Don Temistocle Signori, con la stessa vittoriosa intraprendenza con cui appena nominato Parroco aveva nel dicembre 1882 contattato il Generale dei Passionisti affinché si volessero insediare a Nettuno, provò nel settembre 1885 a contattare il Generale dei Fatebenefratelli affinché facessero altrettanto. Fra Alfieri, dato che ogni nuova fondazione aiutava a svincolarsi dalle pastoie create in Italia dalla legislazione eversiva, si mostrò in linea di massima disponibile, però al contempo esprimendo l'auspicio d'una cordiale intesa con don Temistocle e gli altri parroci locali che spianasse in anticipo il campo da possibili malintesi, quali quelli insorti nel 1877 all'Isola Tiberina.(1)
Lieto della disponibilità dei Fatebenefratelli, il primo passo di don Signori fu di ottenere l'assenso diocesano all'avvio delle trattative(2) e pertanto in data 30 settembre 1885 egli, firmandosi con la qualifica di Presidente della Congregazione di Carità, indirizzò al suo vescovo, il cardinale teatino Raffaele Monaco La Valletta,(3) la seguente petizione:
"Eminenza, allo scopo di migliorare le condizioni e l'andamento del nostro venerabile Ospedale de' poveri e procurare agl'infermi una più sollecita assistenza curativa e religiosa, questa Congregazione di Carità nominata dal Municipio è venuta nella determinazione d'invitare alla direzione del detto Luogo Pio il benemerito Istituto de' Fate-bene-Fratelli, che tanto plauso meritatamente riscuote da ogni persona di senno per il nobilissimo ufficio, cui si è consacrato.
I Religiosi del prefato Istituto potrebbero sul momento occupare l'Ospedale esistente adattato per loro uso, ed in seguito colla contribuzione del Municipio e di persone benefattrici erigerne altro in posizione migliore, e più confacente alla cura de' poveri infermi.
Col venire i medesimi in possesso del Luogo Pio si toglierebbe ancora l'inconveniente rimarcato dall'Eminenza Vostra nella Sacra Visita di quest'anno,(4) che cioè le donne abbiano a passare per la sala degli uomini, stante che i Religiosi prendono la cura de' soli uomini, lasciando che per le donne si provveda altrimenti, obbligandosi essi a mantenere due o tre letti fuori dell'Ospedale.
Prima peraltro di entrare in trattative formali col Reverendissimo Padre Giovanni Maria Alfieri, Generale dell'Istituto, la Congregazione da me rappresentata porge umili istanze all'Eminenza Vostra perché si degni presentare il suo consenso, e permettere che il sullodato Istituto possa avere anche in Nettuno una casa religiosa, e regolarsi secondo le norme proprie, e coi soliti privilegi di parrocchialità(5) per i suoi malati.
Ripromettendomi con fiducia l'implorato consenso, La prego perché voglia farne spedire analogo Decreto dalla nostra Curia, corredato della sua Benedizione, e di qualche parola di conforto a' Religiosi perché si accingano a questa nuova impresa di carità verso Dio ed il prossimo.
Prostrato al bacio della Sacra Porpora imploro a nome di tutti la Pastorale Benedizione".
Ovviamente informato dell'iniziativa, fra Alfieri inviò anche lui, in data primo ottobre 1885, questo breve messaggio al vescovo di Albano: "Prima che noi veniamo a stringere col Comune di Nettuno alcun patto all'oggetto di venire all'esecuzione del nostro Istituto, è troppo giusto che imploriamo il di Lei attento beneplacito per essere assicurati di quella protezione, ed esenzione, e di quei privilegi che ovunque la Santa Sede ci accorda ne' suoi Stati sia per riguardo all'Ordinariato, come pei rapporti col Parroco. Noi dunque umilmente imploriamo di conoscere la di Lei volontà, protestandole fin d'ora il sommo piacere che proviamo coll'esser toccati ancora di quell'amorevole protezione che come Vicario ci accordava in Roma: e in attesa di un riscontro, a nome di tutti le bacio la Sacra Porpora".
Il cardinale Raffaele Monaco La Valletta |
Già il due ottobre il cardinale dette il suo assenso con rescritto apposto in calce alle due suddette petizioni, che furono entrambe poi consegnate a fra Alfieri. Su quella di don Signori il vescovo scrisse: "Sono contentissimo, che i fatebenefratelli prendano ad aiutare il piccolo ospedale di Nettuno: sta alla prudenza del loro padre priore generale e del signor arciprete determinare il modo, dopo di che la curia vescovile farà gli atti necessari".(6) Poiché entrambe le petizioni erano state consegnate a fra Alfieri, che evidentemente non aveva ancora avuto modo d'informarne l'arciprete, questi in una successiva lettera inviata al vescovo il 16 ottobre 1885 manifesta, tra altre cose, il desiderio d'aver un riscontro, dicendogli che "riguardo all'affare dei Fate bene Fratelli, se non un decreto, attendo almeno dall'Eminenza Vostra qualche documento che riesca di soddisfazione": al che il vescovo, con lettera del 27 ottobre 1885 gli risponde che "aveva manifestato al Padre Generale dei Fate bene Fratelli il suo gradimento che l'Ospedale di Nettuno fosse affidato ai suoi correligiosi".(7)
Se dalla Curia Diocesana il progetto ricevette un'approvazione praticamente istantanea, lunghissimo fu invece l'iter burocratico per ottenere il consenso delle Autorità Civili, per cui fra Alfieri pensò bene d'incaricarne fra Orsenigo, sia perché costui aveva amicizie dappertutto, sia perché fu deciso di utilizzare proprio per la costruzione dell'Ospedale di Nettuno quello speciale deposito per nuove fondazioni istituito il 6 aprile 1885 e nel quale fra Orsenigo faceva confluire tutte "le spontanee offerte in riconoscenza delle sue odontalgiche prestazioni".(8) Tale deposito divenne, in effetti, la principale fonte di finanziamento del progetto di Nettuno grazie allo zelo di fra Orsenigo, che si rivelò inoltre il più entusiasta sostenitore dell'iniziativa e ben meritò perciò d'esser prescelto dai suoi Superiori come prestanome legale per l'acquisto del terreno, la firma delle convenzioni ed il rilascio delle licenze d'esercizio.
