Quando nel 1870 fra Orsenigo si assunse la responsabilità dell'Ambulatorio Dentistico dell'Isola Tiberina, il futuro di tutte le Comunità Religiose del Regno d'Italia era quanto mai fosco, ma egli, assicurato come abbiamo visto dai messaggi delle veggenti di Pusiano, non si perse mai d'animo ed appena ultimò il triennio previsto come
durata minima della Professione Semplice perpetua, che aveva emesso il 9 agosto 1868, immediatamente presentò, in data 12 agosto 1871, petizione al padre Generale, nella quale lo supplica "perché, se crede, si degni accordarmi emettere la mia Professione Solenne, non curando nulla la presente situazione de' tempi e la legge civile, ma desidero colla grazia del Signore e voglio dedicarmi stabilmente al servizio di Dio nell'assistenza de' poveri infermi".(1)
La richiesta fu prontamente accolta: nella cartella personale di fra Orsenigo si conserva l'atto originale della Professione Solenne ed in più un'attestazione di fra Alfieri, legalizzata in calce dal pubblico notaio Tommaso Gradassi che ne redasse rogito lo stesso giorno, nella quale si specifica che fra Orsenigo, avendo ottenuto l'approvazione del Definitorio Generale e preparatovisi con i Santi Esercizi, emise nella Chiesa di San Giovanni Calibita per la festa di Sant'Agostino,(2) alle 11 del mattino del 28 agosto 1871, nelle mani del Superiore Generale, la Professione Solenne "innanzi alla Famiglia Religiosa, al Notaio e ai due testimoni".
Da un punto di vista canonico, l'emissione della Professione Solenne conferì a fra Orsenigo la possibilità d'essere eletto Priore di qualche Comunità, ma tale ipotesi non fu mai presa in considerazione, non per poca stima ma, al contrario, per troppa stima, ritenendolo assolutamente insostituibile nell'attività odontoiatrica così felicemente avviata nel Gabinetto Dentistico datogli accanto alla spalletta di Ponte Quattro Capi.
Proprio dettata dal rammarico di non poterlo nominare Priore effettivo, nacque la proposta di nominarlo almeno Priore ad honorem, presentata all'esame del Definitorio Generale già nella seduta del 6 aprile 1875 e ratificata nella successiva seduta dell'11 giugno in riconoscimento della sua "condotta costantemente lodevole ed attiva".(3) Bisogna infatti sapere che così come tra i Vescovi ce ne sono di residenziali, ossia con la responsabilità concreta di una Diocesi, e di titolari, cui è attribuita sulla carta qualche antica Diocesi ormai abolita, analogamente anche all'interno degli Istituti Religiosi, ed in particolare tra i Fatebenefratelli, si usava in quei tempi sottolineare i meriti di qualche Confratello conferendogli il titolo di Priore onorario di qualche Casa non più esistente: a fra Orsenigo venne perciò conferito il titolo di Priore ad honorem del Convento-Ospedale di Santa Maria della Sanità, che in passato la Provincia Romana dei Fatebenefratelli aveva avuto a Cesena.(4)
Anche se le norme araldiche prevedono che i frati nominati Priori di una Comunità possano fregiarsi di uno stemma personale, fra Orsenigo non si diede mai pensiero di crearsene uno, però quando nel giugno 2003 il pittore Eladio Santos lo effigiò in un ritratto ad olio destinato alla sala d'attesa dell'Ambulatorio Odontoiatrico dell'Isola Tiberina, gli sembrò opportuno, ispirandosi allo schema dei ritratti dei Superiori Generali dell'Ordine conservati nella Curia Generalizia,(5) disegnare nel drappeggio alle spalle di fra Orsenigo un blasone di sua ideazione, ottenuto sovrapponendo allo stemma comunale di Cesena la melagrana che è l'emblema dei Fatebenefratelli.(6)
