All'inizio e nel corso di questo libro, ho parlato a lungo della parte più antica della città - il Borgo. Ora vi parlerò della più moderna - il rione Scacciapensieri.
Lì aleggia il passato, qui urge il futuro. Lì si è risucchiati nei secoli, qui proiettati nell'avvenire.
Si verifica nel Borgo quanto avviene in tutte le antiche città. Per quel che riguarda le abitazioni, i giovani, quando mettono su casa, preferiscono quelle nuove, attrezzate modernamente.
Vi è, infatti, un progressivo spopolamento. I dati statistici ufficiali ci dicono che la popolazione del Borgo, la quale nel 1951, era di 1363 persone, dieci anni dopo era scesa a 1033 e, nel 1971, a 720. Le stanze non abitate che, nel 1951, erano 83, sono salite a 383.
Quelli che resistono sono gli anziani legati alle proprie abitudini, ai propri ricordi, oserei dire ad ogni pietra del Borgo, mentre, qui allo Scacciapensieri, i giovani sono aperti a tutte le novità e le conquiste della tecnica. Lì ci si alimenta di storia, qui di fantascienza.
Età diverse che non si comprendono e si snobbano reciprocamente. Gli anziani del Borgo ascoltano il silenzio, i giovani dello Scacciapensieri il fragore dei motori. La vecchia generazione del Borgo indugia in pigri riposi pensosi, la giovane dello Scacciapensieri è impegnata in allenamenti diretti alla conquista di primati sportivi, o in esercizi che sono comunque una necessità fisica. Gli anziani giocano a tressette, i giovani al bowling.
Gli anziani del Borgo restano lì, i giovani dello Scacciapensieri sciamano per il mondo dietro le loro ambizioni.
Anche se molte case del Borgo non hanno " comforts ", gli adulti che le abitano non si sognerebbero nemmeno di trasferirsi allo Scacciapensieri. In quanto a questi giovani, buona parte di essi vanno al Borgo solo perché vi si fanno ottime pizze.
A volte dal Borgo prendono il volo da un pianoforte sonate e preludi, mentre allo Scacciapensieri balzano urlando dal juke-box " rocks " e <*hustles "; Chopin e Beethoven da una parte, The Rolling Stones e Van McCoy dall'altra. " Roba da matusa ", dicono i giovani; "Roba da pazzi", dicono gli anziani.
Gli uni e gli altri credono di aver ragione, ma a me che, non essendo nettunese, non ho " handicaps " sembra che abbiano torto entrambi.
Poi vi dirò perché. Intanto lasciate che, come ho fatto per il Borgo, vi parli dello Scacciapensieri che, essendo un rione giovanissimo, ha una storia brevissima, ma non per questo meno interessante.
Protagonista di questa storia un omone di un quintale e passa: Giuseppe Ottolini, nato a Nettuno 70 anni fa. Seguiamolo un po'.
A 18 anni, appena diplomato, prende una cotta per una nettunese e la vuole sposare. " È ancora un ragazzo ", pensa suo padre, " ora lo mando a Parigi e gliela faccio dimenticare ".
Parigi, per un giovane, è sempre una grande attrazione. Ottolini, infatti, non resiste, va a proseguire gli studi in Francia e pianta la ragazza. Ma qui, dopo sei mesi, ne trova un'altra più bella: un sole che si chiama Tantine, e pianta gli studi. Dopo due anni, diventa papà di Angela che somiglia alla mamma.
Ma Giuseppe Ottolini non è intraprendente soltanto in amore. Torna a Parigi e comincia la serie delle sue iniziative. Il ragioniere si fa prima pastaio, poi torna in Italia e diventa commerciante all'ingrosso di alimentari, quindi fabbricante di liquori, commerciante di vini pregiati, agente generale della Birra Moretti, e perfino fabbricante di fecola.
Finalmente, ecco l'attività che gli darà maggiore soddisfazione e gli farà cogliere grandi successi: quella di costruttore edile esercitata a Nettuno e altrove. Ora le cose che fa restano e si vedono.
Uno dei più bei palazzi di Nettuno, accanto alla firma dell'architetto Eugenio Rossi, docente di urbanistica all'università di Roma, reca la firma di Giuseppe Ottolini. E' quello che si erge agile e snello e si affaccia con grandi balconi leggeri su piazza Cesare Battisti.
Il successo lo sprona a più grandi imprese. Sogna addirittura di costruire un intero quartiere. Ma dove? Mette gli occhi sui quattro ettari di un terreno abbandonato. È una località malfamata piena di miserrime abitazioni abusive. " Meglio ", pensa Ottolini, " così la risaniamo ".