Nonostante la buona volontà di fra Orsenigo, passarono però quattro anni prima d'arrivare ad un accordo definitivo con le Autorità Civili locali e della Capitale. La maggior difficoltà fu di determinare da un lato l'entità e la natura del contributo che il Comune e la Congregazione di Carità potevano offrire alle ingenti spese di costruzione e di gestione del nuovo Ospedale; e dall'altro la tipologia e modalità delle prestazioni sanitarie che i Fatebenefratelli si impegnavano ad offrire alla cittadinanza.
Nel primo promemoria che fu consegnato a fra Alfieri, venne formulata l'ipotesi di tre modalità d'aiuto che il Comune era disponibile ad offrire e merita, per la sua singolarità, riportare per esteso la terza: "Il Comune somministrerebbe circa due ettari di terreno da ridursi a vignato, a due kilometri circa di distanza. Per far detta concessione il Municipio nella prossima distribuzione delle terre considererebbe la Comunità come una famiglia, dandole tutti i diritti di competenza ai cittadini del paese".(9) Poiché nelle trattative la Comunità Religiosa venne per ineludibile finzione legale identificata con "fra Orsenigo e suoi eredi", a costui s'ipotizzò di riconoscere una cittadinanza (o, più correttamente, una residenza) di fatto. Se egli avesse deciso di trasferirsi a Nettuno, avrebbe potuto usufruire della politica agraria adottata dal Comune che, al duplice scopo d'incrementare la popolazione residente(10) e di ridurre a coltura le centinaia di ettari incolti di proprietà comunale, aveva deciso di assegnarne parcelle a chi le richiedesse, purché fosse o divenisse cittadino di Nettuno. Ma un trasferimento di residenza era impensabile per fra Orsenigo, poiché questo avrebbe comportato l'interruzione della sua attività odontoiatrica all'Isola Tiberina, che rappresentava una fonte indispensabile per finanziare i lavori dell'Ospedale, tanto che in un articolo spagnolo del 1907 si commenterà icasticamente che il nosocomio di Nettuno "fu costruito con i denti".(11) Da questa situazione nacque l'ipotesi di attribuire a fra Orsenigo una specie di cittadinanza di fatto, che comunque egli, pur se in maniera limitata, finì per vivere anche fisicamente, dato che nel suo ultimo ventennio d'attività spese quasi tutto il proprio tempo libero a Nettuno, divenendo un assiduo cliente del treno a vapore, che aveva reso facile e veloce il collegamento con Roma(12) e che trasformò il frate in uno dei primissimi pendolari della città del tridente, nella quale inoltre volle chiudere i suoi giorni e vi fu sepolto, facendo perciò davvero onore al suo essere idealmente considerato come cittadino nettunese.
Dopo vari approcci e tentativi, solamente nell'estate del 1887 s'arrivò finalmente a raggiungere un primo accordo di massima per la realizzazione dell'Ospedale, in base al quale fu redatto il testo di una convenzione che il Comune e la Congregazione di Carità erano disponibili a stipulare con fra Orsenigo. Lo schema di convenzione venne approvata dal Consiglio Comunale con delibera del 4 agosto 1887,(13) della quale purtropponon abbiamo copia, essendo andati perduti nell'Archivio Comunale gli atti di tale periodo; sappiamo solo che la pratica restò poi a lungo insabbiata a Roma, dove era stata inviata per il dovuto controllo di merito da parte della Giunta Provinciale Amministrativa.(14)
L'Ospedale Tiberino come appariva ai tempi di fra Orsenigo |
Nell'estate successiva, forse per superare le obiezioni della Prefettura di Roma, si ritenne opportuno modificare alcuni punti della convenzione, la cui bozza venne consegnata ai Fatebenefratelli dal signor D'Andrea, che era il segretario della Congregazione di Carità di Nettuno. Fra Galdino Grassi(15) fu incaricato di studiare il testo e nella seduta del primo agosto presentò una relazione al Definitorio Generale, di cui era Segretario e che si limitò a suggerire che fra Orsenigo cercasse d'introdurre un articolo che garantisse l'autonomia gestionale dei Fatebenefratelli.(16)
Raggiunto un accordo verbale di fra Orsenigo con i due Enti Pubblici di Nettuno, le modifiche della convenzione furono esaminate ed approvate dapprima dalla Congregazione di Carità nella seduta del 12 agosto 1888 e poi anche dal Consiglio Comunale nella seduta del 7 settembre 1888.
