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NETTUNO
E LUIGI PIRANDELLO

LETTERE A MARTA ABBA
E LA NOVELLA "VA BENE"

a cura di
BENEDETTO LA PADULA

EDIZIONI DEL GONFALONE 2004

 

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PREMESSA E CONTESTO STORICO-SOCIALE
di Benedetto La Padula


Pirandello a Nettuno

Luigi Pirandello aveva ambientato a Nettuno, nel 1904, la sua novella "Va Lene". Molti l'avevano letta, scoprendovi deliziose descrizioni di luoghi rimasti immutati ancor oggi, ma niente di più. Biblioteche e centri studi intitolati a Pirandello non mi davano altre notizie di quello che in tutto mi appariva, con evidenza, come un suo personale soggiorno a Nettuno.
Finché, a settembre del 2001, durante le ricerche per la stesura dell'altra pubblicazione in queste Edizioni del Gonfalone "Gabriele D'Annunzio-Lettere da Nettuno e altri manoscritti- Estate-autunno 1903", Giovanna Scarsi mi svelava l'esistenza delle lettere di Pirandello. Addirittura ne aveva parlato Ella stessa in un suo saggio pubblicato a maggio del 2001 (1) .
"Una splendida signora in uno splendido abito da teatro, colar verde smeraldo -scrive la Scarsi ricordando la sua visita all'attrice, a Lido di Camaiore, nel 1965- che accentua la vividezza dello sguardo in contrasto con il rosso ramato della capigliatura., anch'essa teatrale, ancora fin de siede, e accarezza i contorni di un corpo flessuoso, entra nel salottino crepuscolare, con portamento altero e morbido insieme: abbraccia con slancio Silvio Calendoli e con una carezza rompe la timidezza dell'allievo, del corso di teatro che le era in piedi, innanzi, con devozione. Adagiati con sapiente cura su leggii, sui mobili raffinati d'epoca, o adornanti con sobrietà austera le pareti azzurre, ritratti di lui, il <Maestro>, vergati con dediche autografe, ancora umide di tracce di vita, di amore. Ero come rapita, immersa nell'atmosfera dei miei studi prediletti che, d'incanto, prendevano corpo in lei, la musa per la quale il teatro di Pirandello divenne ed è: Marta Abba"(2).
A Giovanna Scarsi, quindi, mia indimenticata professoressa di lettere durante gli anni del liceo classico a Eboli, devo questo mio nuovo lavoro su Nettuno.
La scoperta è stata emozionante: dal 4 al 13 luglio del 1928 Luigi Pirandello era stato a Nettuno, ospite dell'albergo "Neptunia", in via di Anzio n. 39, dove aveva trovato "una bella camera con una finestra che guarda nella magnifica villa dei Principi Borghese, dalla famosa pineta, e una grande terrazza al mare... ".

Il 24 marzo del 1928 era andata in scena al teatro Argentina di Roma la prima di "La nuova Colonia" di Pirandello, con Marta Abba e Lamberto Picasso.
A Nettuno, in quei mesi si trovava anche il figlio dello scrittore, Stefano (3) , probabilmente ufficiale della Scuola di Artiglieria di stanza in questa città. Qui aveva un appartamento e qualche volta vi ospitava il padre. Scrive, infatti, Pirandello, il 5 luglio: "Nel quartierino di Stefano di tre sole stanze non ho trovalo posto; e non me ne lagno, anzi, ne sono molto contento. Meno scomodi loro, e più comodo io. Del resto, non è detto che debba rimanere a Nettuno. Voglio vedere come ci starò tutto quest' oggi a lavorare. Se ci starò bene rimarrò, par recandomi a Roma ogni due giorni; o se no, ripartirò domattina per trattenermi al villino... ".
E invece vi rimase almeno fino al 13, quando concluse la sua lettera: "...Questa è la penultima lettera che ti scrivo. Ne abbiamo già 13. Spero di ricevere domani un'altra tua risposta con le indicazioni dell'ora in cui arriverai a Genova il 16; così verrò a prenderti alla stazione, e avrò fissato intanto le stanze all'albergo. Non ci so credere io stesso, che quest'esilio che m'è parso eterno, sia già per finire..".

 


L'albergo "Neptunia" in una cartolina viaggiata il 30 maggio 1935
Ed. G.Tersigni (g.c. Archivio Storico Alberto Sulpizi - Nettuno)

 


Villa Gualdi, già albergo "Neptunia", in una foto del 2004
(foto Sergio Zannelli - Nettuno)

 

L'edificio dell'albergo "Neptunia" esiste ancora oggi, pressoché immutato nella sua facciata esterna rispetto agli anni di Pirandello, ed è al numero 95 di via Gramsci, proprietà della famiglia Gualdi, di Roma.
Da qui aveva spedito sette lettere all'attrice Marta Abba, alle Terme di Salsomaggiore, oltre quella scritta da Roma il 4 luglio, nella quale annunciava ".. .Io stasera andrò a Nettuno per un giorno e domani l'altro sarò qui di nuovo, e mi metterò a finire il "Lazzaro".
Le si rivolgeva con toni dolci e con la tenerezza di un padre (Pirandello aveva 36 anni più di Marta). A tratti sembra che ne sia innamorato, invaghito. Gli argomenti sono quelli del loro lavoro, drammaturgo lui, attrice lei, delle aspirazioni e delle delusioni, dei progetti che riguardavano entrambi, delle preoccupazioni finanziarie della famiglia, delle tasse.
"Ella lo incontrò allorché era all'acme del successo -scrive ancora Giovanna Scarsi- ma terribilmente minato dal dramma dell'internamento della moglie e dai dissapori familiari, nei quali Marta fece sempre da mediatrice. ...Marta aveva convinzioni profondamente religiose, Pirandello era un laico cristiano: in quel tempo non esisteva il divorzio. Non maturarono, dunque, le condizioni che, se ci fossero state, avrebbero, forse, fatto sì che non restasse infranto il sogno d'amore..."(4)

Nella lettera del 5 luglio parlava anche del barone Alberto Fassini, all'epoca proprietario del Forte Sangallo di Nettuno.
E nella lettera di martedì 11 luglio un'annotazione di costume che oggi ci fa sorridere: ''...poi sono sceso un po' alla spiaggia. Che carnaio! Certe donne... La spiaggia è angusta, e il mare se la vien mangiando sempre più. d'anno in anno. Pigiati tutti - uomini e donne - in quel po' di rena sporca, pasticciata. Certe scene! certe esposizioni! Me ne sono risalito alla mia terrazza, stomacato. E ho ripreso a leggere sulla vita e sulle nove sinfonie di Beethoven, per la preparazione dei lavori che Tu sai. Mi pare che debbano venire magnificamente. Ma mi manca la suggestione della musica. Bisognerà che trovi il modo di riudire attentamente, una per una, tutte le nove sinfonie: forse, con qualche buon disco di grammofono. La lettura di questi libri mi da intanto lo stato d'animo e il clima spirituale del Musicista nei vari momenti delle sue composizioni... ".

Alla morte dell'artista, la stessa Marta Abba cedette le lettere all'Università di Princeton, attraverso l'amico Peter Putnam. Nel 1985 le lettere furono pubblicate dalla "Princeton University Press".

Nel 2003, l'Università americana ha concesso al Comune di Nettuno le copie di queste:
Roma, 4.VII.1928;
Nettuno, 5.VII. 1928;
Nettuno, venerdì sera, 6. VII. 1928;
Nettuno, 8.VII. 1928;
Nettuno, lunedì sera, luglio 1928 (9.V11.1928);
Nettuno, martedì, VII.1928 (10.VII.1928);
Nettuno, giovedì 12.VII. 1928;
Nettuno, venerdì 13.VII. 1928.

Pubblico le loro riproduzioni e le relative trascrizioni, con l'augurio che questi importanti documenti possano stimolare altri ricercatori verso più profonde conoscenze dei rapporti di Pirandello con Nettuno.

Luigi Pirandello era nato ad Agrigento (allora Girgenti) il 28 giugno 1867, da famiglia agiata. Aveva fatto gli studi liceali a Palermo, ma si laureò a Bonn nel 1891 in glottologia, con la tesi su "'Suoni e sviluppi di suono della parlata di Girgenti". Nel 1894 sposò la figlia di un socio del padre, Antonietta Portulano, da cui ebbe tre figli: Stefano, Lietta e Fausto. Fu poi sconvolto dal dissesto finanziario dell'azienda familiare, ma rimase ancora più colpito a causa della malattia mentale della moglie. Per provvedere ai bisogni della famiglia, lo scrittore insegnò stilistica nel magistero femminile di Roma, prima come incaricato e poi come ordinario, dal 1897 al 1922.
Nel 1910 cominciò a dedicarsi al teatro con un atto unico di Nino Martoglio del 1898. Altri esperimenti teatrali tentò negli anni successivi, senza vera convinzione, fino a quando, nel 1916 e 1917, cedendo alle richieste di Angelo Musco, scrisse Pensaci, Giacomino!, Liolà,, II berretto a sonagli e La giara; nello stesso 1917 scrisse anche Così è (se vi pare). Nel 1921 scrisse i Sei personaggi in cerca d'autore. Del 1926 è Uno, nessuno, centomila.
Lasciò l'insegnamento e nel 1925 assunse la direzione del Teatro d'arte di Roma. Per i meriti acquisiti nell'arte drammaturgica, fu nominato accademico d'Italia nel 1929 e ottenne il premio Nobel nel 1934.
Morì nella sua casa in via Antonio Bosio, una traversa della via Nomentana, a Roma il 10 dicembre 1936.

Pirandello era tornato alla fine del 1891 a Roma, dopo essersi laureato a Bonn. Nel 1893, durante un soggiorno a Frascati, aveva scritto la Marta Ayala, poi pubblicata nel 1901 con il titolo di L'Esclusa. Nel 1902 aveva scritto La vita nuda, in cui faceva riferimento a luoghi di Albano e di Frascati. Nel 1909 poi pubblicò La Giara, in cui sono menzionate Nemi, Albano e ancora Frascati. E', quindi, credibile, che negli anni immediatamente precedenti al 1904 egli sia stato a Nettuno, anche se finora le uniche citazioni trovate sono quelle della novella Va bene.

La novella Va bene fu pubblicata per la prima volta nella "Nuova Antologia", il 1° novembre 1905; venne ristampata nel 1906 in testa alla raccolta Erma bifronte (Treves, Milano); infine, nel 1923, entrò a far parte del sesto volume delle Novelle per un anno, "In silenzio".
Il testo che propongo è tratto dall'edizione originale dell'Erma bifronte, acquistata a Firenze a ottobre del 2003 ed entrata a pieno titolo a far parte dei "lOOLibri per Nettuno".

