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Fra Orsenigo
il brianzolo
che conquistò Roma

di

FRA GIUSEPPE MAGLIOZZI o.h

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2 - NEL GIARDINO DELLA SANTA PAROLA


L'Orsenigo nel 1859 aveva l'età giusta per essere arruolato, tanto che nelle liste di Leva del Comune di Pusiano apparve elencato come "requisibile",(1) ma l'arruolamento era a sorteggio e la Seconda Guerra d'Indipendenza fu così breve che non corse alcun rischio di dover partire per il fronte; ma, guerra o no, al divenire maggiorenne egli prese ad avvertire un crescente desiderio di nuovi orizzonti.

Alieno da avventure militari, egli si guardò bene dall'imitare l'esempio di uno dei suoi fratelli, che entrò nell'esercito finendo ufficiale del 42° reggimento di linea, però cominciò anche lui a carezzare l'idea di lasciare il paesello. Poco alla volta, non sappiamo bene se già subito, quand'era ancora suddito asburgico, o se invece più tardi, quand'era ormai divenuto definitivamente suddito sabaudo, ossia se prima o dopo che la pace di Zurigo del 10 novembre 1859 sancisse l'annessione ufficiale della Lombardia al Piemonte per formare quello che dal 17 marzo 1861 si sarebbe chiamato Regno d'Italia, egli maturò il proposito di lasciare i fratelli e di cercar lavoro a Milano, mettendo a frutto la sua esperienza nella salsamenteria della famiglia per farsi assumere da qualche analogo negozio della capitale lombarda.

Con molta probabilità egli discusse il suo progetto col nuovo parroco di Pusiano, don Felice Mariani, col quale mantenne sempre stretti rapporti di direzione spirituale sia a voce sia per lettera.(2) Secondo le informazioni fornitemi dal dottor Fabrizio Pagani dell'Archivio Storico della Diocesi di Milano, don Mariani era nato a Monza il 3 aprile 1814 ed era stato ordinato sacerdote il 20 maggio 1837; dopo esser stato per alcuni mesi vicario spirituale della Parrocchia di Pusiano, ne fu nominato parroco il 30 novembre 1855 e mantenne tale incarico fino alla morte, avvenuta il 9 novembre 1877.

In una petizione inviata l'11 maggio 1858 al Beato Pio IX lo stesso don Mariani si descrive così: "Io sono sacerdote ordinato nel 1837 in Milano; fui i primi dieci anni sempre impiegato nella cura delle anime semplici, in qualità di coadiutore e vicario in varie parrocchie; nel 1847 fatto parroco, prima in sito alpestre,(3) poi da tre anni a Pusiano, Parrocchia numerosa, difficile, povera ma in sito il più ameno della Brianza".(4)

Don Mariani si trovò a reggere la Parrocchia di Pusiano nel tormentato periodo di transizione da un regime che voleva saldamente uniti Trono e Altare, qual era il regime asburgico, ad un regime di netta ispirazione massonica, qual era quello sabaudo, che non solo propugnava teoricamente l'autonomia delle due realtà - libera Chiesa in libero Stato - ma concretamente mirava alla dissoluzione d'ogni potere ecclesiastico ed alla confisca dei suoi beni. Una prima pesante conseguenza della situazione conflittuale fu l'impedire al nuovo arcivescovo di Milano d'insediarsi nella sua diocesi.

