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IL TERRITORIO DI NETTUNO
NELLA CAMPAGNA ROMANA

Immagini dal XVI al XIX Secolo

a cura di
CLEMENTE MARIGLIANI

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VEDUTE DEL TERRITORIO DI NETTUNO
E DELLA CAMPAGNA ROMANA

NELLE STAMPE DAL XVII AL XIX SECOLO


Clemente Marigliani.

L'incisione ha avuto nei secoli XV-XIX il ruolo che oggi hanno la fotografia o un quotidiano illustrato. Le stampe d'epoca sono specchio della vita, dei fasti, delle miserie, dei mestieri e dei costumi dei tempi andati, e si rivelano fonte di preziose e talvolta uniche informazioni per ricostruire il passato.
E difficile attribuire la primogenitura dell'incisione. Fu in Germania che nel XV secolo vennero messi a punto gli strumenti della tecnica calcografica, ma tecniche analoghe si andavano applicando in Italia con la sperimentazione nel campo dell'oreficeria. "Fin dal primo momento molti artisti, per i quali la pratica del disegno era quotidiana applicazione, si dedicarono al nuovo, moderno mezzo di espressione. Il primo procedimento fu quello dell'incisione su lastra di rame mediante il bulino, strumento appuntito cui è rimasta legata la denominazione di questa specifica tecnica calcografica. Ad essa si applicarono grandi artisti come il Pollaiolo e il Mantenga, con esiti sorprendenti, per l'abilità tecnica e per l'originalità del prodotto" (Francesco Negri Arnoldi).(1)

Tra i grandi maestri del bulino nell'Europa del nord si impose il genio di A. Durer, mentre in Italia gli incisori si diedero a riprodurre soprattutto le opere di Raffaello. La nuova tecnica offriva la possibilità non solo di divulgare le opere dei maggiori artisti contemporanei, ma anche di far conoscere i fasti delle civiltà antiche. In particolare, a Roma i Papi chiesero all'arte incisoria di propagandare le grandezze della Città Eterna sia del passato che del presente.

Quanto alle città e alle botteghe che scrissero le prime pagine di questa storia Marco Fragonara scrive: "Fra gli stampatori vissuti e operanti in Italia nel corso del XV secolo si possono ricordare i nomi della dinastia Giunti e della famiglia Rosselli di Firenze, dei De' Paganini e di Aldo Manuzio a Venezia, Tuttavia nel secolo successivo è certo che il commercio delle stampe italiano si sposta soprattutto a Roma, ove iniziano ad operare molti stampatori come Tommaso Barlacchi, attivo nella prima metà del secolo. Il mercato della stampa lungo il corso del Cinquecento è quindi assai fiorente a Roma, dato che vi lavorano più di una quarantina di stampatori, non solo italiani".(2)

Nei primi anni del Cinquecento, quando la carta geografica contribuì in modo unico a divulgare la conoscenza dei territori che in quei decenni venivano scoperti, Venezia e Roma si avviavano a diventare le capitali della cartografia a stampa. Le carte ora si basavano su nuove proiezioni, abbandonando e superando le vecchie concezioni tolemaiche.(3) Proprio tra Roma e Venezia si affermarono le carte lafreriane, così chiamate dal loro autore Antonio Lafrery (1512-1577). Nel 1533 egli stringeva un sodalizio con Antonio Salamanca (1500-1562) che era giunto a Roma tra il 1528 e il 1530 e aveva aperto bottega prima in Campo dei Fiori e successivamente in via del Parione. Dal consorzio tra i due stampatori nacque il più grande colosso editoriale cartografico di quel secolo. Essi basarono le piante delle città finalmente su rilievi reali, rappresentarono i centri urbani da prospettiva aerea o, come si cominciò a dire, a volo d'uccello, mentre rappresentarono i volumi dei monumenti secondo nuove prospettive. Grazie al Lafrery venne alla luce l'imponente opera Speculum Romanae Magnificentiae edita nel 1575.(4) L'impresa del Lafrery venne poi continuata da Claudio Duchetti, Giovanni Orlandi, Pietro De Nobili, sino al belga Nìcolaus van Aelst. Gran parte delle carte e lastre prodotte da questi artisti finirono in possesso della nuova dinastia di stampatori: i De' Rossi.

Ormai la stampa si era però definitivamente affermata nel riprodurre le opere dei maggiori artisti altrimenti non avvicinabili. In particolare fu attraverso rincisione che i viaggi sempre più frequenti degli italiani e degli stranieri attraverso l'Italia diffusero nei vari stati del Bel Paese., come si diceva, e all'estero, le immagini dei monumenti antichi, dei palazzi, delle chiese..., sia per il desiderio di conservare un ricordo delle cose ammirate, sia per poterle in qualche modo esibire ad altri.

