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Fra Orsenigo
il brianzolo
che conquistò Roma

di

FRA GIUSEPPE MAGLIOZZI o.h

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11 - NELLA CITTÀ DEL TRIDENTE


La stipula della convenzione ed il susseguente acquisto del terreno su cui edificare il nuovo Ospedale di Nettuno legarono per sempre la figura di fra Orsenigo alla città del tridente

Fra Orsenigo s'era impegnato a costruire l'Ospedale entro tre anni e vi riuscì, ma il primo anno se ne andò solo per definire il progetto, già grandioso in partenza e che lo divenne ancor di più quando fu deciso che in un'ala parallela a quella ospedaliera si sarebbero approntati gli ambienti per trasferirvi la Curia Generalizia dell'Ordine ed il Noviziato della Provincia Romana,(1) essendo divenuto sempre più conflittuale il rapporto con gli amministratori pubblici dell'Ospedale Tiberino insediativisi dopo la confisca; tra l'altro, l'articolo 2 della citata legge eversiva del 19 giugno 1873 tollerava che esclusivamente i Superiori Generali in carica conservassero il diritto di abitare nei locali delle Curie Generalizie, ma non più i loro successori, perciò alla morte nel 1888 di fra Alfieri, il suo successore fra Gasser aveva dovuto stipulare un contratto d'affitto per continuare ad usare il proprio ufficio.(2) Per inciso, appena fu possibile nel 1892 ricomprare l'Ospedale Tiberino e risolvere il problema della Curia Generalizia, la costruzione a Nettuno di tale ala parallela fu bloccata per sempre, restandone finiti solo gli scantinati.(3)

Nell'attesa di costruire il nuovo Ospedale, fra Orsenigo restaurò e riorganizzò il vecchio Ospedale, avendo l'11 settembre 1889 ottenuto il permesso dei Superiori d'utilizzare a tal scopo le 25.000 lire che s'erano andate accumulando in un deposito creato nel gennaio 1883 per la celebrazione all'Isola Tiberina della festa della Madonna del Buon Consiglio.(4) A Natale del 1889 fra Orsenigo fu pertanto lieto d'informare i due Enti firmatari della convenzione che, giusto a cominciare dal nuovo anno, era già in grado d'accettare ricoveri. Don Signori gli rispose il 29 dicembre:(5) "Mi pregio partecipare alla Signoria Vostra che comunicata la sua del 25 corrente alla Congregazione di Carità, relativamente all'apertura dell'Esercizio di questo Spedale col 1° Gennaio 1890, la Congregazione medesima ha deliberato, nell'adunanza del 26 corrente, nulla esservi in contrario". Il Sindaco di Nettuno, Stefano Grappelli, gli rispose parimenti il 29 dicembre 1889:(6) "Mentre ringrazio la Signoria Vostra della partecipazione della riapertura, col 1° Gennaio entrante, dell'Ospedale e dell'ambulatorio a forma delle convenzioni, mi compiaccio significarle il mio gradimento per la data disposizione, che arriva dopo lunga ma inevitabile attesa a soddisfare ad uno dei maggiori bisogni del paese tanto pei riguardi umanitari che sanitari e igienici".

Nella seduta del Consiglio Generale del 18 dicembre 1889 fu stabilita la seguente composizione della prima Comunità Religiosa di Nettuno: il medico fra Stefano Signorini come Priore, fra Faustino Ghidini come infermiere e fra Bonaventura Bignetti come dispensiere.(7) La Comunità fu posta sotto la protezione della Beata Vergine Maria del Buon Consiglio e di San Giuseppe.(8)

In data 13 febbraio 1890 fra Orsenigo chiese a titolo personale dalla Prefettura l'autorizzazione ad aprire anche una Farmacia, che il primo marzo iniziò a funzionare ad uso interno dell'ospedale e divenne poi pubblica, avendo fra Orsenigo rilevato l'11 luglio 1890 la licenza d'esercizio di quella intestata in Nettuno a Cesare Tomasi;(9) la farmacia portava ovviamente il nome di Orsenigo e lo conservò anche quando i Fatebenefratelli nel 1920 lasciarono l'Ospedale di Nettuno, anzi lo conserva ancor oggi, pur avendo ormai gestione autonoma e tutt'altra ubicazione, ossia in Piazza dei Cavalieri di Vittorio Veneto.

Quanto al nuovo edificio ospedaliero, del quale l'ingegner Giacomo Paniconi aveva ultimato il progetto, fra Orsenigo poté infine avviarne la costruzione stipulandone il contratto d'appalto il 22 luglio 1890 con la ditta dell'ingegnere Candido Vaselli.10 Quello stesso mese iniziò lo scasso del terreno(11) ed il 15 settembre le prime opere murarie.(12)

La prima pietra della costruzione viene posta mercoledì 15 ottobre 1890 con gran concorso di popolo, come leggiamo in questo promemoria dell'Archivio Diocesano di Albano:(13) "La benedizione della prima pietra del magnifico edificio fu fatta con grande solennità dall'eminentissimo Cardinale Lucido Maria Parocchi, Vescovo di Albano Laziale, assistito dal Venerabile Seminario Diocesano, con l'intervento di tutte le autorità civili e religiose di Nettuno, di Anzio e della Provincia. In poco spazio di tempo il maestoso edificio fu condotto a termine da tre lati,(14) con ampia corte nel mezzo, un giardino ed un orto e due casette per i servizi accessori". (15)