Il precedente arcivescovo, mons. Bartolomeo Romilli, insediato nel 1847, era stato il 12 dicembre 1857 colpito da un infarto da cui non riuscì più a riprendersi finché lo colse la morte il 7 maggio 1859. Era evidente l'opportunità di provvedere rapidamente ad una nuova nomina, essendo la diocesi rimasta praticamente senza guida per oltre un anno. Poiché in forza del Concordato del 1855 l'imperatore Francesco Giuseppe aveva il diritto di patronato sulla diocesi, egli dopo aver letto il rapporto inviatogli il 5 giugno dal suo ministro per il Culto segnalò il 7 giugno al Papa quale nuovo possibile presule uno dei docenti del Seminario, il canonico milanese mons. Paolo Angelo Ballerini, che era stato fino allora Vicario Generale dell'infermo mons. Romilli. Il Beato Pio IX confermò la scelta imperiale nel Concistoro del 20 giugno 1859, senza dar peso al fatto che era iniziata la Seconda Guerra d'Indipendenza e che l'8 giugno, dopo la vittoria di Magenta, Napoleone III e Vittorio Emanuele II erano entrati trionfalmente in Milano. In quel momento la situazione militare era ancora incerta, mancavano ancora quattro giorni alla decisiva battaglia di Solferino e solo l'11 luglio ci sarebbe stato l'armistizio di Villafranca, per non parlare del trattato di pace, firmato addirittura nel novembre, quindi era giuridicamente corretta la decisione del Papa di tener conto della segnalazione dell'imperatore asburgico. Ma il nuovo governo piemontese, presto rinominatosi italiano, non volle mai accettare la decisione del Beato Pio IX e considerò vacante la diocesi di Milano, lasciandola di fatto governare dal Vicario Capitolare, il vescovo ausiliare mons. Carlo dei conti Caccia Dominioni, che nel frattempo mons. Ballerini, essendogli impedito l'insediamento in Diocesi, nominò suo Vicario Generale. Il povero mons. Caccia, che tenne l'incarico finché lo colse la morte il 6 ottobre 1866, si trovò in una situazione paradossale: il Governo sabaudo gli permetteva solo quegli atti propri del Vicario Capitolare, ossia di chi governa una Diocesi vacante, mentre bloccava quegli atti che gli sarebbero
stati consentiti nella veste di Vicario Generale del titolare andatosene in esilio.


Mons. Nazari di Calabiana

Cercando di smussare il conflitto, il Beato Pio IX nel 1867, quando per inciso l'Orsenigo non era ormai più in Lombardia, accettò le dimissioni presentate da mons. Ballerini(5) dopo la morte di mons. Caccia e trasferì al suo posto il presule di Casale Monferrato, mons. Luigi Nazari di Calabiana, che entrò a Milano il 23 giugno e resse la diocesi per un quarto di secolo, finché il 23 ottobre 1893 lo colse la morte alla veneranda età di 85 anni. Nonostante la sua mitezza evangelica e la sua costante ricerca di concordia,(6) le autorità civili non mancarono di angariare sia lui sia i suoi collaboratori e quando morì arrivarono a negargli la sepoltura in Duomo, che poté essere effettuata solo nel 1912.

A quest'ostile clima politico il clero ambrosiano, benedetto in quei critici decenni da numerose figure oggi sugli altari o in via d'arrivarvi, rispose con una tempestiva revisione del proprio stile di vita e degli obiettivi della catechesi dei fedeli. Sul piano dello stile di vita il clero cercò d'attuare quel monito che il milanese Carlo Ravizza (1811-1848), allora uno dei più popolari scrittori cattolici lombardi, aveva posto sulle autorevoli labbra dell'abate e poeta Giuseppe Parini per invitare un giovane ordinando prete a desiderare solo quel prestigio che deriva dall'esercizio della carità e dal fare il bene:(7) "Il secolo che aspira a pareggiare tutte le condizioni, ha tolto al clero quei privilegi che parevano da mille anni dargli una potenza senza contrasti e senza eccezioni. Tu che sei giovine vedrai anche questi fraticelli snidati, raminghi destare le risa del mondo, di cui non conoscono le usanze. Continueranno quei soli che sono evidentemente attivi ed utili, perché il secolo non avrà il coraggio di far valere contro essi i suoi pretesti. Fate sinceramente del bene, e l'avvenire vi rispetterà ... Tu figlio, presto sarai prete. Che tu possa non dimenticare giammai la tua tremenda missione! Il campo è più che mai aperto e sgombro, e bisogna entrarvi spogli e colle sole armi della carità e della fede, e l'amore e la venerazione de' popoli dovrete conquistarli colle azioni".

Sul piano della catechesi il clero, per controbilanciare l'improvviso venir meno del tradizionale appoggio delle autorità civili alla pratica religiosa dei fedeli, cercò di puntare con più impegno alla crescita spirituale del gregge, aiutandolo a raggiungere una maturità interiore che non avesse più bisogno del puntello di strutture sociali amiche ed avesse il coraggio di giocarsi benessere e carriera, se non la vita, pur di restare coerenti alle proprie convinzioni religiose.