Marta Abba nacque a Milano nel 1903. Dopo un primo successo nel 1924 con il Gabbiano di Cechov, Pirandello la scritturò per la compagnia del Teatro d'arte. Di Pirandello interpretò molti drammi, tra i quali Diana e la Tuda (1926), L'amica delle mogli (1927), Come tu mi vuoi (1928), Trovarsi (1932). Interpretò anche La figlia di Iorio di D'Annunzio nel 1934. E morta nel 1985.

 

Contesto storico-sociale

Avere un ragguaglio sul contesto storico-sociale dell'Italia e di Nettuno, tra la fine del 1800 e i primi del 1900 può essere utile per comprendere il clima dell'epoca.
Dopo la crisi dei primi anni dell'unità d'Italia, l'inizio del ventesimo secolo vide la ripresa economica del Paese, grazie alla politica condotta o ispirata a più riprese dal capo del governo Giovanni Giolitti. Il commercio con l'estero era aumentato nel primo decennio da tre a sei miliardi. I depositi delle casse di risparmio ordinarie e postali, delle banche ordinarie e di quelle popolari furono pressoché raddoppiati, da meno di tre miliardi a più di cinque. Aumentarono gli stipendi e furono emanate due importanti leggi sull'ordinamento della magistratura, nel 1907 e una sullo stato giuridico degli impiegati civili, nel 1908. Il mondo dell'economia cominciava a raccogliere a mettere a frutto i principi innovatori e gli incoraggiamenti dell'enciclica Rerum novarum, che il papa Leone XIII aveva emesso nel 1891.
Nel 1881 la popolazione di Nettuno aveva 2.515 residenti. Era già tra le località climatiche e balneari predilette dalla borghesia romana.
Le confinanti Paludi Pontine erano motivo di forte preoccupazione per il dilagare della malaria. Il chimico torinese Felice Garelli pubblicò un libricino per indicare le cause della malattia.
"I professori Klebs e Tommasi-Crudele con osservazioni ed esperienze accuratissime -scrisse Garelli- dimostrarono: che la malaria o, a dir meglio, l'agente specifico della febbre malarica è una pianta parassita del genere bacillus, e da essi distinta col nome di bacillus malariae... " (5)

Venne, però, presto smentito da altri studi condotti da medici. Ronald Ross nel 1897 individuò l'agente infettivo in una zanzara, di cui non indicò ancora il genere. Fu nel 1898 il malariologo Giovanni Battista Grassi ad attribuire la responsabilità alla zanzara del genere anopheles. Tra gli altri medici che approfondirono le indagini si ricordano Amico Bignami, Ettore Marchiafava, Camillo Golgi, Leopoldo Franchetti e Angelo Celli. Fu proprio quest'ultimo che, una volta divenuto deputato, insieme con Giustino Fortunato e Silvio Venturi, riuscì a far approvare la legge n. 505 del 23 dicembre 1900, per la produzione del chinino di stato, medicinale giudicato il toccasana contro la malaria. Bisognerà attendere, però le leggi del 1902 e del 1904 per la distribuzione gratuita del farmaco ai contadini e abitatori delle paludi.
Nel 1882 il Comune aveva pubblicato un libro, scritto dal medico condotto-ufficiale sanitario dottor Giulio Petraglia "Qual è il clima di Nettuno"(6) , proprio per promuovere le virtù benefiche di un soggiorno marino in questo luogo.
Nel 1884 il treno arrivava da Roma fino al centro del paese quasi di fronte al Forte Sangallo, percorrendo gli ultimi chilometri tra la tenuta dei Borghese(7) da una parte, e il mare dall'altra.
L'anno successivo fu un altro medico condotto e ufficiale sanitario, il dottor Norberto Perotti, successore di Petraglia, a pubblicare un suo volumetto: "Può diventare Nettuno una stazione climatica invernale?"(8) , seguito nel 1888 da una "Guida igienica ai bagni di mare"(9) e nel 1889, dallo studio scientifico "Nettuno e il suo clima"(10) , sulle proprietà terapeutiche del mare e dell'aria.
Lo stesso 1885, il 30 settembre, l'arciprete don Temistocle Signori chiese al vescovo di Albano, cardinale Raffaele Monaco La Valletta, di affidare all'Ordine dei Fatebenefratelli, dell'Isola Tiberina in Roma, la gestione del vecchio ospedale dei poveri di Nettuno.
Prima la peste, poi il vaiolo e la malaria della palude pontina rendevano le condizioni sanitarie molto precarie e la vita molto breve, specialmente per i numerosi braccianti e mezzadri, che dalle Marche, dalla Campania, dall'Abruzzo, venivano ingaggiati dai grandi affittuari terrieri della pianura per la coltivazione dei campi, il taglio dei boschi e l'allevamento del bestiame.

Ha scritto lo storico Giuseppe Tomassetti (11)
"In Nettuno...possiamo visitare la chiesa di San Francesco. Entrando a sinistra ...... si scorge un dipinto a fresco scoperto nel 1896, come dice una iscrizione moderna sottoposta. E' di scuola napoletana, del 1400, guasto da ritocchi: rappresenta la V'ergine in trono col Bambino e due angeli ai lati genuflessi e portanti candelieri. A destra la figura di un cardinale con lunga barba, recante sulle mani un libro aperto, su cui sono scritte alcune parole, che non ho potuto decifrare (equs, vitae, tem ter, gattur etc.).

Un grande fermento culturale pervase l'Europa e portò archeologi e studiosi, specialmente tedeschi e francesi, a Roma per riscoprirvi le testimonianze del suo grande passato. Dalla capitale essi si spinsero alla Campagna Romana, così ricca dei segni dell'antica Roma.
Il 24 gennaio 1896 lo studioso francese Henri Graillot scoprì il santuario della Mater Matuta nel borgo di Le Ferriere e così lo descrisse:
"La collina non presentava alcuna traccia di antichi resti, ma su una delle parti più alte, sul lato che guarda verso il fiume, si ergevano qua e là dal terreno delle formazioni di tufo tra cui, in direzione Nord ed Est, si delineavano i contorni di una piattaforma. Alcuni colpi di piccone mi furono sufficienti per riconoscervi i resti di un muro arcaico. Un sondaggio effettuato a circa quattro metri in direzione sud-ovest riportò alla luce uno spesso strato di ceramica frammentata e di oggetti di bronzo che non potè significare altro che la stipe votiva di un tempio".(12)
Era stata scoperta Satricum.
"A quanto pare -continua Demetrius Waarsenburg- fu lo scavatore di professione Francesco Mancinelli il primo a pensare ad uno scavo di Satricum. Per molli anni, insieme al collega Fausto Benedetti, aveva lavorato nell'agro Falisco e il suo principale e migliore cliente era sempre stato il Museo di Villa Giulia.... Era quindi una mossa logica farsi vivo presso la Scuola Francese di Roma, dove esisteva un grande interesse per il Lazio antico. Infatti, uno dei membri della Scuola, Renè-Marie De la Blanchère, aveva dedicato molti anni della sua vita allo studio intensivo della regione pontina. E per di più, aveva poco prima posto una domanda alla quale si poteva dare una risposta solo scavando: l'antica città di Satricum giaceva ancora nascosta a Conca, come era stato suggerito da Antonio Nibby nel 1825, o a Campomorto, distante in linea d'aria circa sei chilometri verso l'interno? ....Mancinelli trovò in Graillot un interlocutore interessato al suo progetto su Satricum".
Il 7 aprile 1896 l'archeologo Rodolfo Lanciani visitò Torre del Monumento, il monumento funerario che si vuole eretto da Cicerone per la morte della figlia Tulliola, tracciandone sul luogo una sintetica immagine; per raggiungerla percorse la via antica ed individuò il bivio dove questa si biforcava per Nettuno, protetto in età medievale da una torre. Sulla carta conservata a palazzo Venezia, oltre ad ipotizzare come antico il ponte sul fosso, indicò i resti di un acquedotto che correva parallelo al ramo diretto ad Anzio. Della stessa data è la documentazione fotografica di Torre del Monumento, lasciataci dal fotografo inglese Thomas Ashby.

Nel 1897 Gabriele D'Annunzio, già frequentatore di Nettuno, scrisse La pineta meravigliosa, dedicata alla pineta di Torre Astura .
"Torre Astura - 21 marzo [1897]

Si entra come in un incanto. Tutto il terreno è coperto d'un tappeto alto di aghi. I tronchi sono cosi fitti che lasciano appena penetrare qualche occhio di sole. La parte inferiore sembra morta, nell'ombra, è secca, arida. In tutte le congiunture dei rami si sono accumulati gli aghi morti, in fasci. I rami ne sostengono a volte grossi cumuli. Un intrico straordinariamente sottile e composto. Le pigne vuote o verdi sono sparse sul tappeto soffice e innumerevole. Nell'ombra, fra i rami, i ragni tessono le tele. Le tele circolari legate tra loro da lunghi fili palpitano e rilucono iridescenti, con uno splendore e una immaterialità indicibili, simili a larve di stelle o di fiori, simili a quelle venature, a quelle nervature delle foglie che., macerate, rimangono come scheletri infinitamente delicati. E al sole che penetra qua e là, gli alberi fulvi, con i loro rami carichi di aghi, brillano di questa divina iridiscenza, di questa sovrammirabile opera d'incanti-aracnea.
I fusti si diradano, nelle radure si scorgono allora le cime degli alberi, verdi, fiorite, con le innumerevoli piccole dita tra bionde e rosee che oscillano in cima.
II vento a tratti fa crollare tutto il lungo fusto sottile che da un gemito come l'antenna del naviglio. E s'ode, come vegnente da una indefinita lontananza, il rumore del Mare.
Quando si va dalla torre verso la pineta per entrare, si vede sul cielo azzurro la linea bassa degli alberi verdi, sormontati dalle dita pendenti nel roseo: apparenza deliziosa.
La selva, da prima, sembra morta: i rami sono fragili, si spezzano come il vetro, al passaggio. Gli aghi sono secchi. Il tappeto è profondo, delizioso, per amare.
Da Nettuno si entra nella campagna aperta verso il Poligono.

...........