Altro segno dell'eccezionale stima di cui godeva fra Orsenigo è che i Confratelli della Provincia Romana, sia nel corso del Capitolo Provinciale del 1890 sia nel corso di quelli del 1896 e del 1902, lo elessero come loro vocale, ossia loro rappresentante, rispettivamente per il Capitolo Generale del 1893, del 1899 e del 1905, al quale ultimo la morte gli impedì di partecipare. Un grazioso dettaglio a riguardo è l'episodio avvenuto durante la celebrazione del Capitolo Generale tenutosi all'Isola Tiberina dal 19 al 26 aprile del 1893, cui egli intervenne appunto come primo vocale della Provincia Romana: il 24 aprile, sentendosi poco bene ed incapace per la debolezza di lasciare il letto, non partecipò alla seduta(7) e proprio quel giorno venne il fotografo per la tradizionale foto ricordo del Capitolo; a quel punto i Confratelli, dispiaciuti che egli non avesse forze di scendere in cortile per posare con loro, ebbero la simpatica idea di porre sul muro una sua foto incorniciata,(8) affinché almeno in quel modo figurasse nel gruppo anche il suo volto.(9)
Accanto a questi segni di stima, fra Orsenigo ebbe anche a sperimentare lotte ed avversioni, come gli aveva preannunziato Angela Isacchi avvertendolo che a Roma ci sarebbero state per lui sia rose sia spine. Infatti, il successo del suo Gabinetto Dentistico e la circostanza che, pur essendo gratuito, non mancassero pazienti che gli lasciassero offerte, suscitò reazioni non sempre benevole. Nell'ampio necrologio dedicatogli da un settimanale romano nel trigesimo della morte,(10) non manca un accenno a tale lato spiacevole e tuttavia sempre accettato serenamente da fra Orsenigo, che "infaticabile nel suo gabinetto presso San Bartolomeo all'Isola Tiberina, da mane a sera prestò la gratuita opera sua a vantaggio dei sofferenti, e dalla quale non valsero a sottrarlo, né la malvagità degli invidiosi, né la tassa di ricchezza mobile indebitamente applicata all'esercizio della sua carità".
Oltre all'invidia ed alla tassa di ricchezza mobile, ci fu un'altra spregevole reazione, ossia un tentativo di ricatto(11) che, a distanza di quindici anni dalla morte di fra Orsenigo, troviamo così menzionato in un giornale milanese(12): "A Roma nell'Isola Tiberina di San Bartolomeo si ammirano molte curiosità storiche, ma fino a pochi anni or sono la più interessante fra tutte era rappresentata da Frate Orsenigo, il dentista dei Fate-bene-fratelli, il cui ricordo è ancor vivo nel popolo. Strappava i denti ai pazienti il più delle volte con le dita, anzi che con i ferri e li raccoglieva in tre enormi casse. Nel 1875 il direttore di un giornaletto settimanale gli tentò un ricatto. Poi l'insultò bestemmiando. L'atletico dentista gli misurò un pugno tale, che per poco non gli fracassò tutti i denti.(13) Pochi giorni dopo il giornaletto pubblicò un articolo intitolato "Il maniscalco dell'Isola Tiberina". Frate Orsenigo gli rispose mettendosi in regola con la legge: dette il suo bravo esame alla Università di Roma, conseguì il diploma e continuò a cavare i denti con le dita".
Ritratto incorniciato di fra Orsenigo utilizzato per la foto di gruppo del 1893 |
Padre Gabriele Russotto, nel tracciare il profilo biografico di fra Orsenigo, concorda su questa tardiva acquisizione e, pur senza fornire una data precisa, scrive che "dopo diversi anni di esercizio, diede l'esame di abilitazione all'Università di Roma";(14) purtroppo nella cartella personale di fra Orsenigo egli non trovò documenti da cui poter dedurre la data esatta di tale esame, però questo non significa che del superamento dell'esame "non esiste nessuna documentazione nell'Archivio della Curia Generalizia dei Fatebenefratelli"(15). Al contrario, esso può facilmente desumersi da vari riferimenti indiretti e soprattutto dai prospetti statistici dei titoli di studio posseduti dai frati della Provincia Romana.(16)
In quale data e soprattutto in quali circostanze fra Orsenigo, nonostante le difficoltà sempre incontrate nei suoi studi, arrivasse a conseguire il diploma, siamo riusciti ad appurarlo solamente grazie al dattiloscritto di don Benassedo,(17) che dopo aver trascritto il suddetto articolo milanese del 1919, lo commenta rievocando in dettaglio in qual modo il Signore volle infondere coraggio a fra Orsenigo e gli permise di superare brillantemente l'esame all'Università di Roma, nonostante la commissione esaminatrice fosse presieduta da un noto docente massone, evoluzionista convinto e beffardo derisore dei cattolici che si rifiutavano di considerare l'uomo come casuale risultato dell'evoluzione delle scimmie.