Il nuovo testo(17) prevedeva che la Congregazione di Carità cooperasse sia elargendo per la costruzione dell'Ospedale "a titolo di sussidio al Sig. Innocente Gio. Batt. Orsenigo fu Pietro £ 40.000, quale somma la Congregazione di Carità la ricaverà dalla vendita di aree fabbricabili che possiede in Nettuno" (art. 1); sia contribuendo alle spese di gestione dell'Ospedale col "pagare all'Orsenigo e suoi Eredi in perpetuo lire 300 mensili" (art. 2); sia infine cedendo "all'Orsenigo tutti gli utensili e biancheria ora esistenti nel vecchio Ospedale" (art. 3).
Si noti che l'importo di quel sussidio iniziale di 40.000 lire corrispondeva al prezzo d'acquisto del terreno destinato alla nuova costruzione e che era stato già individuato su un poggio fuori l'abitato, lungo la litoranea che porta ad Anzio.
Per quanto riguarda il Comune, la convenzione prevedeva quattro impegni nei confronti "dell'Orsenigo e suoi eredi": "pagare in perpetuo lire 500 annue a titolo di sussidio per l'ambulatorio" (art. 4); concedere "once due d'acqua del calibro dell'acqua felice, conducendola fino al luogo destinato per l'ospedale e restando detta acqua inalienabile" (art. 5); predisporre l'assegnazione di un lotto in campagna per coltivarlo ad uso dell'Ospedale (art. 6); ed assicurare "l'assistenza gratuita dei sanitari del paese" (art.7).
La concessione d'una piccola tenuta, valutata al momento meno di 500 lire ad ettaro,(18) ma dalla quale si sarebbe potuto ricavare derrate per l'Ospedale, era così prevista dall'art. 6: "Il Comune dichiara il Sig. Orsenigo e suoi, Cittadini Nettunesi ammettendoli a tutti i diritti civili, quali diritti liquida in concedere all'Orsenigo e suoi, ettari tre di terreno restando tale terreno inalienabile". Poiché tale concessione era stata ventilata fin dall'inizio delle trattative, è probabile che figurasse già nello schema iniziale votato nel 1887, ma che finora non è stato possibile rintracciare; pertanto al momento quest'art. 6 del testo del 1888 viene ad essere l'unico documento pubblico noto che menzioni il riconoscimento, direi morale, della cittadinanza nettunese di fra Orsenigo. Vedremo come nella successiva redazione finale del 1889 questa menzione disparve dall'art. 6, credo perché ci si rese conto che non aveva rilevanza giuridica, poiché l'unica vera cittadinanza che possediamo è quella italiana, mentre per cittadinanza comunale deve intendersi la residenza anagrafica. Da un punto di vista strettamente anagrafico fra Orsenigo restò dunque romano fino alla morte, ma possiamo aggiungere che per temperamento rimase brianzolo e che per affetto divenne meritatamente nettunese e come tale è ricordato ancor oggi dalla popolazione di Nettuno.
In forza delle suddette delibere dei due Enti locali, la nuova convenzione fu trasmessa alla Giunta Amministrativa Provinciale, che questa volta in tempi abbastanza solleciti l'approvò nella seduta del 10 dicembre 1888,(19) il che rendeva possibile la stipula della convenzione. A tal fine, la Congregazione di Carità si mobilitò per vendere alcuni beni immobili,(20) onde disporre del contante da consegnare come contributo immediato al momento della stipula; allo stesso tempo si cercò di definire i termini dell'acquisto del terreno, che avrebbe dovuto far immediatamente seguito alla stipula. La scelta del terreno, che apparteneva alla Società delle Ferrovie Secondarie Romane, fu concordata d'intesa con la Congregazione di Carità e col Comune di Nettuno, i cui rispettivi rappresentanti fin dal febbraio 1889 collaborarono insieme con l'ingegner Giacomo Paniconi,(21) divenuto consulente fiduciario di fra Orsenigo, a definire col rappresentante delle Ferrovie i dettagli del contratto di vendita.(22)
L'area prescelta era un rettangolo di 6.750 metri quadrati(23) con splendida vista sul mare, sito su un poggio alto una diecina di metri e dolcemente degradante verso il mare, costituito di macco, una tipica pietra calcarea fossilifera di colore giallino, ottima per fondazioni ed assai utilizzata nell'edilizia locale(24). Dal lato mare il lotto aveva un fronte di 47,50 metri, in quel tempo collimante con la linea ferroviaria,(25) sull'altro lato della quale correva la strada litoranea,(26) snodantesi a picco sulla spiaggia. Sul fianco di ponente il lotto s'estendeva per 116,50 metri, rimanendo delimitato dalla Via del Colle,(27) che contorna l'immenso parco della Villa Borghese. Sul fianco di levante misurava 113 metri, lungo i quali non correva ancora l'attuale strada, che il Comune avrebbe poi giustamente intitolata a fra Orsenigo. Il fronte nord, largo 47.50 metri, prospettava sulla stupenda passeggiata alberata di Santa Barbara.(28)