APusiano fu questa appunto la strada che percorse il nuovo parroco don Felice Mariani, che nel variegato rinnovamento spirituale della diocesi ambrosiana seppe evitare gli estremismi, sia rosminiani sia soprattutto giansenisti, e si distinse per un profondo spirito eucaristico, che lo portò a precorrere di mezzo secolo quel frequente accostarsi alla Comunione di cui San Pio X nel 1905 si sarebbe fatto ufficialmente promotore, riconoscendolo mezzo insuperabile di progresso spirituale.(8)

Lo zelo eucaristico di don Mariani trovò favorevole risposta in molte anime, alcune delle quali, dopo esser divenute fedeli alla Comunione quotidiana, si affiatarono a costituire un gruppetto informale, che don Mariani amava definire "Giardino della Santa Parola" poiché esse vivevano nella dimensione dell'ascolto della Parola di Dio, in ciò facilitate da frequenti comunicazioni interiori del Signore e dei Santi, che ovviamente nulla aggiungevano alla Rivelazione contenuta nella Bibbia ma aiutavano a capirla in profondità e soprattutto a viverla.

Il fenomeno proseguì per molti anni ed ebbe una discreta eco non solo fra i paesani, ed in particolare l'Orsenigo che ne fu profondamente influenzato,9 ma anche nei paesi vicini ed in varie città d'Italia. Molti accorsero ad ascoltare dalle labbra di queste anime privilegiate i messaggi che ricevevano e fin dai primi tempi ci furono alcuni che presero a trascriverli e diffonderli, talora anche stampandoli in opuscoli.(10)

Ovviamente gli eventi di Pusiano non mancarono d'esser oggetto d'alcuni sarcastici attacchi della stampa laica,(11) e perplessità sulla veridicità degli avvenimenti furono talora espresse perfino da qualche periodico cattolico, come fece ad esempio nell'estate del 1866 il torinese "Unità Cattolica".(12)

Nel ventaglio della stampa cattolica il più aperto sostenitore delle veggenti di Pusiano fu don Giovanni Pierini, valente teologo e pubblicista, nato il 13 giugno 1826 a Roccalbegna (Grosseto), dove morì il 26 maggio 1895. Ordinato sacerdote il 21 settembre 1850, visse quasi sempre a Firenze, dove dal 1861 al 1871 diresse un battagliero periodico che usciva il mercoledì ed il sabato: il primo anno s'intitolò "Rivista Nazionale" ed era stampata dalla Tipografia Bencini; l'anno dopo la denominazione della testata divenne "La Vera Buona Novella. Periodico della Cristianità Cattolica Italiana" e prese ad essere stampata dalla Tipografia Papini; nel 1869 s'intitolò "La Buona Novella della Cristianità Cattolica". Nel quadriennio dal 1866 al 1869 don Pierini vi fece comparire ben 16 articoli sulle veggenti di Pusiano, di cui nove firmati da lui.(13)

Dal canto suo la Chiesa, che è sempre estremamente prudente quando si tratta di manifestazioni soprannaturali, mai avallò ufficialmente quanto avvenne per decenni a Pusiano, ma mai neppure ritenne necessario emanare formali decreti di censura.(14)

Oggi, a distanza di oltre un secolo, nella stessa Pusiano quasi più nessuno sembra ricordarsi di quelle lontane vicende. Uno degli ultimi devoti del "Giardino della Santa Parola", il cesellatore Stanislao Borghi, morto centenario nel 1998, consegnò nel 1971 al parroco di Pusiano, don Alessandro Rudi, un dossier che all'inizio del Novecento aveva cominciato a mettere in piedi don Pietro Benassedo(15) con il successivo aiuto del professor Giovanni Grippa,(16) e che quest'ultimo raccolse e continuò ad incrementare dopo la morte del Benassedo. Il dossier finì comunque nella soffitta della canonica e solo nel settembre 2001 il parroco don Gilberto Orsi decise di toglierlo dall'oblio, affidandolo per una valutazione e risistemazione al dottor Agostino Appiani, residente nel vicino Comune di Bosisio Parini.

Nell'aprile 2004 ebbi modo d'incontrare l'Appiani a Pusiano(17) e ne nacque un'amichevole intensa collaborazione, che m'ha permesso d'orientarmi nei meandri dell'abbastanza voluminoso dossier e di provare a
sintetizzare quella lontana vicenda, focalizzando l'attenzione sui numerosi riferimenti all'Orsenigo, risalenti in gran parte ad un fascicolo che lo stesso frate consegnò al suo amico inglese Joseph Augustine Englefield(18) e che conteneva note personali e lettere riguardanti le veggenti di Pusiano.