Così don Benassedo trascrive il racconto fattone dallo stesso Orsenigo:(18) "Subito che aprii il mio gabinetto a Roma, il concorso era tale, che destò gran gelosia ed invidia in tutti i dentisti; e cominciò gran guerra di calunnie
di ogni sorta per arrestare la corrente di clienti. E non solo ricorsero alle Autorità Governative e Municipali, ma fecero pure delle calunnie ai miei Superiori per farmi allontanare da Roma. Allora mi trovai nella necessità di provvedermi il diploma di dentista e della bassa chirurgia.(19) Un terribile pensiero era per me quello di dare un esame, mentre io non avevo istruzione
ma d'improvviso capitò nel mio gabinetto il Dott. Fioretti, medico del Municipio di Roma e Capo dell'Ufficio di Sanità, che avendo saputo tutti gli incidenti della guerra che era caduta sopra di me, mi propose di impegnarsi presso il Ministro dell'Istruzione ed alla Regia Università per ottenermi una speciale facoltà di dare l'esame senza dare i due anni di Università, che erano obbligatori. E per far vedere bene coi fatti alla mano la mia valentia, si prese molti fogli di carta bollata e si fece fare una cinquantina di certificati dai primi medici di Roma. Presentati all'Università un numero così ragguardevole di certificati, il Ministro dell'Istruzione Pubblica accordò la grazia di dare un esame pratico senza fare i due anni di Università. Il giorno 25 febbraio 1875 era il giorno destinato per dar l'esame all'Università. In quei giorni il mio cuore era straziato dal pensiero di dover andare davanti a quattro professori,(20) ed io, pensando che erano così eruditi, mentre io ero senza scuola, non sapevo come l'avrei passata, e mi raccomandavo alle orazioni di tutti. Quando andai all'Università, mi sentivo il cuore straziato, ma appena entrato nella sala dei professori, mi trovai tutto cambiato, era sparito ogni timore, ed a tutte le interrogazioni dei professori le mie risposte erano tali, che rimanevano sorpresi. Anzi, certe mie espressioni sembravano cose nuove per loro, laonde, dopo un'ora e mezzo di esami, terminarono col concedermi la patente, rallegrandosi meco del brillante esame, ed incoraggiandomi a continuare nella mia opera benefica. Mentre sortivo dalla sala degli esami, nella sala appresso mi trovai in faccia più di venti medici sostituti che mi fecero ala facendomi molti elogi, non di aver dato un esame comunque, bensì d'aver dato un esame da professore".