La sabbia, qua e là acquitrinosa., è viva di vimini e sparsa di piccole strisce come d'un nastro argenteo che riluce al sole e biancheggia finemente. Una piccola cappella dalla porta rossa è di fronte alla Torre. La Torre è nel mezzo del mare, legata alla terra da un ponte lungo e stretto sa arcate. £" una specie di piccolo castello di mattone merlato. Si sale alle logge, da cui si scopre tutto il mare e la duplice visione. Nel mare si veggono le fondamenta di antichi edifizi con figure regolari, geometriche. A sinistra una corona di scogli su cui svolazzano i gabbiani. Una immensa serenità: il mare è apertissimo. La torre è abitata dalle guardie di finanza.
V'è nel muro un foro, a cui si sale con una scala applicata alla parete. Si entra in una piccolissima stanza, in una specie di cella, che fu -dicesi- la prigione di Corradino. Dinanzi al Castello il terreno è coperto di piante grasse e di cacti.
Nella Pineta i rami biforcuti sono carichi di aghi secchi, come le forche sono cariche di paglia. Cumuli ne sono ai piedi dei fusti - Tutta la vitalità degli alberi è portata alle cime che si dondolano al sole impercettibilmente. Nelle radure alcuni fusti sono curvati a terra, toccando la terra con la vetta.
Di fuori, la pineta è tutta chiusa. I rami si partono da terra.
E' combustibile: una scintilla basterebbe a incendiarla.
I giochi del sole sul viso della supina.
Lungo il mare, cumuli enormi di alghe disseccate, simili a nastri argentei, che formano come una diga molle. Le vele bianche curve sotto il vento, lungo la, spiaggia del Circeo.
La grande spiaggia argentata e deserta. I gabbiani che galleggiano. Le rane roche negli acquitrini.
La strada, per andare alla torre, passa per un piano tutto coperto di duri mirti marini color di bronzo - verdura forte, tenace, aromatica - d'uno straordinario vigore (Impossibile a Stelio recidere un ramo).
Poco dopo il cancello che s'apre sul viale conducente alla Torre, è un casale contornato di mucchi di paglia. Ivi è il traghettatore, che traghetta i passeggeri sul fiume -presso la foce.............".

 

Altro evento importante di questa fine secolo: la costruzione dell'ospedale Orsenigo.(14)

"Nel giugno del 1899 venne stipulata una convenzione tra la Congregazione di Carità di Nettuno e il frate Giovan Battista Orsenigo, s'iniziò un'attività sanitaria nel vecchio ospedale e successivamente furono acquistati due lotti di terreno di proprietà della Società Anonima delle Ferrovie Secondarie Romane, con atto di vendita presso il notaio di Nettuno Luigi De Luca per circa 6750 mq., a lire 38.000, per la costruzione del nuovo Ospedale."(15)

Relativamente all'anno 1899 riferisce ancora Giuseppe Tomassetti:
"In Nettuno e suo territorio, sempre avvengono scoperte...Nella casa dell'avv. Censi intelligente collettore (via Luigi Pelloux, n. 8) ed ispettore delle antichità, v'è un giardinetto, nel quale ho notato le cose seguenti: un'ara quadrata marmorea, riccamente fastigiata, ma spezzata in senso verticale, in modo che nella metà superstite mostra la fronte con la figura in alto rilievo. In terzo, di un sacerdote col galero ornato di lauro, con traccia dell'apice: scultura di pregio; un rilievo marmoreo recante un coccodrillo montato da un genietto; un frammento d'ara con un gemello alato cavalcante un toro e in atto di colpirlo col pugnale sulla testa (ciclo Mitriaco); quattro antefisse in terracotta con teste femminili arcaiche; una statua femminile acefala panneggiala; due colonne, tre capitelli, numerosi frammenti e la statuetta di un genietto che. serve di fontana".(16)

Il 23 agosto del 1899 fu fondata la Banca di Credito Cooperativo, con il nome di "Cassa Rurale di Nettuno di Depositi e Prestiti S. Isidoro Agricola".(17)

Questa è una descrizione del territorio di Nettuno di allora, come ce l'ha lasciata il medico-scrittore Norberto Perotti:
"L'altipiano su cui sorge Nettuno è da ovest ad est circondato da un'elevazione di terreno leggermente ondulata che dipartendosi dalle vicinanze di Anzio va dolcemente declinando fino al Santuario della Madonna delle Grazie recingendolo tutto, e molto d'appresso, a guisa di mezza luna. Queste alture ad ovest, come quelle coperte dalle capanne di Paiella, dal casino Marucchi, dal cemeterio di Anzio sono rispettivamente a 50, 52 e 55 metri dal livello del mare, a nord, come quelle occupate dalle ville Bell'Aspetto e Soffredini a 38 e 25 metri, poi si va declinando verso est con la contrada S. Giacomo (villino Tranquilli) che segna 17 m. per arrivare presso S. Rocco con soli 2 metri. Ma risale a m. 9 al poligono ed all'Acciarella, a 21 a Fico Mancino., per rediscendere a 3 a Val Montoro. La pianura compresa fra questa elevazione ed il mare segue lo stesso andamento abbassandosi da ponente verso levante, tanto da trovarsi presso il ponte di S. Rocco sotto il livello stradale, ed appena di un metro dal pelo dell'acqua marina. Tale configurazione di terreno ci spiegherà alcune condizioni climatiche del suolo. Più addietro seguono le alture delle Calcare, di Villa Segni, degli Zucchetti, della Campana (m. 53) le colline sempre più alte dell'agro romano, finché con varianti ondulazioni di terreno si termina a nord coi colli Laziali ..."(18)
Il 1° marzo 1900 arrivò nelle strade del centro cittadino la corrente elettrica. Prendiamo sempre da Perotti la notizia sulle acque che il paese possedeva all'inizio del ventesimo secolo:
"Nettuno, ed è questa cosa essenzialissima, è abbondantemente fornito di buon acqua potabile. Gli deriva da ben 3 sorgenti diverse, separatamente condottate. La più antica, detta perciò Fontana Vecchia, sorge proprio entro il paese quasi a livello del mare ed è la più fresca in estate e la più leggera...Fornisce litri 6,25 al 1'... Segue la sorgente Tinozzi che dista circa 2 chilometri, che è convogliata in condotti di ghisa e porta litri 2,88 al 1 '. E' stata condottata fin dal 1 884, fornisce le stazioni ferroviarie di Nettuno ed Anzio, la porzione a ponente dell'abitato, l'Ospedale Orsenigo e quasi tutti i villini lungo la ferrovia.... L'ultima condotta solo dal 1891 proviene dalla sorgente detta Fontana di Papa a chilometri 5 al nord del Comune. Ricca di litri 9 al 1'fornisce anche il poligono della scuola centrale di artiglieria ...".(19)

E ancora Perotti:
"Quanto ad abitazioni si va sempre più migliorando e più migliorerà coll 'aumentare delle richieste per parte dei forastieri. Intanto è dovere ricordare il Sanatorium e Casa di salute Orsenigo tenuta dai Fate-bene-fratelli, splendida costruzione sul mare, nella quale si accettano convalescenti e malati, che vi trovarlo ogni cura ed agiatezza a miti condizioni, variabili secondo il trattamento che si desidera. Le passeggiate non mancano e variate perché alcune, prospettano il mare, ed altre si addentrano entro terra, ma tranne una, l'olmata, che è quanto mai pittoresca per lo svolgersi su un terreno ondulato e per essere coperta da una folta alberata, le altre sono spietatamente dardeggiate dai raggi del sole. Per iniziativa presa da questo Sindaco si è sul finire dell'anno decorso [1898] cominciato ad alberare la piazza ed alcune strade, ricorrendo per prova a piante diverse, e mentre applaudiamo di cuore all'utile e geniale idea, facciamo voti perché non si desista pei primi insuccessi, ma che si prosegua ogni anno nelle piantagioni pregando in pari tempo ogni ordine di cittadini perché le rispettino, ed insegnino a rispettarle. Il culto alle piante e ai fiori è il segno sicuro di una progredita civiltà. La strada poi che per S, Rocco mena al poligono di artiglieria oltre che non alberata, da non poca polvere nei mesi di siccità, perché non selciata. £" ciò, come già descrissi, un grandissimo inconveniente. Io non suggerisco di selciarla, perché parlarne ora con le ristrettezze del nostro bilancio, sarebbe lo stesso che esporrai alla lapidazione..., ma posso ed ho anzi il dovere di raccomandarne rinnaffìamento, fatto possibilmente con l'acqua, marina, nei modi e nelle ore più opportune... Purtroppo non abbondiamo, anzi tutt'altro, di distrazioni sociali ed intellettuali, e l'uomo specialmente il malato o l'infermiccio non vivit de solo pane, o di soli rimedi: ma facciamoci l'augurio che ancor queste vengano coll'affluire dei forastieri e con questo augurio facciamo punto.(20).

 

II 1° marzo 1900 arrivò nelle strade del centro cittadino la corrente elettrica, che solo negli anni successivi andrà via via estendendosi anche alle zone periferiche del paese.
Un incendio nella chiesa di san Rocco distrusse il trono della statua di Nostra Signora delle Grazie e lo stesso anno venne benedetta la prima pietra per il nuovo santuario (anche se dopo nove anni i lavori non erano ancora cominciati).
Il 6 maggio 1900 morì per la malaria, alle Ferriere di Conca, Luigi, il padre della piccola Maria Goretti.
A giugno elezioni politiche: la sinistra di governo confermò la maggioranza ma crebbe anche l'estrema sinistra. Umberto I affidò l'incarico di capo del governo prima a Giuseppe Saracco e subito dopo a Giuseppe Zanardelli.
Il 29 luglio a Monza l'anarchico Gaetano Bresci uccise Umberto I e Vittorio Emanuele III divenne re d'Italia.