Fra Orsenigo seguì personalmente il progredire della costruzione, la cui grandiosità stupiva talmente che qualcuno cominciò a dubitare che sarebbe stato possibile completarla ed il dubbio si diffuse a macchia d'olio, fino a provocare il panico degli appaltatori, come ci narra con gran vivacità l'Englefield:(16) "Mentre stava per terminare la sua fabbrica i suoi appaltatori vennero ad una subitanea decisione di voler essere pagati tutti insieme. Forse qualche cattiva lingua aveva sparso che fra Giovanni stava per fallire, poiché aveva intrapreso un lavoro superiore alla prudenza umana. In ogni modo essi vennero contro il pover'uomo con tale mancanza di delicatezza che non si sarebbe aspettato da chicchessia. Allora fra Giovanni dichiarò che non poteva pagare tutti assieme, e che avessero un po' di pazienza. Ma essi dichiararono che non volevano aspettare e che si abusava di loro. Quando i monaci seppero tutto ciò, si rivoltarono contro fra Giovanni che la sua presunzione danneggiava l'Ordine, che Iddio non poteva averlo ispirato di fare un'opera sì gigantesca e rammentandogli che era stato tante volte avvisato di non fare una fabbrica sì colossale. Il pover'uomo fu talmente abbattuto che per cinque giorni rimase come pietrificato senza mangiare e parlare. Egli ascoltò tutti riconoscendo le sue miserie. Era la prova di Dio. Egli mi ha spesso ripetuto che in quella circostanza non faceva che ripetere Signore pietà di me, sono un peccatore. Alla fine la tremenda prova terminò. Una gran somma di denaro venne e con essa la benedizione di Dio. Allora chiamò tutti gli appaltatori e gli disse che sarebbero tutti pagati fino all'ultimo centesimo, ma che gli dessero il tempo di respirare o altrimenti potevano vendere la casa non finita, realizzandone ciò che potevano. Si ritirarono e tornarono col dire che volevano aspettare. Allora tutto cambiò e tutti quelli che lo avevano accusato dovettero lodare quest'uomo che nella tempesta era restato sempre lo stesso".

La costruzione del nuovo Ospedale proseguì in maniera abbastanza spedita, giungendo in un anno al tetto, come possiamo dedurre dal registro di spese,(17) nel quale è annotata un'uscita di 110 lire "a rimborso del pranzo dato e fatto ai 60 operai nella prima domenica di novembre 1891 per la copertura della fabbrica", la qual domenica quell'anno cadeva il primo novembre.

I lavori di rifinitura interna terminarono nell'autunno seguente. Oltre agli ambienti di ricovero, fu approntata al pianterreno una spaziosa Cappella, con ingresso anche sulla strada e possibilità d'affacciarvisi anche dal primo piano. Sull'altar maggiore fra Orsenigo volle ovviamente collocarvi un dipinto che riproducesse fedelmente, anche nelle dimensioni, la miracolosa immagine della Madonna del Buon Consiglio venerata nel Santuario di Genazzano e di cui era estremamente devoto. La Cappella disponeva anche di due altari secondari, posti al centro d'entrambe le pareti laterali e che fra Orsenigo pensò di dedicare ai due Santi Patroni dei Fatebenefratelli, ossia il loro Fondatore San Giovanni di Dio e l'Arcangelo San Raffaele.

Sull'altare laterale a sinistra entrando, fra Orsenigo pose pertanto una grande tela di San Giovanni di Dio, dipinta pochi anni prima dall'artista romano Marcello Sozzi(18) ispirandosi al quadro dell'altar maggiore dell'Isola Tiberina e raffigurante la visione che, secondo la tradizione,(19) il Santo ebbe in Spagna nel Santuario mariano di Guadalupe, ossia la Vergine che gli porgeva il Bambinello affinché ne prendesse per un momento cura, usando la medesima premura da riservare poi ai malati, nei quali doveva saper riconoscere la presenza mistica dello stesso Gesù.

Per l'altare a destra entrando, fra Orsenigo s'affiderà invece al pittore nettunese Giuseppe Brovelli Soffredini, che ultimerà il 13 ottobre 1902, giusto in tempo per la festa liturgica che allora si celebrava il 24 ottobre, una grande tela dell'Arcangelo San Raffaele,(20) raffigurato con sul petto lo stemma dei Fatebenefratelli(21) e nell'atto di porgere pane, in allusione a quell'episodio della vita di San Giovanni di Dio quando, mancandogli il pane da distribuire ai malati, se ne vide offrire una cesta da San Raffaele, apparsogli con uno scapolare analogo al suo e rassicurandolo con queste parole: "Apparteniamo allo stesso Ordine, poiché Dio ci vuole fratelli nella medesima carità. Non affliggerti dunque vedendo di non aver abbastanza per i poveri, poiché mai si esaurirà la dispensa celeste".(22)

Anche se questo quadro di San Raffaele sarebbe arrivato solo dopo dieci anni, fra Orsenigo cercò di completare e benedire la Cappella già a metà ottobre,(23) forse per potervi fin da quell'anno celebrare il 24 ottobre la festa dell'Arcangelo San Raffaele.

Poco dopo riuscì a terminare anche l'arredamento degli ambienti di ricovero, per cui sabato 12 novembre 1892 fu possibile lasciare il vecchio Ospedale ed inaugurare il nuovo,(24) che venne intitolato alla Madonna del Buon Consiglio, la cui immagine è ancor oggi venerata all'altare maggiore della Cappella, dove venne per la prima volta festeggiata il 26 aprile 1893. Nella contabilità della Casa troviamo registrata in data 13 aprile 1893, giusto due settimane prima della festa, un'uscita di 300 lire a saldo della grande raggiera,(25) che fra Orsenigo fece porre attorno al quadro.(26) La raggiera è abbellita da nugoli di angioletti, in allusione al fatto che l'affresco originale nel 1467 volò prodigiosamente dall'Albania a Genazzano, "portato da mani angeliche" che volevano evitarne la profanazione da parte delle truppe turche che stavano per conquistare la fortezza di Scutari; quanto alla cornice che è all'interno della raggiera, vi figurano come decorazione due melagrane, in allusione all'emblema dei Fatebenefratelli.

Anche il sigillo ufficiale della Comunità Religiosa della nuova Casa mostrava al centro l'immagine della Madonna del Buon Consiglio. Nel bordo il sigillo recava la dicitura "Ospedale Orsenigo a S. M. del Buon Consiglio - Nettuno", ma la gente lo prese a chiamare semplicemente "Ospedale Orsenigo", anche perché sul lato dell'edificio prospiciente la strada provinciale spiccava a caratteri cubitali la scritta "Farmacia Orsenigo" per segnalare la Farmacia pubblica che v'era al pianterreno.