Ad evitare ulteriori contestazioni alla legittimità dell'Ambulatorio Dentistico di fra Orsenigo, il conseguimento del diploma fu ovviamente portato a conoscenza dei pazienti e delle autorità, nonché dei mezzi di comunicazione, quale ad esempio la Guida Monaci, che già dall'edizione del 1883 prese a segnalare fra Orsenigo come "chirurgo dentista" e con indirizzo personale,(21) ossia in Via Ponte Quattro Capi 40, vale a dire al numero civico, rimasto immutato fino ad oggi, del portone del suo Ambulatorio; negli anni successivi gli attribuisce sempre due numeri civici, ossia il 39 con riferimento al domicilio di residenza, ossia l'Ospedale, ed il 40 con riferimento al domicilio di lavoro, ossia l'Ambulatorio.(22)
Quel crescente rivolo di offerte che fra Orsenigo riceveva dai suoi pazienti, non solo destò tante spiacevoli reazioni dei malevoli, ma preoccupò lo stesso frate, che temette di restar anche lui contaminato da quel denaro, che negli scritti devoti è pittorescamente definito come "sterco del diavolo" per ammonire sul pericolo di restarne insozzati. Come aveva già fatto in altri momenti d'angustia, fra Orsenigo chiese l'aiuto della Madonna perché lo guidasse a vivere con coerenza il proprio Voto di Povertà e fu proprio in questa circostanza, secondo quanto riferisce l'Englefield,(23) che fra Orsenigo prese l'abitudine d'invocare Maria con un titolo ben appropriato alla situazione, ossia di Madre del Buon Consiglio.(24
La popolarità della devozione alla Madonna del Buon Consiglio è legata soprattutto all'omonimo santuario di Genazzano. Questa cittadina laziale, un tempo feudo dei Colonna, fu sede di uno strepitoso miracolo: il pomeriggio del 25 aprile 1467 nella Chiesa di Santa Maria, che i Colonna avevano affidata dal 1356 agli Agostiniani Eremitani, comparve su di una parete un affresco che alcuni esuli albanesi riconobbero come proveniente da Scutari.(25) All'indomani, ossia il 26 aprile, fu grande l'afflusso dei fedeli e tale data restò poi sempre quella della festa della Madonna del Buon Consiglio.
La devozione di fra Orsenigo alla Madonna del Buon Consiglio fu ispirata dal fatto che non solo fin dal 1787 Pio VI aveva concesso ai Fatebenefratelli d'inserire come memoria nel loro calendario liturgico tale festa,(26) ma che fra Orsenigo arrivò a Roma proprio alla vigilia della ricorrenza del IV Centenario del Santuario di Genazzano e che sulla scia di tale centenario fra Alfieri il 15 aprile 1869 ottenne dal Beato Pio IX di darvi maggior rilievo liturgico e di poter in perpetuo lucrare in tal giorno l'indulgenza plenaria,(27) il che ebbe grande risonanza nell'animo di fra Orsenigo, che aveva da poco emesso la Professione Semplice.
Giusto l'anno successivo all'iniziativa di fra Alfieri, fra Orsenigo aprì il Gabinetto Dentistico e gli venne spontaneo affidare alla Madonna del Buon Consiglio quel suo lavoro così stimolante, ma anche così pieno d'insidie. Egli si sentì davvero protetto da Lei e, quando s'avvicinò la data del 26 aprile 1871 in cui ne andava celebrata la ricorrenza liturgica, chiese al padre Generale di poterla organizzare lui con la massima solennità. (28) Fra Alfieri l'autorizzò ad utilizzare a tal fine le offerte che gli lasciavano i pazienti ma dispose che, in consonanza con l'impegno di vita comune perfetta che fra Orsenigo aveva sottoscritto nell'agosto 1868, egli consegnasse tali offerte al Procuratore Generale dell'Ordine, fra Giuseppe Maria Cortiglioni, affinché ne formasse un deposito vincolato, il cui annuo interesse fosse "esclusivamente impiegato per le spese del Triduo e festa di Maria SS.ma sotto il titolo del Buon Consiglio nella Chiesa di San Giovanni Calibita".(29)
Poiché il Santuario di Genazzano si trova in Provincia di Roma e dista appena una cinquantina di chilometri dall'Isola Tiberina, fra Orsenigo ebbe facilità di recarvisi in pellegrinaggio e vi restò affascinato dallo schema compositivo del prodigioso affresco, ispirato alla tradizione iconografica bizantina della Madonna della tenerezza o del dolce amore, detta in greco Glykophilousa, in cui l'affettuoso reciproco abbraccio di Maria e del Bambino ci invita a meditare il mistero di Colei che fu al contempo Vergine e Madre; sovrasta la scena un arcobaleno, che promette pace alle procelle del nostro tormentato itinerario umano. Al ritorno dal pellegrinaggio fra Orsenigo convinse un giovane pittore ad eseguirgli su tela una fedele replica dell'affresco,(30) che per il triduo fu collocata dietro l'altar maggiore della Chiesa del Calibita, tra un profluvio di lumi e di fiori artisticamente disposti.