La prima pianta che rappresenta Nettuno nel Cinquecento deriva dalla mappa della Campagna Romana del 1547 ad opera di Eufresino della Volpaia.(5) Questa pianta del territorio di Nettuno venne redatta "per far conoscere al pubblico una delle fasi cruciali della cosiddetta guerra di Napoli (1555-1557)" (A.P.Frutaz).(6) Nella guerra Nettuno ed Ostia ebbero un' importanza notevole, infatti sul retro della stampa edita da G.Ballino leggiamo "l'anno poi 1556 l'esercito spagnuolo guidato dal Duca D'Alba, general di Carlo V imperatore contro le genti della chiesa e Francesi, prese questo castello giudicatolo luogo molto accomodato alla guerra essendo terra marittima e assai atta a potervisi sbarcar delle vettovaglie e de'soldati per mare".(7) La prima stampa di Nettuno fu edita da Antonio Lafrery (1512-1577) (8) nel 1557. Da questa pianta derivano tutte le altre G.Ballino (1569), J.Hondt (1627), J.Blaeu (1663). Il Blaeu nell'edizione del 1663 trae ispirazione dalla "carta intitolata il vero ritratto di Nettuno al presente occupato dagli Imperiali opera di anonimo datata al 1557. Nonostante l'orientamento sia rovesciato rispetto alla norma, con il Settentrione (Tramontana) sul margine inferiore della carta, la tipologia del disegno nel suo insieme e delle vignette degli edifici, come quella della vegetazione e dell'idrografia, rendono possibile una diretta influenza sull' autore da parte di Eufrosino della Volpaia. Considerate le distinzioni spaziali, operate per poter abbracciare al meglio la visuale di Nettuno e la costa dal lago di Foglino al Capo d'Anzio, con l'assiepamento delle località comprese fra Astura e i bastioni del paese e con l'ampio spazio lasciato alle altre, l'autore, per realizzare l'incisione si è messo nei panni di un viaggiatore che, percorrendo la Via Appia, giunto ai ruderi dell'antica stazione di porta Tres Tabernae. (2500 m a ESE di Cisterna di Latina, all'altezza del Km 55,800 dell'Appia), volgesse lo sguardo verso SO, vedendo il perimetro dell'abitato deformato dalla prospettiva in un rombo (al posto di un quadrato come avrebbe dovuto essere), con la diagonale maggiore orientata NE-SO. Il Blaeu riprende da questa carta il "punto di vista", le deformazioni e gli elementi significativi, quali la toponomastica e i principali edifici urbani ed extraurbani, ma li riduce a puri punti di riferimento trasformandone alcuni in semplici tabelle indicative, con il resto rivolto verso il mare. Il sospetto che la sua conoscenza di Nettuno sia piuttosto sommaria e forse derivata non da visione diretta del luogo ma dalla lettura delle fonti, viene suggerito dagli scarsi riferimenti che ad essa fa nel testo messo di seguito all'immagine, nonostante poi le dedichi un capitolo apposito; e in più dall'aggiunta arbitraria di un ponte, gettato sul fossato dalla parte orientale per consentire alla via di Conca di entrare in paese. La pianta da sola, quindi, non appare molto affidabile a livello topografico, senza le opportune verifiche e i confronti con esempi antecedenti" (Stefano del Lungo).(9)

Una formidabile spinta alla produzione artistica di stampe venne dai viaggiatori del Grand Tour che scesero in Italia tra il Seicento e la prima metà dell'Ottocento. L'espressione Grand Tour appare per la prima volta nell'opera di Richard Lassels, The Voyage ofì Italy: or a Compleat Journey Throgh haly, edita postuma a Parigi nel 1670,(10) e dice tutta l'ammirazione che si aveva per le bellezze dell'Italia di cui poi evidentemente si voleva portare con sé il ricordo.