Anche dopo finiti i lavori, fra Orsenigo continuò a seguire da vicino le vicende dell'Ospedale ed a venirvi di frequente, anche se mai entrò a far parte della Comunità, che nell'aprile 1893 risultava formata dal quarantenne
Priore e Cappellano, fra Luigi Maria Pozzi, arrivato nella città del tridente il 30 giugno 1890; dal chirurgo minore fra Faustino Ghidini, di 48 anni ed a Nettuno dal primo gennaio 1890; dal farmacista minore fra Alessio Piacentini, di 47 anni ed anche lui lì dal primo gennaio 1890; dall'infermiere fra Antonino Poletti e dal cantiniere fra Carlo Grandi, entrambi di 44 anni ed entrambi a Nettuno dal 4 novembre 1892; e dal dispensiere fra Bonaventura Bignetti, di 27 anni, Terziario Professo di Voti Semplici e lì dal 13 aprile 1893.(27)

Anorma della convenzione stipulata nel 1889, con l'inizio dell'attività nel nuovo Ospedale la Congregazione Comunale di Carità avrebbe dovuto cominciare ad adeguare a 430 lire l'importo del sussidio mensile per i ricoveri gratuiti, ma purtroppo, forse anche perché don Signori non n'era più Presidente, il nuovo Presidente Mariano Trafelli non solo si rifiutò di applicare l'aumento, ma aveva addirittura preso l'abitudine di posporre i pagamenti o di dare acconti talmente insignificanti che alla fine del 1892 s'era gia accumulato un arretrato di quasi 9.000 lire, con la conseguenza che fra Orsenigo, risultati vani i tentativi di conciliazione, si vide costretto a denunciare l'inadempimento della convenzione. La denunzia fu presentata il 10 giugno 1893 ed accolta in Tribunale con sentenza del settembre 1893, confermata nel febbraio 1894 e che dichiarò rescissa la convenzione e condannò la Congregazione di Carità a pagare sia gli arretrati sia la penale, per un importo complessivo di oltre 37.000 lire; fra Orsenigo a quel punto avrebbe potuto subastare il patrimonio della Congregazione di Carità per ottenere tale somma, ma preferì addivenire ad una transazione amichevole, stipulata il 9 luglio 1895 dinanzi al notaio Luigi De Luca, per la quale accettava che il debito gli venisse pagato in rate annuali di 3.600 lire (in pratica l'equivalente del famoso sussidio mensile di 300 lire pattuito nel 1889), poi per ulteriore benevola concessione ridotte alla metà, ossia a 1.800 lire annue.(28)

Va sottolineato che tale generosità di fra Orsenigo era dovuta unicamente al suo cuor d'oro, perché la situazione finanziaria dell'Ospedale di Nettuno era tutt'altro che rosea. Infatti, dal citato rapporto finanziario su Nettuno(29) inviato a tutte le Province nel 1899, risulta che il costo complessivo delle sole strutture edilizie era stato di 450.000 lire e che, per saldare tale importo e quello addizionale di 224.880 lire per impianti ed arredi, era stato necessario contrarre dei mutui al 4%, che non si riusciva ad estinguere, tanto che a dicembre del 1898 l'ammontare del debito era ancora attestato a 282.796 lire.

Per contenere i debiti, si cercò di incrementare i ricoveri, sia stabilendo convenzioni col Comune di Anzio e con le Autorità Militari del Poligono di Tiro, sia diversificando la tipologia dell'assistenza e riservando una sezione a Casa di Salute,(30) sia avviando un Reparto per degenze sanatoriali, per le quali fra Orsenigo riuscì infine il 9 marzo 1903 ad ottenere a suo nome l'autorizzazione formale della Prefettura.(31) D'allora la dizione Sanatorio divenne giuridicamente ufficiale(32) e tutti presero a denominarlo in tal modo, come ce lo testimonia la novella "Va bene", scritta da Pirandello presumibilmente nella primavera del 1905 e pubblicata per la prima volta in "Nuova Antologia" il primo novembre di quell'anno: è ambientata a Nettuno ed il protagonista, feritosi nel Parco dei Borghese, vi si legge che ricevette sette punti di sutura nel "vicino Sanatorio Orsenigo dei Fate Bene Fratelli".(33)

Gli Ecclesiastici ed i Religiosi di Roma, da sempre fedeli clienti di fra Orsenigo per i loro denti, furono tra i primi ad utilizzare la Casa di Salute che egli aveva aperto a Nettuno. Il ricovero che più rallegrò il cuore di fra Orsenigo fu nel 1901 quello del cardinal Serafino Cretoni(34) poiché, come vedremo meglio nel prossimo capitolo, il porporato si rivelò il tramite provvidenziale per infine esaudire il devoto auspicio, covato per decenni
dal frate, di veder ufficialmente inserita nelle Litanie Lauretane l'invocazione alla Madonna del Buon Consiglio.

Ma il ricovero che lasciò un'eco perenne fu quello della sera del 5 luglio 1902, quando dalla vicina tenuta Le Ferriere giunse in Ospedale il corpicino straziato di Santa Maria Goretti.(35) La giovinetta, per difendere la sua innocenza, era stata selvaggiamente trafitta 14 volte con un lungo punteruolo di 27 centimetri. Quando sua madre Assunta era accorsa ai suoi lamenti, l'aveva trovata, per citare le sue parole testuali, "macellata nell'addome e con le budella fuori". Di corsa il mezzadro Mario Cimarelli era venuto a cercare aiuto in paese e dall'Ospedale si era recato a soccorrerla il dottor Francesco Bartoli, un chirurgo trentottenne nativo di Girgenti, il quale giunto alla Cascina aveva davvero trovato l'omento che fuoriusciva dalle ferite addominali della giovinetta. Dopo aver eseguita una medicazione provvisoria, aveva deciso di caricarla sull'Ambulanza a cavalli della Croce Rossa, giunta nel frattempo da Carano, e di portarla in Ospedale, dove era arrivato verso le sei e mezza del pomeriggio.(36)

Consapevole della gravità della situazione, il dottor Bartoli prima dell'intervento aveva fatto chiamare il cappellano fra Martino Guijarro,(37) perché la confessasse. Questi, dopo essersi assicurato con mamma Assunta che la famiglia era praticante, accorse dal dottor Bartoli, che lasciandolo per alcuni minuti con la giovinetta, gli disse:(38) "Padre, ella ha qui poco da fare; qui trova un angelo; noi lasciamo un cadavere". Fra Guijarro ricordava nitidamente la scena in Camera Operatoria:(39) "La sala era splendidamente illuminata dalla luce elettrica. Il centro era occupato da un apparato operatorio(40) in cui giaceva mezzo coperta Maria Goretti, la cui bionda capigliatura, in totale disordine, sul bianco guanciale, dava un aspetto angelico e maestoso alle delicate forme del volto, tanto pallido per l'abbondante perdita di sangue".

