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MILLECINQUECENTO

Marcantonio Colonna
e l'antico Statuto di Nettuno

a cura di
BENEDETTO LA PADULA
e
VINCENZO MONTI

HOME - OPERE


1 - L'ANTICO STATUTO
E CAPITOLI DI NETTUNO

 

1560
CAPITOLI DELLE REGALIE DOVUTE ALLA CORTE DI M. A. COLONNA CAPITOLI DE TUTTE REGALIE CHE IL SIG.R ILL.MO MARCO ANTONIO COLONA
TIENE NELLA TERRA DI NETTUNO. QLIALE SERRANO QUI SCRITTE PER GIUSTIFICAZIONE DI CHI LE RICEVE ET CHIAREZZA DI CHI DEVE PAGARE.
DEL 17 GIUGNO 1560 (1)

 


CAPITOLI DELLA GABELLA A CORTE

In primis. Di tutte le Ombrine, Lupecle, Lecce, da cinque libre in su la mite spetta alla CORTE, et l'altra mità a quello che le pigliarà.

Item quello che piglia il pesce tanto forastiero quanto homo della Terra sia oblighato vendere al Gabellotto, volendolo vendere per quel prezzo che trovano da altri, et volendolo, non possano darlo ad altri.

Item che tutte le pene che occurreranno per la gabella, sia la mità del gabellotto et l'altra mità alla Corte.

Item li uccellatori de Paella deve recurrere al gabellotto, et dirli se vole li ucelli che lui ha pigliati et celli deve dare per doi danari manco lo paro. Non volendoli li possa vendere a chi piacerà a detto uccellatore.

Item gli altri Toni de fionda devono dare alla gabella una parte pro rata delli palombi secondo tocca a ciascuno ucellatore. Et volendoli il gabellotto per doi denari manco di quello valeano comunemente, siano oblighati darli alla gabella.

Item chi fraudasse la gabella Volemo che perda la robba et la bestia, excetto che detta bestia non avesse gratia da S. S. Ill. ma.

Item i massari della Terra non paghino Gabella remettendo. Ma cavando siano obligati pagare bolognini tre per ducato, cioè quattro per cento.

Item Volemo che la fraude se intenda subito che serra fuora del borgo per un tratto di mano.

Item se uno mettesse una quantità de Robba in la Terra, cioè forastieri, sia oblighato alla gabella. Et se poi la venisse in mano de un'altro, non deve pagare. Ma se uno comprasse in tempo de uno et poi cacciasse in tempo de un altro, sia obbligato, quando caccia, al secondo gabellotto la cacciatura.

Item li uollarari sono oblighati pagare alla gabella doi pesci per barca el dì, cioè quelli dì che pescano, pigliandone. Li quali pesci se intendano non delli meglio, né peggio. Et siano oblighati richiedere il gabellotto se uole portare lo pesce a Roma. Et non volendolo portare il gabellotto, si possono provedere de un'altra vettura.

Item li palangastri sono oblighati dare alla gabella uno Fraulino et un Vestine, pigliandosene per ciascuno di che pescano. Et se lo Padrone de detto Palagnastro ha la bestia, lui nò, è oblighato recurrere alla gabella. Et non Phavendo, deve recurrere alla gabella, acciò li porti il detto pesce per il p[r]ezzo giusto et honesto, et non volendocelo portare, si possa provedere di un altra bestia, si come è detto di sopra.

Item. Tutte le rezze sono oblighate pagare il DECIMO alla gabella. Excetto qualche rezzetella de lattarini che se poneno a piedi. Et quelle rezze, quale vengono nel pescare fora de Territorio, sono oblighate di ogni vinti l'una, cioè Ripora, Rezzola, et Sciabachello.

Item venendo barche da Gaeta ad Nettuno et da Hostia a Nettuno, è obligato pagare al gabellotto un carlino de sorgetara, et se tirasse in Terra, è oblighato carlini vinti. Et se sorge, carlini dieci. Ma tenendo se con li Rimi in mano non è oblighato in niente. Et tornando, avendo pagato allo andare, non deve pagare al tornare, cioè per quel viaggio, et questo se osservi.

