Nettuno 5. VII, 1928
Mia cara Marta,
ti scrivo da Nettuno., dove ho trovato in quest'Albergo "Neptunia" una bella camera con una finestra che guarda nella magnifica villa dei Principi Borghese, dalla famosa pineta, e una grande terrazza al mare, col Porto d'Anzio a destra e, lontano lontano, a sinistra, dove si chiude l'immenso arco dell'orizzonte, l'antico Castello d'Astura. C'è una gran pace: il silenzio corroso da questa sega assidua delle cicale e trapunta dal cinguettio d'uccellini qua nella Pineta; e di là la grande calura del mare sfavillante di sole.
Nel quartierino di Stefano di tre sole stanze non ho trovato posto; e non me ne lagno, anzi, ne sono molto contento. Meno scomodi loro, e più comodo io. Del resto, non è detto che debba rimanere a Nettuno. Voglio vedere come ci starò tutto quest'oggi a lavorare. Se ci starò bene rimarrò, pur recandomi a Roma ogni due giorni; o se no, ripartirò domattina per trattenermi al villino.
Ieri nell'ufficio del Giordani ho regolato il gran guaio delle tasse, formulando il reclamo per il, triennio venturo. Spero d'ottenere un sensibilissimo alleggerimento. Ho visto il Monicelli, il quale mi ha smentito recisamente che intenda far Compagnia per Vanno venturo: non se lo sogna nemmeno. E poi venuto Giordani, che ha posto la sua candidatura per la direzione dell'apporto italiano nella combinazione Luce-Ufa; altra candidatura è quella del barone Fassini; e son già cominciate nei giornaletti cinematografici le lotte feroci tra i due. Ma né l'uno né l'altro possono pretendere a una direzione artistica; l'uno o l'altro potranno al più riuscire a ottenere la direzione amministrativa: tutto sta, ora, che quella artistica riesca a non esser soggetta a questa. Interlandi lavora strenuamente a questo fine, e pare il sottosegretario S. E. Bisi, che ha in mano te trattative, sia d'accordo con lui. Vedremo.
Vorrei avere con me la scatola dei colori. Guardando la Pineta m'è nata una struggentissima voglia di dipingere. Vorrei fare per te almeno un bozzetto di questa Pineta. Nel folto grandioso della verdissima macchia assolato, ci sono gli scheletri bigi di due immani cipressi; uno un po' reclinato, tristissimo; l'altro, invece, erto e possente. Cosi tutto preciso e intero nella trama dei tronchi e delle fronde che formavano la corona sul tronco vigoroso, vederlo arido senza più una foglia tra i tanti compagni vivi attorno fa una gran pena. Son sicuro che, se avessi pennelli tavolozza e colori, saprei esprimere bene questa pena; e Tu, da qui a qualche tempo, guardando questo grande albero morto ancora in piedi, tra gli altri vivi minori, penseresti...
- Ma bando alle malinconie! Se sentissi com'è fitto stridulo insistente questo stridìo delle cicale. Forse, a quest'ora, si saranno messe a stridere anche sugli alberi del parco davanti al tuo albergo. Eppure è una cara voce dell'estate, questa delle cicale.
Ieri notte sono stato fino alle due seduto nella terrazza a guardare la Luna sul mare. E pensavo che è uno scherzo facile dire che alla Luna ora non si bada più, dacché ogni strada di città ne ha tante e tante di Lune infila. Sì, tante; ma una lampada ad arco fa un àmbito di luce attorno a sé dì venti passi; e questa Luna, come la vedevo io questa notte sul mare, la poteva vedere Marta dalla sua finestra sugli alberi del parco a Salsomaggiore. E ti vedevo alla finestra della tua cameretta... Ma Tu. certamente, alle due di questa notte, dormivi nel tuo letto.
Non mi par l'ora di ricevere tue notizie: come stai, come ti porta la cura; come passi queste lunghissime e caldissime giornate? Papà mi ha scritto, trascrivendomi la lettera che gli hanno inviato i padrini avversarii e domandandomi il parere su quella che gli ha dettato il prof. Geraci in risposta. Gli ho risposto a volta di corriere, approvando la risposta; e così l'affare sarà concluso e non se ne parlerà più.
Ho una gran paura di restar solo con me stesso. Tutte le belve del mio serraglio si risvegliano per dilaniarmi. E non so come placarle. Che angoscia guardar la vita con questo sentimento che ho, di perderla. Mi stringo quanto più posso a un'immagine consolatrice. Salutami la tua mamma e Cele. E tu credimi sempre cordialmente tuo
Luigi Pirandello
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