100libripernettuno.it




I CORSARI DI
TORRE ASTURA

di Antonio Pagliuca

HOME - OPERE

INDICE - 01 - 02 - 03 - 04 - 05 - 06 - 07 - 08 - 09 - 10 - 11 - 12 - 13 - 14 - 15 - 16 - 17 - 18 - 19 - 20 - 21 - 22 - 23 - 24 - 25 - 26 - 27 - 28 - 29 - 30 - 31 - 32 - 33


31 - I corsari di Torre Astura


All'alba del nono giorno dalla partenza il brigantino turco si trovava a cinque miglia ad ovest di Palmarola. La vista dell'isolotto e del promontorio del Circeo, così familiare agli occhi dei nettunesi, accelerò il battito di cuore dei nostri, soprattutto di Sebastiano che conosceva quei luoghi come le stanze di casa sua. Mentre gli occhi dei tre nettunesi cercavano di scoprire nella foschia i dettagli della montagna del Ciclope, si udì il grido della vedetta che segnalava la presenza di due grosse imbarcazioni a nord-ovest.

Pur non potendo temere nulla da nessuna nave, Leonardo diede disposizioni che il Sàray correggesse lievemente la rotta in modo da accostarsi il più possibile a Torre Astura, ma senza toccarla; sempre viaggiando sotto costa, sarebbero arrivati nelle acque di Nettuno senza incrociare altre navi.

La foschia che aveva favorito la manovra, si diradò mezz'ora dopo, quando il Sàray si trovò a qualche migliaio di metri dall'imponente Torre che ospitò il biondo, giovane Corradino di Svevia qualche tempo prima di essere giustiziato a Napoli.

Il sole che, all'improvviso, aveva squarciato le nubi e dis-solto la foschia, offrì ai terrorizzati torrieri della stessa torre l'imponente vista del nostro brigantino.

Grida, spari, suono di campane avvertirono i nostri che quelli della torre li avevano presi per corsari. Infatti si sentivano voci che gridavano a squarciagola: " I corsari! aiuto! I Corsari!... ".

Nell'udire i rintocchi di campane, gli spari e le grida, tutti i difensori della torre erano corsi ai loro posti, gridando a squarciagola: " I Corsari... correte... i corsari... ".

Un contadino che arava nelle vicinanze, udite le grida, lascia le vacche aggiogate, salta in groppa al cavallo e vola a briglia sciolta gridando: " Fuggite... i Corsari a Torre Astura... I Corsari... fuggite! nascondetevi! ".

I contadini che lo sentono lasciano anch'essi bestie ed attrezzi e scappano gridando.

Altri contadini, udite le grida, senza attendere di capirne l'esatto significato, le ritrasmettono, modificandone ed esagerandone il senso.

A tre chilometri di distanza da Torre Astura, l'affannato grido di " f Corsari... correte... i Corsari ", era diventato: "

Correte... i Corsari sono sbarcati a Torre Astura... hanno ucciso tutti i torrieri, si sono impossessati della torre e corrono verso Nettuno mettendo a ferro e fuoco tutto quanto capita fra le loro mani! ".

Udita la reazione degli abitanti della torre, Leonardo fece fare con le bandierine e con le salve di artiglieria le segnalazioni che avrebbero dovuto rassicurare i torrieri, ma questi confondendo per lo spavento granate da bombardamento con salve di segnalazione, cominciarono a sparare anche con cattive intenzioni.

Fortuna volle che Ali Turi, accortosi che quelli non capivano più niente per la paura, fece inalberare una grande bandiera bianca, segnale di resa, accompagnando l'operazione con alcune frasi rassicuranti dette al megafono:

- Siamo italiani, non siamo turchi. Non sparate.

Veduta la bandiera bianca e udite le frasi in italiano, il capo terriere, che era Rocco Matteucci, di Nettuno, gridò:

- Sotto chi servite? Sotto i Francesi o sotto gli Inglesi?

- Non serviamo né gli uni né gli altri. Serviamo la Madonna delle Grazie di Nettuno - rispose col megafono Leonardo.

- Se siete nettunesi, accostatevi in tre con una lancia e fatevi riconoscere.

- Saremo da voi fra cinque minuti, gridò ancora Leonardo al megafono.

Indossati celermente gli abiti civili, Sebastiano, Leonardo ed Ali Turi, arrivarono dopo dieci minuti sotto l'arco del ponte che congiungeva la terra ferma con la torre sita in mezzo al mare.

