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NETTUNO VISTA
DA UN GIORNALISTA
1982 - Collana Caritas

di
OSCAR RAMPONE

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La Patrona


 

 

Per il mondo cattolico Enrico VIII d'Inghilterra è poco meno del diavolo. Ma, in un certo senso, i nettunesi gli dovrebbero essere grati. Infatti, se non vi fossero state le persecuzioni scismatiche scatenate da quel re, Nettuno non avrebbe oggi, come amatissima patrona, la Madonna delle Grazie.
Com'è noto, Enrico VIII, che regnò dal 1491 al 1547, aveva diversi difettucci, tra cui il pallino della decapitazione, pallino così accentuato che tutti quelli che gravitavano intorno a lui non si sentivano mai la testa salda sulle spalle.
Fu, perciò, un re piuttosto scomodo per i suoi sudditi, ed ancor più per le sue mogli - ne ebbe sei - la. seconda delle quali, Anna Bolena, e la quinta, Caterina Howard, finirono, per l'appunto, senza testa.
E dire che fu proprio per sposare Anna Bolena, per la quale Enrico aveva perduto metaforicamente la sua, che egli ruppe le relazioni col Pontefice. Anche questa è storia arci-nota, ma purtroppo la storia si dimentica facilmente, tanto è vero che io stesso l'ho dovuta rinfrescare con l'aiuto di una enciclopedia, e perciò ve la ricordo.
Papa Clemente VII non gli volle concedere il divorzio da Caterina d'Aragona, figlia di Ferdinando il Cattolico, ed Enrico VIII, dimentico che per il suo trattato contro Lutero e in difesa del cattolicesimo aveva ottenuto dal Papa il titolo di " defensor fidei ", cioè difensore della fede, s'imbufalì e proclamò la separazione della chiesa d'Inghilterra dalla chiesa cattolica. Dopo il divorzio pronunziato da un tribunale ecclesiastico, sposò, nel 1533, Anna Bolena e si fece proclamare dal parlamento capo della chiesa anglicana. Né si fermò qui: confiscò i beni di tutti i conventi e perseguitò i cattolici, che videro le loro chiese incendiate e statue e dipinti religiosi distrutti.
Fra le statue destinate al fuoco, quella di Our Lady of Grace di Ipswich, nel Suffolk, Madonna ritenuta tanto miracolosa che la sua chiesa era mèta di pellegrinaggi. Tra i suoi visitatori più assidui, Thomas Moore, il famoso autore di "Utopia", poi elevato agli onori degli altari. Egli fu cancelliere dello scacchiere di Enrico VIII, ma quando si rifiutò di riconoscere la sua supremazia spirituale, il cancelliere fu cancellato col solito scherzetto della decapitazione.
Thomas Moore descrisse i miracoli di Our Lady of Grace, la cui chiesa fu distrutta fra il luglio e il settembre del 1538. Da allora la Madonna lignea di Ipswich iniziò il suo lungo pellegrinaggio, che doveva concludersi fortunosamente con l'approdo a Nettuno.
Vi furono delle ricerche per accertare se la Madonna delle Grazie di Nettuno provenisse effettivamente da Ipswich, E ciò in seguito al fatto che uno studioso ne aveva trovato traccia in documenti della Biblioteca Vaticana. Tali ricerche vennero ampliate dall'arciprete parroco di Nettuno, mons. Vincenzo Cerri, e proseguite con molto zelo dal dott. J. Docherty di Ipswhich.
Il dott. Docherty si recò appositamente a Londra e, consultando documenti del British Museum, accertò che, nel 1538, Thomas Cromwell, lord cancelliere d'Inghilterra (Enrico VIII fece poi anche a lui il solito scherzo della testa), si interessò alla statua di Our Lady of Grace di Ipswich. È di tale data, infatti, una lettera di un certo William Lawrence,, il quale assicurava che la statua era stata messa al sicuro su di una nave.
