Nettuno 8, VII. 1928
Cara Marta,
tutto ieri sono stato a letto con una forte febbre gastro-reumatica; ho anche oggi una leggera febbretta, e seguita il disturbo viscerale. Forse avrò preso freddo allo stomaco. Ma è cosa da nulla; domani sarò certo guarito del tutto, e ritornerò a Roma. Non mi par l'ora che questi giorni d'esilio finiscano: non trovo più requie e mi sento mancare il respiro. Potessi almeno lavorare! Non posso: son digiuno da due giorni; e questo caldo, e la debolezza, e le mosche...
Basta. Non voglio affliggerti, cara Marta, parlandoti di me. Leggo sul "Corriere" che S.E. Bottai ha convocato per domani a Roma, capocomici, impresari di teatro, critici ecc. per discutere intorno alla crisi del teatro.
Domattina io sarò a Roma e vedrò di che si tratta e m'affretterò a riferirtene.
Ma è inutile, per il momento, sperare che si venga a qualche seria risoluzione. Si faranno le solite chiacchiere. Se il Governo volesse veramente fare qualche cosa per i teatri non dovrebbe consultare nessuno. Ha consultato tanti e tante volte, e non ha fatto mai nulla. Se seguita a consultare gente che non potrà mai mettersi d'accordo, perché in contrasto d'interessi, è segno che vuoi dare a vedere di darsi cura del teatro, ma che infondo non farà nulla ancora, e chi per quant'altro tempo!
Non potrà tardare ancora a lungo la risposta dei Signori Ferreira e Megale. Forse troverò qualche loro notizia domani a Roma, e subito te la comunicherò.
Bisogna, bisogna andar via per qualche tempo dall'Italia, e non ritornarci se non in condizioni di non aver più bisogno di nessuno, cioè da padroni. Qui è un dilaniarsi continuo, in pubblico e in privato, perché nessuno arrivi a conseguire qualche cosa a cui tutti spudoratamente aspirano. La politica entra da per tutto. La diffamazione, la calunnia, l'intrigo sono le armi di cui tutti si servono. La vita in Italia s'è fatta irrespirabile.
Fuori! fuori! lontano! lontano!
Come vai tu, Marta? Mi da pensiero il fatto che la tosse non sia ancora scomparsa; ma scomparirà, ne sono sicuro, alla fine della cura. Non preoccuparti di nulla, stai tranquilla; e pensa soltanto che tutto andrà bene quando ci saremo liberati dall' incubo detta compagnia, con la nuova via che abbiamo aperta davanti.
Salutami la Mamma e Cele, e Tu abbiti, cara Marta, tutti i miei più cari saluti e tutta la mia cordialità.
Luigi Pirandello
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