Il terriere Matteucci, procedendo con circospezione, stava ruminando fra sé la frase d'effetto con cui incominciare la " ramanzina " quando rimase di stucco nel sentirsi chiamare per nome da uno dei tre arrivati.

- Zio Rocco, - gli gridò, infatti, Sebastiano.

- Madonna delle Grazie - farfugliò mezzo gridando e mezzo piangendo il torriere - Sebastiano! ...sei proprio tu? Dio mio!

- Sono proprio io, zio Rocco.

- Figlio mio, quanto ci hai fatto piangere...

- Son cose passate, zio Rocco. Poi ti racconterò tutto. Vedi questo giovane?... è Leonardo, il figlio di Giovanni Petrucci.

Per il bravo torriere era troppo! Scoppiando in lacrime disse:

- Ma, non vi interessa nulla dei vostri padri? Che state a far qui? Correte da loro. Via!

I torrieri e gli altri che erano in quel momento a Torre Astura restarono a guardare la nave allontanarsi finché non ne furono distolti dalle incombenze e dai doveri che li volevano altrove.

Assuntina, che era tuttora commossa per il succinto resoconto che Sebastiano aveva fatto sull'incontro con " zio " Rocco, pregò ancora fervorosamente la Madonna per sé e per i suoi.

Mancavano poche ore al completamento della sua felicità: l'abbraccio, dopo tredici anni, col padre e con la madre e lo sposalizio col suo Sebastiano!

Leonardo e Sebastiano tenevano incollati i loro occhi su due cannocchiali con i quali si sforzavano di riconoscere i luoghi cari della loro fanciullezza, ma la leggera foschia dentro la quale il brigantino era tornato, non permetteva di vederne stagliati i contorni.

L'aria fredda consigliò loro di ritornare dentro, al caldo, per concordare gli ultimi ritocchi al loro piano.

Si sarebbero fermati a tre miglia da Nettuno, di fronte al forte Sangallo ed avrebbero inalberato la bandiera bianca, bianca.

Verso mezzogiorno il brigantino Sàray gettò l'ancora nella attesa di essere autorizzato ad entrare nel porto, senza dimenticare di innalzare le bandierine che indicavano richiesta di ancoraggio da parte di nave amica.

Una mezza-galera che vigilava un tratto di costa laziale, scorto il brigantino, gli si accostò ed ordinò che il comandante dello stesso si fosse avvicinato disarmato con la sua scorta.

Fu calata immediatamente una lancia sulla quale, oltre ai due rematori, presero posto Leonardo e Sebastiano. Dal ponte del Saray Assuntina, che si era rivestita e truccata da marinaio, osservava attentamente lo svolgersi delle varie operazioni insieme ad Ali Turi e Nedim.

La mezza-galera frattanto, era venuta avanti, all'ingresso del porto, incontro alla lancia, alla quale fu gettata la scala, perché i due ufficiali potessero salire a bordo.

La foschia si era diradata ed il sole veniva ricoperto ogni tanto dalle nuvole che, negli spazi più alti dell'atmosfera, venivano spinte da un vento veloce.

La marciaronda, gli spalti del castello, le terrazze e le finestre erano piene di gente che, dapprima timorosa, era ora curiosa di conoscere il motivo che aveva spinto i turchi a conferire con le autorità del posto.

Al comandante della mezza galera che, sul ponte, era in attesa degli ufficiali della marina turca, il capitano di corvetta Leonardo Petrucci disse:

- Vorrei conferire con il comandante del porto.

- Ma... lei parla italiano?

- Io sono italiano, anche se vivo in Turchia! Sono un nettunese!

Meraviglia, stupore ed incredulità si erano dipinti non solo sul volto dello sbalordito comandante della mezza-galera, ma anche su quello di tutti gli uomini che stavano udendo il colloquio.

- Lei... un nettunese?!

- Non solamente io, ma anche il mio secondo, il sottotenente di vascello Sebastiano Ricci.

- Sebastiano .Ricci!...

- Per servirla! - interloquì Sebastiano, salutando militarmente.

Dopo una calorosa stretta di mano ai due, l'ufficiale condusse i nostri nella cabina di comando.

Mentre la mezza-galera entrava in porto, il suo comandante, che era un livornese, fece accomodare i nostri e servì loro liquori e pasticcini. Dal canto suo Leonardo presentò allo stesso tutta la documentazione che allora si richiedeva.

 



AUTORIZZAZIONE CONCESSA DALLA FAMIGLIA PAGLIUCA

Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta e trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico,
meccanico o altro senza l’autorizzazione scritta dei proprietari dei diritti.