Purtroppo il dossier non contiene più il fascicolo originale dall'Orsenigo, ma in compenso contiene copia dattiloscritta(19) di un memoriale composto nel dicembre 1904 dall'Englefield nel quale sono riportati, proprio dal suddetto fascicolo anche se in maniera talora approssimativa, vari episodi della vita del frate.

Copia del fascicolo dell'Orsenigo fu consegnato dall'Englefield a don Benassedo, che l'utilizzò per un proprio dattiloscritto di 490 pagine, rimasto sospeso nel 1934 e giuntoci notevolmente mutilo(20). Esso contiene una raccolta di notizie nella quale don Benassedo inquadra con maggior dettaglio molti dei suddetti episodi riferiti dall'Englefield, avvalendosi, come egli stesso precisa all'inizio del cap. XXXIII, sia del fascicolo scritto dall'Orsenigo sia di informazioni che poté raccogliere verbalmente dal farmacista di Valmadrera, Pietro Orsenigo, nativo di Como e con lo stesso cognome, ma senza esserne parente, di fra Orsenigo, del quale conservò "preziosa memoria" essendo appartenuto per alcuni anni alla medesima Comunità dell'Ospedale romano dell'Isola Tiberina, del quale diresse la Farmacia.(21)

Dall'insieme del dossier risulta che fra Orsenigo fu tra i primi devoti delle veggenti di Pusiano e reclutò altri devoti del "Giardino della Santa Parola" sia negli anni trascorsi a Milano come commesso di negozio, sia in quelli trascorsi poi da frate a Firenze ed a Roma. Dal dossier apprendiamo che a Pusiano la prima a sperimentare fenomeni mistici fu Maria Annoni, domestica a servizio del parroco e della sorella con lui convivente, ma che già nel 1856 lasciò il paese per entrare nel Convento delle Carmelitane Scalze di Ferrara, dove assunse in religione il nome di suor Maria Caterina di Gesù Crocifisso e morì in odore di santità, tanto che si pensò ai tempi di San Pio X di avviarne il Processo di Canonizzazione.

Tra le prime ad essere conquistate dall'Annoni furono due operaie di filanda, Giuseppa Colombo e Antonia Frigerio, che si sentirono ispirate ad astenersi da qualsiasi cibo, assumendo come unico alimento quotidiano le specie eucaristiche. Quando le loro compagne di lavoro scopersero la cosa, le sottoposero a tale pressione psicologica che la Frigerio decise di tornare ad alimentarsi, mentre la Colombo, che in paese chiamavano familiarmente la Peppinetta,(22) riuscì a perseverare nel digiuno per 17 anni, ossia dal 1856 fin quando la colse la morte il 23 dicembre 1873 all'età di quasi cinquant'anni, essendo nata a Pusiano il 7 agosto 1824.

Un ruolo centrale giocarono nel gruppo le due sorelle Angela e Teresa Isacchi, originarie di Casletto(23) e stabilitesi nel 1855 a Pusiano. Angela, che era la maggiore, lavorava a Pusiano nella filanda Conti e divenne nel 1856 la nuova domestica nella casa dove il Parroco viveva con la sorella. In ben tre occasioni venne a Roma, la prima volta il 23 maggio 1858 accompagnandola don Mariani,(24) e l'ultima volta nel 1860, quando ebbe infine modo d'incrociare i passi del Papa, senza però riuscire a parlargli. Era nata il 1° luglio 1826 e morì il 29 marzo 1895 a Pusiano, nel cui cimitero si conserva la tomba.


Don Felice Mariani
ed Angela Isacchi

Teresa, che era la minore, lavorava invece a Castello sopra Lecco(25) nella filanda Dell'Oro, della quale predisse il tremendo incendio che la devastò nel maggio 1861, ma presto cominciò a pellegrinare con gruppetti di fedeli da un santuario all'altro e venne anche a Roma, dapprima nel 1860 con la sorella e poi di nuovo, ma da sola, nel 1871. Era nata il 22 febbraio 1831 e morì il 17 gennaio 1890 a Pusiano, nel cui cimitero la tomba reca la scritta "animo umile, semplice, divulgò la Santa Parola di Dio".