In Sala Operatoria il Priore fra Gazzurelli aveva aiutato, come assistente chirurgico e flebotomo, il dottor Bartoli ed i due suoi colleghi chirurghi dottor Norberto Perotti e dottor Torquato Onesti, che procedettero ad una laparotomia per suturare le lacerazioni intestinali. L'intervento durò oltre un'ora, ma la piccola martire morì all'indomani per complicazioni infettive,(41) impossibili a dominare in quell'epoca in cui non esistevano ancora gli antibiotici.

Subito dopo l'intervento, mentre l'operata era ancora nel Reparto Operatorio, l'aveva assistita per una diecina di minuti fra Clemente Windrich,(42) che rimase edificato nel vederla assai sofferente, ma serena e lucida, con sulle labbra solo fiduciose invocazioni alla Madonna.(43) La ricoverarono poi in un villinetto(44) al margine della proprietà, riservato alle donne, e fu lì, al letto n. 3 per l'esattezza,(45) che fra Guijarro aveva seguito l'agonia della piccola Marietta, come in famiglia chiamavano la non ancora dodicenne fanciulla.

Agli inizi della sua vita religiosa fra Guijarro era stato incaricato di seguire i ragazzi in un Orfanotrofio di Malaga(46) ed aveva dimostrato di ben sapere in qual modo avvicinare i giovani e come destare in loro sentimenti devoti. Marietta, che aveva ricevuto in famiglia una soda educazione religiosa, corrispose immediatamente alle pie esortazioni del cappellano: non solo accettò prontamente di confessarsi, ma accolse volentieri ogni suggerimento spirituale. Come prima fra Windrich, anche fra Guijarro notò la devozione mariana della giovinetta e come mantenesse fisso lo sguardo sull'immagine della Madonna che adornava la parete della stanza, anzi a un certo punto aveva chiesto alla mamma(47) se potevano metterla nel letto libero attiguo, che era più vicino e più in direzione del quadro; e vedendo che non l'accontentavano, le aveva detto accorata: "Perché non mi volete far andare con la Madonna?".

Fra Guijarro pensò allora di proporle di iscriversi tra le Figlie di Maria. Era questa un'associazione giovanile mariana fondata da un Canonico Regolare Lateranense, padre Alberto Passèri,(48) che mentre era Parroco della Basilica romana di Sant'Agnese aveva avviato il 23 gennaio 1864 tra le alunne della Scuola Popolare aperta dalla Marchesa Costanza Lepri un'associazione giovanile mariana alle cui iscritte egli proponeva come fulgido modello di fortezza la martire Agnese, che in così tenera età aveva saputo affrontare il martirio pur di difendere la sua fede e la sua purezza.

Per la spiritualità mariana del sodalizio l'abate Passèri si ispirò all'analogo sodalizio delle Figlie di Maria Immacolata,(49) la cui prima sezione italiana era sorta proprio a Roma, appena due anni prima, nella Parrocchia di San Giovanni de' Fiorentini e che avevano come insegna la famosa "medaglia miracolosa" che la Madonna aveva chiesto a Santa Caterina Labouré di diffondere quando nel novembre 1830 le apparve a Parigi in Rue du Bac nella Cappella della Casa Madre delle Figlie della Carità, fondate da San Vincenzo de' Paoli e Santa Luisa de Marillac.

L'abate Passèri adottò fondamentalmente la stessa medaglia, ma aggiungendovi, ai piedi dell'Immacolata, Sant'Agnese che le presenta alcune giovinette; inoltre cambiò l'invocazione nel bordo della medaglia, ponendovi invece di quella all'Immacolata Concezione (O Maria concepita senza peccato, pregate per noi che ricorriamo a voi) una che diceva: "Mater tuos oculos ad nos converte", ossia "Madre, rivolgi a noi i tuoi occhi".(50)

Il 30 settembre 1864 il Cardinal Vicario approvò le Costituzioni delle Figlie di Maria, ponendole sotto il patrocinio dell'Immacolata e di Sant'Agnese; ed il 16 febbraio 1866 Pio IX, considerando il continuo espandersi dell'associazione ed il sorgere di molte altre ad essa ispirate, fu ben lieto(51) di concedere a quella sorta nella Basilica di Sant'Agnese il titolo di Primaria e di accordare in perpetuo al Parroco pro tempore della Basilica sia la facoltà di aggregare canonicamente ogni altra che ne facesse richiesta, sia di comunicare loro le indulgenze concesse alla Primaria.

Successivamente Pio IX, con decreto del 4 febbraio 1870, trasferì in perpetuo tale facoltà dal parroco di Sant'Agnese al suo Abate Generale, che risiedeva però nell'altra Chiesa romana dei Canonici Regolari Lateranensi, quella di San Pietro in Vincoli, la quale perciò divenne la sede dell'Archivio Centrale delle Figlie di Maria.

In mezzo secolo furono più di undicimila i gruppi, in grande prevalenza italiani ma talora anche esteri e particolarmente sudamericani, che chiesero l'aggregazione all'Abate Generale. Ma in seguito, soprattutto dopo l'ultima guerra mondiale, in Italia andarono sempre più diminuendo fino a scomparire, poiché i parroci preferirono fonderli con quelli della Gioventù Femminile di Azione Cattolica, fondata nel 1918 dalla Serva di Dio Armida Barelli(52) e diffusasi capillarmente grazie al costante incoraggiamento dei Papi e grazie poi alla caduta del fascismo, che soprattutto a partire dal 1931 aveva fatto di tutto per scompaginare l'Azione Cattolica.