Item. Tutti li grani che si estraheranno da Nettuno, o fuora del suo Territorio per andare fuora del Stato ecclesiastico, siano oblighati pagare doi carlini per rubio di tracia alla Corte. Il che non volemo che si comprenda, nella gabella, cioè nello affitto di essa ma sia privito del Signore Ill.mo"

Item che tutti gli orzi et legumi che si extraheranno fuora da Nettuno o suo Territorio per andare fuora dello Stato ecclesiastico, sia oblighato pagare per tracia un giulio per rubio.

Item de quanti porci se macellano, è obligato dare la lengua alla gabella, cioè li porci domestici, et dello selvagino, cioè di un'anno in su, è oblighato mezzo QUARTO de reto.

Item quante bestie grosse se macellano, è oblighato dare per ciascuna bestia quatrini tre per la scannatura.

Item per quanti castrati et Pecora et Zappi sono oblighati pagare per ogni bestia soldo mezzo.

Item la caccia delle Quaglie sia franca.

Item la feria se intenda franca quanto tiene il borgo de fore. Et da Preta Orlando et ad preta delli bicci. Et la feria se intende sette dì nanzi la festa San Bartolomeo et sette dì poi.

Item se alcuno della Terra comprasse porci fora et li mettesse in la selva, di poi Santo Andrea, non sia obligato al decimo per quello anno.

Item chi volesse pascere il mese di Settembre in Campo leone lo camerlengo sia oblighato darli lo pascolare, et siano oblighati pagare un porcastro per padrone alla Corte. Et che per ditto mese possano pascere la selvotta de palorfo et de cacamele.

Item che li cittadini siano oblighati al decimo delli porci tanto se li vendano fora, come se macellano in Nettuno. Et se volesse per suo uso salarne, non sia oblighato al decimo da dieci decine in basso, et li porci che restano poi Carnevale, da un anno in su, sia oblighato doi quatrini per porco.

Item che li porcelli che non pascono gianda non pagano decimo. Lo padrone se li possa vendere senza pagar niente.

Item che ciascun foco sia oblighato dare alla Corte per ogni anno cinque quarte di grano et doi de orzo et decinove quatrinj. Et lo foco se intende che se il padre et lo figlio et lo fratello col fratello: non stessero in una casa, provandosi però che veramente facessero una borza insieme per vivere non siano obbligati se non ad un rendito. Et le quarte se intendano alla misura de Nettuno che ne vanno otto a rubio.

Item quelli che sono messi in guardia da quindici anni in giù, non pagano rendito. Et quello anno che sono messi in guardia sia franco di rendita et de guardia, et che non sia messo in guardia se non è de età. Et la età se intenda dalli quindici anni in su. Quelli non pagano rendite per tutti li sedici anni. Dalli sedici anni in su deve pagare. Et quelli che si mettono in guardia se debbano mettere nel mese di agosto.

Volemo di più che non paghi rendilo colui il quale si trovi infermo al tempo del seminare e per sua povertà non possi manco far seminare da altri facendo costar questo due cose.

M. Antonio Colona [sic]

Item che nessuno possa metter porci ne grossi ne piccoli nella spica per sino a mezzo jugno. Et li grossi alla festa de Santo Pietro et Santo Paolo alla pena de sette libre et che non si possa mettere in loco dove prima lo padrone non habbia adunato alla sopra detta pena.

Item che nesciuno non metta porci in ara che sia segnata, per insino alla festa de Santa Maria de Agosto alla pena di un soldo per ciascun porco. Et per quantità de porci, cioè per ponta di trenta porci in su, deve pagare libre sette, et una bestia, et satisfare al Padrone del ara.

Item che nessuno possa metter porci in la selva per insino a Santo Agnelo de vindebia. Et intrato in detto Santo Agnelo curra la fida delli porci per tutto Carnevale et da Carnevale insino a Santo Agnelo de Magio, se intenda un'altra fida.

Item chi seminarà in lo Territorio de Neptuno grano, o orzo et legumi debbia pagare il Terratico cioè quel tanto che semina. Il che volemo che se intenda quando lavorerà a braccia, ma seminando con li bovi volemo che paghi la quinta. Quelli che seminano lino siano oblighati di otto l'una, et della vigna chi la haverà nelle Terre della corte, overo comunità, et terze persone abbiano a pagare il decimo. Et la copella con la quale piglierà il decimo non debbia tenere più di dodici boccali.