"Bisogna elevare in alto le proprie mire e scorgere un pò l'avvenire... ".
Fu questa affermazione del consigliere Augusto D'Andrea, fatta nella seduta consiliare del 14 novembre 1900, ad aprire la strada verso la costruzione di un nuovo edificio per il Comune sulla via di san Rocco, via Durand De La Penne, l'edificio che oggi vediamo su viale Giacomo Matteotti, in pieno centro cittadino. Ma nel 1900 si trovava in aperta campagna. Ci vorrà molta lungimiranza per costruire in questo luogo un municipio adatto a quella che sarebbe diventata la città che Nettuno solo molti anni dopo, e D'Andrea dimostrò di averla.
Ma i tempi non erano ancora maturi.
Appassionante è la lettura del resoconto di quella seduta consiliare, per i riferimenti che contiene a luoghi e persone del tempo, ma anche per cogliere il senso dell'economicità che avevano i nostri predecessori.
"Il Presidente [Angelo Combi] comunica che, .. .presentò altro progetto il Sig. Tito Caffoni per la ultimazione del Palazzo già da esso incominciato lungo la via di San Rocco con adattamento per uffici domandando, compresi gli interessi, la somma fissa "a forfait" di £. 150 mila (oggi sarebbero circa 550.000 euro) pagabili in 15 annualità.
Da quindi comunicazione di un terzo progetto presentato da Turchi Salvatore il quale domanda di £. 80.000 per il suo Palazzo in Piazza Umberto I, comprese le rispettive adiacenze in confine con la Via dell'Archetto e Via delle Rimesse. E siccome esso si trova di avere un debito di £. 60.000 al 5% colla Signora Marchesa Costagutì., così chiederebbe che il Municipio si sostituisca al Turchi per le £. 60.000 verso la Marchesa pagando ad esso la differenza di £. 20.000 in due o più esercizi.
Il Consigliere Augusto D'Andrea trova conveniente il solo progetto del Caffoni perché la spesa sarebbe di sole £. 150.000 che pagate in 15 annualità non sarebbero di aggravio al Bilancio. Oltre a ciò doterebbe il paese di un nuovo ed elegante edificio. I Consiglieri Paccariè, Trovarelli Filippo, Censi Annibale e Sisti Onorio combattono la proposta Caffoni non trovando conveniente che il Municipio venga
costruito in aperta campagna fuori dell'abitato ed in località insalubre,
La Residenza Municipale deve stare nell'interno del Paese ed in luogo più centrale che sia possibile, cosa alla quale risponderebbe pienamente il Palazzo Turchi perché situato sulla Piazza Umberto I, che è la principale e più centrale del Paese. ....
Il Consigliere D'Andrea replica non doversi semplicemente pensare all'urgenza del momento. Occorre guardare all'avvenire del Paese. Nettuno difetta di fabbricati ed occupando il Palazzo Turchi rimarrebbero prive di alloggio le non poche famiglie che ora vi si trovano. Completandosi il nuovo Palazzo del Caffoni lungo la via di San Rocco non si va incontro a questo inconveniente e si darebbe un incentivo per la fabbricazione lungo la via di San Rocco accreditando quella località per la quale anzi si riserva di presentare formale proposta di risanamento.
............
Aggiungasi che il Palazzo Caffoni viene a sorgere sul principio della via Durand De La Penne (già via San Rocco, che dalla Piazza conduce al Poligono di Artiglieria) che formerebbe isola avendo luce da tutte le parti, con cortile interno e fronte principale a mezzogiorno sul mare, con una vista incantevole. Che si dovrebbe creare là il Palazzo Comunale per accreditare tutta quella zona a riviera, unico punto rimasto da cui si veda il mare, tanto più che là si dovrebbe compiere un'opera di bonifica e colmare una striscia di terreno adiacente alla via De La Penne.
Che la via stessa è larghissima in modo che di fronte il Palazzo ha più che piazza per ogni evenienza di feste popolari, tombole etc.; che potrebbe sorgere un giardino intorno al Palazzo stesso, ed a fianco di esso anche il Giardino Comunale con tenuissima spesa. Aggiunge ancora il D'Andrea che egli fa formale proposta da discutersi in un prossimo Consiglio deliberando la bonifica di vari ettari di terreno sulla via suddetta e lungo il mare, dove deve per l'avvenire estendersi Nettuno e gradatamente la fabbricazione, perché chi viene a Nettuno ci viene pel mare. La bonifica stessa dovrà, come per legge, farsi in consorzio con i proprietari P. Borghese, Società Fondiaria, etc. con lo Stato e Provincia. E perché esso non rappresenti un sogno ma una prossima realtà è mestieri incominciare a fare qualche cosa da quella parte in modo che l'oratore che dovrà sostenere la bonifica stessa in seno al Parlamento, possa appoggiare la sua tesi sull'iniziativa del Comune che ha dato l'esempio col piantarvi la sua Residenza.
Bisogna elevare in alto le proprie mire e scorgere un pò l'avvenire ......"
(21)

Il 28 novembre 1900 il Consiglio Comunale di Nettuno adottò la bandiera quadrata di colore celeste e verdemare. Leggiamo la deliberazione:
"Regnando S.M. Vittorio Emanuele III per grazia di Dio e volontà della Nazione Re d'Italia.
L'anno millenovecento addì ventotto del mese di novembre alle ore dieci in Nettuno e nella consueta Sala delle Adunanze Consigliari si è riunito il Consiglio Comunale, debitamente convocato ...
Fatto l'appello nominale risultano:
Intervenuti: Ottolini Domenico. Combi Angelo, Trovarelli Mariano. Trafelli Giovanni, Paccariè Cesare, Ottolini Lorenzo.
Non intervenuti: Censi Annibale, Sisti Onorio, Pirri Saverio, Catanzani Bartolomeo, D'Andrea Augusto, Stermini Antonio, Trovarelli Filippo, Brovelli Pompeo, Valeri Mancinelli Giovanni. Il sig. Cav. Angelo Combi Sindaco ha assunto la Presidenza ed ha aperto la seduta.
Il Presidente comunica che il consigliere Filippo Trovarelli, propose che venga adottata per il Comune di Nettuno una bandiera speciale con colori propri, onde ottenere il proprio riconoscimento in occasione di pubbliche funzioni come si usava in tempi remoti.
Il Consigliere Cesare Paccarieè ricorda che un tempo il Municipio di Nettuno aveva una bandiera propria del colore del mare con ondulazioni in argento, innalzando in tal modo l'emblema del mare sul quale è situato Nettuno. Quindi ritiene che senza alcuna formalità si debba in tal modo rinnovare la Bandiera Municipale.
Il Consiglio, considerato che la adozione di una bandiera municipale con colori propri è necessaria per il Comune di Nettuno, perché al pari di altri Comuni possa essere riconosciuto in occasione di pubbliche funzioni alle quali intervengano le Rappresentanze Municipali, considerato che nei tempi passati il Municipio di Nettuno aveva già una bandiera propria del colore del mare con ondulazioni in argento o bianche, è giusto rinnovare la bandiera con i medesimi colori, tanto più perché rispecchiano la posizione di Nettuno, costruito precisamente sulla spiaggia del mare e bagnato dalle onde e che può solo essere il caso di aggiungere qualche speciale distintivo in relazione ai tempi che corrono, unanime delibera adottare una Bandiera Municipale propria, composta di un sol telo di seta delle dimensioni di mt..., del colore del mare con ondulazioni in argento, asta coperta con stoffa di velluto bleu. sormontata da lancia di forma comune in metallo dorato e corredata di fascia bleu avente alle due estremità lo Stemma Reale e quello del Municipio di Nettuno colla scritta <Municipio dì Nettuno".

Il 17 luglio 1901 il ministro dell'Interno Giovanni Giolitti concesse al comune di Nettuno l'uso della bandiera: un telo quadrato di seta celeste e verdemare di due metri e dieci centimetri di lato, con l'asta bleu, sormontata dal dio Nettuno .(22)

Il 6 luglio 1902 morì nell'Ospedale Fatebenefrateili la piccola Maria Goretti, colpita a morte il giorno prima da Alessandro Serenelli, nella masseria di Conca .(23)

Nell'estate-autunno del 1903, Gabriele D'Annunzio fu ospite di Rodolfo e Genoveffa Borghese nella villa di Bell'Aspetto. Aveva con sé la figlia Cicciuzza e di tanto in tanto veniva a trovarlo l'attrice Eleonora Duse, amante e musa ispiratrice cui si deve il teatro dannunziano.
In una lettera del 5 luglio, così annunciava a Giuseppe (Pepi) Treves, il suo editore di Milano:
"Partirò domani per Nettuno (Villa Borghese); ma tornerò la sera a Roma per provvedere ai bisogni della installazione. Ho veduto Cicciuzza con grande commozione. £" un po' sciupata; ma la gioia di rivedermi la illumina, e i suoi belli occhi sembrano più vasti. Spero di poterla condurre con me al mare, e di udire la sua voce melodiosa tra i lecci della vecchia villa.. .Io anelo alla pace e al lavoro. Sono più <incinto> della mia levriera Crissa che fra due settimane partorirà una mezza dozzina di cuccioletti' .(24)
Proprio qui scrisse il Ditirambo IV dell'Alcione e, dal 18 luglio al 29 ottobre, la tragedia "La figlia di Iorio"(25)

La ricostruzione del Santuario a San Rocco, sulle mura dell'antica chiesetta dell'Annunziata e la costruzione di un nuovo palazzo per il Municipio e le scuole femminili, fuori dalle mura, ai margini di una zona ancora paludosa, indicano che le scelte per il futuro sviluppo urbanistico della città andarono verso levante, anche perché al versante opposto incombevano l'immensa Villa Borghese e, poco più oltre, il confine di Anzio. Ma fino al 1915 la sede del Municipio rimase ancora nel Borgo antico, in alcune sale del palazzo Colonna, di fronte alla Collegiata di San Giovanni .(26)
Il 15 luglio 1904 morì fra Orsenigo. Con la sua morte, l'ospedale Fatebenefratelli andò via via decadendo, avendo oramai più costi che ricavi. I soldi non bastavano neanche per rimborsare i prestiti fatti per la sua costruzione. La struttura sanitaria, il Sanatorium, finì col cessare la propria attività, mentre sopravvisse solo come Casa di salute. Il direttore padre De Giovanni, nel 1910 stipulò un accordo per proseguire l'attività di accoglienza con padre Benedetto Menni,(27) fondatore dell'Ordine delle Suore Ospedaliere del Sacro Cuore, per l'assistenza femminile, chiamate le suore "spagnole". Nel 1914 anche le suore "spagnole" abbandonarono la Casa di salute e si trasferirono, prima al villino Girelli, poi alla villa Menotti. I Fatebenefratelli continuarono a mantenervi solo le colonie estive per minori. Tentarono di cedere l'edificio allo Stato, ma alla fine lo vendettero al Vaticano il 29 gennaio 1921. Da allora in poi si chiamò Casa della Divina Provvidenza e della sua gestione si occupò il Comitato Romano di Previdenza e Assistenza Sanitaria, che lo affidò alle suore del Piccolo Cottolengo. Il 2 giugno 1943 papa Pio XII deciderà di ripristinare l'ospedale, ma l'indicazione papale non avrà seguito. Invece, un posto di pronto soccorso verrà istituito dal Sovrano Ordine Militare di Malta il 1° ottobre 1944 nell'edificio di piazza San Francesco, dove oggi si trova ancora il Poliambulatorio intitolato a Urbano Barberini, principe di Palestrina . La Divina Provvidenza, abbandonata dal Vaticano, sarà acquistata dal Comune di Nettuno nel 1975/6, per alloggiarvi scuole, uffici sanitari e associazioni locali.

Nel 1910 entrò in funzione una linea di tram elettrici, che collegava Anzio e Nettuno, e la costa si andava popolando di villini eleganti, con vista sul mare e le pinete alle spalle. Nel 1939 sarà sostituita dalla filovia.

Nel 1914 i nettunesi inaugurarono il nuovo Santuario di Nostra Signora delle Grazie, riedificato dai Padri Passionisti. L'anno successivo, nella Scuola Centrale di Tiro di Artiglieria, il Poligono dell'Esercito, fu istituita la Sezione Esperienze, per il controllo e il collaudo di anni e munizioni.

Cuore della cittadina era ancora il borgo, intessuto di palazzi signorili e di case semplici, intreccio di vicoli e piazzette, tutto intorno alla Chiesa Collegiata, dedicata ai Santi Giovanni Battista ed Evangelista. A un lato della Collegiata c'era l'Oratorio del Carmine, all'altro la chiesa del SS. Sacramento, di fronte il palazzo baronale già Colonna, ora proprietà Borghese. Da una parte del borgo il bel palazzo dei Segneri (29) , dall'altra parte il maestoso palazzo Pamphilj-Doria, anch'esso di proprietà Borghese, con gli affreschi di Pier Francesco Mola (30), nelle sale e specialmente nel salone delle feste.