Ai tempi di Santa Maria Goretti il parroco di Anzio, il conventuale padre Leone Turco,(53) aveva creato una fiorente sezione di Figlie di Maria ed aveva a norma delle Costituzioni autorizzato il cappellano del nostro Ospedale di Nettuno ad accogliere nuove aspiranti, benedicendo e consegnando loro la medaglia, che era considerata come tessera d'appartenenza. Era una medaglia di formato più piccolo, legata ad un nastro verde, ma dopo alcuni mesi di prova le aspiranti venivano accettate stabilmente e durante la cerimonia di professione ricevevano dal parroco la medaglia definitiva, legata ad un nastro celeste.

Quando fra Martino propose a Marietta di divenire Figlia di Maria(54) e le spiegò che alla medaglia era legata l'indulgenza plenaria in articulo mortis, la giovinetta accolse con entusiasmo l'invito, per cui il cappellano le ripeté formalmente:

- Marietta, sei contenta di essere iscritta tra le Figlie di Maria?

- Tanto, tanto!

- Ebbene, io manderò il tuo nome a Roma alla sede di San Pietro in Vincoli. E intanto ti do la cara Medaglia di Figlia di Maria! Va bene così?...

- Bene, molto bene!

Dopo averle messo al collo il nastro verde con la medaglia di aspirante e recitato l'atto di consacrazione alla Vergine Immacolata, fra Martino le chiese di nuovo:

- Sei contenta ora, Mariettina?

La risposta della fanciulla fu un lungo, ripetuto bacio alla medaglia, (55) di cui ripeté l'invocazione "O Maria concepita senza peccato, pregate per noi".

Poco dopo passò nella saletta di degenza il farmacista fra Meinrado Orsenigo che ebbe con Marietta uno scambio di battute, così narrate dall'avvocato Marini:(56)

"Fr. Meinrado volle pregarla di ricordarsi di lui in Cielo. Essa rispose:

- Chi sa chi vi giungerà prima?

- Tu, cara Maria, replica il Farmacista.

Ed essa, sorridendo dolcemente:

- Bene, se sarà cosi, mi ricorderò di lei".

Passò a confortarla anche don Signori e la esortò a perdonare il feritore, cosa che fece ovviamente anche fra Guijarro, come testimoniò mamma Assunta.

La fine appariva imminente e fra Guijarro, prima di somministrarle come Viatico la Santa Comunione, le chiese ancora se perdonava il suo feritore. Senza esitazione ella replicò che per amor di Gesù lo perdonava, anzi desiderava anche per lui il Paradiso. Fu quel perdono il tocco finale della santità della fanciulla, tanto che la stanza in cui ella spirò e che fu poi trasformata in cappella, viene oggi significativamente indicata come Tenda del Perdono.

La morte di Marietta venne registrata da don Signori nel Libro dei Defunti della Parrocchia non con l'usuale fraseggio burocratico, ma con un grato cenno all'accoglienza ospedaliera che aveva facilitato la santità di quella morte: "Trasportata all'Ospedale dei Fate-bene-fratelli ed amorevolmente accoltavi si confessò e ricevette il S. Viatico e l'Estrema Unzione dal cappellano P. Martino Guijarro e perdonando di cuore al proprio uccisore, morì nel bacio del Signore".(57)

Fra Guijarro avvertì del trapasso il parroco di Anzio, che intervenne al funerale con "un grande numero di Figlie di Maria",(58) sul cui periodico comparve un profilo della martire che invitava le Figlie di Maria ad imitare le virtù della Goretti.(59)

Quando la mattina dell'8 luglio 1902 fu celebrato il funerale nella Chiesa dei Fatebenefratelli,(60) una folla strabocchevole, venuta da Nettuno e da Anzio, accorse alla Messa Solenne, presieduta dall'arciprete di Nettuno con tutto il Capitolo della Collegiata e poi un lungo corteo si snodò per accompagnare verso il Cimitero, sito all'altro lato del paese, il feretro, che fu portato a spalla attraverso le vie cittadine. Il corteo si sciolse solo dopo oltrepassate le ultime case e sostato in località Santa Croce per ascoltarvi il commosso elogio delle virtù della Goretti che vi pronunciò l'arciprete.(61) Poi il feretro fu posto sul carro funebre e accompagnato privatamente al Cimitero da don Signori e da fra Guijarro.(62)

Pinzette, per avvitare nella Radica il mezzo dente.

 


NOTE

1. Cf. ADA, faldone Nettuno, fasc. 2, promemoria n. 123, p. 1.

2. Cf. AGFNe, cartella "Conti, Situazione Economica", promemoria "Sullo stato economico della Casa Ospedale di Nettuno al 1° Gennaio 1899" (preparato l'8 aprile 1899 per sollecitare l'aiuto di tutte le Province dell'Ordine), p. 1.

3. Sarà poi la Santa Sede, nuova proprietaria dell'Ospedale che affidò al Comitato Romano di Previdenza ed Assistenza Sanitaria, a completare in modo simmetrico tale ala, che si estende lungo la Via Orsenigo e che fu inaugurata la mattina del 15 maggio 1927. Cf. SULPIZI, p. 192.

4. Cf. AGF, Verbali del Definitorio Generale dal 1877 al 1896, seduta dell'11 settembre 1889. In tale seduta fu disposto che a bilanciare gli effetti della chiusura del deposito, dai cui interessi veniva alimentata la festa all'Isola Tiberina, sulla Comunità dei Fatebenefratelli di Nettuno sarebbe ricaduto l'obbligo, qualora non vi provvedesse fra Orsenigo, di elargire un contributo annuo di almeno 500 lire per la celebrazione di tale festa. Tale decisione fu comunicata a fra Cortiglioni con lettera del 13 settembre 1889, conservata in AGF-Ne, faldone III, "Deposito".

5. Cf. AGF-Ne, faldone III, "Posizione dei Documenti ed altro sulla istallazione dell'Ospedale e Casa di Salute di libera proprietà dell'Istituto di Nettuno dal 1885", lettera 6.