Item qualunque persona fusse trovata a far danno manualmente in le vigne, orti, et altre possessioni, paghino quello che havemo ordinato nelli capitoli delle difese.

Predicta capitula fuerunt per nos visa et diligenter considerata. Ideoque mandamus Camerario nostro tam presenti et in posterum omnia obse-vari faciat ad unquem.

SUB PENA ARBITRI NOSTRI.

Datum Rome Die 17 Junij 1560
Marc. Antonius Colona

1 - Calcedonio Sóffredìni, Storia di Anzio, Satrico, Astura e Nettuno, Roma 1879, pagg. 195-199, lOOLibri per Nettano, n. 105

 

 

1562
ALCUNI ARTICOLI DI UN BANDO
FATTO AL PENTAGONO DI ASTURA (1)


Art. 13 - Itera si notifica et comanda che nessuna persona di qualsivoglia grado et conditione si sia, tanto fidati quanto non fidati [fida per il pascolo del bestiame] et altre persone ardisca né presuma in modo alcuno. Né sotto qualsivoglia quesito, colore, portare archibugi, né grandi né piccoli, né a foco né a rota per il territorio di Nettuno né ad uso di caccia né ad altro uso senza espressa licenza di S. Ecce.nza, sotto pena di venticinque scudi da applicarsi alla Corte et Camera di S. Ecce.nza per prima, et di tre tratti di corda da darseli di fatto senza remissione alcuna et perdita dell'archibugio.

Art. 14 - Itera si notifica et comanda che nessuna persona ardisca in modo alcuno battere l'albori della ghianda né farla cadere né raccogliere né in poco né in quantità sotto pene di dieci scudi per ciascheduna persona et ciaschuna volta sarà trovato avvertendoli che se ne darà fede alii guardiani della selva et si applicherà questa pena la quarta all'accusatore il resto alla Corte prefata di S. Ecc.za et ognuno se ne guardi dalla mala ventura, il quale bando in dodici capitoli et in fine. Questa data in Nettuno questo dì 20 di settembre 1562. itera tutte le pene pecuniarie s'intendino applicate alla Camera di S. Ecc.za Marcoantonio Colonna".(2)

 

1 - Giuseppe Brovelli Soffredini, Neptunia, Roma, 1923, pag. 97, 100Libri per Nettuno, inv. 047

2 - Continua G. Brovelli Soffredini: "Quest'ultimo, possessore del Pentagono di Astura, ampliò e restaurò il forte stesso, ponendovi guardie contro le incursioni dei pirati Turchi. Nel 1560, i ministri papali e i ladroni romani s'ingerivano intorno alle fortificazioni dei litorali, riducendo i recinti a forme moderne. Il fortilizio d'Astura subì anch'esso trasformazioni. Lasciato il pentagono primitivo con maschio e il recinto medioevale merlato, Colonna vi aggiunse un'altra cinta bastionata con muraglia a scarpa e troniere d'artiglieria, secondo lo stile del cinquecento. Asturafu uno deicinque punti fortificati in potere di Marcantonio, il quale molte cure vi dedicò, lodevolmente conservando le storiche costruzioni... "

 

 

1563
COPIA DELLA TARIFFA, ET CAPITOLI
DEL FORNO DI NETTUNNO (1)


L'Illustrissimo et Eccellentissimo Signore Marcantonio Colonna trovandosi molto bisognoso ha deliberato vendere per tutte le sue terre dello Stato Ecclesiastico le panetterie e particolarmente in questa Terra di Nettunno con li capitoli appresso, e prima.

1. Che l'Affittuario di detta panetteria sia lecito comprare le grani che li bisognaranno per detta panettaria in qualsisia loco dello stato per il prezzo comune, e quando non trovasse da comprare debba notificare avanti quindeci giorni al nostro sopraintendente delle nostre entrate, il quale debba incontinente farli trovare detti grani per il prezzo che sarà ragionevole.

2. Che costando il grano sei scudi il pane si debba vendere dui carlini la decina, et il pane bianco dui baiocchi di più per decina, e calando calar anche dui baiocchi per decina.

