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I CORSARI DI
TORRE ASTURA

di Antonio Pagliuca

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11 - Difensori ed abitanti del Castello di Nettuno


Le vandaliche incursioni e le frequenti scorrerie e razzie subite da sempre dagli abitanti del litorale tirrenico avevano consigliato ai vari feudatari prima ed alla Camera Apostolica poi, di costruire mura perimetrali e fortificazioni intorno ai paesi della costa .Le fortificazioni attorno al Castello di Nettuno si erano mantenute pressoché identiche per molti decenni. Intorno ed in cima alle mura perimetrali del castello si snodava la marciaronda, camminamento interrotto soltanto in tre punti: dal Palazzo Segneri (7), dal Palazzo Camerale e dal Palazzo dei Doria-Panfili. L'intero baluardo era perlustrato giorno e notte da soldati regolari che avevano l'ordine di sorvegliare anche terra e mare e di avvertire il corpo di guardia in caso di avvistamento di navi sospette o di truppe provenienti dal retroterra.

Due tunnel, detti cavoni e scavati sotto le abitazioni del castello, univano la marciaronda all'interno del paese. Un terzo passaggio univa la piazza principale del castello al camminamento tramite una scala. La marciaronda era difesa da un parapetto ed era munita di merli e di fuciliere.

Il castello di Nettuno aveva a ponente un'entrata sufficientemente larga per il comodo passaggio dei veicoli militari ed agricoli e per i vari attrezzi da lavoro.

All'ingresso, un robusto portone posto sul ponte levatoio, si apriva o chiudeva al traffico. All'interno del castello stazionava la guarnigione e, nei pressi della porta, il corpo di guardia sorvegliava l'entrata e l'uscita delle persone e dei veicoli.

Per entrare nell'interno del castello bisognava attraversare anche l'entrone, seconda porta che conduceva alla piazza del castello.

Il fossato, alimentato, quando necessario, dal fiumicello Le Mole, terminava con due sbocchi in mare, uno a levante, l'altro a ponente del castello.

Il ponte levatoio veniva rialzato due ore dopo il tramonto e riabbassato all'alba, dopo un prolungato rullo di tamburi.

Per tutta la notte il castello restava isolato anche dal borgo adiacente,-col quale il castello formava tutto un paese.

La chiave della porta era tenuta dal Castellano che quasi sempre era anche il comandante del presidio militare.

La difesa del litorale e del retroterra era affidata a soldati a piedi ed a cavallo: la sorveglianza del territorio lontano era compito dei soldati a cavallo.

All'epoca del nostro racconto, il nerbo della difesa del castello, del borgo e del forte Sangallo era costituito da qualche decina di dragoni corsi. Per intenderci: Nettuno a quei tempi era formato da due quartieri, quello dentro le mura e quello fuori, a ridosso delle stesse.

Capo della guarnigione, col grado di colonnello, era il vice Governatore delle Armi, dal quale dipendevano nell'ordine capitani, tenenti, alfieri, aiutanti, sergenti, tamburini, caporali e soldati semplici.

Un tenente era addetto alla paga ed al vestiario, mentre un alfiere provvedeva al vitto ed alla pulizia.

Le comunicazioni urgenti venivano trasmesse da torre a torre con staffette, possibilmente a cavallo.

Di notte, ed in caso di pericolo, si cercava rifugio presso le varie torri le quali, però, non potevano concedere asilo né ai forestieri, né alle persone sospette, né alle donne.

Le milizie del Castello e delle torri avevano anche altri compiti, oltre a quello della difesa: trattenere i malandrini ed i briganti arrestati; ritirare la patente ed esigere il pagamento della tassa di ancoraggio da quei bastimenti costretti dalla tempesta a rifugiarsi presso il castello o presso una torre; impedire che le tartare e le altre barche da pesca pescassero il pesce nei tempi proibiti.

Armi, munizioni ed artiglierie erano sotto la diretta responsabilità del Colonnello, capo del forte, il quale due .volte la settimana doveva verificare insieme a due soldati la quantità e lo stato delle padrone, le cariche di polvere per cannoni. Vi erano padrone a palla, a salva ed a mitraglia.