6. Ibid., lettera 5.

7. Cf. AGF, Verbali del Definitorio Generale dal 1877 al 1896, seduta del 18 dicembre 1889.

8. Con questo titolo viene designata nel prospetto statistico del 1892, che al primo gennaio fornisce la seguente ampliata composizione della Comunità di Nettuno: Priore e Cappellano, fra Luigi Maria Pozzi; aiutante chirurgo,
fra Faustino Ghidini; aiutante farmacista, fra Alessio Piacentini, e per i restanti compiti i confratelli fra Raffaele De Montis, fra Pacomio Benedicto, fra Carlo Maria Grandi, fra Camillo Bonfigli e fra Pio Maria Guidoboni. Cf. AGF, "Statistica dell'Ordine Ospitaliero di San Giovanni di Dio - detto Fatebenefratelli al primo gennaio 1892 colla classificazione e distinta sul personale della Provincia Romana - Toscana".

9. Cf. AGF-Ne, faldone III, "Posizione dei Documenti ed altro sulla istallazione dell'Ospedale e Casa di Salute di libera proprietà dell'Istituto di Nettuno dal 1885", documenti n. 9 e n. 12.

10. Ibid., doc. n. 14.

11. Cf. AGF Nettuno, faldone I, "Stato e Conto di Cassa per la Casa, Farmacia e fabbrica di Nettuno", p.1

12. Ibid., prospetto Lavori Murari dal 15 settembre al 15 dicembre 1890.

13. Cf. ADA, faldone Nettuno, fasc. 2, doc. n. 123, p. 1.

14. Il quarto lato, rimasto definitivamente sospeso, era quello che si era pensato destinare a Curia Generalizia e Noviziato.

15. Una delle due casette finì utilizzata come piccolo Reparto Femminile, che secondo la convenzione andava ubicato fuori del monoblocco ospedaliero.

16. Cf. APP ENG, p. 7; cf. anche M-50.

17. Cf. AGF-Ne, faldone I, registro "Stato e Conto di Cassa per la Casa, Farmacia e fabbrica in Nettuno (1889-1892)", pp. 5-6.

18. Quest'artista, che fu discepolo di Tommaso Minardi (Faenza 1787 - Roma 1871) e buon rappresentante del purismo romano, eseguì varie pitture per i Fatebenefratelli, le più riuscite delle quali sono quella eseguita nel 1853 per la beatificazione di Giovanni Grande, oggi nella Sala Verde dell'Isola Tiberina (cf. M-10, p. 127), ed il trittico eseguito nel 1872 per l'Ospedale di Barcellona ed oggi conservato a Granada nel Museo dell'Ordine (cf. LIZASO, seconda foto di p. 16). La tela di Nettuno, firmata e datata "M. Sozzi fece 1886", è dal 1978 venerata nell'atrio laterale della Cappella dell'Istituto Psichiatrico dei Fatebenefratelli di Genzano, dove fu collocata per interessamento di fra Elia Tripaldi; al suo posto figura attualmente nella Cappella di Nettuno un quadro di San Benedetto Menni.

19. Cf. M-21, p. 36.

20. Da alcuni appunti lasciati da Adele Censi, pronipote di Paola Censi, madre del pittore, sappiamo che questi venne contattato da fra Stefano Gazzurelli (priore di Nettuno dal giugno 1902) per il quadro di San Raffaele Arcangelo e che lo completò il 13 ottobre 1902 (cf. MARIGLIANI, p. 14). Il pittore, che era nato a Nettuno il 18 agosto 1867 e vi concluse i suoi giorni il 26 novembre 1936, fu il primo a dipingere un ritratto di Santa Maria Goretti, eseguito nel 1929 ed attualmente venerato nella stanza dell'Ospedale dove fu ricoverata e morì.

21. L'emblema dai Fatebenefratelli consiste in una melagrana sormontata dalla croce.

22. Cf. M-21, p. 36. Dal 1999 tale tela, firmata e datata "G. Brovelli Soffredini 1902", è conservata a Roma nella Curia della Provincia Romana dei Fatebenefratelli. Nella Cappella di Nettuno attualmente figura al suo posto un quadro di Santa Maria Goretti.

23. Come si deduce da una prima uscita di 250 lire "per le spese della benedizione della Cappella", registrata in data lunedì 17 ottobre 1892. Cf. AGF-Ne, faldone I, "Stato e Conto di Cassa per la Casa, Farmacia e fabbrica in Nettuno (1889- 1892)".

24. Per la data cf. AGF-Ne, faldone IV, "Cause Giudiziarie", fasc. 3, Avv. Carlo Scotti, "Comparsa Conclusionale del 28 febbraio 1911", p. 7.

25. Tuttora esistente ed opportunamente fatta restaurare dall'attuale Parroco di Santa Barbara, don Marco Romano, cui si deve la riapertura al pubblico della Cappella, avvenuta il 31 gennaio 2001.

26. Il manufatto, pagato a Roma da fra Orsenigo, venne così descritto in contabilità: "Raggiera in stucco con testine di Angeli sopra l'altar maggiore in Chiesa compresa l'opera dello stuccatore, quella del muratore, i ponti, l'assistenza e le punte di ferro per il ricavo degli aggetti". Cf. AGFNe, faldone I, 1893. Conti e ricevute di Nettuno.

27. Cf. AGF, Stato della Religiosa Famiglia del Convento Ospedale di S. Maria del Buon Consiglio in Nettuno (19 aprile 1893).

28. Cf. AGF-Ne, faldone IV, cartella "Cause Giudiziarie", fasc. 3, Avv. Carlo Scotti, "Comparsa Conclusionale del 28 febbraio 1911", pp. 8 e 14.

29. Cf. AGF-Ne, faldone II, cartella "Conti, Situazione Economica, promemoria Sullo stato economico della Casa Ospedale di Nettuno al 1° Gennaio 1899", pp. 2-3.