Quanto al circondario di Roma, tra i primi incisori che hanno lasciato immagini della Campagna Romana va segnalato Georg Hoefnagel (1542-1600): (11) sue sono le immagini di Velletri e Terracina pubblicate in Braun-Hogemberg, Theatrum urbium praecipuarum mundi, Colonia 1572-1618. (12) Il motivo per cui Velletri e Terracina figurano nella pubblicazione sta nel fatto che queste due località erano comprese nella nascente moda del viaggio in Italia già a partire dal Cinquecento. Tra Seicento e Settecento vanno ricordati Giovanni Battista Falda prima (1643-1678) , e Giuseppe Vasi poi (1710-1782) (14) Il Falda arrivò giovanissimo a Roma e trovò ospitalità presso Giovanni Giacomo De' Rossi il quale lo affidò a due precettori d'eccezione: Francesco Borromini e Pietro da Cortona. Frequentando la bottega del De' Rossi, ebbe modo di ammirare e studiare le incisioni di Callot, Stefano Della Bella e degli altri artisti che operavano presso quella calcografia. Nel 1663 il Falda incideva il Disegno delle fabbriche prospettive e piazze fatte novamente in Roma. Tra il 1665 e il 1669 per i torchi del De' Rossi uscirono tre libri del Nuovo teatro delle fabbriche ed edifìcii, in prospettiva, di Roma moderna, opera che si avvalse del qualificato contributo appunto del Falda. Egli si dedicò poi a raccolte imperniate sui giardini e sulle fontane di Roma e Frascati, incidendo anche lastre che di Roma illustravano cerimonie pubbliche e religiose. Al Falda si debbono poi celebri piante di Roma: la più piccola è databile al 1667, e la più grande, edita nel 1676, è composta di ben dodici fogli.

Il Vasi studiò disegno architettonico presso Niccolò Palma specializzandosi nell'incisione alla scuola di Antonio Bova e Francesco Cichè. Stabilitosi a Roma nel 1736 vi impiantò una bottega calcografica che nel 1740 richiamò, al suo arrivo a Roma, il Piranesi. Nominato incisore di corte dal Re di Napoli, trasferì a palazzo Farnese la sua bottega di Roma. La sua opera più significativa, intitolata Delle magnificenze di Roma antica e moderna e comprendente 200 tavole in 10 libri, gli costò quattordici anni di duro lavoro. Del Vasi non può non essere infine ricordato il Prospetto dell'alma città di Roma dal Monte Gianicolo., in 12 fogli, edita nel 1765. La pianta del Vasi va famosa soprattutto per i suoi rilievi prospettici.

Tra i vedutisti di Seicento e Settecento il Falda e il Vasi hanno un posto di tutto riguardo per la precisione architettonica e per il senso di grandiosità dato ai monumenti anche se, per dare piacevolezza alle loro opere, si attardano ad animare le loro scenografie con immagini ed episodi tratti dalla vita quotidiana.

Tra gli artisti stranieri bisogna ricordare l'olandese Wilhelm Blaeu (1571-1635) (15) che pubblicò il Theatrum Italiae e l'Atlas maior sive cosmographia Blaviana in 14 volumi, di cui uno dedicato all'Italia, comprendente piante e vedute di Roma e di città laziali. Jan Blaeu (1596-1673), suo figlio,(16) stampò a sua volta il Theatrum civitatum et admirandorum Italiae ad aevi veteris et praesentis temporis faciem expressum, con diverse incisioni su Roma e sui Castelli Romani. Nel Seicento Pierre Morder (1660ca.-1724) acquistò da Jan Blaeu le lastre del Nouveau Théàtre d'Italie incise da Hoefnagel, tra le quali meritano una particolare menzione le vedute di Frascati, Velletri e Terracina.(17)

E con Giovanni Battista Piranesi (1720-1778) (18) comunque che l'incisione raggiunse una spazialità e una maestosità mai viste prima e che la rappresentazione dei monumenti si fece capace di suggestioni del tutto nuove. Tra l'altro si deve alla forte impressione suscitata dalle incisioni del Piranesi ammirate nella casa paterna se il 9 settembre 1786 W. Goethe si decise a intraprendere il suo famoso viaggio per l'Italia. Di quel viaggio il suo spirito oramai sentiva un vero e proprio bisogno: viaggio che (come egli scrive) "... non è più possibile ormai differire".

Il Piranesi viaggiò in lungo e in largo per la Campagna Romana, appassionandosi in particolare al condotto del lago di Albano e alle tecniche edilizie con cui era stato realizzato. Il grande incisore giunse così nel 1762 alla pubblicazione della Discrezione e disegno dell'Emissario del Lago di Albano, accompagnato dal benevolo interessamento e compiacimento del papa regnante. Scrive al riguardo John Wilton Ely: "Clemente XIII, dalla vicina residenza estiva papale di Castel Gandolfo che domina il lago di Albano, mostrava un vivo interesse per queste ricerche. Dietro sua indicazione, Piranesi si rivolse ad altre rovine in quella zona, pubblicate due anni dopo nelle Antichità di Albano e di Castel Gandolfo. Anche in questo caso è evidente la particolare attenzione per l'aspetto tecnico delle strutture sopravvissute all'insidie del tempo, soprattutto per quanto riguarda la casa di Pompeo, l'Anfiteatro di Domiziano, due cisterne sotterranee, alcuni mausolei monumentali e un tratto della Via Appia particolarmente ben conservato. Se la tecnica costruttiva era l'apparente motivazione di questi studi, il risultato finale, specie sulle vedute, raggiunse un'ampiezza e una maestosità senza precedenti".(19)