3. Che gl'hosti non possine comprare pane per vendere a detta hostaria da altri che da detta panettaria, ne possino detti hosti far altro pane che per uso della famiglia propria, e s'intenda tanto degl'hosti della terra di Nettunno, quanto de fuori per il suo Territorio.

4. Che il molinaro, che tiene la mola [maggiore] della Terra di Nettunno sia tenuto a macinare il grano, che anderà a detta mola dall'affitto de detta Panettaria etiam dio senza servare ordine de visita.

5. Che detto affittuario sia franco, et esente da tutti i Commandam.ti personale della Communità, e che possa portare armi lui, e suoi garzoni, tanto offensive, che difensive non però prohibitione della Reverenda Camera.

6. Che tutti quelli, che contravverranno a questi capitoli caschino in pena di scudi diece per ogni volta da applicarsi alla nostra Camera et il signore Auditore, et offitiale de detta Terra sia tenuto farne giustizia sommaria, e quelli che saranno accusati da detto Affittuario venghino condannati, e ne spetti la quarta parte delle suddette pene al detto aff.rio.

7. Che detto affittuario debba pagare la decima di detta panettaria a terzaria secondo il solito, cioè a Pasqua, S. Maria d'Agosto e Natale.

8. Che nessuno potrà far pane da vendere solo, che detto affittuario.

Roma li 8 gennaro 1563

In Archivio Colonna, II FF 15 1, riportato da Fabiana Zitarosa sotto Documenti, in Atlante Storico Ambientale Anzio e Nettuno, pag. 463

 

 

1567
STATO DELLE TERRE DELL'ECC.MA CASA COLONNA (1)

 

La gabella lontrata della quale consiste rielli barcarecci che vengono dal regno di Napoli a portar grassia a Roma che pagano ordinariamente luJij otto et mezzo per barca et entra in detta gabella la peschiera del fiume d'astura et le quattro per cento del'entrata et del uscita del territorio et tutto il pesce che si piglia nella spiaggia di Nettuno paga il decimo a detta gabella et hoggi sta affittata al camerlengo scudi mille dugento cinquanta.
La dogana de bestiami non consiste in altro che nell'intrate de bestiami ne la selva et hoggi che sono aumentate le fide si può metter un anno per l'altro scudi duimillia cinquecento.
Quattro forni della corte si sogliono affittar l'anno scudi dugento cinquanta.
La tenuta di Santa Anastasia hoggi sia affittata a horario de maximo al prezzo che mai più vi è stata et è una reserva appartata nel territorio di Nettuno si può hoggi ponere scudi cinque cento.
La selva de sugari si suole affittare ogni due anni scudi XXX et al più si è affittata a scudi XX l'anno.
La tenuta del Palmentoro che è un'altra reserva in detta tenuta si è affittata scudi settanta cinque l'anno.
Li sei soldi et dui consiste che ogni foco paga alla corte 24 quattrini boni et può importare scudi otto l'anno.
Giornate de cavalli sono tutti quelli che vengono a carreggiar fieni lini et grani che pagano una giornata a la Corte per bestia importa scudi sei.
Operai) forestieri che vengono alle sementi a zappare pagano la giornata a la corte può importare l'anno scudi quattro.
Il decimo de porci consiste che tutti i cittadini che hanno porci pasceno franchi nella selva et quando si macellano pagano a la Corte d'ogni dieci uno et può importare da scudi XXX.
Censi de case importano l'anno dui scudi.
Li porci che pascolano in campo lione il mese di dicembre sono obbligati pagare a la corte un porcastro per putta quale può l'anno importare scudi sei.
Li forastieri che habitano dentro in Nettuno pagano a la Corte carlini dui per foco et può importare l'anno scudi dui.
Quelli de la badia de Subiaco che vengono a carreggiar frasche l'inverno danno a la Corte d'ogni dieci some una che può importare l'anno scudi X.
Il forno del palazzo si suole appigionar ogn'anno a fornari forastieri che fanno il pane agli affidati et alle (...) scudi dieci.
Hostarie sono affittate scudi cento sessanta l'anno.
La pizicaria un anno per l'altro scudi cento.
Panattaria importa per l'anno scudi cento.
Il macello si affitta col quattrino a libbra non si può far altro che un macello secondo li capitoli de Marini sono scudi trenta.
Le risposte de vini sono che tutte le vigne che stanno nelli terreni de la Corte pagano il decimo et se ne cava Panno più et meno ma circa a XII botti quali si pongono a scudi 36.
Le rendite de grani sono che ogni foco è obligato a pagare cinque quarte di grano a la corte che importa rubbia cento dieci di grano l'anno di valuta di scudi CCC.
La mola si suoi vendere rubbia ducento quaranta l'anno si valutano scudi seicento.
Le risposte de terratici tutti quelli che sementano nelli terreni de la Corte pagano quel che sementano et si raccoglie più e meno rubbia 35 l'anno.
Li renditj d'orgio tutti li fochi di Nettuno pagano dui quarte nettunensi per foco et può importare ogni anno rubbia cinquanta.
Le risposte de lini pagano d'ogni otto decine una a la Corte importano scudi 10.
La rubbia vengono li norcini a cavarla si suoi affittare scudi cinque.
Resposte d'orgi et legumi pagano quel che si sementa importa l'anno scudi X.

