Per poter parlare delle origini della nostra bella città occorre fare una premessa preistorica ampiamente suffragata da alcune realtà archeologiche inoppugnabili che testimoniano l'esistenza sul litorale tirrenico e, più precisamente, lungo il nostro incantevole golfo che va da Capo d'Anzio ad Astura, di una terra chiamata NEPTUNIA più antica dell'epoca volsca e romana.
I ritrovamenti di caverne e grottoni lungo i dirupi a mare nell'arco tra la Villa Costaguti (Villa Borghese) ed il Belvedere, e più ancora a levante fino a Torre Astura, testimoniano che i suoi primi abitatori fossero popoli trogloditi.
A chiarire e migliorare le conoscenze sulle usanze dei Sicani (così chiamati da "sica" caratteristico pugnale ricurvo col quale scavavano anche le grotte), e degli Enotri furono i Peiasgi e gli Arcadi, che, pur permanendo ospiti su questa terra, riuscirono a dirozzare gli abprigeni istradandoli verso l'agricoltura, l'arte, la civiltà ed il lavoro.
I rinvenimenti di piccole asce di pietra e lance di selce, arnesi tipici delle ere paleolitica e neolitica, di frammenti di vasi precorinzi, pasta vitrea ed altro materiale proveniente dall'oriente, fa ritenere che, una volta spopolate le caverne ed i grottoni dai loro primi abitatori, che vivevano allo stato selvaggio essenzialmente di caccia e pesca, come in altre località tirreniche, edificarono antichissime città lungo le coste per poter poi essere liberi a ripartire.
Erano emigrati dall'Oriente, gente sana con forti radici culturali, esperti' navigatori che con le loro navi e zattere approdarono sui nostri lidi e trovandoli selvosi, ricchi di acque e di pascoli, con aria molto ossigenata, li prescelsero preoccupandosi subito di gettare fondamenta di mura per cintare la nuova nascente città: NEPTUNIA
La data di questo avvenimento si colloca tra la fine dell'XI° e l'inizio del X° secolo a. C.
Questo nome ebbe origine dal Tempio dedicato a Nettuno, dio del mare, una delle principali e grandi divinità orientali, venerata in Africa, specialmente nella Numidia, nella Mauritania e nell'Egitto, che formava oggetto precipuo di culto fenicio-cartaginese.
Era usanza che i Templi si fabbricassero su terreni più alti degli altri edifici, con boschetti e giardini circostanti che facessero da base. Gli Egiziani appellavano Neptys i promontori prospicenti zone confinanti, con essi, bagnati dal mare.
Nella loro permanenza i Fenici riuscirono per lungo tempo a mercanteggiare lungo il Lazio e la Campania fin quando non furono sopraffatti dall'influenza Etrusca, popolo anch'esso navigatore e corsaro. A scacciarli definitivamente dall'antico Lazio fu la civiltà Greca che fondò nuove città di straordinaria bellezza. Alla civiltà Ellenica si sovrappose Roma con le sue colonie, che erano numerosissime secondo le tradizioni di Dionisio, di Livio e di Virgilio.
Il Tempio di Nettuno dominava dall'alto dello scoglio la città che si protendeva verso il mare, verso levante e verso ponente. Era attorniato da un boschetto di oleastri, piante sacre al nume del mare, ai cui rami, gli scampati dai naufragi appendevano tavolette votive di ringraziamento. Esso sorse in prossimità di una purissima polla d'acqua sorgiva, tutt'ora famosa e gradevole, denominata "fontana vecchia".
Tornando a Neptunia, la preistorica città si estendeva maggiormente verso il mezzogiorno del mare, e, secondo Dionisio d'Alicar-nasso, sotto l'impero di Augusto venne addirittura indicata come primo termine di estensione dell'antica Italia che confinava con Tarante, quindi, doveva necessariamente costituire un estremo limite ben visibile con una certa estensione e notorietà per essere stata pure additata come la dominatrice dell'antico litorale del Lazio.
Tempio al dio "NETTUNO"
ric. di G. KEIL
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Osservando topograficamente il suolo di Nettano si scorge una difformità altimetrica, ora più e ora meno, dal mare a quota terreno; l'attuale borgo con annessi fabbricati è stato edificato su di un colle di natura tufacea che poi prosegue a levante ed a ponente in rupe a pendio ripido sul mare. Però il mare non si presenta profondo come di consueto avviene su coste rupestri a piombo sul mare, ma con una contigua stratificazione di costruzioni antichissime erose, di forma e di aspetto di case prettamente italiche. Tali ruderi affiorano specialmente durante le basse maree e testimoniano quanto resta della potente e preistorica città.
Notare la esatta coincidenza sui ruderi affioranti il pelo dell'acqua con la planimetria sottostante.
Sopra tali costruzioni fenicie vi costruirono i Greci e più tardi, sulle medesime, gli Italici ed i Romani.
È risaputo che nelle diverse età i materiali residui delle città distrutte venivano riutilizzati per edificare altre città nuove di foggia e forma differente.
Fra queste tracce tuttora appena visibili nel mare alcune affiorano mentre altre sono interamente sommerse ed altre ancora sprofondate o semicapovolte.
Le più evidenti sono le vaschette davanti al Belvedere ed al Fortino del Sangallo: che per effetto del moto ondoso del mare, creano a volte, con la stessa acqua, dei mulinelli insidiosi. La foto sottostante, eseguita recentemente dopo la costruzione delle dighe foranee, rappresenta gli stessi ruderi.
Osservate nella plani-metria qui accanto i plinti centrali su cui poggiavano delle colonne e di come coincidono perfettamente, in trasparenza, sulla foto in alto, scattata durante la bassa marea.
Più a levante, dinanzi alla polla d'acqua sorgiva della "fontana vecchia" c'erano ancora, evidenti fino a poco tempo fa, il tanto celebrato scoglfo d'Orlando (ricordato anche nell'Alceo), lo scoglio Criccone e lo scoglio Fagiolo e, nelle loro adiacenze, alcune colonne di notevole diametro che di solito venivano innalzate a porticato in prossimità dei templi. Affiorano sott'acqua grandi masse in muratura a mo' di costruzione, diventate ormai, nel decorso dei secoli di inconfutabile fattura architettonica.
Dopo un certo limite si estende una profondità di mare notevolmente accentuata.
Ora tutti, chi più chi meno, conosciamo sommariamente i vari sconvolgimenti naturali che si son verificati nelle varie epoche all'orbe terracqueo e Plinio e altri naturalisti spiegarono a quei tempi che i motivi di abbassamento e sprofondamento di città in seguito vennero ricoperte dal mare, erano fenomeni prodotti da vulcani sottomarini, lasciando solo poche vestigia
visibili sotto i flutti. Se ne contarono più di cinquanta in Italia, uno oltremodo terrificante, risalente all'epoca in cui Annibale combatteva in Italia contro il console Flaminio.
Come si evince da questi brevi cenni, attinti da vari autorevoli scrittori, il passato della preistorica città di NEPTUNIA, di sapore quasi leggendario, dorme colle sue rovine nel fondo del mare nascondendo le sue preziose memorie.
Forse un giorno si potranno avere tutte le risposte agli interrogativi che premono quando inizieranno le ricerche archeologiche sugli arenili restituiti dal mare per via delle recenti costruzioni di dighe foranee lungo il nostro sempre fiorente e meraviglioso litorale. |