Più tardi il Piranesi andò alla scoperta delle bellezze del Lazio inferiore. A Cori restò ammirato dalle mura ciclopiche e ritrasse la città dando vita alla raccolta intitolata Antichità di Gora che pubblicò nel 1764. Poi fu la volta di località come Tivoli, Albano, Castel Gandolfo, così che sempre più l'interesse dei visitatori del Grand Tour non si limitò alla sola Roma ma si estese ai centri minori del Lazio e del resto dell'Italia.

Sempre nel Settecento si affermò poi come uno dei più importanti vedutisti del paesaggio romano Carlo Labruzzi (1748-1817). (20) Nel 1789 Sir Richard Colt Hoare gli commissionò la raffigurazione dei monumenti lungo la via Appia da Roma a Brindisi, ed egli lasciò così centinaia di vedute della regina delle vie romane, come la chiama il poeta latino Stazio (Silvae 11,12,12), e dei suoi ruderi. Il Labruzzi si dedicò poi ai monumenti di Roma, della Via Latina, e dei Colli Albani, aprendo con la sua maniera la strada al giovane talento di Bartolomeo Pinelli (1781-1835).

Il Pinelli si interessò sia al presente che al passato con l'animo diviso tra la quotidianità da una parte e una struggente nostalgia per la grande storia di Roma dall'altra. Nel 1809 pubblicò una Raccolta di cinquanta costumi pittoreschi incisi all'acquaforte in cui rappresentò vari costumi romani e laziali, come dicono i titoli delle stampe: la vendemmia, il saltarello, il gioco della boccia, il gioco di mora, lite di Trasteverini, lite di femmine, li pifferari. Tra i costumi della Campagna Romana ritratti da Pinelli ricorderemo quelli di Frascati, Albano, Nettuno, Tivoli e Cervara. Nel 1810 Pinelli editava una Nuova raccolta di cinquanta motivi pittoreschi e Costumi di Roma, in cui erano ritratti abiti e costumi tradizionali tra i quali quelli di Rocca di Papa.

Pinelli fu infaticabile. Sempre a Roma nel 1819 usciva la Raccolta de' Costumi di Roma e suoi contorni. Primi pensieri di Bartolomeo Pinelli da lui inventati ed incisi nell'anno 1815 e pubblicati ora per la prima volta dedicati al sig. Cavallerie Alessio Francesco Artaud. Nel 1822 vedevano la luce i Costumi diversi inventati ed incisi da Bartolomeo Pinelli in 25 tavole, in cui sono rappresentate le varie feste romane, i giochi più in voga nella Roma papalina, e scene della vita contadina. Nel 1823, sempre a Roma, Pinelli pubblicava la Nuova Raccolta di Cinquanta Costumi de' contorni di Roma, compresi diversi fatti di briganti disegnati ed incisi all'acquaforte da Bartolomeo Pinelli cominciati l'anno 1819 compiuti nel 1822. Nel 1831, infine, Pinelli riproponeva in 56 tavole i Costumi di Roma incisi da Bartolomeo Pinelli romano.

A questo proposito e a proposito di tutta l'opera di Pinelli, il contemporaneo Oreste Raggi ebbe a scrivere: "Sono i costumi importantissimi per le istorie de' popoli e valgono a mostrare ai posteri, i riti, le feste, i giuochi non che le fogge di vestire, le maniere tutte di pubblico e privato vivere e il grado della civiltà loro. Nella nostri Italia ne ha di bellissimi e segnatamente nei paesi non lungi da Roma, come sono Albano, Tivoli, Nettuno, Sonnino ed altri. [...] Il nostro Pinelli adunque in ritrarre simili costumi per naturalezza e semplicità fu sommo e non ebbe né avrà forse mai chi in ciò lo pareggi". (21)