Ma, come venne accertato dallo stesso Docherty, non vi rimase. Il 30 luglio successivo, Cromwell venne informato da un certo Thomas Tchaker che William Lawrence gli aveva consegnato la statua e lui l'aveva messa in un guardaroba di casa Cromwell. Aggiungeva che, insieme alla statua, aveva avuto due mezze scarpette d'argento e una " parure di quattro pietre di cristallo montate in argento ".
" Perché le scarpette? " direte voi. Semplice: i devoti baciano, toccano, lisciano, strofinano, per attingere bene ed immunità, e consumano (vedi il piede di San Pietro nella basilica omonima dì Roma).
Pare che Cromwell, ad un certo punto, avesse deciso di dare alle fiamme la statua di Our Lady of Grace ed altre immagini venerate dai cattolici. Esse vennero ammucchiate in un cortile, ma prima che il fuoco attaccasse la catasta, qualcuno trafugò la bella statua, che venne poi affidata ai marinai di un bastimento diretto a Napoli, città religiosissima, allora sotto la corona di Carlo V, quello nel cui regno non tramontava mai il sole.
Il viaggio fu lungo e periglioso, e tuttavia i marinai non temevano, si sentivano protetti da Our Lady of Grace.
Ed ecco che, mentre già pensavano che Napoli non fosse tanto lontana, furono colti dalla tempesta.
Trovarono scampo nell'insenatura di Nettuno. Il giorno dopo, visto che le acque si erano placate alquanto, tentarono di riprendere il viaggio, ma non appena volsero la prua verso sud, il mare si gonfiò, assalì la nave e la respinse.
Tentarono ripetutamente, ed ogni volta dopo aver pregato la Madonna che, tuttavia, non sembrava ascoltarli, perché tutte le volte che tentavano di prendere il largo, il mare s'infuriava e li ricacciava. Tentarono ancora e ancora, fino a quando una montagna liquida travolse la nave.
Ma si salvarono tutti. Senza sapere come, i marinai si trovarono nell'acqua bassa presso la riva, nel punto in cui sbocca il fiumicello Loracina, non lontano da una chiesetta. In mezzo a loro, la statua lignea di Our Lady of Grace galleggiava e si dondolava. Agli scampati il volto della Madonna parve raggiante, ma forse era un riflesso dell'acqua o della loro stessa gioia.
Gridarono al miracolo, poi, riflettendo sull'accaduto, credettero d'indovinare che la Madonna volesse restare a Nettuno, e che avesse scelto proprio quella piccola chiesa.
Così, si rivolsero ai religiosi della chiesetta che erano accorsi in loro aiuto, i quali - inutile dirlo - furono ben lieti di prendere in consegna la statua.
La Madonna aveva scelto Nettuno e, a giudicare da come viene onorata dai nettunesi, la scelta non poteva essere migliore.
Il culto di Our Lady of Grace, che ora si chiamava col nome italiano di Madonna delle Grazie, crebbe talmente che, il 4 aprile 1854, il comune decise di nominarla patrona.
Per capire la venerazione dei nettunesi per la Madonna delle Grazie, è necessario trovarsi a Nettuno verso la fine di aprile, quando la città è in attesa della festa imminente che si svolge dalla prima alla seconda domenica di maggio.
Allora la Madonna entra in tutte le case, mette in faccende le donne e rende felici i bambini. Com'è noto, i bambini hanno bisogno di affermaire la propria personalità, e fanno di tutto per attirare l'attenzione dei grandi. A volte non vi riescono, cosa questa che li contraria e spesso li fa piangere. Ma nell'imminenza della festa non fanno alcuna fatica: la loro trasformazione in angeli e paggetti li mette al centro dell'attenzione generale.
Anche molto eccitate sono un gruppo di ragazze tra le più belle di Nettuno. Sono quelle che indosseranno il magnifico costume tradizionale rosso che secondo alcuni deriverebbe

