Marco Antonio Colonna nacque nel castello di Lanuvio (l'antica Civita Lavinia), da Ascanio, patrizio romano, e Giovanna d'Aragona.
Si racconta che un eremita, recatesi a visitare la madre, sostenne che si doveva attribuire al neonato il nome Antonio, in considerazione della sua futura grandezza, essendo egli destinato a compiere delle straordinarie imprese. Fu così che sua madre, lo chiamò Antonio, con il prenome Marco. Della gioventù del Marco Antonio non si hanno che pochi aneddoti, tutti legati alla sua passione per il mare ed alle sue fughe con i pescatori di Nettuno, da cui apprese i segreti del mare. L'educazione rigida e fortemente improntata ai valori della cristianità, non fermano il giovanetto dallo scontrarsi l'autorità del papato o del padre ed a schierarsi con l'imperatore.
Così Marco Antonio - uomo amante del mare ed uomo coraggioso partecipò da giovanissimo alla guerra intrapresa dal Vicerè di Napoli per liberare Siena dai francesi e riportarla sotto l'autorità di Carlo V. Al termine delle operazioni (1554), condusse poi i suoi uomini al castello di Paliano, e si impossessò di quel feudo, già della famiglia, avendo appreso che suo padre intendeva cederlo. Il castello ed i suoi beni vennero però confiscati dal Pontefice, Paolo IV, conferendo al nipote Giovanni Carafa il titolo "Duca di Paliano". Marco Antonio venne anche scomunicato dallo stesso Pontefice per il tentativo di riconquista delle proprie terre.
E' forse questo il periodo più oscuro della vita del giovane Marco Antonio, ma anche quello più fecondo e formativo del carattere, tenace e combattente, del principe. Solo dopo la partecipazione alla vittoriosa guerra condotta da Carlo V e dalle forze napoletane del Duca d'Alba contro Paolo IV (che si era alleato con il re di Francia), la morte di papa Paolo IV (1559), e la benevolenza del domenicano Michele Ghisleri (divenuto papa nel 1566 con il nome di Pio V), Marco Antonio recuperò parte delle sue terre ed i diritti anche sul ducato di Paliano (1562). In particolare, fu riannessa ai possedimenti di Marco Antonio, la città di Nettuno, il cui possesso permise a Marco Antonio di dotarsi di una propria flotta.
Con l'intera sua flotta, costituita di 7 galee (pagata con i denari della riconquistata fortuna) Marco Antonio partecipò alla conquista della rocca del Pegnone, un isolotto roccioso della costa africana, vicino lo stretto di Gibilterra.
A tale operazione di polizia internazionale, parteciparono assieme a Marco Antonio, la Spagna (presente con 15 galee), Genova (12 galee), Napoli (11), la Sicilia (11), la Toscana (10), il Portogallo (8). La gloria conquistata con quella impresa resero Marco Antonio ben visibile sulla scena internazionale di quel periodo e ne fecero una persona affidabile per il papa e per l'imperatore. Va evidenziato che in quegli anni, oltre ai pirati, in Europa si andava vieppiù manifestando l'aggressività dell'impero ottomano. Dalla fine del Trecento, infatti, l'espansione turca si fece sempre più minacciosa e verso la fine del Cinquecento i Turchi dominarono su Grecia, Albania, Serbia, Bosnia, Ungheria, Transilvania, Moldavia e Valacchia.
Riassume molto bene la situazione lo storico Umberto Maiorca "... mentre gli Asburgo tentano di salvare l'unità dell'Impero con una serie continua di guerre, la Francia, tormentata da lunghe e sanguinose guerre di religione, non esita ad appoggiarsi, in funzione antiasburgica, ai principi protestanti o ai turchi. La Chiesa è alle prese con la Riforma luterana e con il Concilio di Trento in uno sforzo di rinnovamento generale. Venezia è preoccupata dalle minacce e dagli attacchi dei sultani nello Ionio e nell'Egeo; la Spagna cerca di combattere la presenza musulmana nel bacino occidentale del Mediterraneo, attaccandone le basi nordafricane".
Tuttavia, continua lo studioso citato, "... l'evento che rese evidenti i pericoli che derivavano dalla disunione politica e militare della Cristianità fu il fallito tentativo turco di conquistare Malta nel 1565". ..... La vittoriosa resistenza di Malta fu motivo di incoraggiamento per la riscossa cristiana, ma anche un segnale d'allarme che un uomo su tutti comprese bene, adoperandosi per far sì che le campane dei turchi smettessero di suonare sull'Europa".