All'opera di Filippo Meli, nato nel 1795, si devono le Scene di società ossia piacevole collezione di rami analoghe illustrazioni desunte dagli umani costumi., edite nel 1832, e varie scene di vita contadina. (22) Un artista di grande importanza per la documentazione grafica di Roma e della sua Campagna è Luigi Rossini (1790-1857). (23) Egli si formò all'Accademia Nazionale di Belle Arti e si avvantaggiò della collaborazione con Antonie Basoli, pittore di decorazioni. La sua carriera di giovane artista fu contrassegnata da significativi riconoscimenti: nel 1810 egli ottenne sia il premio Curlandese in Architettura, sia quello di prima classe in Ornato, mentre nel 1813 vinse il premio del Regno Italico per l'architettura, consistente in una pensione di tre anni a Roma presso Palazzo Venezia. Nel 1817 Rossini pubblicò il Frontespizio delle antichità di Roma divise in 40 vedute disegnate dal vero dall'architetto Luigi Rossini, che più tardi ripubblicherà con l'aggiunta di nuove incisioni. Tra il 1819 e il 1823 stampò in 101 tavole Le Antichità Romane ossia raccolta delle più interessanti vedute di Roma antica, disegnate ed incise dall'architetto Luigi Rossini. Intanto diventava abituale la sua collaborazione con Bartolomeo Pinelli il quale popolava di figure umane e personaggi le sue architetture. La collaborazione tra i due artisti continuò sino alla morte del Pinelli avvenuta nel 1835. Tra il 1824 e il 1826 Rossini incise Le Antichità dei contorni di Roma ossia le più famose città del Lazio, Tivoli-Albano-Castel Gandolfo-Palestrina-Tuscolo-Cora e Ferentino. Tra il 1828 e il 1830 egli pubblicava i monumenti più interessanti di Roma dal decimo secolo fìno al secolo decimottavo. Nel 1829 tornava al tema a lui caro delle antichità dando alla luce Le porte e le mura del recinto di Roma in 35 tavole. E del 1836 l'opera Gli archi trionfali onorarii e funebri degli antichi romani sparsi per tutta l'Italia in 73 tavole. Finalmente nel 1837 il Rossini veniva nominato membro della Pontificia Accademia Romana di Belle Arti di San Luca di cui poi divenne accademico di merito nel 1843. A modo di moderna guida turistica per i viaggiatori che transitavano per la via Appia, nel 1839 stampò il viaggio pittoresco da Roma a Napoli in 80 rami. Oltre che essere fonte e testimonianza del momento culturale dell'epoca, le incisioni lasciate dal Rossini conservano il ricordo di resti archeologici oggi irrimediabilmente compromessi.

Affine al Pinelli è anche Antoine Jean-Baptiste Thomas (1791-1834), valente pittore ed abile litografo francese. Viaggiò un po' in tutta Italia e soggiornò a Roma, attratto in particolare dalla città e dalla circostante Campagna Romana. Negli anni 1817 e 1818 soggiornò a Roma in qualità di "Pensionnaire du Roi" e durante quel soggiorno nella Città Eterna maturò l'opera intitolata Un an a Rome et dans ses environs. (24) La raccolta offre uno straordinario spaccato dell'epoca con la rappresentazione delle feste religiose e delle solennità civili che avevano luogo durante tutto l'arco dell'anno. Insieme all'opera del Pinelli, quella del Thomas è un documento imprescindibile per la conoscenza delle tradizioni popolari e dei costumi di Roma nella prima metà dell'Ottocento: in particolare per i costumi femminili, gli abiti delle confraternite, i fuochi artificiali, le corse dei cavalli, la vita dei galeotti, le danze.

Contemporaneo del Pinelli, fu anche Filippo Ferrari, abile incisore ed acquarellista attivo dal 1826 al 1841. A lui si devono la Raccolta di quindici Costumi dello Stato Romano disegnati ed incisi all'acquaforte (Roma, 1826) e la Nuova raccolta di costumi di Roma e suoi contorni disegnati ed incisi all'acquaforte (Roma, 1841): nelle due opere sono ritratti i costumi di Roma, Velletri, Albano, Castel Madama, Frascati, Tivoli e di altri centri della Campagna Romana. Anche il grande pittore Léopold-Louis Robert (1794-1853) fu appassionato ritrattista dei paesaggi, dei briganti, dei costumi femminili di Roma e della Campagna Romana fino a Napoli e dintorni. Celebri sono le rappresentazioni di donne in costume tradizionale soprattutto di Procida e di Nettuno, impresse nel 1822. Successivamente il Robert realizzò la grande tela Les moissonneurs dans les Marais Pontins che espose al Salon di Parigi del 1831 registrando un straordinario successo. Il quadro fu acquistato e successivamente donato al Louvre dal re di Francia Luigi Filippo."(25)