dai saraceni, i quali invasero molte città litorali italiane tra cui Nettuno. La storia dice che, in seguito alla crociata promossa da papa Giovanni X (915 - 28) e proseguita dal pontefice Benedetto VIII, i saraceni vennero scacciati definitivamente dall'Italia. Da Nettuno fuggirono così precipitosamente, che abbandonarono sulla riva mogli e figli, i quali vennero accolti generosamente e fraternamente ed assorbiti.
II ricco costume delle donne saracene piacque alle signore di Nettuno che l'adottarono. L'indossarono per secoli fino a quando papa Gregorio XIII (1572-85) lo trovò troppo succinto, e ordinò di allungare la gonna ed eliminare il turbante e la generosa scollatura. Ma ci volle del tempo per superare la riluttanza delle signore nettunesi.
Secondo altri, il costume tradizionale sarebbe di origine latina. Io propendo per la prima versione, perché non mi pare che gonna corta, turbante e ampia scollatura trovino riscontro in altri nostri costumi tradizionali.
Latina o saracena che sia la sua origine, quello nettunese resta un costume che desta l'ammirazione generale. Nel 1976, a Lourdes, la processione veniva aperta proprio da un gruppo di ragazze nettunesi in costume tradizionale (priore). Fu una nota nuova che destò vivo interesse. Le giovani applauditissime vennero mitragliate da fotografi e cìneoperatori, e ciò costituì una grossa propaganda per Nettuno.
Alla fine di aprile, la Madonna entra in tutti i discorsi dei nettunesi. Mette al lavoro dozzine di artigiani e per una decina di giorni la città è completamente sua.
Il lungomare viene vestito a festa: un mantello stellato che indosserà per tutta la durata dell'avvenimento.
Esperti addobbatori ed elettricisti, con l'aiuto di lunghe scale, costruiscono archi di luce lungo tutto il tratto di circa un chilometro che la Madonna percorrerà. Sono 30 archi con 6.000 lampade, stelle d'argento ed altri scintillanti abbelliménti.
Altre decorazioni e grosse stelle luccicanti adornano le piazze ai due capi del percorso. Una di queste piazze, quella della basilica, è spaziosa e luminosa, ed allo stesso punto in cui quattro secoli e mezzo fa approdò la Madonna pellegrina. La piccola chiesa di San Rocco è sparita. Il santo si è come tirato in disparte. Ha dato la precedenza prima ad Our Lady of Grace, e poi ad una bambina santificata, Maria Goretti.
Via via che il culto della Madonna aumentava, anche la chiesa cresceva. Ora è un grande tempio imponente senza essere austero. Si apre su due azzurri: quello del cielo che lo sovrasta, e quello del mare che lo affianca.

