Erano trascorse quasi due ore dal primo segnale di allarme dato dai torrieri di Torre Astura, quando, all'unisono, si misero a sparar colpi di cannone dalle torri di segnalazione di Foglino, di Foce Verde, del Forte Sangallo e di Torre di Capo d'Anzio.
Dalle torri, dai baluardi, dai barbacani, dalle terrazze e dalle finestre, centinaia di occhi scrutavano ansiosi il mare e centinaia di occhi videro nello stesso tempo i due velieri turchi; erano due grossi sciabecchi che avanzavano così lentamente da sembrare incuranti dei colpi di cannone sparati contro di essi dal litorale.
I due velieri erano muniti degli alberi di trinchetto, di maestra, di mezzana, dell'albero di bompresso e di vele latine quadre. Dai loro pennoni pendevano afflosciati gli stendardi e le bandiere dei seguaci della Mezzaluna.
Improvvisamente i due velieri si fermarono a quattro miglia dalla costa, come se fossero arrivati a destinazione.
- Che fanno quei maledetti? - esclamò un soldato che osservava la scena facendosi ombra agli occhi col dorso della mano.
- Si riposano per essere in forze quando ci attaccheranno! - gli rispose l'archibugiere Cochi.
Il tenente, che si era messo ad osservare col cannocchiale, riferì che sulle tolde si vedeva solo qualche marinaio.
- Gli altri - disse - staranno consumando il rancio.
- Che robaccia mangeranno quei dannati? - chiese Alessandrini.
- Cani e gatti - rispose ridendo Capobianco - visto che diventano sempre più feroci.
- E noi? perché non mandare? - domandò in uno stentato italiano un dragone còrso.
- Non ti basta la paura? - gli rispose Valeri Tommaso.
- Senti, senti... io avere paura? Io, della Corsica e soldato di Napoleone... o sangre mischiato d'un nettunese! Un reduce di Arcole e di Rivoli avere fifa di quelli cani?
Piano, piano mori ami, - intervenne l'archibugiere Simeoni Giovanni -
- N'oubliei pas que ces chiens si son ripreso l'Egitto con tutto il Nilo e le piramidi, costringendo Napoleone Buonaparte a...
- Non Buonaparte! Bonaparte!
- Sì, costringendo Pane rubato o Tò ruba pane (così veniva anagrammato il cognome del Corso) a bivaccare inoperoso presso le piramidi.
- Grande ignorante - intervenne un altro dragone - Non sai ancora che Napoleone è ritornato in Francia e ha sconfitto un'altra volta gli austriaci a Marengo.
- Lo so meglio di te.
- Sai anche che l'Inghilterra, quella disgraziata che ora sta dando man forte a quei cani degli sciabecchi che vedi, lo scorso 25 Marzo (8) ha dovuto sottoscrivere la pace ad Amiens.
- Veramente - intervenne il cannoniere Ottolini Matteo - abbiamo sentito parlare di qualcosa del genere, ma qui le notizie arrivano tardi. Don Alessandro ci informa di qualche cosa, ma per non impressionarci non ci dice tutto per filo e per segno. Sappiamo ora che da queste parti, fino a Napoli, siamo amici dei francesi, tanto è vero che voi state qui con noi... Sappiamo anche che quei cannibali di inglesi non vogliono lasciare Malta, come promisero ad Amiens; ma anche voi non volete lasciare Napoli.
- Non lasciamo Mappoli né queste terre per la difensa del papa!
- Oh, questa è bella! - esclamò ridendo Ludovisi Carlo, - da quando in qua siete diventati papisti? Avete fatto morire di crepacuore, lontano da Roma, quel sant'uomo di Pio VI.
- La Francia non fa confusione tra politica e religione. Ragioni politiche e non motivi religiosi hanno consigliato alla Francia la politica fin qui seguita. I francesi quando son cristiani lo sono veramente; mentre voi italiani siete cristiani per tradizione e non per convinzione. Comunque, ora siamo in pace con la Santa Sede; a Roma si preparano grandi festeggiamenti in onore del generale Murat.
- Speriamo che questa pace duri e che l'Italia non debba .essere il solito campo di battaglia per eserciti che non ci appartengono - esclamò Ottolini.
La conversazione, che aveva assunto finalmente un tono pacato, fu interrotta dall'arrivo dei vivandieri che vennero con due ceste ripiene di pane, di formaggio e di pesce fritto. Quel giorno non ci fu la minestra per i nostri difensori dislocati ai loro posti lungo la marciaronda.
Mentre i dragoni corsi ed i soldati nettunesi consumavano il rancio, il Capitano del corpo di Truppa, che era ancora il nettunese Pietro Antonio Soffredini, accompagnato dal tenente e dall'aiutante percorse due volte il camminamento per accertarsi che questi di qua stessero ai loro posti e quelli di là, i turchi, se ne stessero calmi sui loro dannati sciabecchi.
aveva domandato il tenente
- Che facciamo capitano? rivolgendosi al superiore.
- Non c'è che da attendere. Vigileremo.
- E' strano che si siano messi all'ancora e che se ne stiano così tranquilli; a meno che gli inglesi...
- Proprio così, tenente!... anch'io credo che presto vedremo apparire all'orizzonte qualche nave di Sua Maestà Britannica! Da quando Nelson ha distrutto la flotta francese nei pressi di Alessandria, nel nostro mare scorrazzano soltanto navi inglesi e navi del sultano. Per di più l'Inghilterra non vuoi lasciare Malta e Ponza è ben salda in mano ai turchi.
- Fin quando Napoleone sarà a capo dell'esercito francese, l'Inghilterra non deporrà le armi. E' troppa la paura che incute quell'uomo! - osservò il tenente.
Poi, qualche istante dopo:
- Miserabili - tuonò il capitano Soffredini che osservava il mare col cannocchiale - altri due sciabecchi stanno venendo verso di noi! Maledetti!... Tenente, rientro per impartire alcuni ordini. Lei resti qui e mi faccia un rapporto ogni mezz'ora!
NOTE
(8) Si tratta del 25 marzo 1802. |