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MILLECINQUECENTO

Marcantonio Colonna
e l'antico Statuto di Nettuno

a cura di
BENEDETTO LA PADULA
e
VINCENZO MONTI

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8 - GLI STATUTI DI ARDEA
AL TEMPO DEI COLONNA

BENEDETTO LA PADULA


Statuti di Ardea nel 1500

I Colonna furono proprietari di Ardea dal 1420 fino al 1564, quando il feudo passò ai Cesarini-Sforza (1).

Ho ritenuto utile includere in questo volume un breve capitolo dedicato ad Ardea, per le comuni vicende storiche che nel secolo XVI questa comunità visse, parallelamente a quelle di Nettuno, e per una migliore conoscenza anche del contesto locale.

Nel 2001, il Comune di Ardea, con la collaborazione dello storico locale Tullio Valeri, pubblicò lo Statuto di Ardea del 1564 (2), emanato da Giangiorgio Cesarini, appena il padre Giuliano ebbe acquistata Ardea da Marcantonio Colonna. Il testo pubblicato dal Comune è una trascrizione del 12 agosto 1717.

"La necessità di redigere lo Statuto - scrive l'Autore nella presentazione - nacque perché Marcantonio Colonna, allora proprietario di Ardea, pieno di debiti, vendette il feudo a Giuliano Cesarini per 105.000 scudi d'oro. Lo stesso anno, tra il barone Cesarini e la Comunità di Ardea, furono rinnovati gli antichi statuti comunali".

II precedente Statuto dei Colonna non è ancora pubblicato, anche se il sindaco di allora ne annunciava una riedizione, definendolo più restrittivo verso gli abitanti, rispetto al nuovo Statuto di Cesarini.

Una prima parte del volumetto di Ardea contiene 137 capitoli di varie prescrizioni, obblighi e gabelle, per l'uso dei beni del feudo. Si tratta per lo più di norme di carattere fiscale, con qualche disposizione amministrativa o procedurale, com'era caratteristico di uno statuto propriamente rurale. Molte sono le norme penali. Il capitolo 31, per esempio, punisce con la perdita della mano, la tortura di dieci tratti di corda e il pagamento di dieci ducati di pena "quelle persone che guastassero, o arrubassero cupelli"(3). Al capitolo 83 è prevista la pena di "quattro tratti di corda" per chi "rompesse strada pubblica per arrobbare". E inoltre frustate per chi presta soldi a usura (cap. 84) e per chi ruba uva o altra frutta (cap. 85). Curiosa l'imposizione del capitolo 122: "...che ogni Persona sia tenuto scopare avanti la casa, et annettare le strade con questo se intenda dal primo di Magio per tutto l'Agosto, e scopare, et annettare ogni festa principale, e chi non la farà paghi di pena ogni volta soldi cinque".

Il volume riporta, alla data del 3 e del 4 novembre 1550, una serie di 26 "Regole, che avete da osservare Voi Vicario nostro di Ardea per buon governo della detta nostra Terra, e suo territorio...", a firma di Ascanio Colonna (il padre di Marcantonio II).

Seguono poi 16 "Capitoli, conventioni, e patti fatti tra l'ill.mo sig.e Gio. Giorgio Cesarini, e la Communità, & Uomini di Ardia sopra la Bandita della Terra" del 13 novembre 1574, in base ai quali la comunità deve versare ogni 100 scudi per la fabbrica della rocca della città e altri 20 scudi per il mantenimento del castellano.

Sotto la data del 6 gennaio 1576 è riportata una supplica della comunità a Giorgio Cesarini, affinché modifichi l'antico statuto, visto che il feudo di Ardea si stava spopolando. Segue la risposta del Cesarini il 19 settembre 1576. Ancora comunicazioni, con altre imposizioni di Cesarini, il 1° novembre 1580 e il 3 ottobre 1581.

 

Ardea nel XVI secolo

Sotto Martino V (Oddone Colonna, 1417-1431), Raimondo Orsini di Noia si era impadronito di Ardea, ma il 14 maggio 1420 il papa l'aveva assegnata al fratello Giordano Colonna.

Il 17 febbraio 1432, Antonio Colonna, principe di Salerno, vendette Ardea a Giovanni Andrea Colonna, del ramo di Riofreddo, per la somma di 51.000 fiorini. Furono i Colonna, durante il 1400, a costruire il palazzo (oggi palazzo Sforza-Cesarini, quasi completamente diruto), nel luogo dov'era l'antica "Torre d'Ardia". Era la fortezza della rocca, una cittadella isolata dal resto dell'abitato. Aveva in alto una torricella merlata, che dominava il paese. C'è una tradizione popolare, secondo cui nel palazzo si aggira il fantasma del condottiero Ludovico Colonna, che venne assassinato dal cognato Gian Andrea Colonna di Riofreddo, il 12 dicembre 1436, con una pugnalata alla gola, per motivi legati alla proprietà di alcuni terreni appartenenti alla sorella. Il suo corpo fu dato in pasto ai cani.