1 - In Archivio Colonna, III TE 34, ad vocem, riportato da, Fabiana Zitarosa sotto Documenti, in Atlante Storico Ambientale Anzio e Nettuno, pag. 463

 

 

1568 CAPITOLI DELLE GABELLE DI NETTUNO DI M. A. COLONNA(1)


CAPITOLI DELLA GABELLA DI NETTUNO

Che li huomini della Terra di Nettuno et forastieri che cavano robe dal territorio di Nettuno habbiano prima che le cavino da darne notizia al gabellotto et siano obbligati pagare quattro per cento di cavatara, et non parlando al gabellotto, siano obbligati perdere la roba et la bestia, et la roba spetti al gabellotto per fraude, et la bestia alle grazie di S.S. Ill.ma, et non avendo gratia della bestia, sarà pure del gabellotto.

Che quelle persone che venderanno robe da cavarse appartenenti alla gabella siano obligati li venditori a darne notizia al gabellotto, et non dandone notizia sia obligato il venditore lui a pagare la gabella.

Che tutti li invercatori che ammazeranno selvagina nel territorio di Nettuno sono obligati pagare alla gabella mezzo quarto di Reto, et volendo vendere detta selvagina debbia avisare il gabellotto, et non volendola il gabellotto per i prezzi giusti la possa vendere a chi li piacerà; et caso che non dasse notitia debbia perdere la selvagina et pagare dieci scudi di pena, et le selvagine che si ammazeranno for del territorio di Nettuno rimettendole dentro del territorio siano obligati come di sopra la pena la metà alla Corte et l'altra al gabellotto.

Che li cacciatori di palumbi et palombelle siano obligati venderle al gabellotto per quanto si troveranno da altri et così le altre sorti d'ucelli siano obligati al gabellotto et non si possono vendere ad altri senza licentia, et facendo il contrario perderanno tutti li ucelli et cascheranno in pena di dieci scudi et li huomini della Terra possino estrarli per menare pagando la gabella, et la caccia delle quaglie si intenda franca.

Che tanto huomini della Terra quanto forastieri che sbarcheranno ad Astura robe per portarle a Nettuno siano obligati pagare quattro per cento, et cavandole da Nettuno per portarle ad Astura siano obligati come di sopra et questo è che ad Astura ci è un'altra gabella.
Che tutte le barche che verranno da Gaeta ad Hostia siano obligate pagare un carlino per barca, et se tira in terra scariche siano obligate a pagare carlini doi per ancoraggio, et tutte le barche che veranno da Gaeta in là o da Hostia in là hanno da pagare per ciascuna barca carlini dieci se sorge, ma tiranno in terra ha da pagare giuli quindici, partendosi una barca da Astura et se fermasse a Nettuno o ad Anzo ha da pagare come sopra un'altra gabella così si intenda da Anzo et poi passasse ad Astura paghi l'ancoraggio caso che non si accordasse col gabellotto.