Erano gli anni di personaggi come il pittore Salvatore Valeri (1856-1946) (31) , lo storico e pittore Giuseppe Brovelli Soffredini (1863-1936) (32) , il maestro di musica Angelo Castellani (1863-1949) (33) , il matematico e fisico Luigi Trafelli (1881-1942) (34), Guido Egidi, medico chirurgo ed esperto navigatore (1833-1949). (35)

Tra il 1911 e il 1912 l'Italia conquistò Tripolitania, Cirenaica e Libia. Il 28 giugno 1914 la scintilla della prima guerra mondiale: a Sarajevo, lo studente serbo Gavrilo Princip uccise l'arciduca Francesco Ferdinando d'Absburgo. L'Austria iniziò un'azione militare contro la Serbia e nel giro di pochi giorni le principali nazioni europee schierarono, l'una contro l'altra, milioni di soldati: il 1° agosto la Germania dichiarò guerra alla Russia, il 3 agosto alla Francia, il 4 la Gran Bretagna scese contro la Germania, mentre l'Italia, pur essendo impegnata nell'alleanza difensiva con Austria e Germania, dichiarò la propria neutralità. Il governo Salandra successe al gabinetto Giolitti. Il 20 agosto morì Pio X e il 5 settembre fu eletto papa Benedetto XV (Giacomo Della Chiesa). L'intervento in guerra fu sollecitato dal quotidiano "II Popolo d'Italia", fondato e diretto dal socialista Benito Mussolini, per questo espulso dal partito.
Così il 24 maggio l'Italia entrò in guerra a fianco di inglesi e francesi.
Il 14 maggio 1916 il generale Cadorna fermò gli austriaci ad Asiago e ad Arsiero. Il 25 agosto l'Italia era in guerra contro la Germania. Il 24 ottobre e il 3 novembre 1917 gli austriaci sfondarono le linee italiane a Caporetto e sul Tagliamento. Il 4 novembre del 1918, a Vittorio Veneto, le truppe di Armando Diaz, gli inglesi e i francesi sconfissero l'Austria e, con l'abdicazione di Carlo I d'Asburgo, ebbe fine lo Stato austro-ungarico. A gennaio del 1919, alla Conferenza per la pace di Versailles, all'Italia fu negato il possesso della città di Fiume. Il governo di Vittorio Emanuele Orlando prese, perciò, le distanze dagli alleati America, Gran Bretagna e Francia. Il 23 marzo a Milano Mussolini fondò il movimento dei fasci italiani di combattimento.
Anche Nettuno pagò il suo contributo di vite umane, con la perdita di venticinque soldati e del capitano Umberto Donati. Finita la guerra, nel 1920 l'Istituto Superiore di Sanità, allora Rockefeller Foundation, e l'autorità militare istituirono all'interno del Poligono di Nettuno un centro per la cura e lo studio della malaria.
A novembre del 1921 i fasci di combattimento di Mussolini si costituirono in Partito Nazionale Fascista. Il 22 gennaio 1922 morì papa Benedetto XV e gli successe il cardinale Achille Ratti, con il nome di Pio XI. Quello stesso anno si dimise il governo Bonomo e formò il nuovo governo Luigi Facta. Grandi adunate di camicie nere si ebbero nelle maggiori città italiane. Dimessosi il governo Facta, il 30 ottobre Vittorio Emanuele II incaricò Benito Mussolini di formare un nuovo Governo.
Il 10 febbraio 1923 Giuseppe Brovelli Soffredini pubblicò il suo studio, fondamentale per la conoscenza della storia locale, "Neptunia". "Questo lido -scrisse nella premessa- questo sorriso del mare, misticamente favella, o cortese lettore; e se fisserai profondo lo sguardo a questa spiaggia avventurata, tra i pini e fiori che incensano l'aria, quando gli estremi, misteriosi raggi del sole indorano l'ampio golfo e medioevali torri, udrai allora un canto sommesso, caro alle anime solitarie... "(36)

II 20 luglio 1925, nel Forte Sangallo, meta frequente dei fine settimana, ospite del suo amico
barone Alberto Fassini (37), Mussolini firmò con i ministri plenipotenziari della Yugoslavia una serie di accordi economici e giuridici che interessavano specialmente le condizioni degli italiani in Dalmazia e le relazioni fra Zara e il retroterra dalmata .(38)

E' del 1927, II Ritratto di Limone, modello di via, Margutta, primo disegno noto di Lamberto Ciavatta (39), oggi conservato nella pinacoteca di Villa Malta a Roma.

La lotta contro la malaria fu vinta definitivamente con la bonifica degli anni trenta. Grandi erano stati l'impegno e la dedizione dei medici che avevano prodigato le loro cure in quegli anni ai disperati abitatori delle "lestre" nelle paludi, dai coniugi Anna e Angelo Celli ad Augusto Maggi, da Giulio Petraglia a Norberto Perotti, da Giovanni Vucovich a Guido Egidi.

Dal 1901 al 1931 la popolazione di Nettuno passò da 4.707 a oltre 9.000 abitanti. "Esaminando tali incrementi, è necessario considerare l'incidenza della popolazione presente nelle frazioni dipendenti da Nettuno. Nel 1911 il centro di Nettuno aveva 3.772 abitanti, il resto della popolazione del comune viveva nelle frazioni di Poligono (86 abitanti), Campana (352), Valmontorio (117). Nel 1921 l'unica frazione menzionata è Ferriere, con 282 abitanti, mentre a Nettuno vivevano 6.973 persone. Nel 1931 il comune di Nettuno includeva le frazioni di Armellino (486 abitanti), Tre Cancelli (409), Poligono (680), Ferriere (437), Conca (46), Casalnuovo (127), Acciarella (204), la popolazione del paese era di 7.505 abitanti. Nel 1934 le frazioni di Acciarella, Conca e le Ferriere furono trasferite alla nuova provincia di Littoria (ora Latina).... L'aumento della popolazione era causato in parte dall'alto tasso di natalità, ma soprattutto dall'immigrazione..." .(40)

 

NOTE

1 - G. Scarsi, La letteratura fra testimonianza e arte - Percorsi di letteratura artistica, Ed. Studium, Roma 2001, fondo "lOOLibri per Nettuno", inv. n. 492.

2 - G. Scarsi, op. cit., pag. 127, per gentile concessione del dott. Giuseppe Lazzaro, amministratore delle Edizioni Studium

3 - Stefano Pirandello (Roma 1895-1972), con lo pseudonimo di Stefano Landi fu scrittore e autore egli stesso di testi teatrali. Si ricordano La casa a due piani (1924), Un padre ci vuole (1936), Un gradino più giù (1942). La scuola dei padri (1955), Sacrilegio massimo (1953). Scrisse anche il romanzo Il muro di casa (1935) e la raccolta di versi Le forme (1942)

4- G. Scarsi, op. cit., pagg. 131-132

5 - F. Garelli, La bonificazione dell'agro romano, Roma 1881, pag. 30. nel fondo "lOOLibri per Nettuno", inv. n. 498

6 - Nel fondo "lOOLibri per Nettuno'', inv. n. 125

7 - Nel 1832 i Borghese diventarono proprietari del feudo di Nettuno, comprensivo di terreni, animali, uomini e donne. Erano proprietari anche del Palazzo baronale, già Colonna, al centro del borgo, ma risiedevano nella villa di Bell'Aspetto, realizzata dal cardinale Vincenzo Costaguti nel 1648. Capostipite di questa famiglia, originaria dei Borghi di Siena, i cui simboli araldici sono l'aquila e il drago, era Marcantonio I (1504-1574), valente giureconsulto. Il primogenito Camillo (1552-1621) era diventato papa con il nome di Paolo V. Alle cariche ricoprivano il nipote Scipione, ideatore della Villa Borghese di Roma, il senatore della repubblica Marcantonio IV (1730-1800) e i figli Camillo (1775-1832) e Francesco (1776-1839). Camillo, nel 1803, sposò la sorella di Napoleone, Paolina Bonaparte. Il 3 maggio 1832 Camillo comprò il feudo di Nettuno dalla Reverenda Camera Apostolica, che aveva bisogno di danaro per sanare l'erario dello Stato Pontificio, sotto Gregorio XVI. Camillo lasciò il feudo, compresa la villa di Bell'Aspetto, al fratello Francesco Borghese-Aldobrandini (Salviati per parte di madre). Il 29 maggio 1839, il feudo passò in eredità al figlio Marcantonio V (1814-1886) e da questi al Tiglio Paolo (1844-1920). Nel 1895, Paolo rischiò di perdere la proprietà della villa per una procedura fallimentare. Intervenne il fratello Giuseppe, che la ricomprò all'asta e la immise nella dote della figlia Genoveffa. Quando Genoveffa sposò il cugino Rodolfo (1880-1963), figlio di Paolo, la villa ritornò nella linea primaria della famiglia. Dal matrimonio di Rodolfo con Genoveffa nacque Steno. Dopo la morte di Genoveffa, Rodolfo sposò, in seconde nozze, Giulia Frascara, da cui nacque Giovannangelo, l'attuale proprietario.