Anche nell'Ottocento ci furono numerosi artisti stranieri che si interessarono al Grand Tour e produssero incisioni al fine di illustrare il Bel Paese. Si possono ricordare l'americano John Izard Middleton (1785-1849) che con la tecnica dell' acquatinta rappresentò la Campagna Romana in Grecian Remains in Italy, a description of cyclopian walls and roman antiquities, del 1812. (26) Charles Joseph Hullmandel, litografo di origine tedesca, si appassionò principalmente a soggetti di architettura e vedute urbane, senza comunque trascurare i caratteristici costumi popolari. (27) A Jules Louis Philip Coignet (1798-1860) dobbiamo i suggestivi paesaggi con figure intente alla vita quotidiana o nei momenti di svago: celebri sono soprattutto le incisioni riguardanti Nemi, Monte Porzio e Castel Gandolfo. (28) Dietrich Wilhelm Lindau (1799-1862) ritrasse le ottobrate romane, il saltarello romano e scene campestri, divenendo ricercato pittore di genere. (29)

Francois-Fortune Antoine Ferogio (1805-1888) è l'autore delle splendide stampe de L'Italie par Ferogio (30) i in cui, da punti d'osservazione originali perché inconsueti, vengono ritratte Roma, la sua Campagna, e in particolare Nettuno e Ariccia. Anche Charles Coleman (1807-1874) fu affascinato dalla Campagna Romana, realizzando tra il 1848 ed il 1850 una serie di acqueforti da lui pubblicate poi nel 1850 che nel 1858 si vendevano presso la libreria Monaldini in Piazza di Spagna (31) Si fecero ristampe di queste incisioni nel 1912 e nel 1929. Disegnatore efficacissimo fu l'inglese Edward Lear (1812-1888) che ci ha lasciato le Wiews in Rome and its environs, pubblicate nel 1841, che ritraggono Ardea, Pratica, Nettuno, Ninfa, Sermoneta, e altre località intorno a Roma. (32) Anche Artur John Strutt (1819-1888) esplorò instancabile la Campagna Romana, attratto soprattutto dai costumi femminili. (33) Molto celebri sono gli acquerelli coi costumi delle donne di Nettuno e di Sonnino. (34)

Tra il 1865 ed il 1869 il francese Félix Benoist (1818-1896) produsse le 100 tavole di Rome dans sa grandeur con quella che fu l'ultima rappresentazione della Roma pontificia e dei territori limitrofi. (35) Altro interessante autore di acqueforti sulla vita contadina della Campagna Romana è Ernst Schweinfurt (1818-1877) di cui è celebre la serie dei carri da trasporto tra i quali ricorderemo: Porta spesa di Procoio (36) e il Pesciarolo di Porto d'Anzio. (37) Molto piacevole è anche la serie dei costumi femminili proposti dallo stesso Schweinfurt (1818-1877) tra i cui ricorderemo quelli delle donne di Sonnino, di Nettuno, della Ciociara ecc.(38) Dobbiamo infine immagini straordinarie della Campagna Romana e soprattutto delle Paludi Pontine a Karl Lindemann Frommel (1819-1891), professore all'accademia di San Luca, che editò la splendida raccolta di litografie intitolata In den Pontinischen Sumpfen.(39)

Ritornando agli artisti italiani, va ricordato poi Antonio Acquaroni (1801-1874) (40) che eseguì una serie di vedute romane per conto della calcografia di Roma presso la quale era impiegato. Molto celebri e oggi rarissime sono le sue incisioni che hanno come soggetto i porti di Anzio, (41) di Civitavecchia, (42) e di Fiumicino. In esse rappresentò con minuzia le navi, le draghe, i fanali .... popolando le stampe di personaggi intenti alle loro attività e professioni e lasciandoci un delizioso documento della vita marinara della prima metà dell'Ottocento. A sua volta Achille Pinelli (1809-1841), figlio di Bartolomeo, sulle tracce del padre "si specializzava incisore per le sacre rappresentazioni (lasciando) preziose testimonianze di fabbriche e complessi urbani oggi distrutti" (Maurizio Marini). (43)

Altri artisti si diedero alla stampa di album di diverse dimensioni destinati ai turisti, ma bisogna dire che spesso le figure di questi souvenir sono decisamente statiche e poco espressive. Tra coloro che si sono cimentati in questo genere ricorderemo Luigi Gregori (1819-1883) (44) e Salvatore Marroni, attivo nella prima metà dell'Ottocento, autore dei XXX Costumi di Roma e suoi contorni disegnati da vari artisti ed incisi da Salvatore Marroni. (45) Adatte come souvenir ad uso dei viaggiatori erano anche le figurine di costumi popolari rilegate a forma di organetti. Tra gli autori che curarono questo genere va citato almeno il Mochetti che rappresentò i costumi di Cori, Borghetto, Sonnino, Sezze, Frosinone, Sora, Cervara, Nettuno, Filettino, Genzano, Velletri, Tivoli, Roma, Ariccia, Palestrina e numerose scene di "mestieri per via".(46)