Durante la festa fra Orsenigo, oltre a far celebrare varie Messe Solenni, invitò una corale per il canto delle Litanie Lauretane(31) dinanzi la copia del quadro di Genazzano e dette istruzione che al termine di esse n'aggiungessero una nuova, ossia quella alla Madonna del Buon Consiglio.
Il cardinale Mario Mocenni |
Si trattò di un'aggiunta liturgicamente un po' arbitraria,(32) ma che un giorno fra Orsenigo sarebbe riuscito a far ufficializzare da Leone XIII grazie alla preziosa amicizia di un cardinale e non per propri meriti professionali, come si sarebbe portati a sospettare, visto che ebbe l'onore di estrarre a tale Papa l'ultimo dente, secondo quanto così ci narra un suo confratello spagnolo:(33) "Il Pontefice Leone XIII aveva subito un intervento chirurgico che lo debilitò assai a causa dell'età avanzata. Appena convalescente gli comparve una tumefazione nelle gengive. Era un inizio di alveolo-periostite e occorreva rimuovere il contiguo dente. Furono chiamati a consulto i medici, compreso il celebre Loppini. Erano tutti d'accordo che era necessario un intervento, però il Santo Padre esitava per timore di complicazioni ed accolse con piacere il suggerimento del card. Mocenni(34) di chiamare fra Orsenigo. L'avvisarono per telefono(35) e, con quella stessa santa semplicità del nostro Fondatore quando si presentò a Filippo II e lo chiamò fratello, fece fra Orsenigo la sua comparsa dinanzi la dotta assemblea. Informato del problema, disse che era una cosa da nulla, anzi la più facile del mondo. Obiettò il Santo Padre che il parere dei medici considerava necessario un vero intervento. Il cavallo di Troia che ne smantellò la riluttanza fu la rotonda replica, della quale nessuno si sentì offeso, "Questi, Santità, non capiscono nulla". E accostando le dita al dente del Pontefice, glielo rimosse tranquillamente e se lo mise in tasca. Nessuno s'era reso conto di quel ch'era successo, poiché tutti pensarono che fra Orsenigo si fosse limitato ad un atto d'osservazione. Ma il Papa avvertì la mancanza del dente e fra Orsenigo fu obbligato a restituire il maltolto, tra i rallegramenti e complimenti degli astanti".
Oltre all'aspetto liturgico, fra Orsenigo ebbe a cuore di organizzare durante il triduo la distribuzione di pane ad un centinaio di poveri e ad una moltitudine assai maggiore il giorno della festa, per un costo complessivo che l'Englefield(36) calcolò tra le duemila e le duemilacinquecento lire.
L'attenzione che fra Orsenigo prodigava con i tanti che in città pativano la fame non gli faceva però dimenticare il rispetto per i beni altrui, come mostra il gustoso episodio(37) di quella volta che l'informarono che ad un fruttaiolo, che da Piazza Montanara stava venendo all'Isola col suo carretto, erano cadute varie ceste d'uva, sulle quali era subito piombata una frotta di poveracci per impadronirsi di qualche grappolo, senza curarsi delle urla disperate del proprietario. In un lampo fra Orsenigo si precipitò sul luogo e, afferrata una pertica, la roteò minaccioso sui ladruncoli, che ritennero prudente non misurarsi con quell'omone dai muscoli d'acciaio.
Un altro episodio in cui risultò preziosa l'erculea corporatura di fra Orsenigo fu quello che Petrai(38) ci riferisce in questi termini: "Una volta, un confratello restò chiuso in uno stanzino dal quale non sapeva più come uscire. L'Orsenigo si appoggiò con le spalle alla porta - una porta a muro - puntò i piedi e dette una stratta. Il muro cedette: la porta si scardinò e il varco fu aperto".