8- Nel fondo "lOOLibri per Nettuno", inv. n. 124

9 - Nel fondo "'lOOLibri per Nettuno", inv. n. 110

10 - Nel fondo "lOOLibri per Nettuno", inv. n. 107

11 - La Campagna Romana antica-medievale-moderna; Roma 1911-1926. edizione 1975-77, vol. II, pag. 403, nel fondo "lOOLibri per Nettuno", inv. n. 210

12 - Demetrius J. Waarsenburg, Satricum cronaca di uno scavo, Roma 1998, pag. 9

13 - Altri Taccuini, Gabriele D'Annunzio, II edizione, Mondadori editore, Milano marzo 1976, lOOlibri per Nettuno. inv. n. 273

14 - Fra Giovan Battista Orsenigo e l'Ospedale di Nettuno, B. La Padula, V. Monti, G. Magliozzi o.h.. Le Edizioni del Gonfalone, Nettuno 2004

15 - V. Monti - C. Marigliani, Un secolo di storia ospitaliera a Nettuno (1864-1969), Le Edizioni del Gonfalone, Nettuno 2003, pag. 23, nel fondo "lOOLibri per Nettuno", inv. n. 420

16 - Giuseppe Tomassetti, La Campagna Romana; op. cit., vol. II, pag. 380

17 - Davanti al notaio Luigi De Luca, a firmare l'atto costitutivo c'erano: don Temistocle Signori, don Benedetto Brovelli Soffredini, Giuseppe e Francesco Brovelli Soffredini, Lorenzo Ottolini, Antonio Del Monte. Andrea Lotti, Onofrio Di Pietro, Francesco D'Andrea, Camillo Otlolini, Alessandro Franceschetti, don Giuseppe Genesi. Don Temistocle Signori ne fu il primo Presidente (il documento è riprodotto in "Banca 1899-1999. Un secolo di storia", Stefano Canali, Pubblioffset, Nettuno 1999, nel fondo "lOOLibri per Nettuno", inv. n. 89}

18 - N. Perotti. Nettuno e il suo clima. Foligno 1899, pag. 42, in lOOLibri per Nettuno, inv. n. 107

19 - N. Perotti, op. cit. pag. 57

20 - N. Perotti, op. cit. pag. 107-108

21 - Dalla deliberazione consiliare n. 83 del 14 novembre 1900, ricercata nell'archivio storico comunale di Nettuno e trascritta dal gruppo di volontari 'Il tridente"

22 - B. La Padula, II Palazzo Municipale, lo Stemma e il Gonfalone di Nettuno, Le Edizioni del Gonfalone, Nettuno 2003, nel fondo "lOOLibri per Nettuno", inv. n. 370

23 - Maria Goretti era nata a Corinaldo, in provincia di Ancona, il 16 ottobre 1890. Tra il 1897 e il 1899, la famiglia Goretti emigrò prima a Colle Gianturco, in territorio di Paliano (Frosinone) e poi a Ferriere di Conca, dieci chilometri dal centro di Nettuno, dove nel febbraio del 1899. con altri braccianti avevano preso a mezzadria un terreno del conte Attilio Gori Mazzoleni. Marietta, come familiarmente la chiamavano in casa, aveva 11 anni, 9 mesi e 21 giorni. La casa dove visse gli ultimi anni, e dove si sacrificò, oggi denominata "Casa del Martirio", è luogo di profonda venerazione e meta incessante di pellegrini. Dal mese di luglio 1929. i resti della giovane sono esposti alla venerazione dei fedeli nel Santuario-Basilica di N.S. delle Grazie, costruito e tenuto a Nettuno dai Padri Passionisti. Particolarmente sentita da tutto il popolo nettunese e da una gran quantità di fedeli in tutto il mondo è la devozione per Maria Goretti. Il Papa Pio XII la proclamò beata il 27 aprile 1947 e santa il 24 giugno 1950, in piazza San Pietro, alla presenza del presidente della Repubblica Luigi Einaudi e del primo ministro Alcide De Gasperi.

24 - Ventidue lettere inedite di Gabriele D'Annunzio, in Convivium. XXVI, 6, nov. dic. 1959, p. 736

25 - B. La Padula, Gabriele D'Annunzio, Lettere da Nettuno e altri manoscritti, estate-autunno 1903, Le Edizioni del Gonfalone, Nettuno 2001, nel fondo "lOOLibri per Nettuno", inv. n. 234. Due diverse edizioni di "La figlia di Iorio", tra cui quella princeps del 1904, sono inventariate ai n. 76 e n. 189 del fondo

26 - II Palazzo Municipale, lo Stemma e il Gonfalone di Nettuno, op. cit.

27 - San Benedetto Menni, al secolo Angelo Ercole Menni (Milano 11 marzo 1841 - Dinan-Francia 24 aprile 1914). E' stato il restauratore dell'ordine ospedaliero di San Giovanni di Dio in Spagna, nonché il fondatore nel 1881 delle Suore ospedaliere del Sacro Cuore, particolarmente dedite all'assistenza dei malati psichici. Il papa Giovanni Paolo II lo ha dichiarato beato il 23 giugno 1985 e santo il 21 novembre 1999. Nel 2001 il Comune di Nettuno gli ha intitolato una strada (già via del Colle), nel luogo dove sorge l'ex Ospedale Orsenigo.

28 - I Barberini, con il principe Enrico, sono in questi anni proprietari del Forte Sangallo. Il figlio Urbano muore il 4 aprile 1947 all'età di 24 anni e alla sua memoria viene intitolalo il nuovo ospedale di Nettuno

29 - E' la casa in cui il 21 marzo 1624 era nato Paolo Segneri, sacerdote gesuita, oratore, teologo, apologista e letterato, poi consigliere ecclesiastico di papa Innocenzo XII. Scrive il suo biografo padre Giuseppe Massei: "...la famiglia Segneri è stata sempre la più considerata, per la nobiltà, per le ricchezze, per lo splendore del trattamento, per le cariche illustri e per le onorevoli parentele... Padre del nostro Paolo fu Francesco Segneri, gentiluomo molto stimato....e gli diedero per consorte la signora Vittoria Bianchi, romana, figliuola unica di Stefano Bianchi.." Paolo Segneri morì a Roma il 9 dicembre 1694, nella casa dei Padri Gesuiti a S.Andrea al Quirinale. Per biografia e bibliografia vedi P. Paolo Sègneri a 380 anni dalla nascita, B. La Padula, Le Edizioni del Gonfalone, Nettuno 2004

30 - Pier Francesco Mola (Coldrerio, Cantori Ticino 1612 - Roma 1666). Il Palazzo Pamphilj, costruito alla metà del seicento dal principe Camillo, donato nel 1950 da Giovannangelo Borghese alla Curia Vescovile di Albano, che ne è ancora la proprietaria, oggi è sede di una scuola privata. Gli affreschi di Pier Francesco Mola decorano le volte del palazzo. Al piano terra c'è una "Visione di Mosè" colto nell'attimo di coprirsi il volto su un paesaggio agreste e pastorale. Alla galleria del primo piano, abbiamo due medaglioni con una "Allegoria della Pace" e "Allegoria della Sapienza". La Pace è impersonata da una figura giovanile con la capigliatura color oro pallido mossa dal vento. La Sapienza ha nella mano destra una lampada accesa e guarda un raggio che dal cielo le illumina il volto. Nella "Scena di corteggiamento" sono raffigurati un giovane e una ragazza in abito rosso, tutti e due con il turbante in testa, caratteristici del costume nettunese. Vi sono poi un "Uomo malinconico" e un "Volo di rondini". Nella parete di fondo c'è l'affresco di maggiori dimensioni, con "Sant'Eustachio" mentre si dispera per la perdita dei due figli, rapiti da un lupo e da un leone. Quattro ambienti al primo piano rappresentante "II sogno di Giuseppe", "Lot e le figlie", "Sogno di Giacobbe" e "La Fortuna". Quest'ultimo affresco rappresenta un luogo sulla costa tra Nettuno e la vicina Anzio, forse il porto "Cenone", con la fortezza cinquecentesca dei Borgia e il profilo di Nettuno a una estremità, riconoscibile per il campanile conico della chiesa di Santa Maria (distrutta nel 1748 per la costruzione della Collegiata di San Giovanni). Il ciclo degli affreschi di Pier Francesco Mola fu dipinto tra il 1651 e il 1652. Mola fu allievo del Cavalier d'Arpino (Giuseppe Cesari). del Guercino, di Francesco Albani, Pietro da Cortona, Andrea Sacchi e Nicolas Poussin. Opere dell'artista sono nel Palazzo del Quirinale e nella Galleria Doria Pamphilj a Roma, al museo Ashmolean di Amsterdam, alla National Gallery di Londra, al Louvre di Parigi, all'Oberlin College dell'Ohio e in altre importanti collezioni private. ("Memorie di Nettuno", Giancarlo Baiocco, Associazione civica "S. Valeri", 1996/97)

31 - Salvatore Valeri (Nettuno, 25 dicembre 1856 - 30 dicembre 1946). Pittore. Alla sua morte, avvenuta il 30 dicembre del 1946 a Nettuno, così scriverà il giornalista Roberto Ottolini su un quotidiano di cui al momento non conosco la testata, né la data, avendo ritrovato solo un ritaglio della pagina:
"GRANDI NETTUNESI CHE SCOMPAIONO. IN MEMORIA DI SALVATORE VALERI. Se ne è voluto andare in silenzio quasi timoroso che la sua veneranda canizie avesse potuto portare disturbo a qualcuno, potentemente spinto a progredire da una risultante di forze interiori che in analisi può scomporsi come segue: volontà ferrea, fede appassionata, genialità e lavoro. Il Valeri non indugiò: seguì la sua prepotente vocazione e come tutti gli artisti nati affrontò senz'altro una vita di peregrinazione nel mondo. Peregrinò di città in città, come sospinto da una forza arcana, sempre alla ricerca dì qualcosa che era come il suo sogno, il sogno che egli inseguiva con la certezza che un giorno sarebbe divenuto realtà. Lavorò e visse; studiò sempre e sempre più progredì. Ora dipinse e vendette i suoi quadri, ora diede lezioni di disegno o di pittura. Duro è ogni principio....ed anche egli non poco tribolò per la lotta per l'esistenza estenuandosi in un lavoro incessante e poco rimunerativo. Ma eccolo raggiungere un giorno il lembo di terra sognato. Costantinopoli, fu per il Valeri la città fatata, la città ove si sentì forte ed ispirato, ove si sentì artista provetto, capace di immaginare e di alfine creare.....Dopo un'esposizione artistica, promossa da lord Duffery, esposizione che lo rivelò maestro, ebbe nel 1893 da S.M. il Sultano, l'incarico di insegnare il disegno e la pittura ai suoi tre figli. Di qui ebbe inizio la meritata fortuna del nostro grande concittadino. Burhan-Eddin effendi, Abdul-Kadir effendi e Ahmed effendi furono allievi di Salvatore Valeri e fu da essi amato e veneralo al punto che spesse volte -caso unico- i figli del Sultano lo andavano a prendere in carrozza per condurlo seco loro a passeggio. Sotto la guida accorta ed intelligente del nostro concittadino i tre allievi imperiali progredirono in modo sorprendente nel disegno e della pittura, si che S.M. il Sultano, in segno dell'alta sua soddisfazione elevò Salvatore Valeri al grado di Bey, concedendogli negli atti ufficiali il titolo di Eccellenza, annoverandolo fra gli alti funzionali della Sua Casa imperiale. In seguito il Valeri fu incaricato da S.M. Imperiale di fondare una Scuola di belle arti -l'unica di Costantinopoli- che cominciò a funzionare nel 1892 e dove il nostro concittadino insegnò per vari anni. Numerosi sono stati i suoi allievi e, ci si informa, sono sparsi in tutta Europa; molti di essi godrebbero di invidiabili posizioni. Il Valeri ebbe la sua prima decorazione dal Governo italiano, che lo insignì fin dalla sua giovinezza della croce di cavaliere dei SS. Maurizio e Lazzaro. Il Sultano lo nominò Ufficiale e poi Commendatore degli ordini imperiali del Medyidiè e dell'Osmaniè. Ebbe la medaglia d'argento dell'lmtiaz e quella delle arti e scienze; la Gran Medaglia dei servigi resi allo Stato e quella d'oro al merito civile e militare ed altre onorificenze che ci sfuggono. I suoi di pittura sono numerosi e sparsi un po' in tutta Europa. Eseguì i ritratti di numerosi grandi personaggi, di principi e principesse di sangue reale. Ricordiamo fra l'altro il ritratto dell'Imperatore Guglielmo II di Germania, tela di grandi dimensioni che fino allo scoppio della guerra 1915-18 trovavasi a Palma-Bagcè - palazzo del Sultano- palazzo di marmo candido lavorato finemente a ricamo e con le porte d'oro. I suoi più ragguardevoli lavori, a giudizio de' più competenti ed intelligenti, sarebbero: <Partenza per la guerra>, <Trasporto di un ferito>, <Arrivo di una carovana in un villaggio>, <Una truppa dì zingari in viaggio>, <Un vecchio condottiero di cammelli <La sera alle acque dolci>. <La buona ventura>, <Un cavaliere >, <Ritratto a cavallo di S.M. l'imperatore di Germania>, <Mater dolorosa> e molti altri lavori di notevole entità ed importanza artistica. Salvatore Valeri fu uno spirito libero e come tale intese l'arte nella sua sconfinata libertà: dipinse secondo il suo ingegno quasi noncurante della scuola e del metodo..., ma in tutti i suoi dipinti, ci viene assicurato, si vede il pittore geniale che possiede tutta la finezza psicologica del vero artista. Dorme ora, il grande maestro, dolce e pensoso. Sotto la pietra bianca, nel cimitero di S. Maria del Quarto fra il mare, la chiostra dei Lepini e la fiorente campagna nettunese".