Sappiamo da Giuseppe Tomassetti (4) che un memoriale diretto al papa Alessandro VI Borgia nel 1550, a firma del cardinale Giuliano Della Rovere, di Prospero, Fabrizio e Antonio Colonna, per mantenere il possesso di Ardea e di altri beni e la condotta militare di Prospero e Fabrizio.

Il 17 settembre 1501 Alessandro VI assegnò Ardea, insieme con molti altri castelli, a Rodrigo Borgia. Ma alla morte del papa, nel 1503, Ardea tornò ai Colonna.

Da un documento del 6 marzo 1508 risulta che al tempo di Alessandro VI, Ardea, fortezza dei Colonna, fu espugnata e molti cannoni furono trasportati a Sermoneta. Guglielmo Caetani, signore di Sermoneta, li restituì a Fabrizio Colonna, il quale donò, allora, al Caetani tutte le armi che in tal modo aveva ricevuto.

Il 6 maggio 1509, Ambrosina di Piero Astalli, vedova di Gio. Andrea Colonna, donò il feudo di Ardea al cardinale Giuliano Cesarini e ai fratelli Pietropaolo e Giangiorgio, figli di Godina Colonna sua figlia e il 14 maggio confermò la donazione per testamento.

Nel 1518 fu compresa tra i luoghi nei quali Prospero Colonna ebbe la commissione d'impedire la introduzione di sclopi o sclopeti [pistole e fucili] per la caccia a privati, restando questa riservata ai soli signori.

Nel 1526, Clemente VII (Giulio de' Medici, 1523-1534) minacciò Ascanio Colonna di pene come ribelle, se non avesse fatto restituire gli animali rapiti dagli abitanti di Ardea, durante una lite tra i Cesarini.

Il 16 maggio 1531, una porzione di Ardea, spettante a Giulia Colonna, come figlia del fu Prospero, venne da lei rinunziata con altri feudi, tra cui Civitalavinia, in favore di Ascanio Colonna.

Il 16 gennaio 1538 Ascanio Colonna comprò una porzione di terreni appartenenti ai Leni.

Il 24 novembre 1545 un documento attesta indirettamente che a tale data erano già proprietari di una parte di Ardea i Caffarelli.

Un breve di Pio IV (Giovan Angelo de' Medici, 1559-1565) nominò arciprete di S. Pietro di Ardea un Ambrinus magistri Roberti, presentato da Giovanna Colonna, moglie di Ascanio e madre di Marcantonio II.

Nel 1547 ebbe luogo un atto di concordia tra gli uomini di Ardea e Gio. Andrea Caffarelli per il pascolo sopra le tenute Carrocceto, Casalazzara, Campo la fico, Tofello e Vallelata, il che dimostra la notevole consistenza patrimoniale degli Ardeatini nell'età moderna.

Nello stesso anno, la tenuta di Casalazzara era gravata dal diritto di pascolo in favore degli abitanti di Ardea, riconosciuto poi anche dai Caffarelli.

L'8 gennaio 1564 Marcantonio Colonna vendette Ardea e Civita Lavinia a Giuliano Cesarini per la somma di 105.000 scudi. La vendita fu decisa per soddisfare i creditori dei debiti da lui contratti per costituire la dote delle sorelle Vittoria, Girolama e Agnese. I confini di Ardea erano: il territorio di Civita Lavinia, il territorio di Velletri, il tenimento di Campo Morto, il capitolo di San Pietro, il territorio di Nettuno, il mare Tirreno, il tenimento di Campo Selva, il tenimento di Santa Procula.

L'atto di compravendita fu seguito, nello stesso giorno, da un patto di retrovendita secondo il quale, se Marcantonio non fosse riuscito a recuperare quei beni entro 18 mesi, il Cesarini glieli avrebbe rivenduti. Ma il 2 gennaio 1565, Marcantonio rinunciò, però, a quel patto e, negli anni successivi, i membri della famiglia Cesarini stipularono numerosi atti riguardanti Ardea e il suo territorio.

Il 21 giugno 1566 fu stipulata una convenzione tra Marcantonio e Ascanio Caffarelli, nella quale a costui fu ceduto il tenimento di Tor San Lorenzo, già degli Annibaldi e poi dei Colonna.