Che tutte le rezzi che vengono a pescare nella spiagia di Nettuno siano obligate a pagare il decimo alla gabella come sono Ripola, rezzuole, sciabichelle, et non avendo bestie loro debbiano ricorrere al gabellotto se li vole portare il pesce a Roma, et non volendo mandare il gabellotto lo porteranno a chi piace a loro et il pescie non si puoi vendere se prima non l'ha portato al gabellotto et have doi a vendere il detto pescie per il paro prezzo Fhabbia a vendere al gabellotto, et facendo il contrario perderanno il pescie.

Che tutti Vollari et Falangisti siano obligati pagare al gabellotto due pesci per barca né del meglio, né del peggio.

Che se alcuna barca alloggiasse sia obligata pagare per ogni botte di vino uno carlino per alloggio.

Che tutte le rezzi possano pescare liberamente dal acqua di Paula insino alle communanze di Santo Laurentio pagando però il decimo di gabella riservato che non possine pescare cinquanta passi da Levante et cinquanta da Ponente alla Cavata sotto pena di scudi vinticinque per ciascheduna volta et questo si intenda come rezze forastiere, come delle rezze della Terra.

Che le rezze che anderanno a pescare fuora del territorio debbiano pagare di ogni venti uno, servando il solito.

Che nessuna persona ardisca di pescare dentro la fiumara d'Astura sotto pena di scudi cento per ciascuna volta.

Che nessuna persona ardisca levare le nasse et martarelle poste nel fiume di Astura sotto pena di scudi cento ET ALTRE PENE AD ARBITRIO DI S.S. ILLMA.

Che nessuna persona ardisca tirare il schioppo al fiume d'Astura sotto pena di scudi venticinque ogni volta serra trovato.

Che le pene che occorerano nelli detti capitoli li acusatori ne guadanino la terza parte et la metà alla Corte, et l'altra al gabellotto.

Che tutti li porci che si macellerano a Nettuno siano obligate al gabellotto tutte le lingue de porci.

Che se alcuna persona facesse trabalzo da una barca in un'altra sia obligato pagare doi et mezzo per cento et non essendo stimata la roba s'habbi da stimare, et essendo botti paghi gìuli doi per botte secondo il solito.

Che qualunque persona frauderà la gabella per mare debba perdere la roba, et pagare dieci scudi di pena la metà alla Corte l'altra metà al accusatore et la roba presa vadi al gabellotto purché l'habbia rimessa in barca senza licenza del gabellotto..

Che nei casi questa gabella si affittasse se dichiara si intenda sempre S.S. Illma le cose sue franche.

Datum Romae anno 1568.
M. Antonius Columna

1 - Calcedonio Sqffredini, Storia di Ando, Satrìco, Astura e Nettuno, Roma 1879, pagg. 200-202, 100Libri per Nettuno n. 105.

 

 

1586
XXII GIUG. CAPITOLI DI FELICE COLONNA
PER VENDER VINO A MINUTO (1)

 

Felice Orsina de Colonna, madre, balia, et curatrice delli figli et nepoti heredi del q. Exmo M. Ant. Colonna.

Essendo che li capitoli del vender vino a minuto nella nostra terra di Nettuno si trovino per la lunghezza del tempo lacerati et consumati ci è parso a comune utilità da chi se haverà da servire ridurli in bona forma, et farli trascrivere, et sono li seguenti.

Che li cittadini di Nettuno siano liberi di poter vendere li loro vini in grosso, cioè a botti, barili e copelle tanto delle loro raccolte come comprati da qualsivoglia persona come li parerà, et consignarli in qualsivoglia luogo li haveranno, ma volendoli vendere a minuto cioè a bocali et a fogliette non possono ne debbono farlo se non di quello che ciaschiduno raccoglierà nelle sue vigne et questo tra essi Cittadini di Nettuno nelle loro solite cantine, et non in altri luoghi, né altrimente. Perché il vender vino a minuto alli forastieri, et Viandanti se ordina che lo possa fare solamente il nostro fittuario del detto membro al quale se da autorità che possa venderlo a Cittadini et a tutti quelli che li piacerà.

Che quelli che contraverranno alle cose suddette caschino in pena di scudi dieci per volta quale si darà incontinente che sarà riscossa la 4a parte all'accusatore, et il Governatore nostro di Nettuno faccia in tutte le cose sudette spedita giustizia.