Purtroppo i mesi passarono senza che la Congregazione di Carità riuscisse a raggranellare il promesso sussidio in contanti, per cui si vide costretta ad ipotizzare qualche differente modalità di cooperazione. Nella seduta del 25 aprile 1889 don Signori, nella sua qualità di Presidente, spiegò ai convenuti Stefano Grappelli, Giovanni Trafelli e Giovanni Ottolini "come nella presente crisi finanziaria essendosi quasi reso impossibile a pronti contanti(29) la vendita dell'aree fabbricabili appartenenti all'Ospedale amministrato da questa Congregazione di Carità" non v'era modo pel momento d'elargire il sussidio di 40.000 lire da versare all'atto del contratto con fra Orsenigo, il quale per non attendere chissà quanto a lungo tempi migliori, aveva proposto che invece di un sussidio iniziale in contanti gli venisse incrementato il contributo di gestione, già pattuito nella misura di 300 lire al mese e che chiedeva venisse portato a 430 lire, ma solo a partire dall'entrata in funzione del nuovo Ospedale. Come fece notare don Signori, tale incremento di 130 lire, oltre a non essere immediato, non equivaleva anno per anno "a corrispondere neppure il 4% sulle 40.000 lire che si dovevano pagare". Quanto al modo di coprire tale uscita mensile, don Signori suggeriva di dare in enfiteusi i terreni che non s'era riusciti a vendere ed inoltre di fittare i locali del vecchio Ospedale appena i malati fossero stati trasferiti nel nuovo. Nella convinzione che tale entrata "sorpasserà di molto l'incremento di mensile", questo e l'intero nuovo schema di convenzione fu approvato "a pienezza di voti per alzata e seduta unanime".(30)
Da parte sua il Consiglio Comunale con delibera n. 6 del primo maggio 1889 accettò con 7 voti favorevoli e 2 contrari tale nuovo schema di convenzione,(31) che fu poi celermente approvato e reso esecutivo dalla Giunta Amministrativa Provinciale di Roma nella seduta del 21 maggio 1889 esigendosi unicamente una modifica nell'art. 13, ossia che in caso di rottura della convenzione da parte dell'Orsenigo, venisse suddivisa in parti uguali tra i due Enti la penale complessiva di 30.000 lire che era invece previsto egli dovesse versare per due terzi al Comune ed un terzo alla Congregazione di Carità.(32)
Non occorre riportare qui per intero il testo definitivo della convenzione, in quanto già recentemente pubblicato,(33) ma è sufficiente evidenziare che rispetto al testo del 1888 il Comune operò alcuni ritocchi nella parte di sua spettanza: nell'art. 4 si conferma la fornitura idrica gratuita, (34) ma "non consegnandogli detta acqua sulla località, che si acquisterà dal Sig. Orsenigo per la costruzione del nuovo Ospedale, ma bensì sulla Piazza dell'Indipendenza, e che dovrà condottare a proprie spese"; nell'art. 5, senza più menzionare la cittadinanza, si conferma che "il Comune di Nettuno dà all'Orsenigo e suoi eredi, ettari sei di terreno, quale terreno dovrà scegliersi di comune accordo dalle Parti, cioè a confine delle terre date a miglior coltura"; nell'art. 6 non viene più assicurata l'assistenza gratuita dei sanitari del paese, ma al contrario si precisa che "l'Orsenigo e suoi eredi provvederanno per proprio conto all'assistenza medica e chirurgica dell'Ospedale"; nell'art. 9 si precisa ed estende l'orario dell'Ambulatorio sussidiato dal Comune, che dovrà restare aperto "tre ore nella mattina e tre ore nel pomeriggio".
In base alla convenzione, fra Orsenigo ed i Confratelli suoi futuri eredi s'impegnavano con l'art. 7 ad "acquistare un'area di circa mq 5.000, su porzione della quale(35) costruiranno, nel termine di tre anni, a tutte loro spese, un Ospedale per gli uomini capace di venti letti. Più arrederanno una camera sufficiente per cinque letti a ricovero delle povere ammalate, somministrando per tal uso la Congregazione di Carità un conveniente locale"; con l'art. 8 a "fornire e mantenere, a tutte loro spese, l'occorrente in suppellettili, sevizio, vitto e medicinali"; con l'art. 10 a "provvedere nell'ospedale fino a 1600 giornate di presenza annue, compresi ambedue i sessi, ricevendo per tal onere il mensile come all'Art. 1. Oltrepassando tale numero la Congregazione di Carità, avendo fondi disponibili, potrà inviare altri infermi oltre il numero delle presenze sopraindicate, corrispondendo lire due per ogni giornata di presenza in più delle 1600"; con l'art. 11 a "non ricevere ammalati da computarsi relativamente agli oneri assunti se non muniti di un certificato rilasciato dalla locale Congregazione di Carità"; con l'art. 12 a "impiantare e mantenere in detto Ospedale una farmacia" ed in essa "erogare tanti medicinali, a prezzo di tariffa ridotta, pel valore di lire duecento annue ai poveri di Nettuno, riconosciuti dalla Congregazione di Carità mediante apposito documento"; infine con l'art. 13, invece di prevedersi, come nel vecchio testo, che a reciproca garanzia dell'osservanza dell'accordo fra Orsenigo avrebbe dovuto accendere un'ipoteca per un importo di 60.000 lire sull'ala ospedaliera e la Congregazione di Carità un'ipoteca di 40.000 lire sulle aree di sua proprietà, si lascia, come meglio precisato nel successivo art. 14, libertà di volere o meno tale ipoteca e si sancisce semplicemente un indennizzo nell'eventualità di mancato adempimento degli obblighi assunti con la convenzione: per fra Orsenigo, come già visto, l'indennizzo sarebbe consistito nel pagamento complessivo di 30.000 lire; per la Congregazione di Carità di 20.000 lire; e per il Comune nella "perdita dell'acqua e del terreno ceduti".