Nel 1567 Giuliano Cesarini fece testamento con cui lasciò il castello di Ardea al figlio Giovanni Giorgio.

A seguito di un breve di Pio V del 22 gennaio del 1568, in cui il papa di nuovo insisteva per l'ampliamento del sistema difensivo costiero, i Caffarelli, secondo l'Eschinardi (5), realizzarono la torre "nel corso delle due invernate del 1568-1569 e questo per causa che l'estate non si può lavorare sia per il mal aere (malaria) sia per il timore dei turchi. La torre venne costruita su disegno di Michelangelo Buonarroti e fu terminata nel 1570. Si sostiene che la struttura fu edificata riutilizzando il materiale di una torre più antica preesistente nello stesso luogo. Situata ad un centinaio di metri dal mare, la Torre di San Lorenzo, che per la sua monumentale bellezza fu detta "Pomposa" dai corsari turchi, faceva parte di un imponente sistema difensivo dello Stato Pontificio, costituito da 14 torri costiere ed una serie di torri interne. La Torre di San Lorenzo, restaurata dai danni subiti nel corso della seconda guerra mondiale, è di forma quadrata e si eleva per quasi trenta metri. La terrazza superiore serviva da piazza d'armi. L'ingresso era accessibile per mezzo di una rampa gradinata che si arrestava a due metri dalla porta; il vuoto era superato con un ponte levatoio manovrabile solo dall'interno della torre. Nei pressi della torre cè ancora l'antica chiesa di San Lorenzo, restaurata nel XVIII e XIX secolo. Questa chiesa, nella quale fino agli anni '50 di questo secolo venivano celebrati i matrimoni dei pescatori, fu poi declassata al rango di "cappella privata " dai proprietari della Torre e adibita per decenni a legnaia. Il borgo medievale che sorgeva nei pressi della torre e della chiesa di san Lorenzo, fu invece raso al suolo nel XVIII o nel XIX secolo dal latifondista che temeva eventuali rivendicazioni di diritti di uso civico da parte degli abitanti. Non lontano dalla chiesa sorge il casale Torlonia, con il pozzo e l'antica fontana.

Il 7 febbraio 1576 il feudo di Ardea fu diviso tra Fabio Santacroce, sua sorella Giulia e Prospero Caffarelli.

Il 27 gennaio 1587 Giuliano Cesarini acquistò da Francesco Rustici, parte dei casali di Castagnola, Ritorta, Piancimino, la Fossa, S. Apetito, la Gogna, detti il guano de' Consorti di Ardea, per 9.600 scudi.

BENEDETTO LA PADULA.

 

NOTE

1 - Alla fine del 1400, Giangiorgio Cesarini, gonfaloniere del popolo romano dal 1499, dichiarato ereditario della famiglia, sposa Maria Sforza. Muore nel 1552. Suo figlio Giuliano, dopo d'aver militato al servizio di Carlo V, al comando di 4000 fanti, interviene nel 1536 in qualità di ambasciatore del popolo romano alla sua incoronazione a Bologna. Nel 1534 aveva troncato di netto con la sua spada, sulla pubblica strada, la mano del monsignor Magalotti governatore di Roma, perché lo aveva compreso in una legge che proibiva l'uso delle armi. Nel 1551 è governatore di Orvieto e gonfaloniere dal 1552. Sposa Giulia Colonna, figlia di Prospero e compra Civitalavinia e Ardea nel 1564. Muore nel 1565, lasciando immense ricchezze. Suo figlio Giangiorgio (1540-1585) diventa signore di Civitalavinia e Ardea e gonfaloniere del popolo romano dal 1565. Nel 1570 sposa della Farnese, la figlia del cardinale Alessandro. Nel possesso di Ardea, gli succede il figlio Giuliano, che nel 1589 sposa Livio Orsini, la figlia di Virginia e Giovanna Caetani dei duchi di Sermoneta e muore nel 1613. I Cesarini manterranno la proprietà di Ardea fino al 1870, ma conserveranno la proprietà di oltre 4.300 ettari di terreni fino agli anni 1950, dando luogo a una complessa giudiziaria in materia di usi civici.

2 - Ardea, tra storia e leggenda, a cura del Comune di Ardea, 2001, 100Libriper Nettuno, inv. 284

3 - Il cupello era un contenitore per vino.

4 - G. Tomassetti, La campagna romana antica, medioevale e moderna, vol. II, pag. 526 e segg., 100Libri per Nettuno, inv. 209/214

5 - Francesco Eschinardi (pseudonimo di Costanza Amichevoli), Architettura Militare ridotta a metodo facile e breve, Roma, 1684





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"100 LIBRI PER NETTUNO" Edizione del Gonfalone 2005
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