In Roma alli XXII di Giugno 1586.
La sconsolatissima Felice Colonna
Di commissione di S.E. Padrona
Domenico Petrucci

1 - Calcedonio Soffredini, Storia di Ando, Scarico, Astura e Nettuno, Roma 1879, pag. 203, 100Libri per Nettuno n. 105

 

 

1590
CAPITOLI EMANATI SULLA GABELLA DELLA CASA COLONNA
IL 6 DI MAGGIO 1590 COL MEZZO DEL SUO UDITORE GENERALE
ANTONIO BIGNARELLO (1)


Num. 8. <Tutti gli uomini della terra quanto forestieri che sbarcheranno ad Astura robe per portarle a Nettuno, siano obbligati pagare quattro per cento; e cavandole da Nettuno per portarle ad Astura, siano obbligati come di sopra. E questo è, che ad Astura ci è un'altra gabella>

Num. 9. <Che tutte le barche che verranno da Gaeta e da Ostia siano obbligate a pagare un carlino per barca di largitura. E se tira in terra siano obbligate a pagare carlini due per ancoraggio. E tutte le barche che verranno da Gaeta in là, o da Ostia in là, hanno da pagare per ciascheduna barca; se metteranno in terra, ha da pagare giulii quindici. Partendosi una barca da Astura, e si fermasse a Nettuno o ad Anzio, ha da pagare come sopra un'altra gabella. Così s'intende da Anzio. E se poi passasse ad Astura paghi l'ancoraggio, casochè non si accomodase col gabellotto>.

Num. 13. <Che tutte le rezzi possine pescare liberamente dall'acqua di Paola insino alle comunanze con Santo Eaurentio, pagando però il decimo di gabella; riservato, che non possino pescare cinquanta passi da levante, e cinquanta da ponente alla cavata sotto pena di scudi venticinque>.

Num. 15. <Che nessuna ardisca d'abboccar l'acque che corrono al fiume di Astura sotto pena di scudi cento, e pagare il danno del fiume>

Num. 16. <Che nessuna persona ardisca di pescar dentro la fiumara d'Astura sotto pena di scudi cento per ciascuna volta. Che nessuna persona ardisca levar le nasse e martarelle poste nel fiume di Astura sotto pena di scudi cento>.

Num. 21. <Qualunque comprasse roba in Astura, debba pagare alla gabella di Nettuno quattro per cento tanto chi compra, quanto chi vende secondo il solito>

6 di Maggio 1590


1 - Giovan Battista Rasi, Sul porto e territorio di Anzio - Discorso Istorico e Documenti in sommario al discorso istorico, Pesaro, 1832-33, par. 215, pag. 79-80, 100Libri per Nettuno, inv. 188. Dice Rasi: "Questi capitoli sono stati estratti da Pompeo Serangeli notaro di Nettuno informa autentica da una tabella originale che doveva esistere nella cancelleria comunale di Nettuno verso l'anno 1661, in cui il nominato Serangeli fu anche segretario".
E ancora, in nota a pag. 18 della II parte: "...ebbi anche la copia di altra lettera del Colonna giuniore in data dell'anno 1590, esistente nell'Archivio di Nettuno, nella quale ordinava ai suoi Massari di quella città di percepire certe gabelle per le merci, e certi diritti di ancoraggio. Io la smarrii, e non so come, fra i tanti materiali opportuni al mio tema, che andai raccogliendo fin dagli scorsi anni 1828 e 1829, e che qui ho pubblicati. Avvedutomene nell'ordinare questo mio lavoro, mi rivolsi all'impiegato, da cui mi era stata per patrio zelo colle tante altre favorita. Egli però si ammutolì ec.ec...né ho voluto più molestarlo".
Rasi ci tiene a sottolineare la sparizione misteriosa di interessanti documenti dall'Archivio Comunale di Nettuno [...e ci teniamo anche noi!]: "Debbo avvertire il lettore, che nel Somm. num. 20 troverà ammessa la descrizione del quarto teermine, giacché fu saltata per svista da chi ne trasse la copia dall'originale nell'archivio d Nettuno. Avvedutomene, richiesi che fosse riempita: ma invano, giacché fui assicurato che le carte più importanti a questa causa erano state prese dal signori G..... S...... Ne feci a lui richiesta replicata, ma non mi diede mai risposta. Comprendo
il mistero. Lo interpreti il mio lettore. Dirò soltanto che quel documento, e tutti gli altri ce produco, non che le relazioni che ho riportate come avute da un IMPIEGATO, e quelle che vado a riportare nei seguenti due capitoli, io l'ebbi da lui, e ne CONSERVO GLI ORIGINALI OLTRE CINQUANTA SUE LETTERE almeno, con cui ne darò, a chi può interessare, la giustificazione e l'autenticità".