Ovviamente fra Orsenigo assunse tali onerosi impegni in base a due dati concreti: limitatamente alle spese iniziali d'impianto dell'ospedale, confidava di riuscirvi a far fronte con le offerte dei suoi pazienti, ma poiché quel cespite straordinario non poteva certo durare all'infinito, riguardo invece le spese di gestione ordinaria, contava sull'impegno che il Comune e la Congregazione di Carità s'erano assunti firmando la suddetta convenzione, con la quale restavano obbligati a contribuire per sempre alla gestione con una quota fissa annua, per inciso non superiore a quella già da loro finora mediamente spesa e che, per carenza di strutture, non aveva però mai permesso d'offrire alla popolazione un'assistenza sanitaria adeguata per qualità e quantità.
Un'idea del bisogno assistenziale del bacino d'utenza la possiamo ricavare sia dai dati, certi ma non aggiornati, del censimento del 31 dicembre 1871, che segnalava per Nettuno 2.165 abitanti su una superficie di 8.027 ettari; sia da uno studio di fattibilità che fu presentato al Consiglio Generale dell'Ordine,(36) nel quale si valutava che nell'abitato di Nettuno ci fosse durante i nove mesi della buona stagione un'addizionale presenza di duemila villeggianti e che nelle contigue tenute di Conca e Campomorto fosse impegnato nei lavori agricoli un bracciantato fluttuante di circa tremila persone; inoltre si considerava la possibilità di servire anche i militari del Poligono e l'annessa istituenda Scuola di Tiro,(37) nonché il comune di Anzio, distante appena un chilometro e la cui popolazione fluttuante si stimava sulle mille persone, oltre ovviamente a quella stabile, che al censimento del 1871 era risultata di 1.932 abitanti su una superficie di 4.312 ettari.
Nello studio di fattibilità si precisava che, a norma delle Tavole di Fondazione dell'esistente Ospedale di Nettuno, avevano diritto al ricovero gratuito i residenti poveri del paese ed i marinai che venissero sbarcati per infortunio dai navigli di passaggio, ed andavano ovviamente aggiunte le migliaia di braccianti agricoli fluttuanti. La Congregazione Comunale di Carità, tenendo conto delle citate cifre sull'entità dell'utenza e potendo contare su circa 5.000 lire di rendita l'anno,(38) ritenne giusto e fattibile versare mensilmente a fra Orsenigo un importo complessivo annuo di 3.600 lire, da incrementare a 5.160 quando fosse entrato in funzione il nuovo e più dispendioso Ospedale.
Quanto al Comune, il sussidio annuo di 500 lire che s'impegnava a versare per l'assistenza ambulatoriale dei poveri equivaleva a quel che il Sindaco usava annualmente spendere a tal fine, come risulta da una lettera inviata da don Signori al suo vescovo il 16 ottobre 1885, in cui dice che nel 1880 il Sindaco disponeva di un fondo di mille lire "da erogarsi metà in soccorso ai bisognosi e metà a' poveri infermi del paese".(39) Riguardo poi alla promessa del terreno, la cessione di sei ettari incolti e sabbiosi in contrada La Seccia fu formalizzata il 23 maggio 1890.(40) Diligentemente fra Orsenigo li fece dissodare e vi fece piantar viti, ortaggi e alberi da frutto, scavare un pozzo, edificare una casa colonica,(41) corrispondendo dunque in pieno alle aspettative del Comune.
Fidando nella bontà della convenzione, raggiunta "dopo lunghe ma necessarie pratiche e scambio di vedute",(42) l'11 giugno 1889 le parti s'incontrarono all'Isola Tiberina per stipularla dinanzi al notaio nettunese Luigi De Luca: assieme a fra Orsenigo la firmarono Stefano Grappelli, quale consigliere anziano facente funzioni di Sindaco, e don Temistocle Signori, quale Presidente della Congregazione di Carità.