Le sorelle Isacchi non furono tra quelle che ricevettero l'ispirazione a praticare il digiuno perpetuo assoluto, ma si distinsero invece per un gran numero di messaggi divini, il che attirò molta gente a Pusiano, sia Don Felice Mariani ed Angela Isacchi di entusiasti sia di scettici, che il romanziere milanese Emilio De Marchi (1851-1901) così ironicamente descrisse:(26) "A Pusiano c'è una santa detta la Mariott, già perpetua del defunto curato, a visitare la quale accorrono da tutte le parti del mondo prelati, vescovi, cardinali, teologi, contesse e villani, con un sacco di dubbi, di rimorsi di coscienza, di malanni, di scrupoli che la Mariott guarisce e purifica come la lisciva sui cenci brutti. Chi scriverà fra cent'anni la vita della beata Mariott potrà anche raccontare che essa ebbe il dono della profezia e delle sacre stimmate; ma intanto i preti oggi sono divisi in diversi pareri. Chi la vuole una santa, chi la vorrebbe bastonare per santificarla di più".

Don Mariani fino all'ultimo fu tra quelli che ebbero completa fiducia nel gruppetto di parrocchiane che fecero fiorire a Pusiano il mistico "Giardino della Santa Parola", mentre il suo successore don Francesco Cardani preferì prendere le distanze da loro e rimosse di Chiesa i numerosi quadri sacri che erano stati offerti dai devoti delle veggenti. Anche tra i pusianesi non mancò qualcuno che si schierò contro, ma la maggioranza dei compaesani le considerò donne di Dio ed anche Orsenigo fin da giovane ricorse sempre con fiducia ai consigli spirituali delle sorelle Isacchi.

Secondo il citato memoriale dell'Englefield, fu proprio Angela Isacchi che ispirò l'Orsenigo a farsi religioso "mentre credeva fosse cosa proprio impossibile".(27) Ma su questo argomento troviamo assai più dettagli nella raccolta di notizie del Benassedo, che dopo aver premesso che il giovane Orsenigo si distingueva per "indole buona, natura esuberante, carattere franco, gioviale, espansivo e gran facilità di comunicazione",(28) racconta di come decise, pur appartenendo ad una famiglia abbastanza agiata, di farsi strada da solo lavorando per alcuni anni a Milano come commesso di pizzicheria, che era poi il lavoro appreso dai genitori e dai fratelli maggiori.

La prima persona ad offrirgli lavoro nella città del biscione fu la signora Rosa Polli, vedova Ghezzi, e presto l'Orsenigo riuscì a trasformarla in una devota del "Giardino della Santa Parola", come leggiamo in questo brano che il Benassedo trascrisse dal famoso fascicolo:(29) "La signora Ghezzi aveva in Milano, e precisamente fuori Porta Ticinese, un negozio di pizzicagnola che aveva molta clientela. Io ero stato in casa sua come commesso di negozio per qualche anno, e così ebbi occasione di unire in amicizia la signora Rosa Ghezzi (mia padrona) con le serve di Dio Angela e Teresa Isacchi. Queste vennero al negozio, ed i signori Ghezzi andarono più volte a Pusiano a sentire la Parola di Dio. Ed il Signore, per Sua Misericordia, si degnò di manifestare la Sua Santissima Volontà sopra di loro, esigendone però fedele cooperazione, e accordò loro moltissime grazie, tanto spirituali, che temporali".

Certo l'Orsenigo dovette accompagnare i Ghezzi nei loro ripetuti viaggi a Pusiano(30) e ciò gli permise di vedere spesso le veggenti e riceverne aiuto nel discernere la chiamata divina, come egli stesso racconta: (31) "La Teresa mi aveva rivelato il momento che Iddio mi faceva la grazia della vocazione e che, per bene staccarmi da tutte le cose di questa terra, mi aveva mandato un numero di Angeli. Mentre ero occupato nell'arte mia in Milano, quelli mi davano luce, lume ed intelligenza, con una cognizione tale da farmi specchiare in tutti i beni della vocazione religiosa ed i grandi beni che avvengono in questa vita a chi aderisce ai desideri di Dio. È dalla vocazione che mi sentii il cuore ripieno di giubilo e che mi decisi di lasciare il mondo, tanto che, se fossi stato pure il padrone di colossali ricchezze, vi avrei rinunciato a pensare alla felicità di servire il Signore. La Teresa mi disse che gli Angeli facevano gran festa attorno a me, e che ringraziavano il Signore, perché se io rimanevo nel mondo, io sarei stato perduto: e così con tali rivelazioni acconsentii ai lumi e alle ispirazioni di Dio, poiché mi era assicurata la salvezza dell'anima. Tanta era la consolazione che sentivo, che nel camminare mi sembrava di volare, e la Teresa mi diceva che tanto mio giubilo era tutto effetto degli Angeli che mi circondavano per consolidarmi nel distacco dal mondo, perché gli Angeli sapevano che cominciava a prepararsi la via per compire i disegni che Dio aveva sopra di me".