Volendo tracciare un bilancio della storia dell'incisione come mezzo di comunicazione visiva, va detto che alle origini, nel Cinquecento, le stampe divulgarono le opere degli artisti più apprezzati e famosi. Nel Seicento l'arte dell'incisione diede spazio sempre maggiore ai monumenti, al paesaggio ed ai protagonisti della vita quotidiana. (47) A partire dal Settecento si riproducono le rovine dei monumenti antichi e le vedute architettoniche della Roma barocca, dando vita al fenomeno denominato "Vedutismo". Nell'Ottocento, infine, si registra la nascita dell' incisione moderna, con la rappresentazione per esempio anche delle ferrovie fatte costruire da Pio IX.

Il merito dell'incisione e delle stampe è ovviamente anzitutto merito artistico, ma è tutt'altro che irrilevante il loro merito storico, almeno da due prospettive. Da un lato ci tramandano il ritratto della vita quotidiana con gli usi, i costumi, le feste... del tempo andato, che stanno sbiadendo e scomparendo irreparabilmente dalla memoria collettiva. Dall'altro, conservano la memoria e la configurazione di edifici, monumenti e scenografie anche questi oramai irrimediabilmente perduti, a motivo delle distruzioni dovute ad eventi bellici e dell'usura del tempo. Per R. de Piles le incisioni "si sono fatte depositane di tutto ciò che c'è di più bello e di più interessante", (48) ma l'elogio potrebbe essere anche più generoso.

 

NOTE


1 - F.NEGRI ARNOLDI, Origine e prima diffusione delle tecniche incisorie, in "Tecniche pittoriche e grafiche il bulino e la xilografia". Roma 1996, p. 11.

2 - M.FRAGONABA, Artisti a Roma tra XVI e XVÌI secolo, in "Charta", anno 6, n.30, settembre-ottobre 1997, pp. 20 sg.

3 - Cfr. A. LUDOVISI, II teatro del mondo, cartografi italiani tra Cinque e Seicento, in "Charta", anno 6, n.26, gennaio-febbraio 1997, pp. 32 sgg,

4 - Vd. C.HUELSEN, Speculum Romanae Magnifìcentìae, in "Colleetanea Variae Doctrinae", Munchen 1921, pp. 1.21 sgg.

5 - Vd. T.ASHBY, La Campagna Romana ai tempi di Paolo III, Roma 1914, p.

6 - A.P.FRUTAZ, Le carte del Lazio, I, Roma 1972, p. 26.

7 - G. BALLINO, il vero ritratto di Nettuno al presente occupalo dagl'imperiali, in "De disegni delle più illustri città et fortezze de mondo", Venezia 1569.

8 - Vd, P.BELLIM, Manuale del conoscitore di stampe, Milano 1998, pp. 154 sg.

9 - S.DEL LUNGO, L'indagine topografica applicata allo studio delle incisioni, in* "Cartografìa storica e incisioni del territorio del Lazio", Roma 1997. p. 58.

10 - Cfr. C.DE SETA, L'Italia del Grand Tour da Montaigne a Goethe, Napoli 1996, p. 62.

11 - Cfr. R.MAMMUCARI, Viaggio a Roma e nella sita Campagna, Roma 1997. p. 208.

12 - Cfr. G.R. ROCCI, Pio VI, le Paludi Pontine, Terracina, Terracina 1995, p. 547.

13 - Vd. G.DlLLON, in* Dizionario enciclopedico dei pittori e degli incisori italiani, Milano 1970, IV, pp. 290 sg.

14 - Vd. G.DlLLON, in* Dizionario, cit., Milano 1983, XI, p. 261.

15 - Cfr. R.MAMMUCARI, Viaggio a Roma, cit., p. 134.

16 - Ibidem.

17 - Cfr. M.CARTA, in* Cartografia storica e incisioni del territorio del Lazio, dalla collezione, di Faòrizio Maria Apollonj Ghetti, Roma 1997, p. 259.

18 - Vd. C.MARIGLIANI, Biografìa, in* "Giovanni Battista Piranesi, Vedute di Roma", Nettuno 2000, pp. 8 sgg.

19 - J,WlLTON - ELY, Piranesi, Milano 1994. pp. 87 sg.