In data 12 giugno 1889, giusto all'indomani della firma della convenzione ed in immediata applicazione di essa, fra Orsenigo firmò anche, questa volta congiuntamente al suo Superiore Generale ed al suo Superiore Provinciale, l'atto d'acquisto del terreno su cui edificare l'Ospedale. Per affrontare la compera, fra Cortiglioni estinse lo specifico deposito bancario in titoli a medio termine, nel quale fin dal 6 aprile 1885 erano andate confluendo le offerte lasciate a fra Orsenigo dai suoi pazienti ed arrivate all'importo complessivo di 41.000 lire: la somma fu consegnata in contanti ed interamente spesa per pagare sia il venditore, sia le spese notarili e di registrazione.(43)
Avendo la legislazione eversiva italiana privato l'Ordine della personalità giuridica, tutti e tre i suddetti frati firmarono a titolo personale e coi loro rispettivi nomi secolari: Innocente Orsenigo, Giorgio Gasser e Angelo De Giovanni. Trattandosi però di una semplice finzione giuridica, poiché in coscienza essi avevano acquistato non per se stessi ma per il loro Ordine, essi fecero successivamente testamento a favore di altri Confratelli, in modo che in caso di morte la proprietà acquistata non passasse ai propri parenti, ma restasse alla Comunità Religiosa.
Fra Orsenigo redasse in duplice copia il proprio testamento olografo il primo agosto 1890, designandovi i Confratelli Gasser e De Giovanni come "eredi universali a parti uguali ed in specie per tutto che mi riguarda in Nettuno". Tali ultime volontà non vennero mai più modificate e pertanto, due settimane dopo la sua morte, il semplice fogliettino di 17 righe che le conteneva fu pubblicato dal notaio romano Marzio Ambrosi Tommasi in data 29 luglio 1904, repertorio n. 13087, che ho potuto consultare nell'Archivio Notarile Distrettuale di Roma, verificandone la perfetta coincidenza col testo dell'altra copia, rimasta nell'Archivio Generale dei Fatebenefratelli.(44)
Pellicano, per alcuni denti per lo più vacillanti, e radiche.
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NOTE
1. San Pio V con la Bolla "Salvatoris" dell'8 agosto 1571 aveva concesso ai Fatebenefratelli il privilegio che il loro binomio Convento-Ospedale fosse considerato una quasi parrocchia, per cui nell'ambito dei ricoverati e del personale i loro cappellani potessero somministrare i Sacramenti ed officiare funerali senza doverne dar conto al parroco della zona (cf. Risi, p. 37, §8); ma all'Isola Tiberina il Parroco di San Bartolomeo, interpretando alla lettera il nuovo Statuto del Clero approvato nel 1862, aveva nel 1877 sollevato obiezioni alle suddette prerogative canoniche e c'erano voluti due anni prima che il Cardinal Vicario, sentiti gli esperti, riconoscesse il buon diritto dei Fatebenefratelli (ibid., nn. 84-87, pp. 70-73).
2. Spetta infatti al vescovo autorizzare il primo ingresso in diocesi di nuovi Istituti Religiosi.
3. Nato a L'Aquila nel 1827 e morto ad Agerola (Salerno) nel 1896, era vescovo di Albano dal 24 marzo 1884. Creato cardinale dal Beato Pio IX nel 1868 e suo Vicario Generale il 21 dicembre 1876, a motivo di tale incarico e fin quando nel 1884 lo lasciò per assumere la Diocesi di Albano, fu il Cardinale Protettore dei Fatebenefratelli, che quindi conosceva bene. 4. La Visita Pastorale era stata effettuata dal 24 al 27 maggio 1885 ed aveva toccato l'Ospedale la mattina del 25 (cf. Spina, pp. 102-104).
5. Appare chiaro il riferimento ai malintesi insorti pochi anni prima nell'Urbe col parroco di San Bartolomeo e ben noti al Vescovo di Albano, che allora era ancora Cardinal Vicario in Roma.
6. Cf. AGF Nettuno, fasc. III, "Posizione dei Documenti ed altro sulla istallazione dell'Ospedale e Casa di Salute di libera proprietà dell'Istituto di Nettuno dal 1885", lettera 1.
7. Cf. ADA, lettera n. 92.
8. Cf. AGF-Ne, fasc. III, "Deposito".
9. Cf. AGF-Ne, fasc. III, "Progetto d'impianto di un nuovo Stabilimento di salute da erigersi in Nettuno".
10. In effetti Nettuno, che al censimento del 31 dicembre 1871 contava 2.165 abitanti su una superficie di 8.027 ettari, al censimento del 10 febbraio 1901 salì a 5.072 abitanti, dei quali 3.406 residenti in città.
11. Testualmente: "Verdaderamente esta casa ha sido construida con los dientes". Cf. Guijarro, p. 51.
12. La linea da Nettuno ad Albano era stata inaugurata il 23 marzo 1884 e fu prolungata fino a Roma Termini il 3 ottobre 1889. Cf. BLASIMME.
13. La data di questa prima delibera è menzionata nel f. 2 della successiva delibera del 7 settembre 1888. Cf. ACNe, verbale della seduta del Consiglio Comunale del 7 settembre 1888: fotocopie di tale seconda delibera e della terza del 1889, rintracciate dai volontari dell'Associazione "Il Tridente", mi sono state gentilmente consegnate dall'avv. Benedetto La Padula, Segretario Comunale di Nettuno, che ringrazio.