30. Infatti, già nella "Guida Monaci" del 1895 comincia a comparire la dizione "Ospedale Orsenigo e Casa di Salute".

31. Cf. AGF-Ne, "Posizione dei Documenti ed altro sulla istallazione dell'Ospedale e Casa di Salute di libera proprietà dell'Istituto di Nettuno dal 1885", documento n. 21. Si noti che nel 1899 il medico Perotti menzionava già l'Istituto con un titolo chiaro, anche se in latino per cautela: "è dovere ricordare il Sanatorium e Casa di salute Orsenigo tenuta dai Fate-bene-fratelli, splendida costruzione sul mare, nella quale si accettano convalescenti e malati, che vi trovano ogni cura ed agiatezza a miti condizioni, variabili secondo il trattamento che si desidera" (cf. PEROTTI, pp. 107-108). Nel già citato promemoria dell'Archivio Diocesano di Albano si precisa che la costruzione, oltre a "servire come casa di salute per Sacerdoti ed altri aventi bisogno di cure marine", fu "adibita ad ospedale civile e militare ed a sanatorio" (cf. ADA, faldone Nettuno, fasc. 2, promemoria n. 123, pp. 1-2). Nello stesso Archivio una petizione del 5 giugno 1915 ci segnala l'estendersi dei ricoveri militari, già sfioranti il centinaio, tanto che il Priore fra Ladislao Llop chiese che il cappellano nei giorni di precetto potesse celebrare una seconda Messa all'altare della corsia, non potendo essere accolti tutti nella Cappella dell'Ospedale (Ibid., n. 2).

32. Incoraggiati dal riconoscimento prefettizio, i Fatebenefratelli per far meglio conoscere il loro Istituto di Nettuno stamparono cartoline con vedute dell'edificio: cf. AGF-Ne, registro Cassa. Giornale Entrata-uscita 1903-1910, dove in data 26 lug. 1903 ne risultano pagate 3.000 alla Tipografia dell'Ospizio romano di San Michele, per un importo di 290 lire.

33. Cf. PIRANDELLO, p. 14.

34. Elevato alla porpora il 22 giugno 1896, Cretoni era nato a Soriano del Cimino il 4 novembre 1833 ed era stato nominato Nunzio in Spagna il 9 maggio 1893, restandovi fino al 1896; tornato poi a Roma, fu nominato il 23 ottobre 1900 Prefetto della Congregazione delle Indulgenze e Reliquie, passando poi il 7 gennaio 1903 ad essere Prefetto della Congregazione dei Riti; morì il 3 febbraio 1909.

35. Cf. M-19 e M-27.

36. Esattamente cent'anni dopo, in quello stesso giorno ed ora, il Rettore del Santuario di Nettuno m'invitò a rievocare l'episodio ai fedeli riuniti per la Santa Messa Vespertina (cf. M-26), quasi un anticipo non ufficiale delle solenni celebrazioni del Centenario del martirio di Santa Maria Goretti, aperte sabato 6 luglio 2002 con un
pellegrinaggio a piedi dall'Ospedale Orsenigo a Le Ferriere e domenica 7 dalla concelebrazione presieduta nel Santuario di Nettuno dal cardinal Jorge Arturo Medina Estévez; alla ricorrenza del Centenario fu anche dedicato dalle Poste Italiane un francobollo, riprodotto in M-27.

37. Fra Martino Guijarro Prieto, al secolo Emanuele, era nato a Zamora (Spagna) il 9 luglio 1867. Entrato giovanissimo nell'Ordine il 2 ottobre 1882, emise i Voti Semplici il 15 agosto 1885 ed i Solenni il 23 ottobre 1890. Ordinato sacerdote il 23 agosto 1891, per le sue doti di grande zelo, comunicativa e disponibilità fu poi inviato a Roma, dove giunse il 28 dicembre 1900 (cf. AGF, registro "Religiosi Provincia Romana", elenco del 1912, n. 2) e v'apprese rapidamente l'italiano. Inviato come cappellano a Nettuno, ne fu nominato Priore il primo marzo 1903, mantenendo l'incarico fin quando nel 1908 fu nominato Priore del nostro Ospedale diFrascati, che migliorò grandemente finché nel 1914 una peritonite postoperatoria ne troncò prematuramente la vita.

38. Citiamo dalla prima biografia della santa, scritta a caldo dal redattore del settimanale romano "La Vera Roma", l'avvocato Carlo MARINI, che intervistò nell'ottobre 1902 fra Martino Guijarro e fra Meinrado Orsenigo. Cf. MARINI, pp. 27-28.

39. Ibid., p. 28.

40. L'originario tavolo operatorio in marmo, sul quale la Santa subì l'intervento chirurgico, quando l'ospedale Orsenigo cessò di funzionare finì in uno scantinato e lì di recente lo vide e ne segnalò l'esistenza il prof. Salvino Leone, per cui il Sindaco di Nettuno, avv. Vittorio Marzoli, provvide nel 2000 a farlo restaurare e collocare nel Museo allestito su di un fianco del Santuario di Nettuno (cf. MONTI, p. 80).

41. Nel referto medico del dr. Bartoli si legge infatti che "causa unica ed assoluta della morte fu la peritonite settica originata dalle ferite intestinali". Cf. ALBERTI, p. 179.

42. L'infermiere fra Clemente Windrich restò a Nettuno fino al novembre del 1902 come incaricato del Reparto Forestieri. Era bavarese, essendo nato a Platting (Ratisbona) il 2 settembre 1872; ed aveva ricevuto l'abito religioso all'Isola Tiberina il 4 aprile 1899 ed ivi poi morì il 25 maggio 1945. Egli risultò l'unico frate, tra quelli nel luglio 1902 di Comunità a Nettuno, ancor vivo sia quando si celebrò il Processo Ordinario di Beatificazione della Goretti, nel quale poté esser sentito come testimone il pomeriggio del 19 febbraio 1936, sia quando si celebrò il Processo Apostolico, nel quale fu sentito il pomeriggio del 14 ottobre 1938. Ho potuto consultare alla Scala Santa la Copia Pubblica di entrambi i Processi grazie alla cortesia del Padre Adolfo Lippi, Provinciale dei Passionisti.

43. Al Processo Ordinario egli depose testualmente che l'aveva "ripetutamente sentita invocare la Madonna" (cf. APPRm-1, f. 560); ed al Processo Apostolico specificò che ripeteva "Aiutami, Madonna mia, aiutami" (cf. APPRm-2, f. 166). 44. Per un'antica foto del villinetto cf. M-46.

