Sig.na Marta Abba
Grand Hotel des Termes Salsomaggiore
Nettuno, Giovedì 11. VII. 1928
Mia cara Marta,
questa mattina a Roma, appena ricevuta la tua lettera, mi sono recato a casa di Marchesano, ma ho trovato la porta chiusa. Il portiere non ha saputo dirmi altro che l'onorevole è con tutta la famiglia a Santa Marinella. Ho pensato allora di scrivergli se può venire a Roma prima del giorno 15, dovendo parlargli di cosa che preme, o di sapermi dire, nel caso contrario, se conta di venire a Genova entro la seconda quindicina di questo mese. Avrò senza dubbio la risposta prima della mia partenza da Roma. Se mi risponderà che né può venire a Roma né conta di venire a Genova, otterrò da lui sicuramente una presentazione e una raccomandazione efficace per uno dei migliori avvocati di Genova, esponendogli di che cosa si tratta, o meglio, dicendogli che serve a Te. Stai tranquilla, che la signora Govi si guarderà bene dal fare scandali. Sarte come lei sono abituate ad aspettare per anni e anni, e quando saprà che ci sono di mezzo avvocati di vaglia, mattane, di quelle che Tu temi, stai sicura che non ne farà. Le hai già dato a buon conto ventimila lire; e non le hai ancora manifestato il proposito di non darle più altro. O Marchesana o un altro avvocato di Genova ti dirà come dovrai regolarti, e ci penseranno loro a farglielo capire con le buone o con le cattive, evitandoti noie e dispiaceri.
Mi parli nella tua lettera delle meraviglie d'un film che sei andata a vedere. Sì, cara Marta, si possono fare col cinematografo cose veramente meravigliose; ne sono convinto da un pezzo; e vedrai che riuscirò a farne, da sbalordire tutti, se mi ci metto. Ho in mente cose straordinarie. E non mi par l'ora di concludere per attuarle e per levare i piedi da questo nostro paese dove avvengono cose inaudite, che non ti posso riferire per lettera, ma che ti dirò a voce a Genova. Ne ho parlato a lungo con Interlandi. da cui appunto le ho sapute; e sempre più mi s'è ribadita l'idea di spatriare, convinto come sono ormai che per uno come me non è più possibile vivere in Italia. Ritornerò, se ritornerò, quando non avrò più bisogno di nessuno. Intanto sarà bene a Genova rimettere subito in ordine il tuo passaporto.
Com'hai fatto a conoscere costà Umberto Notari? Io lo conosco appena; avrò parlato con lui due o tre volte in tutto; credo che, dopo la morte del figlio, se ne stia ormai da parte. Ho potuto lavorare pochissimo al Lazzaro a causa delle sofferenze viscerali di cui t'ho fatto cenno, e che mi son seguitate fino ad oggi. Sono andato e venuto da Roma ora per una cosa ora per un'altra, e il tempo m'è passato più a leggere che a scrivere. Scrivere, ho scritto a Te, tutti i giorni. Ero tanto contento di veder firmate "Marta" le tue lettere precedenti: l'ultima, quella d'oggi, scritta dalla sala della polverizzazione, era invece firmata "Marta Abba" e fredda fredda.
Ma non prenderti quest'osservazione come un rimprovero. Se sapessi che bene m'hanno fatto le tue lettere e come le ho tutte benedette! E se sapessi quante e quante cose vorrei dirti, che non ti dico. Vorrei saper la musica per esprimere, senz'essere inteso da nessuno, neppure da Te, tutto questo tumulto di vita che mi gonfia l'anima e il cuore. Nessuno lo saprà mai, cara Marta, anche se il mio cuore ne dovesse scoppiare.
Basta. Quest'esilio finirà tra poco. Salutami la Mamma e Cele, e Tu abbiti tutte le più vive cordialità dal tuo
Luigi Pirandello |