Nonostante le tante consolazioni interiori che accompagnarono il sorgere della vocazione religiosa dell'Orsenigo, venne però il momento della prova e del dubbio. Narra infatti il Benassedo(32) che non solo la famiglia si mostrò contraria e gli negò ogni aiuto finanziario per le spese occorrenti all'ingresso in Noviziato ed al mantenimento durante il periodo iniziale di discernimento e di formazione,(33) ma ostacoli più grossi gli vennero dalla sua scarsa formazione culturale, avendo frequentato unicamente le Scuole Elementari di Pusiano.

Al problema finanziario trovò facilmente soluzione, continuando a lavorare finché arrivò ad accantonare dalla sua paga una somma adeguata. Molto più problematico, come vedremo, fu rimediare alla mancanza di titoli di studi, ma per intanto cerchiamo di intuire come mai scelse di concretare la sua consacrazione al Signore entrando nell'Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio, in Italia conosciuto con l'appellativo popolare di Fatebenefratelli.

NOTE

1. Cf. ACPu, Liste di Leva, faldone 1853-1897, "Lista della I classe di età chiamata al completamento dell'armata nell'anno 1859".

2. Nell'APP, in un dossier raccolto dal prof. Grippa e di cui daremo maggiori dettagli, vi sono varie lettere di direzione spirituale che l'Orsenigo ricevette a Roma da don Mariani e che aveva gelosamente conservato. Probabilmente nella sua cella egli teneva appese al muro alcune di tali lettere, come sembra intuire da un articolo su di lui nel quale leggiamo che "la sua bizzarra cella era anche piena alle pareti, di manoscritti chiusi in cornice e di motti di suo pugno, in prosa e in versi" (cf. "L'Italia").

3. Si tratta di Morterone, oggi considerato il più piccolo Comune italiano, con appena una trentina d'abitanti, di cui giusto una dozzina fissi: dista 20 chilometri da Lecco ed è arrampicato sulle falde del Resegone nella Valsassina, una vallata chiamata così per via dei sassi, ossia degli abbondanti detriti morenici.

4. Cf. ASV, "Pusiano (Parroco di). Lettera e supplica sopra una sua prodigiosa penitente".

5. Dopo le dimissioni, mons. Ballerini (1814- 1897) fu nominato Patriarca latino di Alessandria d'Egitto, titolo che conservò dal 1867 alla morte.

6. Significativamente egli adottò come proprio secondo motto episcopale, restandovi soffertamente sempre fedele (cf. CATTANEO, p. 16), l'assioma "in necessariis unitas, in dubiis libertas, in omnibus charitas", coniato due secoli prima dal teologo luterano Ruperto Meldenio (cf. SCHAFF, vol. 7, pp. 650-653) e modernamente ripreso dal Beato Giovanni XXIII nel n. 72 della sua prima enciclica, la Ad Petri cathedram del 1959.

7. Cf. RAVIZZA, p. 280.

8. L'innovazione fu sancita da San Pio X col decreto Sacra Tridentina Synodus del 20 dicembre 1905, che lo fece passare alla Storia come il Papa dell'Eucaristia. Con tale decreto egli, rifacendosi ad un desiderio espresso dal Concilio di Trento ma poi rimasto negletto, prese un'iniziativa pastorale della massima importanza: contrariamente ad una pratica radicata da secoli, aprì l'accesso alla Comunione frequente, e perfino quotidiana, per tutti coloro che lo desiderano, purché siano in stato di grazia ed abbiano retta intenzione, ossia intendano comunicarsi "non per abitudine, o per vanità, o per ragioni umane, ma per soddisfare la volontà di Dio, per unirsi a Lui più intimamente attraverso la carità e, grazie a tale divino rimedio, combattere i propri difetti e le proprie infermità".

9. Un dettaglio significativo, ricordato da Huetter (cf. HUETTER, p. 101), è che l'Orsenigo rimase sempre fedele alla Comunione quotidiana.