45. A p. 113 del "Registro degli ammessi" dell'ospedale di Nettuno figurò annotato: "Letto n° 3. Diagnosi: Ferite multiple all'addome. Nome: Goretti Maria, di anni 12 del fu Luigi e di Ambrosetti Assunta, nata a Corinaldo; entrò nello Ospedale Fate-bene-fratelli il 5 luglio 1902; morì il 6 Luglio 1902 alle ore 15,45". Cf. copia della base di entrata in Ospedale in APPRm-1, ff. 553-554.

46. Era l'Orfanotrofio Vescovile di San Bartolomeo, che i Fatebenefratelli gestirono dal 2 ottobre 1883 al 24 maggio 1895. Cf. MARCOS, p. 31.

47. L'episodio l'ho ripreso testualmente dalla deposizione resa al Processo Apostolico dalla mamma della Santa la mattina del 29 ottobre 1938 (cf. APPRm-2, f. 328).

48. Sull'iniziativa del Passèri, che divenne poi Abate Generale della sua Congregazione, cf. LARDI, pp. 11-14. Cf. anche M-36.

49. Nate in Francia, avevano ottenuto da Pio IX l'erezione canonica fin dal 1847. Dal 1970 hanno assunto la nuova denominazione di "Associazione Mariana" (cf. EPIS, p. 155).

50. Le caratteristiche della medaglia furono ufficializzate dalla Congregazione Vaticana delle Indulgenze e Reliquie con decreto del 24 agosto 1897 (cf. LARDI, p. 140 dell'Appendice). La medesima scena della medaglia venne fin dal 1867 fissata su tela dalla pittrice Amelia De Angelis e riproduzioni di tale dipinto vennero
ampiamente diffuse tra le Figlie di Maria.

51. Come egli stesso spiega nel decreto, Pio IX si sentiva particolarmente ben disposto per qualunque assunto legato alla Basilica di Sant'Agnese, dopo la memorabile avventura vissutavi il 12 aprile 1855, quando intrattenendosi con un folto gruppo del Collegio di Propaganda nell'ampia sala che precede l'ingresso della Basilica, il pavimento ligneo cedette sotto il peso di tante persone e tutti, compreso il Santo Padre, caddero nel sottostante scantinato, ma nessuno riportò la minima scalfittura, il che egli attribuì "al possente soccorso della
Santa Madre di Dio e di Sant'Agnese". Cf. il decreto in LARDI, p. 141 dell'Appendice.

52. Il processo per la Causa di Beatificazione della Serva di Dio Armida Barelli (1882-1952) è stato aperto a Roma nel 1962. Ella fu la presidente della Gioventù Femminile di Azione Cattolica fino al 1946. Per inciso, proprio in tale veste ella fin dal 1930 non solo prese a scrivere sulla propria rivista "Squilli di Resurrezione" articoli per diffondere la devozione alla Goretti, ma ne fece anche stampare biografie e fu tra le prime ad inviare lettere postulatorie al Santo Padre perché fosse iniziata la Causa di Beatificazione di colei che lei amava definire la "Santa Agnese del secolo XX" (cf. Atti, pp. 28-29).

53. Padre Leone Turco, al secolo Attilio, era nato a Segni il 15 aprile 1874 e divenne Parroco di Anzio nel 1901. Quando nel 1938 depose al Processo di Beatificazione della Goretti, era da nove anni il Provinciale dei Frati Minori Conventuali.

54. Nel Venerdì Santo del 2004 una tela da me commissionata al pittore filippino Eladio Santos e rievocante questo colloquio di fra Guijarro con la Santa, è stata collocata nella stanza dove ella agonizzò, poi trasformata in Cappellina, oggi di proprietà della Santa Sede ed affidata alla vicina Comunità delle Suore della Sacra Famiglia di Bergamo (cf. M-38 e M-47). Nella tela è raffigurato sulla parete il citato quadro della Amelia De Angelis riproducente la medaglia delle Figlie di Maria; quanto al volto di fra Guijarro, il pittore s'è ispirato all'unica foto giovanile che abbiamo di lui, scattata nel 1892 in occasione di un incontro a Ciempozuelos (cf. ANTÍA, pp. 583-584).

55. La santa fu seppellita con tale medaglia, che fu poi ritrovata in occasione della ricognizione canonica della salma (cf. AURELIO, pp. 64-65) ed oggi è conservata nel Museo del Santuario, mentre nell'urna se ne vede una nuova, da professa ad honorem, che le mise la Presidente Centrale delle Figlie di Maria, Maria Crivellari, quando alla vigilia della Canonizzazione rivestì la salma con l'uniforme delle professe dell'associazione, ossia l'abito bianco e la fascia celeste (cf. CRIVELLARI, p. 118).

56. Cf. MARINI, pp. 30-31. Fra Meinrado morì il 2 luglio 1935 e non poté pertanto deporre al Processo di Beatificazione della Goretti.

57. Cf. ALBERTI-2, p. 131.

58. Cf. AURELIO, p. 78.

59. Cf. BALDUCCI.

60. Giusto cent'anni dopo, a lato del presbiterio è stata collocata la seguente lapide commemorativa: "IN QUESTA CHIESA / L'8 LUGLIO 1902 / SI CELEBRARONO I FUNERALI / DELLA GIOVINETTA MARTIRE / S. MARIA GORETTI / NEL CENTESIMO ANNIVERSARIO / A PERENNE RICORDO / I SUOI CONTERRANEI / FRANCO C. - IRIO G. - MANLIO B. / QUESTO RICORDO POSERO / L'8 LUGLIO 2002 / A.D.".

61. Dopo il funerale don Signori compose in onore della fanciulla un inno nel quale tra l'altro così ricorda la paterna assistenza prestatale in Ospedale: "Fra mille cure amabili / In sacro ostello accolta / Potesti esprimere l'ultima / Parola di perdon". Cf. ALBERTI, p. 207.

62. Per maggior dettagli sul funerale vedi MARINI, pp. 34-37 e "Il Messaggero"-2.

 

Spicillo, serve per cercare, e conoscere il dente Cariato; medicarlo, introducendo nella Carie di esso il cotone intrinso in qualche liquore, quando occorra; ed anche per discostare la gengiva dal dente, quando la necessità lo richieda.

 



DELEGAZIONE FILIPPINA DEI FATEBENEFRATELLI
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