32 - Giuseppe Brovelli Soffredini (Nettuno 16.5.1863 - 26.11.1936), storico, scrittore e pittore, autore del libro di storia locale "Neptunia". Scrisse anche una monografia dal titolo "'Antonio Ongaro, la sua cittadinanza ed il suo poema", Roma, 1911, pp.16, (g.c. Archivio Storico Alberto Sulpizi). Dipinse per primo il volto di Santa Maria Goretti, basandosi su testimonianze di persone che l'avevano conosciuta e su alcune fotografie delle sorelle della Martire. Sono opera sua un autoritratto del 1911, un ritratto di Paolo Segneri, una raffigurazione dell'Alceo di Antonio Ongaro, recitato nel palazzo Colonna di Nettuno nell'anno 1581 (conservati nella pinacoteca del Comune di Nettuno), un ritratto di S. Maria Goretti del 1929 (nella cappella dedicata alla Santa, nell'edificio della "Divina Provvidenza" a Nettuno) e gli affreschi eseguiti nella chiesa di san Francesco, raffiguranti la battaglia di Lepanto, sempre a Nettuno. Un'esposizione, purtroppo non completa, dei quadri di Brovelli Soffredini, con la compilazione del catalogo, è stata curata da C. Marigliani e V. Monti, per il Comune di Nettuno, dal 6 al 30 maggio 2001, nel Forte Sangallo.

33 - Angelo Castellani (Nettuno 4 marzo 1863 - Marino 1° ottobre 1949), clarinettista, compositore, concertatore, direttore di banda. Incoraggiato da tale Colasanti, musicante effettivo nell'esercito, a diciotto anni (1881) si arruolò per intraprendere lo studio della musica. Venne destinato al 52° Reggimento di Fanteria di Vigevano (Pavia), Ottenne l'iscrizione nell'albo d'onore del Conservatorio di S. Cecilia in Roma per una sua composizione dal titolo "Omaggio a Roma". Il Principe Amedeo di Savoia lo premiò con un remontoir d'oro con le proprie iniziali e lo stemma reale per la "Marcia Campale", che Castellani gli aveva dedicato. Nel 1891, a Verona, concorse per il posto di capo-musica del suo reggimento, che vinse. Sposò una donna conosciuta a Brescia, Rosalia Varisco, e sì trasferì a Mantova, dove tenne molteplici esibizioni, testimoniate dai giornali dell'epoca. Qui nacque la figlia Bianca il 15 luglio 1900. Del 1897 è la composizione patriottica "Omaggio a Mantova". Particolari entusiasmi riscosse, con la banda del 20° Reggimento Fanteria di questa città, una sua riduzione della "Risurrezione di Cristo" di Lorenzo Perosi (1872 - 1956). E proprio quest'ultimo lo ringraziò personalmente, con un biglietto del 19 novembre 1899, scritto dal vescovado di Mantova. Altre testimonianze della stima che Castellani si era guadagnata tra i maggiori musicisti della sua epoca, sono nelle lettere del maestro Campiani, allievo di Rossini, del maestro Alessandro Vessella (Caserta 1860 - Roma 1930), una delle più importanti personalità della musica bandistica del primo novecento, direttore per 25 anni della Banda musicale di Roma. I due si conobbero personalmente facendo parte della speciale commissione nominala dal Ministero della Difesa, per proporre una riforma tecnico amministrativa delle bande militari.
Altre testimonianze ci vengono da Jules E. Massenet (1842 - 1912), al quale Castellani dedicò una "Pastorale" e una "Danza Campestre", e da Umberto Giordano (1867 - 1948). Nel 1906 vinse il 1° premio per una marcia militare, presso l'editore Sonzogno di Milano. Numerose corrispondenze giornalisti che dei primi anni del '900 riferiscono dei successi di Castellani in numerose piazze italiane. Il 20° Reggimento Fanteria, giunto al poligono militare di Caserta si esibì a Minturno, a Napoli, a Siracusa. a Palermo, a Giarre. Qui, nel 1907. dopo essersi congedato dall'esercito, assunse la direzione della banda cittadina. Nello stesso anno vinse il 1° e il 2° premio, con diploma d'onore, al "Gran Concours International de composition musicale Le Carillon" di Bruxelles, con la "Fantasia descrittiva".
Nel 1908, a Milano, vinse il concorso indetto dalla Società Editrice "La Milano". A causa del terremoto del 1908, lasciò Giarre e dal 1909 al 1911 lo troviamo di nuovo a Mantova. nell'esercito. Dal 1911 al 1914 diresse la banda della città di Novara. Nel 1912 scrisse la marcia "All'Italia" e nel 1913 una ouverture eroica. Nel 1914 vinse a Pesaro il 1° premio del concorso rossiniano. Il sindaco di Nettuno Duilio Bazzichelli. nel 1914, gli propose la direzione della banda cittadina, ma l'invito non ebbe esito. Nel periodo della prima guerra mondiale fu prima a Vigevano, poi a Valdagno (Vicenza), dove diresse la banda cittadina, da luglio del 1915 a gennaio del 1920. Solo nel 1921, all'età di 58 anni, decise di accettare le pressioni per venire a dirigere la banda di Nettuno, rinunciando a molte altre offerte, tra cui quelle insistenti del comune di Giarre. Il podio dal quale egli diresse la banda cittadina, ogni giovedì e domenica d'estate, era in piazza Umberto I. oggi piazza Mazzini, davanti alle folte colonie di villeggianti, che raggiungevano Nettuno da Roma. Il 18 settembre 1921, la banda di Nettuno vinse il 1° premio al concorso provinciale di Frascati. Nel 1922 conseguì lo stesso successo al concorso di Palestrina e negli anni successivi vinse altri primi premi per composizione e concertazione a Perugia nel 1922 (con la Casa editrice Belati), a Roma (Ferro China Saliva) e a Firenze nel 1924 (con la Casa editrice Scaramuccia).
Il 22 agosto 1922 invitò a Nettuno anche il maestro Vessella ad assistere all'esecuzione della "Fantasia verdiana", trascritta per banda dal maestro casertano. Sono di questi anni altre affermazioni a Firenze e a Padova. Nel 1924, in occasione del III centenario della nascita di Paolo Segneri, eseguì la sua composizione "Inno al P. Paolo Segneri - Alla mia cara Nettuno, che il genio del Segneri rese immortale". Nel 1925 vinse il primo premio del concorso di Terracina. Nel 1926, all'età di 63 anni, per gravi divergenze con il Commissario Prefettizio Giovanni Casagrande, lasciò la sua città e tornò di nuovo a dirigere la banda di Vigevano, con la quale ottenne il diploma d'onore al concorso internazionale di Como nel 1927 e nel 1928 il concorso interprovinciale di Vogherà (Pavia). Scaduto il contratto con il comune di Vigevano, nel dicembre del 1929, Angelo Castellani tornò a Nettuno, dove il nuovo Commissario prefettizio Alfredo Duranti gli assicurò un contratto annuale. Nel 1931 diresse nel Forte Sangallo il concerto in onore della regina di Romania, ospite del barone Fassini. Nel dicembre 1933, alla scadenza annuale del contratto, l'incarico non gli venne più rinnovato. Aveva ormai 84 anni, quando nel 1946 vinse ancora dei concorsi con la Case musicali Ticconi e Ortive di Roma. L'ultima sua composizione è "Nettuno", una marcia -scrive il Messaggero del Lazio del 26 ottobre 1946- che alla complessità e sicurezza della tecnica, accoppia freschezza e varietà di ispirazione. In occasione dell'ultimazione del Cimitero Americano scrisse "Agli eroi americani, caduti sul suolo italiano'". ("Castellani Angelo", Rita Jacobelli, La Madonnina, Nettuno 1974, nel fondo "lOOLibri per Nettuno", inv. n. 57)