Litografia del 1903 per celebrare l'erezione a Basilica del Santuario di Genazzano
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NOTE
1. L'originale della petizione si trova in AGF nella citata cartella personale di fra Orsenigo.
2. Fu una coincidenza voluta, poiché i Fatebenefratelli, conducendo vita attiva, furono fin dal 1572 sottoposti da San Pio V alla Regola scritta da Sant'Agostino pei religiosi votati a vita attiva, ed hanno pertanto sempre nutrito una speciale devozione a questo Santo, di cui abbiamo già celebrato il 1.650° anniversario della nascita, ma il cui insegnamento resta perennemente attuale. Come segno della loro devozione al Santo i Fatebenefratelli nel grandioso affresco della Gloria di San Giovanni di Dio, che fecero dipingere da Corrado Giaquinto nel soffitto della Chiesa dell'Isola Tiberina, vollero Sant'Agostino raffigurato vicino al loro Fondatore ed affiancato a San Giovanni Calibita.
3. Come specificato nel Verbale del Definitorio Generale dell'11 giugno 1875. Cf. AGF, Deffinitorii generali dal 1850 al 1876, pp. 442-443. Alla stessa data risulta annotata al n. 1004 del Registro delle Patenti dal 17 giugno 1850 al 3 aprile 1902 la concessione a fra Orsenigo della patente di Priore ad honorem del Convento-Ospedale di Cesena di Santa Maria della Sanità. Appare probabile che la concessione del titolo fu un modo per i Superiori di complimentarsi con fra Orsenigo per aver conseguito il 25 febbraio 1875 il diploma di abilitazione all'esercizio della bassa chirurgia ed odontoiatria.
4. Quest'Ospedale di Cesena appartenne alla Provincia Romana dei Fatebenefratelli dal 1784 al 1789 (cf. STATUS, p. 10), mentre dal 1595 al 1784 era invece appartenuto alla Provincia Milanese, la quale pertanto anch'essa in quegli anni di fine Ottocento conferì il titolo di Priore ad honorem di Cesena a fra Eugenio Peluzzi,
morto poi a Milano il 20 marzo 1872, e successivamente a fra Giulio Carinato, defunto a Marano il 23 novembre 1878, ed a fra Omobono Trivulzio, deceduto il 18 novembre 1887 (cf. BROCKHUSEN, pp. 621, 713 e 733).
5. Tali ritratti figurano riprodotti in MEYER.
6. Cf. M-41.
7. Nel verbale di tale giorno fu infatti annotato: "si trovavano presenti tutti li vocali, eccetto il R.P. Giovanni Batt.a Orsenigo, ammalato". Cf. AGF, Verbale del Capitolo Generale 1893.
8. Doveva essere una foto di parecchi anni prima, dato che fra Orsenigo vi figura con indosso il vecchio modello di scapolare dal cappuccio appiattito, la cosiddetta "lumaca", che ormai quasi nessuno dei Capitolari del 1893 appare più indossare. Cf. M-35.
9. Per l'episodio della foto cf. RUSSOTTO-3, vol. II, p. 183. Il primo a riprodurre la foto dei Capitolari fu MONTI, p. 72.
10. Cf. "La Vera Roma"-2.
11. Un analogo tentativo di ricatto - o paghi o ti diffamiamo sui giornali - venne in quegli stessi anni pacatamente respinto da un altro illustre fatebenefratello lombardo, San Benedetto Menni, che per amore al Signore sopportò serenamente un'odiosa campagna scandalistica, protrattasi finché le Autorità Diocesane esigettero un procedimento giudiziario che dimostrò la totale falsità delle accuse della stampa e condannò i diffamatori. Cf. MONTONATI, pp. 108-111.
12. Cf. "L'Italia".
13. Petrai, forse ricamandoci sopra, riferisce l'episodio senza menzionare il tentativo di ricatto e modificando alcuni dettagli: al giornalista che l'aveva definito maniscalco, scrivendo che non sapendo maneggiare i ferri adoperava malamente le unghie, fra Orsenigo avrebbe assestato non un pugno, ma un solenne sganassone, che gli costò cinque giorni di prigione; però, quando ne uscì, mezzo Trastevere e tutti i vaccinari della Regola stavano ad aspettarlo in Via Giulia e lo riportarono al Convento in trionfo. Cf. PETRAI, pp. 227-228.