Il Pontefice Pio V prese coscienza della ineluttabile necessità di fermare l'avanzata dei Turchi ed incaricò Marco Antonio di svolgere delicati compiti diplomatici presso la Serenissima, che era la prima potenza marittima europea del Mediterraneo e che vedeva, con gli assalti dei Turchi a Cipro, in pericolo i suoi commerci con l'oriente e la sua esistenza.
Cementatasi l'alleanza tra Pio V e Venezia per la guerra contro i Turchi, Marco Antonio Colonna (che di quella unione fu l'artefice) fu nominato ammiraglio della costituenda flotta. Il papa, nel giorno 11 giugno 1570, gli consegnò lo Stendardo della Lega, recante il fatidico motto costantiniano "in hoc signo vinces".
Occorreva adesso convincere gli spagnoli. Per tale ragione le trattative, per la formale costituzione della nuova Lega contro i Turchi, si protrassero per diverso tempo. Si frapposero, infatti, numerose difficoltà, principalmente legate alla rivalità tra Venezia e gli Spagnoli, ma anche per il comando della flotta.
Il comando militare fu, infine, affidato a Giovanni d'Austria, figlio naturale di Carlo V e fratellastro dell'imperatore Filippo IL Suoi luogotenenti furono nominati Marcantonio Colonna, comandante della flotta pontificia e Sebastiano Venier, capo della flotta veneziana. Marco Antonio Colonna, era destinato fra l'altro a sostituire il comandante in sua assenza.
In tali scelte Marco Antonio svolse un'azione incredibile di mediazione, e fu nei fatti il cardine attorno a cui si muoveva l'alleanza e si teneva salda la Lega.
Il 25 maggio 1567, venne finalmente formalizzata la costituzione della nuova "Lega perpetua, offensiva e difensiva, contro il Turco e suoi dipendenti". Tuttavia, le difficoltà non si esaurirono in quell'atto ma, fino al fatidico 7 ottobre 1571, giorno in cui ebbe luogo la grande vittoria navale di Lepanto, furono infinite le occasioni di scontro all'interno della Lega.
Marco Antonio Colonna, in alcune lettere ch'egli scrisse, a caldo, dopo l'evento disse: "essendo certi che il nemico fosse a Lepanto, ci avviammo in quella direzione; al sorgere del sole venne avvistata la flotta turca che, reputandosi forte e fortunata, veniva ad incontrarci. La nostra flotta, col gran valore e somma prudenza del signor don Giovanni, assunse la formazione mettendo avanti le sei galeazze, e così ci scontrammo verso le ore 18, e per cinque ore continue si combattè: infine si ottenne la desiderata vittoria. .. .Dalla mia nave ammiraglia si è fatto quanto più non si poteva: poiché oltre all'aver sostenuto il maggior impeto della flotta nemica che seguiva la propria ammiraglia (combattuta da don Giovanni e da me, e congiuntamente catturata), vennero ad investirmi un'altra buona galea di prora, con una galeotta di fianco, ed una galea da poppa che uccise alcuni vicino a me, senza tuttavia recare danni né a me né allo stendardo di Sua Santità;.... il combattere mi è parso riposo agli altri intrighi .... Ho valide ragioni - non solo per la costituzione della Lega, ma anche per la conservazione di essa e per aver fermamente sostenuto che si dovesse combattere la flotta nemica - per potermi arrogare il merito d'aver superato infinite difficoltà ed essere pervenuto a questo memorabile risultato".
Gli storici contano che allo scontro parteciparono, nella forza navale della Lega, 207 galee, di cui 105 della Serenissima, 12 di Roma, 3 della Savoia, 3 di Genova, 3 di Malta e 81 sotto le bandiere del re di Spagna (31 spagnole, 19 napoletane, 4 siciliane, 12 genovesi portate dai Doria ed altre 15 di varie parti d'Italia). Da parte turca, 220 galee e 60 fuste.
Il trionfo per la vittoria di Lepanto e per il comandante della flotta romana, venne celebrato il 4 dicembre.
Dopo la vittoria di Lepanto, Marco Antonio spinse perché la flotta, profittando di quel clamoroso successo, si spingesse fino a Costantinopoli. Ma, oltre alle avverse condizioni del tempo, Giovanni d'Austria fu fedele alla consegna ricevuta da Filippo II, e non si premurò di seguire le indicazioni di Marco Antonio.