34 - Luigi Trafelli (Nettuno 7 giugno 1881 - 10 dicembre 1942), fisico e matematico. Dopo aver frequentato a Roma il Ginnasio "Terenzio Mamiani" e il Liceo Nazareno, si iscrisse nel 1899 alla Facoltà di Scienze dell'Università di Roma, dove nel marzo 1903 conseguì la laurea in matematica con il massimo dei voti, dissertando sul "Problema d'inversione degli integrali definiti", relatore il professor Vito Volterra.
Vincitore di una borsa di studio della Fondazione Corsi dell'Università di Roma, compì nel 1903-1904 un anno di perfezionamento in fisica matematica presso lo stesso maestro Volterra: contemporaneamente seguiva i corsi di lezioni ed esercitazioni e sosteneva tutti gli esami occorrenti al conseguimento della laurea in fisica. Si recò quindi a Liegi, dove, presso l'Istituto Montefiore dell'Università, diretto dal prof. Eric Gerard, potè dedicarsi ai suoi studi preferiti di ingegneria elettrotecnica. Alla line dell'anno accademico 1904-1905, dopo aver superato "avec distinction les premières épreuves d'ingenieur électricien", quando gli rimaneva ormai soltanto un anno di studio per conseguire il diploma di engenieur électricien, gravi ragioni di famiglia lo costrinsero a lasciare il Belgio per tornare a Nettuno. Alla stessa estate del 1905 risale il suo geniale lavoro giovanile inerente all'invenzione di quel "nuovo tipo di dinamo unipolare a corrente continua" che rappresentava quanto di più perfetto fino ad allora si era fatto nel campo. Questa invenzione fu oggetto di una brillante tesi sperimentale di laurea in fisica, sostenuta con il massimo dei voti nell'Università di Pavia nel marzo 1906 (relatore il professor Salvioni) e fu subito dopo brevettata in Italia ed in Ungheria (congiuntamente all'amico ingegnere Antonio Trua). Seguono, negli anni successivi, una serie di importanti pubblicazioni del Trafelli sull'argomento, alcune delle quali sono riportate nel volume "Argomenti di scienza pura e applicata", distribuito nel 1938 a varie Università italiane. Dedicandosi all'insegnamento della matematica, della fisica e della chimica, vinse innumerevoli concorsi e divenne titolare di varie Scuole Tecniche e Licei in Italia (ivi compreso il Liceo Umberto I di Roma) e all'estero; insegnò per circa tre lustri nelle scuole medie superiori di Tunisi, Alessandria d'Egitto e Cairo. Fu per vari anni rappresentante degli insegnanti medi all'estero, e come tale fece parte anche di Commissioni sulle scuole italiane all'estero e del Consiglio Centrale del Ministero degli Esteri.
La sua missione di insegnante continuò con alta esperienza e passione per tutta la vita, praticamente sino ai suoi ultimi giorni, lasciando impronte indelebili di venerazione e commosso affetto nei suoi alunni, alcuni dei quali ancora lo ricordano. Membro della Società Italiana per il Progresso delle Scienze e della Società Italiana di Fisica, continuò a contribuire al progresso delle scienze, come dimostrato dalle sue numerose pubblicazioni. Ricordiamo tra l'altro le ardite ipotesi sulla dissociazione dell'atomo, sull'entità del neutrone e del protone e sull'esistenza del positrone, successivamente confermate da Blanckett, Occhialini. Fermi, Heisenberg e Majorana; le ipotesi circa l'origine dei raggi cosmici; i nuovi indirizzi di ricerca da lui suggeriti nei campi della geofisica e dell'astrofisica sulla base di tesi del tutto nuove in materia; i brevetti. Oltre alla citata dinamo elettrica, fu infatti inventore di un "Dispositivo per rendere ultra-sensibili e ultra-efficaci strumenti e dispositivi rivelatori qualsiansi di correnti elettriche" (brevettato nel 1918) e dì un "Sistema telegrafico tacheofonico" (1928). Dopo sei mesi da quest'ultimo brevetto, un analogo sistema fu indipendentemente e trionfalmente esposto dal tedesco dott. Otto Stille a Parigi (v. in "Le Matin" 24 novembre 1928, l'articolo dal titolo "Les miracles de la science. Un fil d'acier qui écoute et parie" e l'articolo "Oltre ogni fantasia. il filo d'acciaio parlante", pubblicato dal Messaggero il 9 dicembre 1938). Dal 1917 - durante la prima guerra mondiale maturarono nell'animo del Trafelli profonde convinzioni religiose. Fu in quell'anno, infatti, che pubblicò il suo primo volume filosofico-religioso "Secolo XX dopo Cristo - Ubi Christianus?" (nel fondo "lOOLibri per Nettuno", inv. n. 184), scritto subito dopo aver serenamente superato in un ospedale militare una gravissima infermità. Seguirono numerose altre pubblicazioni sull'argomento, undici in tutto, da lui raccolte in un ispirato volume del 1938 intitolato "Mein Kampf (nel fondo "lOOLibri per Nettuno", inv. n. 183). Molti dei suoi libri ed estratti di stampa furono diffusi in Europa in quattro lingue. Un'ampia raccolta dei suoi scritti è stata donata al Comune di Nettuno dalle pronipoti Carla e Franca Podo ed è conservata nello speciale fondo "lOOLibri per Nettuno".

35 - Guido Egidi (Nettuno 10 luglio 1883 - Roma 31 ottobre 1949). Medico chirurgo. Si laureò in medicina all'Università di Roma nel 1906, specializzandosi poi in chirurgia. Primario degli Ospedali Riuniti di Roma, fu fautore e iniziatore delle più avanzate, per il suo tempo, tecniche chirurgiche, riconosciute e apprezzate in campo scientifico. Fu Presidente della Società Lancisiana e della Scuola Ospedaliera, nonché Socio dell'Accademia Medica di Roma, per la quale tenne numerose conferenze scientifiche. Ha lasciato 72 pubblicazioni su vari argomenti di chirurgia. Si appassionò anche alla nautica, conseguendo un brevetto per la costruzione di nuovi tipi di scafi. Vinse nel 1933 e nel 1934 la "Coppa Tìrrenia" challenger. Con il titolo "Da Anzio a Napoli via Rodi - 2000 miglia in una barca di m. 10,50" (nel fondo "lOOLibri per Nettuno", inv. n. 190), pubblicò nel 1934 il Giornale di bordo del Mizar, con cui aveva vinto la Coppa dei 1933. Il ricavato delle vendite fu devoluto all'Asilo per gli orfani dei marinai di Anzio. Morì a Roma il 31 ottobre 1949. Il giorno della sua morte, Roma gli tributò un'imponente manifestazione di cordoglio: tutti i rappresentanti dei vari partiti politici esaltarono le sue doti di scienziato e di insigne benefattore.

36 - G. Brovelli Soffredini, Neptunia, Roma 1923, lOOLibri per Nettuno, inv. n. 47

37 - Alberto Fassini Camossi (Moncalvo 1875-Roma 1942). Nel 1906 fu amministratore della società CINES, finanziata dal Banco di Roma, e poi del Giardino Zoologico di Roma. Nel 1917 creò la SNIA (Società di Navigazione Italo-Americana), poi in trasformata in SNIA VISCOSA per la produzione del rayon, una seta artificiale. Nel 1920 comprò il Forte Sangallo e affidò all'arch. Carlo Busiri-Vici, uno dei più affermati dell'Italia fascista, i lavori di restauro della fortezza. Con la CINES entrò anche nel cinema. Nella lettera del 5 luglio 1928, pubblicata più avanti, Pirandello lo nomina quale candidato all'amministrazione dell'Istituto LUCE-UFAù

38 - Trattati e convenzioni fra il regno d'Italia e il regno serbo-croato-sloveno (25 luglio 1925), Ministero degli Esteri, Roma 1932, lOOLibri per Nettuno, inv. n. 435

39 - Lamberto Ciavatta (Nettuno 10 settembre 1908 - Genzano il 13 agosto 1981), pittore. Il padre, Nunzio, era un fattore della famiglia Borghese. Il nonno di Lamberto, Paolo, era il concessionario del vasto possedimento dell'Acciarella, proprietà di Rodolfo Borghese.
Ha vissuto il benessere, dei primi anni del 1900. la tragedia della prima grande guerra del 1915/18. l'avventura e l'illusione degli-anni trenta, di nuovo il dolore della seconda guerra mondiale del 1943/1945, le speranze dell'esistenzialismo, dell'incomunicabilità, del neorealismo, del boom economico anni Sessanta, delle rivolte giovanili del 1968 e poi il disimpegno degli anni successivi, l'individualismo, la frammentazione sociale, fino al 1981, quando si è spento. Ciavatta è stato la sintesi di tutto questo.
Lo hanno chiamato "Lambertaccio", perché era schivo e riservato., ma ha manifestato tutte le sue inquietudini nella multiforme sua attività di progettista, di pittore e di scultore. Lo hanno descritto dall'aspetto elegante fino alla ricercatezza, dai tratti misurati, dal parlare breve, dal sorriso raro, tutta forza e foga, tanta violenza di temperamento e capacità di lavoro.
All'età di 24 anni, nel 1932, sulle spiagge di Nettuno, Lamberto incontrò la bionda e affascinante romana Jole Carelli, ma lo stesso anno fu avviato alle armi, alla Scuola Allievi Ufficiali di Artiglieria di Pola. Divenne sottotenente nel 1933. dopodiché lasciò l'esercito e tornò alla vita civile, collaborando con lo studio dell'architetto Mario Di Cara a Roma. Il 3 marzo del 1935, nella Basilica di San Giovanni in Laterano a Roma, sposò Jole e il 18 dicembre 1935 nacque il primogenito Paolo.
Nel 1937 fu richiamalo alle armi. L'anno successivo, dopo il congedo, vinse un concorso al Ministero della guerra. Il 20 gennaio del 1944 nacque il secondo figlio Pietro. Dal 1947 al 3950 si dedicò a studi meccanici e balistici, a progetti di architettura civile e militare. Ma nel 1953, e precisamente il 25 maggio, per incitamento di un antico compagno di università, l'architettto Torquato Terracina, riprese a disegnare e dipingere. La modella questa volta fu la piccola figlia di Terracina, di cui Lamberto eseguì un apprezzatissimo ritratto. Da quel momento abbandonò l'architettura. Per due anni trasformò la sua casa in un atelier disordinato e polveroso. Dopo due anni, nel 1955 si iscrisse all'Accademia del nudo dell'Associazione Artistica Internazionale, di cui divenne direttore nel 1956. E del 1956 è la sua prima mostra in via Margutta. Dalla fine degli anni "50 fino al 1981, Lamberto Ciavatta ha realizzato centinaia di opere, oli, disegni, materico-coke, sculture. Il Comune di Nettuno possiede due grandi tele, ad olio (cm. 250 x 200) dal titolo "Noi accusiamo", cinque disegni su carta, un disegno su masonite (cm. 120 x 150), tutti esposti nella pinacoteca del Comune di Nettuno. Negli ultimi anni della sua vita, avrebbe voluto vedere esposte le sue opere nelle sale del Forte Sangallo, in una mostra permanente che legasse indissolubilmente il suo nome alla città di Nettuno. Ma le lungaggini burocratiche che ci vollero per acquisire il Forte alla proprietà pubblica e forse un insufficiente apprezzamento della sua arte fecero fallire il progetto. Avvenne così che, sentendo avvicinarsi inesorabile la fine dei suoi giorni, il 22 dicembre del 1980 Lamberto Ciavatta donò al Collegio degli Scrittori di Civiltà Cattolica della Compagnia di Gesù quarantadue delle sue opere (poi portate a quarantasei, il 24 giugno del 1981).
L'Amministrazione Comunale di Nettuno, in collaborazione con Villa Malta, gli ha dedicato una mostra delle sue opere, nel Forte Sangallo, dal 4 al 30 maggio 2003 e il ricco catalogo illustrato (a cura di B. La Padula in "lOOLibri per Nettuno", inv. n. 364)

40 - Simona Bultrini, in Giulia Caneva-Carlo M. Travaglini, Atlante storico-ambientale Anzio e Nettuno, Roma 2003, pag. 237. lOOLibri per Nettuno, inv. n. 436





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