10. Cf. ad esempio PIERINI-4 e CEMPINI.

11. Una delle stroncature più velenose fu quella di CURTI, pp. 267-268.

12. Su quest'articolo e altri usciti in quei giorni su vari giornali, cf. PIERINI-2, pp. 5-7 e 14.

13. Devo alla cortesia di monsignor Ippolito Corridori, archivista della Curia Vescovile di Pitigliano, l'aver potuto consultare la raccolta completa del periodico di don Pierini e qui, per brevità, mi limito ad elencare unicamente le pagine dei 16 articoli: nel 1866, pp. 1713-1719, 1776, 1838-1840, 1908-1916, 2001-2008, 2657- 2680, 2989-2992, 3087-3088, 3115-3120 e 3130- 3141; nel 1867, pp. 297-300 e 470-474; nel 1868, pp. 641-647 e 814-815; nel 1869, pp. 929-937 e 997-1000.

14. Secondo quanto assicuratomi dal dottor Fabrizio Pagani dell'ADMi, né nel "Foglio ufficiale ecclesiastico" né nei fondi archivistici si trova traccia di decreti di censura o di incartamenti sui fenomeni mistici di Pusiano. L'unico tardivo accenno all'argomento figura negli atti della prima visita del Beato Andrea Carlo 43 II. NEL GIARDINO DELLA SANTA PAROLA Ferrari (cardinale e presule di Milano dal 1894 al 1921) alla parrocchia di Pusiano, effettuata il 5 e 6 ottobre 1898, quando don Francesco Cardani, che ne fu parroco dal 1878 al 1906, alla domanda del questionario "Quali disordini ed abusi da correggersi", scrive: "La clamorosa processione del Venerdì santo e la residua fiducia o divozione delle defunte sorelle Isacchi, dette le Sante".

15. Don Pietro Benassedo era nato nel 1867 a Lecco e morì nel 1934 a Dolzago, un Comune posto su una collina a 18 chilometri da Lecco e di cui era divenuto parroco il 30 settembre 1900. Era figlio di Carlo - esattore del Comune di Lecco - e di Carolina Garbagnati. Da Lecco, ordinato sacerdote nel 1891, fu mandato subito parroco a Pagnona, un paesino lecchese dell'Alta Val Varrone appollaiato sul versante meridionale del Monte Legnone, restandovi fino al suo trasferimento a Dolzago e fornendo nel frattempo prova del suo amore per la storia locale col compilare una minuziosa ricostruzione degli avvenimenti di Pagnona e della sua Parrocchia. Negli anni di Dolzago avviò una ricerca, rimasta purtroppo interrotta alla sua morte, sugli eventi mistici di Pusiano.

16. Secondo riferito dalla nipote Maria Pia Pompei Bedo di Imperia, il prof. Giovanni Grippa nacque a Brescia nel 1872 e morì ad Imperia nel 1947. S'appassionò alle vicende delle Isacchi nel 1907 e strinse amicizia con Englefield. Il dossier che lasciò s'intitola "Documenti delle sorelle Isacchi Angela e Teresa raccolti e conservati dal prof. Giovanni Grippa".

17. Cf. M-50. L'Appiani ha suddiviso il dossier in sei faldoni e m'ha fatto avere in fotocopia alcuni documenti relazionati con l'Orsenigo, nonché il regesto provvisorio del dossier.

18. L'Englefield divenne fervido estimatore delle veggenti fin da quando risiedeva a Firenze in un villino di Careggi sito in Via San Bartolomeo. La sua amicizia con l'Orsenigo si rafforzò specie dopo il 1892, quando si trasferì a Roma con la famiglia, prendendo alloggio all'ultimo piano dell'Albergo Laurati, allora appena edificato dall'arch. Pietro Carnevale (1839-1895) in stile cinquecentesco al n. 155 della Via Nazionale, che in quel tempo partiva da Piazza Venezia; oggi il primo tratto stradale si chiama via IV Novembre ed in esso esiste tuttora al n. 154 l'Albergo, che ora si chiama Hotel Traiano. Fu a Roma che l'Englefield vide morire la moglie Agnese il 15 aprile 1914 ed anche lui, a distanza d'un settennio, vi chiuse i suoi giorni. Sui rapporti dell'Englefield con l'Orsenigo, cf. HUETTER, p. 102.