L'altra piazza, quella di San Giovanni, è intima e raccolta, sàpida di antica serenità, stretta nelle possenti braccia del Borgo, che hanno trattenuto il tempo in pacati e interminabili colloqui.
Qui il mare s'intravede appena dallo spiraglio del Cavone, ma il tempio non sembra dolersene: più che il mare ama il cielo, al quale si protende col suo alto campanile.
A notte, i riflettori illuminano le due chiese e pare che le scaldino. Ma negli otto giorni della festa, i fari possenti verranno ridotti a fiochi lumicini dal fiume di luce che corre festoso da un tempio all'altro.

 

 

Primo sabato di maggio. Pomeriggio inoltrato. Troppo piccola piazza Marconi, innanzi alla chiesa di San Giovanni, per contenere la folla, che straripa nelle viuzze attigue, e invade anche piazza Colonna.
Gli organizzatori cercano di fare in modo che questa folla vociante entrata qui alla rinfusa, ne esca ordinata e in silenzio. Le insegne delle congregazioni funzionano da punti di raccolta.
Quando ormai si fa fatica a muoversi, l'ordine viene raggiunto e la processione comincia. Viene aperta dal crocefisso della confraternita con quattro lampioncini e seguita da tutte le congregazioni. Piazza Marconi si svuota lentamente, mentre la processione procede per piazza Mazzini. Arriva da piazza Colonna il gruppo delle Figlie della. Croce che avevano atteso il loro turno, ed entrano nella processione, che fa il giro della piazza e scende per corso Matteotti.
È un fiume umano che fluisce lentamente tra due ali di folla sui marciapiedi. Fa pensare a certi fiumi tropicali sui quali stagnano le erbe, e solo al centro l'acqua fluisce lentamente.
Tutte le congregazioni hanno i loro angioletti e paggetti. Le priore, nel loro magnifico costume, precedono la banda. Seguono le autorità ed il clero.
Intanto nella basilica la Madonna è già stata vestita dalle suore ed alcune fedeli che hanno il privilegio di aprire le casse in cui sono custoditi le sue vesti ed i suoi gioielli. Nella piazza. della basilica è già affluita una folla di fedeli che non è organizzata in alcuna congregazione, ma che con la Madonna ha un rapporto personale. Un rapporto stabilito da preghiere solitarie serali, recitate sottovoce accanto al proprio letto, o collettive e sonore durante le funzioni in chiesa.
Ognuna di queste fedeli ha qualcosa da raccontare sulle grazie concesse dalla Madonna.
È gente semplice: popolane o contadine devotamente scalze, con un velo nero in testa, un cero in mano e gli occhi luccicanti di commozione. Sono le persone che credono veramente, che non vengono mai sfiorate dal dubbio, che ogni problema, ogni contrarietà, ogni dolore lo raccontano alla Madonna e attendono fiduciose. Lei può risolvere tutto. Se poi le cose restano com'erano, vuoi dire che lei ha pensato che fosse più giusto così. Sia fatta la sua volontà. Intanto, dalla preghiera hanno tratto conforto e serenità.
Beati coloro che sanno credere così, non sapranno mai quali abissi può raggiungere il dolore, quando si è soli e non lo si sa confidare o dividere con alcuno.
La testa della processione ha raggiunto la piazza ma non dilaga né si ferma: prosegue ed opera una conversione, ritornando in corso Matteotti. Si arresta solo quando il clero e i portatori raggiungono il tempio.
Sono gli unici ad entrarvi. Ne escono dopo un po'. Il clero precede la Madonna sorretta da quattro portatori. Al suo apparire si levano le invocazioni e i canti dei fedeli, e scoppiano i mortaretti.
La banda intona un inno sacro. Coperta di oro e gioielli e sfolgorante di luce, passa sulla testa della folla la Madonna che venne da tanto lontano e scelse Nettuno, come i nettunesi hanno scelto lei.
Tutti i balconi sono gremiti. Dalle mani di alcuni bambini partono stelline di limatura di ferro, da quelle dei grandi, fuochi di bengala. Dal torrione del Borgo rimbomba una salva di mortaretti. È il sonoro ringraziamento che un fedele fa ogni anno, immancabilmente, per una grossa grazia ricevuta tanto tempo fa. A volte la statua fa una sosta fuori programma e gira il volto verso una determinata casa. È segno che lì vi è un ammalato gravissimo e i parenti temendo che la medicina non possa far più nulla, si sono rivolti a lei.
La processione avanza nel tunnel di luce trascinandosi dietro parte della folla dei marciapiedi, attraversa piazza Mazzini e, lungo via Cattaneo, arriva alla chiesa di San Francesco. Poi la Madonna guarda l'ospedale, come a promettere la sua protezione; torna indietro per via Gramsci e raggiunge la chiesa di San Giovanni. Rimarrà otto giorni con colui che battezzò il figlio suo.

DOMENICA SERA
La città formicola di gente che si avvia al porto richiamata dallo scoppio dei mortaretti che annunziano i fuochi d'artificio. Improvvisamente, nel cielo si accende un fiore di luce dalla fugace ed intensa vita. Gli occhi si riempiono di vividi colori.
A brevi intervalli i razzi si susseguono e si aprono ora come soli raggianti, ora come corolle di palloncini multicolori che scendono ad ombrello con la levità delle bolle di sapone, e si riflettono nelle acque del porto. Spesso i fiori generano altri fiori. È un fantasmagorico giardino aereo la cui luce lotta con la notte ed apre grossi squarci nel suo mantello nero.
I fuochi diventano sempre più frequenti fino al fragoroso " bouquet " finale. Poi buio pesto, alcune esplosioni più forti ed uno strano, pesante silenzio.
Ma ecco: ad una ad una, si riaccendono le stelle.

E' una settimana di festa, quella che segue, durante la quale si svolge una serie di manifestazioni sportive e culturali. La chiesa è sempre affollata, ma raggiunge il massimo il pomeriggio dell'ultimo giorno di permanenza, quando la Madonna lascia l'altare e scende fra il popolo.
Dalle quindici alle venti, è un via vai di gente semplice che va a parlare con lei, a chiedere, a supplicare, a ringraziare, a promettere ceri e fioretti. E lo fa prostrandosi, baciandole i piedi, rivolgendole parole di amore.
Ancora una processione con lo stesso cerimoniale, e la Madonna delle Grazie rientra nella sua basilica. Vi si fermerà per un anno, poi rinnovellerà la più importante festività di Nettuno.





OPERA APPARTENENTE AL FONDO BIBLIOGRAFICO
"100 LIBRI PER NETTUNO"
EDITO DALLA "COLLANA CARITAS"
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