20 - Cfr. R.KEAVENEY, Vedute di Roma, dalla Biblioteca Apostolica Vaticana, Collezione Thomas Ashby, Londra 1988, p. 292.

21 - 0.RAGGI, Cenni intorno alla vita ed alle opere principali di Bartolomeo Pinelli, Roma 1835, p. 17.

22 - M.M.ARINI, I precedenti e gli epigoni, in* "Bartolomeo Pinelli", cit., p. 192.

23 - Vd. Luigi Rossìni, Le città del Lazio, Tivoli-Albano-Castel Gandolfo-Palestrina-Tuscolo-Cori-Ferentino. a cura di VINCENZO PACIFICI, Tivoli 1973.

24 - J-B.THOMAS, Un an a Rome et dans ses environs, Paris 1822.

25 - Cfr. R.MAMMUCARI, Viaggio a Roma, cit., p. 61.

26 - Cfr. R.LANCELLA-R.MAMMUCARI, Latina Tellus, vedute e costumi della Campagna Romana da Pinelli, a Roesler Franz, Velletri 1990, pp. 44 sg.

27 - Cfr. M.CARTA, in Cartografìa., cit., pp. 208 sg.

28 - Cfr. L.DEVOTI, Il costume popolare dei Castelli Romani nell'arte, Velletri 1989, p,115 e passim.

29 - Vd. E.BENEZIT, Dictionnaire des peintres sculpteurs dessinateurs et graveurs, Paris 1976, VI, p.672.

30 - Vd. P.ANIGONI-A.BERTARELLI, Piante e vedute di Roma e del Lazio, Milano 1939, p.439.

31 - C.COLEMAN, A series of subiects peculiar to the Campagna of Rome and Pontine Marshes, Rome 1850.

32 - E.LEAR, Views in Rome and its environs, London 1841.

33 - Cfr. M. CLEO ROSE, Pittori inglesi a Roma nell'Ottocento, in* "Paludi Pontine e Agro Romano nella pittura dell'Ottocento", Ariccia 1981, p.60.

34 - Cfr. P.E.TRASTULLI, Arthur John Strutt. in* "La Campagna Romana da Hackert a Balla" a cura di PlER ANDREA DE ROSA-PAOLO EMILIO TRASTULLI, Roma 2001, p.280.

35 - Cfr. R.MAMMUCARI, Ottocento romano, Roma 1993, p.327.

36 - Cfr. L.DEVOTI. Il Costume, cit., p.17.

37 - Cfr. C.MARIGLIANI, Storia dei porti, cit., p.193.

38 - Cfr. S.MASSARI, I modelli del tempo, Attilio Rossi e il suo costituendo museo di Etnografia, in* I modelli del tempo, L'abito laziale e il donativo Attilio Rossi, a cura di DOMENICA FACCENDA, STEFANIA MASSARI, TULLIO TENTORI, Roma 2001, pp. 5 e passim.

39 - Cfr. R.MAMMUCARI-R.LANGELLA,. I pittori della malaria dalla Campagna Romana alle Paludi Pontine, Roma 1999, p.203.

40 - Roma nelle stampe dell'Ottocento, a cura di G.TORSELLI, Milano 1981, p.35 e passim.

41 - Vd. C.MARIGLIANI, Storia dei Porti di Anzio, Roma 2000, p.199.

42 - Vd. F.PlRANI, Civitavecchia, pagine di storia attraverso le sue antiche stampe, Civitavecchia 1995, pp. 76 sgg.

43 - M.MARINI, in M.FAGIOLO-M.MARINI, Bartolomeo Pinelli e il suo tempo, a cura di M.FAGIOLO e M.MARINI, Roma 1983, pp.298 sgg.

44 - Cfr. R.MAMMUCARI, Velletri, cit., p.130.

45 - Vd. V.MOCHETTI, Costumi di Roma e dei contorni, Roma 1846.

46 - Cfr. G.BRIGANTI, il mito della "finestra aperta", in GIULIANO BRIGANTI -LUDOVICA TERRONI-LAURA LAURETI, "I Bamboccianti", Roma 1983, pp. 2 sg.

47 - Cfr. B.AlKEMA. La pittura del Settecento a Venezia, in* "La pittura in Italia, il Settecento". Milano 1990, t. I, pp. 196 sgg.

48 - R.DE PlLES, De l'utilitè des estampes et de leur usage, Paris 1699.

 



OPERA APPARTENENTE AL FONDO BIBLIOGRAFICO
"100 LIBRI PER NETTUNO" Edizione del Gonfalone
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