 

 

1604
CAPITOLI DELLA TESORERIA DI CAMPAGNA, MARITIMA, LATIO,
SABINA, TERRA DI PONTE CORVO, FILETTINO,
MONTE SANTO GIOVANNI, E NETTUNO (1)

 


IN ROMA

Appresso gli Stampatori Camerali. 1604

La Santità di N.S. Papa Clemente Ottavo e Sua Reverenda Camera Apostolica, da e concede in appalto al Sig. Gio. Battista Costaguta Genovese per se e persone da nominarsi da lui la tesoreria delle Provincie di Campagna, Maritima, Latio e Sabina e della Terra di Ponte Corvo, con tutte le rendite, entrate, proventi e emolumenti ordinari e estraordinari, certi e incerti, membri e pertinenze con qualunque ragioni, autorità, facoltà e privilegi che ha l'istessa Camera per quello che gode e possiede al presente in dette Province, e ciascheduna di esse, e di più tutte l'entrate e proventi del Castello di Filettino, diocesi di Anagni, incorporato alla detta Camera Apostolica, e unito alla detta Tesoreria come per Motoproprio di S. Santità, nell'atti di Gio. Giacomo Bolgarini Notaro di detta Camera, e tale appalto si fa per il tempo e termine d'anni dieci e mesi sette, da cominciarsi al primo di Febraro prossimo dell'anno 1604 e da finire come seguirà, con l'infrascritte conventioni e Capitoli.

Prima, detta Camera da e concede al detto Tesoriero per assegnamento fermo di detta Tesoreria, le Tasse del sale focatico, cavalli morti, Tasse di Focolini, barigello etiam di Sezza e Piperno, e tutti li censi quali al presente si riscuotono da detta Camera in dette Provincie, non però quelli che conforme alla Constitutione di Papa Gregorio XIII fel. Mem. si devono pagare in Roma nella vigilia o festa delli Beati Pietro e Paolo e altre entrate descritte nella Tavola del presente appalto e ogn'altra entrata di detta Camera e non descritta in detta Tavola, solita però a godersi dalli Tesorieri passati.

Item, concede a detto Tesoriero le pene delli malefitij di dette Provincie, terra di Pontecorvo e Castello di Filettino e delle Città, Terre, Castelli e luoghi sottoposti a dette Provincie, e anco di Sezza, Piperno, Terracina, Aspra, Collevecchio, Monte Buono, Cottanello, Cicignano, Tarano, Rocchetta, Montasela e altre Terre di detta Camera in Sabina, e anco di Tivoli e Saracinesco e del Monte S. Giovanni e suo Stato e anco quelli di Nettuno per quando cominciarà l'affitto dell'entrate di detta Terra, nelle quali pene de malefitij, s'intendano comprese le pene di qualunque sorte piccole e grandi, condennationi, abolitioni, contrabandi, estrationi fuora di dette Provincie da luogo a luogo, paci, sigurtà rotte, confiscationi de beni d'ogni sorte, etiam de Baroni e altre pene che vengono applicate alla Sede o Camera Apostolica.

1 - Dall'originale esistente nella Biblioteca del Senato-Statuti 2201 (g.c.), 100Libri per Nettuno inv. 350. Questo documento è del 1604. Ormai il feudo di Nettuno non appartiene più ai Colonna, dopo che la vedova di Marcantonio, Felice Orsini lo ha ceduto alla Reverenda Camera Apostolica. Lo pubblichiamo solo per completezza di informazione.




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"100 LIBRI PER NETTUNO" Edizione del Gonfalone 2005
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