14. Cf. RUSSOTTO-3, vol. II, p. 182.
15. L'affermazione è del collega Vincenzo MONTI (cf. MONTI-2, p. 47).
16. Cf. ad es. AGF, Statistica dell'Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio, detto Fatebenefratelli al primo gennaio 1892, dove a p. 8 nell'ambito dei 31 Confratelli dell'Ospedale Tiberino fra Orsenigo è ricordato con la qualifica di "Basso Chirurgo" e poi ancora a p. 17 tra i Chirurgi minori, dove figura al quinto posto (ed all'ottavo figura fra Stefano Gazzurelli, che vedremo partecipò alla seduta operatoria cui fu sottoposta Santa Maria Goretti); cf. anche AGF, Provincia di Roma. Elenchi Personale Religioso della Provincia dal 1862 al 1923, dove fra Giovanni Battista Orsenigo viene nel prospetto dell'anno 1900 citato con più esattezza come "chirurgo
dentista" (e l'altro brianzolo, fra Meinrado Orsenigo, è citato come "Farmacista laureato").
17. Cf. M-58.
18. Cf. APP Ben, pp. 464-466.
19. Tale diploma abilitava all'esercizio di quella che allora era definita "Bassa Chirurgia" e che comprendeva anche la pratica odontoiatrica, poi dal 1927 riservata dalla legislazione italiana ai laureati in Medicina e Chirurgia, vietando da quel momento ai dentisti non laureati "ogni manovra, cruenta o incruenta, nella bocca del
paziente". Fino a tale anno l'arte odontoiatrica era ancora esercitata a due livelli, uno più empirico, consentito ai dentisti diplomati, ed uno più scientifico, proprio dei dentisti laureati. Sarebbe dunque anacronistico lamentarsi che fra Orsenigo non si avvalesse di quelle pionieristiche tecniche conservative ed anestetiche, che già erano applicate da alcuni laureati del suo tempo, e si limitasse quasi solo alla pratica estrattiva, che era lo specifico settore consentitogli dal suo diploma.
20. Poiché il diploma, come abbiamo visto, era indirizzato prevalentemente verso l'aspetto chirurgico, gli esaminatori erano i docenti universitari di anatomia e chirurgia.
21. Cf. Guida commerciale, scientifica, artistica ed industriale della città di Roma, Roma, Ed. Guida Monaci, 1883, p. 495.
22. Ad esempio, nella Guida del 1904 a p. 567, sotto la voce "Ospedali Privati" si legge: "Ospedale di S. Giovanni Calibita (Fate-Bene- Fratelli), via S. Bartolomeo all'Isola, 39", mentre a pag. 796, sotto la voce "Medici-chirurghi e Dentisti" si legge: "Orsenigo fra Giov. Battista, de' Fate-Bene-Fratelli, p. di S. Bartolomeo all'Isola 39, 40". Si noti che a quel tempo s'entrava in Ospedale dal portone che è tra la Farmacia e l'ingresso della Chiesa.
23. Cf. APP Eng, p. 4.
24. Il senso di questo titolo mariano, come si deduce dai testi liturgici della Messa votiva, è di supplicare nel nostro esitante e periglioso procedere quotidiano l'intercessione di Maria, riconosciuta come madre spirituale e come consigliera poiché tramite e tesoriera dei doni del Figlio, il "Consigliere ammirabile", venuto a dischiuderci il mistero del Padre ed a darci lume e grazia per saper rinunciare ai nostri futili progetti ed accogliere con filiale docilità lo stupendo piano che Iddio, fin dagli inizi dei tempi, ha amorevolmente preparato per ciascuno di noi.
25. Era questa una piazzaforte albanese, già capitale dell'Illiria e dal 1396 sotto il dominio dei veneziani, ma in quel momento minacciata dai Turchi, che finirono per conquistarla nel 1479. Per inciso, la Madonna del Buon Consiglio, divenuta nel frattempo Patrona di tutta l'Albania, è oggi di nuovo venerata a Scutari, dov'è simbolicamente tornata grazie all'iniziativa di Giovanni Paolo II che prelevò personalmente a Genazzano il 23 aprile 1993 una fedele replica dell'immagine e la recò due giorni dopo a Scutari, affinché fosse collocata in un nuovo Santuario, destinato a sostituire quello distrutto: egli ne benedì la prima pietra e fu poi inaugurato nel 1998 (cf. cronaca e foto in CANNADA, pp. 73-74).