Gli addetti al Torrione di San Rocco, situato a levante del Castello di Nettuno, avevano l'ordine di far esplodere i rituali colpi di mortaretto, di spingarda o di cannone per lo scambio di saluto in occasione dell'arrivo o della partenza di personalità di riguardo ed in occasione di festeggiamenti civili e religiosi.

Durante l'ultimo decennio del secolo diciottesimo, la difesa del mare e del territorio di Nettuno era affidata a due Felughe, bastimenti di piccolo cabotaggio, caratterizzati da una vela latina e da una mezzanella.

Le Felughe erano sottoposte ai comandanti delle Mezze Galere che ispezionavano il tratto di mare da Terracina a Civitavecchia.

Di giorno, le segnalazioni tra Felughe e difensori delle Torri si effettuavano a mezzo di fumate o di colpi di spingarda; di notte, a mezzo di fiarate.

A dar man forte ai dragoni còrsi erano stati scelti una ventina di giovani nettunesi ai quali venivano concessi permessi speciali per lavori agricoli, sempreché non ci fossero pericoli in vista.

Al tempo del nostro racconto erano stati comandati a far parte della guarnigione i seguenti nettunesi, che riportiamo per ordine alfabetico con a fianco la specialità di ognuno:

Alessandrini Liberto, artigliere - Bacialemani Pietro, artigliere - Capobianco Stefano, artigliere - Casaldi Mario, artigliere, staffetta - Castaldi Antonio, archibugiere - Cavalieri Giovanni, artigliere, sergente - Colozzi Alfredo, artigliere, Tamburino - Cochi Dante, archibugiere - Del Signore Giuseppe, artigliere, addetto alle " padrone " - De Luca Amleto, soldato a cavallo - Di Pietro Antonio, artigliere, cuoco - Fiorilli Andrea, soldato a cavallo - Garofalo Giuseppe, artigliere, addetto al deposito - Mariola Fleno, soldato a cavallo - Monaco Giacomo, artigliere, artificiere - Tarantini Francesco, addetto al maneggio - Tartaglia Claudio, artigliere - Ottolini Giovanni, archibugiere - Simeoni Giovanni, cannoniere - Valeri Tommaso, artigliere - Zaino Domenico, addetto ai rifornimenti.

Ed inoltre:

De Franceschi Fabio, Matteucci Antonio, Catanzani Vinicio, Marcobelli Natale, dei quali non si conosce la specialità.

La maggior parte di costoro erano ai loro posti, ma alcuni avevano avute il permesso di recarsi a mietere il grano.

Il sergente Cavalieri Giovanni, visto che tra la folla v'erano anche dei soldati, scese dalla marciaronda, corse verso di loro apostrofando con imprecazioni i soldati Zaino Domenico e Castaldi Antonio i quali, dimenticando il loro dovere, si erano spinti tra la folla dei preoccupati.

- Avete dimenticato il vostro dovere!?

- No, sergente - rispose Zaino -

- Avevamo un permesso di sei ore! - aggiunse di rincalzòl'artigliere Castaldi. -

- Ma il permesso cessa al primo segnale d'allarme!

Il poverino... se l'era dimenticato! Te la vedrai col colonnello!

- Ma il nemico è lont...

Il soldato Zaino non potè terminare la frase, che una guardataccia del sergente gli aveva consigliato di chiudere la bocca.

I tre, abbandonata la calca, si diressero correndo al cavane più vicino, quello che conduceva agli alloggi della guarnigione, mentre gli altri, diciamo: i non militari, che sostavano vociando in piazza, incitati dalle esortazioni perentorie di Don Alessandro si disperdevano per le viuzze del borgo per rientrare alle loro case. Dei 1.057 abitanti che Nettuno contava in quell'anno almeno i due terzi fra donne e bambini si erano riuniti in piazza presi dal panico.

 

NOTE
(7) Dove era nato, il 21 marzo 1624 il gesuita Paolo Segneri considerato principe della sacra eloquenza. Fra le sue numerose opere si debbono ricordare: " II Quaresimale, I panegirici. II Cristiano istruito, La Concordia, La manna dell'Anima ".

 



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