14. Dagli Atti del Consiglio Generalizio dei Fatebenefratelli (cf. AGF, Verbali del Definitorio Generale dal 1877 al 1896, seduta del 28 dicembre 1887) risulta che nel dicembre la pratica era ancora ferma in Prefettura (era infatti il Prefetto a presiedere la Giunta Amministrativa Provinciale) e si suggeriva a fra Orsenigo di procedere con cautela e sempre d'intesa col Cardinale Protettore dei Fatebenefratelli. Costui era in quel momento il Cardinale Lucido Maria Parocchi, in automatica conseguenza del suo incarico come Vicario Generale del Papa dal marzo 1884 alla fine del 1899; passerà poi vescovo di Albano ed a motivo di tale nuovo incarico sarà proprio lui a benedire nel 1890 la prima pietra dell'Ospedale di Nettuno; egli era nato a Mantova nel 1833 e morirà a Roma nel 1903.
15. Fra Galdino Grassi era nato a Milano il 4 gennaio 1826 ed entrò nell'Ordine il primo marzo 1848, giusto in tempo per assistere i feriti delle gloriose Cinque Giornate; emise la professione Solenne il 6 gennaio 1850 ed ordinato sacerdote il 26 luglio 1856, fu nominato Maestro dei Novizi, poi nel 1876 Consigliere Provinciale e nel 1881 Segretario Provinciale; lasciò la Provincia Milanese quando il 15 gennaio 1884 fu chiamato a Roma da fra Alfieri, che poi nel 1887 lo nominò Segretario Generale; morì all'Isola Tiberina il 20 maggio 1897 (cf. BROCKHUSEN, pp. 347-351 e 558). Pubblicò due libri: GRASSI e GRASSI-2.
16. Cf. AGF, Verbali del Definitorio Generale dal 1877 al 1896, seduta del primo agosto 1888.
17. Cf. in ACNe il testo completo della convenzione riportato nei ff. 2-5 del verbale della seduta del Consiglio Comunale del 7 settembre 1888.
18. Tale valutazione è menzionata nel f. 23 del verbale della seduta del 7 settembre 1888.
19. Cf. ACNe, annotazione in calce alla pagina finale del verbale della seduta del Consiglio Comunale del 7 settembre 1888.
20. In antico non si fondava Ospedale senz'assegnargli un dote di beni immobili, con la cui rendita assicurare la gestione ordinaria; anche l'antico Ospedale di Nettuno possedeva dei terreni, che si pensò d'alienare per ricavarne il contante con cui contribuire alla costruzione del nuovo Ospedale.
21. Aveva lo studio in Roma e finché visse non presentò mai la sua parcella a fra Orsenigo, né per le varie consulenze dal 1885 in poi, né per il progetto dell'Ospedale di Nettuno, né per la direzione tecnica e collaudo dei lavori edilizi; morto lui, l'ingegner Enrico Paniconi suo erede presentò una parcella per tutte tali voci, per un
importo complessivo di 15.735,20 lire, scontate poi a 7.500 lire, che gli vennero saldate il 21 maggio 1894. Cf. AGF-Ne, Stato e Conto di Cassa per la Casa, Farmacia e fabbrica di Nettuno, quietanza n. 3 del 1894.
22. Cf. AGF, Verbali del Definitorio Generale dal 1877 al 1896, seduta del 2 febbraio 1889.
23. Superficie e perimetro risultano specificati nel "Verbale di consegna da parte della Società delle Ferrovie Secondarie". Cf. AGF-Ne, fasc. II, Carte restituite dall'ingegnere Enrico Paniconi riguardanti i lavori di Nettuno, oggi 22 maggio 1894.
24. Già in epoca romana usavano ricavare calce dal macco macinandolo e poi cuocendolo. Blocchi di macco, ricavati dallo scavo delle fondazioni, furono largamente utilizzati per le mura dell'ospedale e proprio rimovendo alcuni di tali blocchi è stata nell'ottobre 2004 ricavata una nicchia nelle possenti mura della Cappella per traslarvi i resti mortali di fra Orsenigo.
25. Attualmente in tutta la zona la linea ferroviaria corre in un tunnel, che fu scavato in epoca fascista per facilitare il decollo edilizio del tratto costiero, liberandolo dal servaggio dei binari.
26. Oggi quel tratto della strada provinciale è intitolato ad Antonio Gramsci.
27. Limitatamente al tratto iniziale costeggiante il lotto, il Comune l'ha modernamente ridenominata Via San Benedetto Menni per rendergli omaggio in occasione della canonizzazione e ricordare la sua frequente presenza
nell'Ospedale, nella cui Cappella egli più volte celebrò la Messa e nella quale v'è ora un altare laterale a lui dedicato. Inoltre, fu questo Santo che nel luglio 1910 affidò il Reparto femminile dell'Ospedale ad una Comunità delle Suore Ospedaliere del Sacro Cuore di Gesù, da lui fondate e che vi si prodigarono nell'assistenza alle malate fino al marzo 1915, quando si trasferirono in una vicina autonoma sede; esse sono tuttora operanti a Nettuno con la loro Casa di Riposo Villa Miramare, sita sul mare in Via Gramsci e che nel febbraio 1935 ebbe l'onore di ricoverare il futuro Paolo VI.