26. Cf. Risi, decreto n. 503, p. 430. Anche nell'attuale e notevolmente sfrondato calendario liturgico dei Fatebenefratelli - approvato dalla Congregazione per il Culto Divino il 24 gennaio 1973, prot. n. 115/73 e mai più cambiato su questo punto - continua a figurare come memoria facoltativa la ricorrenza della Madre del Buon Consiglio, tra l'altro titolare della Provincia Colombiana e di vari Ospedali dell'Ordine, tra cui quello di Napoli.
27. Cf. Risi, summarium n. 140, p. 105; e decreto n. 514, p. 440.
28. L'avrebbe ininterrottamente continuato a fare fino alla morte, ossia per ben 34 anni (cf. l'articolo in "L'Osservatore Romano"-3, riprodotto integralmente in M-45, pp. 346-347).
29. Cf. AGF Nettuno, fasc. III, "Deposito", rendiconti su carta bollata dei depositi a partire dal 10 gennaio 1883. Per inciso, da questi rendiconti risulta che il capitale andò talmente crescendo che il 6 aprile 1885 venne deciso di aprire un secondo deposito, ugualmente affidato a fra Cortiglioni ma con destinazione un poco differente, ossia la costruzione di un Ospedale da intitolare alla Madonna del Buon Consiglio e nel quale insediare una Comunità di "perfetta osservanza e vita comune", secondo i criteri di graduale riforma dell'Ordine suggeriti dal Beato Pio IX.
30. Secondo l'Englefield, fra Orsenigo allettò il pittore assicurandogli che se avesse fatto un buon lavoro, la Madonna gli avrebbe interceduto gran successo professionale, come pare davvero avvenne. Cf. APP Eng, p.4.
31. Nate alla fine del secolo XII, le Litanie Lauretane sono chiamate così per il successo che ebbero nel Santuario di Loreto, custodente le mura della Casa di Nazaret dove il Verbo si fece Carne, giuntevi con prodigioso volo il 10 dicembre 1294. Queste Litanie sono una delle più ricche espressioni della devozione popolare mariana e risultano formate da una serie di brevissime invocazioni di lode alla Madonna, ciascuna seguita dalla supplica "prega per noi". 32. A rigore, ogni aggiunta o modifica alle Litanie andava autorizzata dalla Santa Sede. Le Litanie Lauretane, assieme a quelle per l'incoronazione d'una immagine della Madonna, sono le uniche figuranti nei libri liturgici del Rito Romano, in applicazione delle norme restrittive di Clemente VIII che col decreto Quondam multi del 6 settembre 1601 volle arginare l'eccessivo proliferare di litanie mariane, non sempre teologicamente corrette. Nei quattro secoli successivi furono rarissime le modifiche introdotte dai Papi nelle Litanie Lauretane, che modernamente usiamo sempre associare alla recita del Rosario, specie dopo che Leone XIII, il quale dedicò al Rosario ben 12 encicliche, prescrisse che in ottobre esse venissero cantate al termine del Rosario.
33. Cf. GUIJARRO, pp. 51-52. Cf. anche M-11.
34. Il card. Mario Mocenni era stato nominato sostituto della Segreteria di Stato nel 1882; eletto cardinale il 16 gennaio 1893, divenne il 18 maggio 1894 vescovo di Sabina e abate di Farfa. Morì a Roma il 14 novembre 1904. Era nato a Montefiascone il 22 gennaio 1823.
35. Fu proprio Leone XIII ad introdurre in Vaticano la luce elettrica ed i telefoni, che a quel tempo erano ancora a batteria: solo nel 1904 si ipotizzò di ammodernare la rete telefonica di Roma installando una batteria centrale per eliminare così le pile a casa degli abbonati.
36. Cf. APP Eng, p. 6.
37. Cf. CECCARIUS-2, p. 98.
38. Cf. PETRAI, p. 226. |