Ricordano gli storici: "Il Pontefice attribuì il trionfo di Lepanto all'intercessione della Vergine. Anche il Senato Veneziano volle attribuire alla Santissima Vergine il merito principale della vittoria e sul quadro fatto dipingere nella sala delle adunanze fece scrivere queste parole: Non virtus, non arma, non duces, sed Maria Rosarii, victores nos fecit (non il valore, non le armi, non i condottieri, ma la Madonna del Rosario ci ha fatto vincitori). Il re Filippo II stava assistendo ai vespri nella cappella dell'Escoriale quando entrò l'ambasciatore veneziano, proprio mentre veniva intonato il Magnificat, gridando "Vittoria! Vittoria!"... solo al termine fece leggere il dispaccio e intonare il Te Deum. Pio V stabilì che il 7 ottobre fosse un giorno festivo consacrato a S. Maria delle Vittorie sui Turchi. Gregario XIII trasferì la festa alla prima domenica del mese di ottobre con il nome di Madonna del Rosario. Pio V venne proclamato santo da Clemente XI il 22 maggio del 1712".
La Lega contro i Turchi sopravvisse, tuttavia, solo per poco più di un anno. Le note divergenze di interessi tra Veneziani e Spagnoli tornarono, infatti, a manifestarsi fin dall'inizio del 1572, quando le delegazioni convenute a Roma iniziarono i lavori per definire le successive missione navali congiunte.
Queste missioni, alla cui definizione contribuì in maniera importante Marco Antonio, non furono, tuttavia, coronate da successo e lo spirito che aveva animato la Lega della vittoria a Lepanto, si era spento; ciò condusse, dopo una sfortunata campagna in Grecia, Marco Antonio Colonna a rimettere nelle mani del nuovo Pontefice Gregorio Vili il comando navale.
Nei primi mesi del 1577, Filippo II, avendo perso il controllo del porto di Tunisi e "temendo troppo della Sicilia, e bisognandogli governatore tale che fosse in terrore agli Ottomani" , offrì a Marco Antonio Colonna la carica di governatore dell'Isola con il titolo di Vicerè.
Il Principe romano giunse a Palermo e si racconta che "... governò con umanità ed equità, impegnandosi coscienziosamente in tutti i settori della pubblica amministrazione. Nel campo sanitario, conseguì la completa estinzione della peste che aveva afflitto la Sicilia poco prima del suo arrivo. Promosse l'agricoltura, principale sorgente di ricchezza dell'Isola. Fece in modo che la giustizia venisse esercitata con pari rigore nei confronti di tutti i ceti sociali. Non si comportò <come gli ingordi proconsoli che lo seguirono>, e <tenne a freno l'ingordigia dei suoi ministri>. Arricchì Palermo di opere pubbliche, quali la nuova Vicaria, un grandioso edificio per la Dogana, e quella graziosa porta che tuttora venne chiamata Felice in onore di sua moglie Felice Orsina".
Nella primavera del 1584, il Vicerè di Sicilia venne convocato a Madrid da Filippo IL Egli salpò da Palermo il 28 maggio con 10 galee della flotta siciliana, richiestegli dal re di Spagna, alle quali si aggiunsero altre 8 galee del Granducato di Toscana. Entrato così con 18 galee nel porto di Barcellona, ove si stava radunando il primo nucleo della grande flotta, vi sbarcò e si avviò verso Madrid. Strada facendo, si ammalò; continuò nondimeno fino a Medinaceli, ove spirò il 1° agosto 1584.
Su quella fine improvvisa, il Muratori, sommo storico dell'Italia medievale e rinascimentale, scrisse che il Vicerè "fu portato all'altra vita da un sì precipitoso e violento male, che fece dubitare di veleno".
Marco Antonio Colonna fu oggetto di solenni onoranze; il suo corpo venne poi trasferito dalla Spagna a Paliano, dimora sempre amata dal Marco Antonio. Le sue gesta hanno inorgoglito i romani; essi ne furono sempre riconoscenti ed a sua gloria "... gli posero in Campidoglio una statua, e lo chiamarono il "Trionfatore"".
ENEA PRANZA
BIBLIOGRAFIA
Domenico Carro, estratto Atti del Convegno Internazionale di Storia Militare "Aspetti ed attualità del potere marittimo nel Mediterraneo nei secoli XII-XVI" - Napoli, 27-29 ottobre 1997
Tullio Gasparrini Leporace, Aneddoti su Marcantonio Colonna, estratto dagli "Atti del V Congresso Nazionale di Studi Romani", Istituto di Studi Romani - Editore, Roma,, 1940-XVIII;
Alberto Galieti, Marc'Antonio Colonna a Lanuvio, a cura della R. Deputazione Romana di storia patria, Roma, 1938-XVI
Luigi Donalo, Storia della dottrina navale italiana, Ufficio Storico della Marina Militare, Roma, 1996 |