefratelli. Nella Cappella di Nettuno attualmente figurano sui due altari laterali le immagini di Santa Maria Goretti e di San Benedetto Menni.
312 - Come si deduce da una prima uscita di 250 lire "per le spese della benedizione della Cappella", registrata in data lunedì 17 ottobre 1892. Cf. AGF Nettuno, registro "Stato e Conto di Cassa per la Casa, Farmacia e fabbrica in Nettuno (1889-1892)".
313 - Per la data cf. AGF Nettuno, cartella "Cause Giudiziarie", fasc. 3, Avv. Carlo Scotti, "Comparsa Conclusionale del 28 febbraio 1911", p. 7.
314 - La melagrana sormontata dalla croce è l'emblema adottato dai Fatebenefratelli a ricordo della tradizione che il Bambinello Gesù sarebbe apparso a San Giovanni di Dio offrendogli una melagrana e dicendogli "Giovanni di Dio, sappi che Granada sarà la tua croce e tramite questa vedrai Gesù in gloria". Cf. G. MAGLIOZZI, "San Giovanni di Dio narrato cit
", p. 24.
315 - Cf. AGF Nettuno, "Stato della Religiosa Famiglia del Convento Ospedale di S. Maria del Buon Consiglio in Nettuno" (19 aprile 1893).
316 - Cf. AGF Nettuno, cartella "Cause Giudiziarie", fasc. 3, Avv. Carlo Scotti, "Comparsa Conclusionale del 28 febbraio 1911", pp. 8 e 14.
317 - Cf. AGF Nettuno, cartella "Conti, Situazione Economica", promemoria "Sullo stato economico della Casa Ospedale di Nettuno al 1° Gennaio 1899", pp. 2-3.
318 - Cf. AGF Nettuno, "Posizione dei Documenti ed altro sulla istallazione dell'Ospedale e Casa di Salute di libera proprietà dell'Istituto di Nettuno dal 1885", documento n. 21. |