19. Cf. APP Eng.

20. Cf. APP Ben.

21. Pietro Orsenigo, che si era laureato in Alta Farmacia nel 1885, fu per alcuni anni tra i Fatebenefratelli, che il 16 marzo 1893 gli dettero l'abito di oblato nell'Ospedale dell'Isola Tiberina e gli affidarono poi la Farmacia dell'Ospedale fondato da fra Orsenigo a Nettuno (il suo nome vi figura ufficialmente come farmacista nella Guida Monaci del 1893 e del 1894); rientrò poi a Roma, dove fu ammesso al Noviziato il 29 giugno 1895 col nome di fra Meinrado ed alla Professione Semplice il 15 agosto 1896, restando a Roma nella Farmacia dell'Ospedale, finché venne di nuovo trasferito a Nettuno e vi si trovò presente quando nel 1902 vi venne ricoverata Santa Maria Goretti, cui chiese di ricordarsi di lui dal Cielo (cf. MARINI, pp. 30-31).

22. Fra Orsenigo della Peppinetta scrisse: "Per espresso comando di Dio ella si recò un giorno al palazzo di una ragguardevole famiglia, svela alla signora padrona occasioni peccaminose e prossime che regnano nella di lei casa: occasioni occulte al pubblico, ma note a Dio. E l'avvisa da parte di Dio, di distruggere il peccato: e le predice una funesta disgrazia se non obbediva alla voce del Signore, e cioè che ella diventerebbe pazza. Ma non essendo la Peppinetta ascoltata e prevalendo il peccato, ecco avverarsi la minacciata sventura. La povera signora, alienata dai sensi fu imbecille (frenastenica) per circa quattro anni, non riconoscendo neppure i propri figli e morendo in quello stato". Cf. APP Ben, p. 4.

23. Allora Comune autonomo e dal 1927 frazione di Rogeno, sita sul versante meridionale del lago di Pusiano, ossia quello che fa da sfondo al quadro di Segantini "Ave Maria a trasbordo".

24. Alle insistenze dell'Angela di avere un messaggio da riferire al Papa, don Mariani s'era convinto d'accompagnarla a Roma, preavvertendone
il Beato Pio IX con la già citata lettera dell'11 maggio 1858. Dall'Urbe sollecitò un'udienza privata con lettera del 16 giugno, ma il Papa, dopo aver consultato il Vicario Generale di Milano, mons. Caccia, in quei giorni anche lui a Roma e che dovette mostrarsi scettico sulla veggente, archiviò la richiesta, annotando di sua mano sul citato fascicolo dell'ASV: "è una testa visionaria e strana". Mons. Caccia, pur persistendo fino alla morte nel suo giudizio negativo, mai però emanò censure ufficiali, limitandosi a vietare a don Mariani di accompagnare nuovamente le Isacchi a Roma.

25. Allora Comune autonomo, fu nel 1923 fuso con quello di Lecco. L'antica filanda costruitavi intorno al 1854 in Via Col di Lana, 5 da Giosuè Dell'Oro è ora divenuta un caseggiato d'abitazioni popolari (cf. GARLANDINI, p. 233).

26. Cf. DE MARCHI, pp. 120-121. Nel chiamarla Mariott il romanziere probabilmente confonde tra la prima domestica del parroco, Maria Annoni, e la seconda, Angela Isacchi, il cui appellativo popolare era invece Angiolina.

27. Cf. APP Eng, p. 3.

28. Cf. APP Ben, p. 65.

29. Ibid., pp. 65-66.

30. I rapporti della famiglia Ghezzi con l'Orsenigo perdurarono intensi anche dopo che questi lasciò la Brianza, come risulta da una lettera della figlia Teresa, scritta da Firenze l'8 aprile 1867 ed integralmente pubblicata da don Pierini (cf. GHEZZI), nella quale racconta come la madre fu miracolata da Teresa Isacchi l'8 dicembre 1866 grazie alla mediazione di "un umile fraticello, Innocente Orsenigo di San Giovanni di Dio" (ibid., p. 473). Sull'episodio cf. M-68.

31. Cf. APP Ben, p. 66.

32. Ibid., p. 67.

33. Era allora usanza che all'ingresso in Noviziato il candidato lasciasse in deposito il costo di un anno di pensionato. Cf. RADICE-2, p. 289.

 

In questo dettaglio d'una calcografia settecentesca di Marcantonio Dal Re si vede, presa d'infilata, la facciata dell'oggi scomparsa Chiesa milanese di Santa Maria Ara Coeli come appariva ai tempi di fra Orsenigo; la Chiesa era annessa all'Ospedale che i Fatebenefratelli avevano allora a Porta Nuova e si noti sull'edificio d'angolo la grata per gli avventori esterni della loro Farmacia

 



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