28. Oggi si chiama Via dell'Olmata.
29. In quegli anni v'era non solo una drammatica stasi del mercato edilizio susseguita al boom delle nuove costruzioni per Roma Capitale, ma proprio tale stasi aveva innescato lo scandalo e poi il fallimento della Banca Romana e di una serie d'altre banche, polverizzando i risparmi d'innumerevoli depositanti e bloccando ogni intento d'acquisto.
30. Il verbale della seduta è riportato come allegato B nell'atto notarile di stipula della convenzione, rogato dal notaio Luigi De Luca, residente a Nettuno in Via Cavour n. 8, e da lui registrato in Albano Laziale il 24 giugno 1889 (Repertorio del registro N. 2145), per cui è consultabile in ANRm; anche di tale atto notarile m'è stata consegnata fotocopia dall'avv. Benedetto La Padula.
31. La delibera è riportata come allegato C nel già citato atto notarile ed è inoltre consultabile nel già citato verbale del Consiglio Comunale. Un ampio estratto delle delibera è riportato da LA PADULA, p. 30, nota 27. Alla seduta, presieduta da Stefano Grappelli quale assessore anziano facente funzioni del Sindaco, parteciparono i consiglieri Bartolomeo Catanzani, Giovanni Trafelli, Filippo Trovarelli, Francesco Casaldi, Giovanni Ottolini, Salvatore Turchi, Lorenzo Ottolini e Domenico Ottolini, risultando assenti altri sei consiglieri; il consigliere Trovarelli, come aveva già fatto nella discussione del precedente schema di convenzione, criticò, ma parimenti senza successo, l'ubicazione del nuovo Ospedale, sostenendo che se lo si erigeva a ponente dell'abitato, l'usuale vento ponentino avrebbe portato dritto nelle case gli eventuali miasmi.
32. La delibera della Giunta è riportata come allegato D nel già citato atto notarile.
33. Cf. LA PADULA, p. 31, nota 49. Da precisare però che l'autore ha omesso la numerazione degli articoli e non menziona la modifica dell'art. 13 richiesta dalla Giunta. Nettuno: Sanatorio e Farmacia Orsenigo (cartolina del 1903)
34. L'acqua proveniva dalla sorgente Tinozzi, che già dal 1884 il Comune aveva incanalata in condotti di ghisa per distribuirla in quel versante dell'abitato. La fornitura gratuita di due once d'acqua garantiva un afflusso di circa 24 litri al minuto, pari a 40 metri cubi al giorno.
35. La precisazione d'una utilizzazione solo parziale dell'area era motivata dalla prospettiva di edificare in contiguità un'ala ad uso non dell'Ospedale ma dell'Ordine.
36. Cf. AGF-Ne, fasc. III, "Progetto d'impianto di un nuovo Stabilimento di salute da erigersi in Nettuno".
37. La Scuola Centrale di Tiro di Nettuno, istituita con regio decreto 24 giugno 1888, fu aperta dal Ministero della Guerra il primo luglio 1889 (cf. SULPIZI, p. 131) e ricoveri per feriti d'artiglieria cominciano a figurare nell'Ospedale di Nettuno già nel 1890, come risulta dalla statistica curata dal chirurgo Perotti, lo stesso che opererà Santa Maria Goretti (cf. Archivio della Provincia Romana dei Fatebenefratelli, cartella Nettuno, Norberto PEROTTI, Rapporto statistico del movimento degli infermi nell'Ospedale Orsenigo di Nettuno, anno 1890).
38. Cf. AGF-Ne, fasc. IV, "Cause Giudiziarie", fasc. 1, "Sentenza dell'11 settembre 1893", p. 9.
39. Cf. ADA, lettera n. 92.
40. Come da atto stipulato a Nettuno dal locale notaio Luigi De Luca, nel quale si precisa che il terreno era "confinante con lo Stradone XV bis per l'estensione di lineari metri 318, fino all'incontro dell'altro stradone o carrareccia di comunicazione con la Strada che da Nettuno va a Cisterna, quest'ultima carrareccia per l'estensione di lineari metri 180". Cf. AGF-Ne, fasc. III, "Posizione dei Documenti ed altro sulla istallazione dell'Ospedale e Casa di Salute di libera proprietà dell'Istituto di Nettuno dal 1885", documenton. 11: "Copia semplice dell'Istromento di consegna di Terreno fatta dall'Ecc.mo Comune di Nettuno a favore del Sig. Innocente Giovan Battista Orsenigo".
41. Cf. AGF-Ne, fasc. IV, "Cause Giudiziarie", cartella. 3, Università Agraria, Avv. Carlo Scotti, "Comparsa Conclusionale del 28 febbraio 1911", p. 33.
42. Come precisato dal notaio nel preambolo della stipula. Cf. ANRm; atto notarile cit., f. 199v.
43. Cf. AGF Nettuno, fasc. III, "Deposito"; cf. anche AGF Nettuno, fasc. I, quinterno "Stato e Conto di Cassa per la Casa, Farmacia e fabbrica in Nettuno (1889-1892)", p. 1.
44. Cf. AGF, faldone "Necrologi e Testamenti", cartella "Testamenti dei Religiosi Defunti (1815- 1926)".
Trapano, per ingrandire, e pulire la cavità dei denti cariati.
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