Apparteneva a tre ebree di nazionalità americana. Si chiamavano Dodge. I nazisti le portarono via e le cacciarono in un lager, dove le poverette finirono gassate.
Gli eredi, che vivono in America, non ne vogliono sapere di venire in Italia, e decidono di rivolgersi al consolato italiano per cercare di vendere. All'albo del consolato viene affisso l'annunzio, e due italo - americani, originari di Fondi, acquistano il terreno per 31 milioni. Quando Ottolini lo sa, corre ad offrirgliene 100. Affare fatto.
Ottolini sogna un complesso grandioso, elegante, pratico. Si deve distinguere da tutti gli altri. E, visto che sul piano regolatore, che egli consulta, vi è la proposta di un alto edificio con funzione direzionale, lui aggiunge al suo sogno un bel grattacielo.
" Ma un affare così alto ", egli pensa, " per stare saldamente in piedi, deve essere fatto come Dio comanda ". Ricorre, perciò, oltre all'architetto Eugenio Rossi ed all'ing. Oberdan Sbarra (al quale vengono affidati i calcoli in cemento armato e la direzione dei lavori), al prof. Riccardo Morandi, specialista in grattacieli (ne ha fatti tanti in Italia e all'estero).
Progettare lo Scacciapensieri non è cosa liscia. Occorre armonizzare le proprie vedute architettoniche col sogno ambizioso e tuttavia pratico di Ottolini, le esigenze del piano regolatore e le direttive della Soprintendenza ai monumenti. Occorre anche risolvere il problema della stabilità di un grattacielo di 21 piani su un terreno sabbioso. Occorre realizzare un insieme possente e non pesante, economico, ma funzionale ed anche elegante.
Eugenio Rossi sceglie una linea moderna temperata da un criterio realistico. La standardizzazione di alcuni elementi e il gioco dei volumi in rapporto allo spazio della piazza dovranno dare all'insieme dei fabbricati la coerenza e l'armonia di una singola mente creatrice ben orientata.
I tre tecnici trasformano in linee e numeri il sogno di Ottolini: ora i lavori possono cominciare.
Anche qui le difficoltà non mancano. Prima di tutto, bisogna sloggiare gli abusivi, che di tutto hanno voglia fuorché di andarsene. Ma " l'argent fait la guerre ": vengono convinti a furia di biglietti da diecimila, quelli del 1964, i quali fanno grande impressione non solo perché sono grandi come lenzuoli, ma perché con essi si comprano " lenzuolate " di roba.
Entrano in azione le ruspe e fanno piazza pulita. Ma ecco che il mare aggredisce Ottolini: rapina ad onda armata. Gli porta via un ettaro di terreno. Il costruttore vede già naufragare in quelle onde furiose il suo magnifico sogno. In un primo momento è disperato (quando lo racconta, dice che si voleva sparare), poi reagisce. Ora è lui ad aggredire il mare con grossi massi di pietra. II Demanio lo vuole fermare. Gl'infligge una multa. Ma lui non molla. Continua a combattere il mare con centinaia e centinaia di macigni. Ha già speso 50 milioni, quando lo Stato, che finalmente ha capito l'utilità della diga, interviene e la completa.
II mare è imbrigliato: ora si può stare tranquilli. Alto sulla ripa, come sul ponte di comando di una nave, Ottolini ordina: " Avanti a tutta forza! ".
Per dieci anni uomini e macchine non si fermano più. Mettono insieme tre milioni di ore lavorative. Ottolini paga al personale due miliardi e cinquecento milioni.
Al primo fabbricato segue un secondo, alla palazzina un'altra, si susseguono le villette. È un lavoro svolto con criteri razionali e moderni, con larghezza di mezzi e vedute, un lavoro che sembra dispendioso e fa, invece, realizzare grosse economie.
Ad esempio, viene impiegato un montacarichi esterno che costa 30 milioni ma che, se non lo si fosse adoperato, se ne sarebbero spesi 100 in più. Questa macchina viene usata per portare sempre più in alto operai e materiali per costruire il grattacielo. Via via che i piani salgono, per fermarsi a 21, aumenta l'interesse popolare. Si vede sempre più gente che, col naso sempre più all'aria, guarda le formiche che lavorano lassù.
Ma dove prende tutto questo danaro, Ottolini? Semplice: lui e i suoi soci minoritari cominciano con un capitale relativamente modesto. Ma Ottolini ci sa fare: attraverso la pubblicità, suscita tale un interesse, che ville ed appartamenti vengono acquistati a scatola chiusa, quando i lavori sono appena iniziati, o ancora sulla carta. In pratica, l'opera si finanzia da sé.
Montagne di materiali affluiscono all'enorme cantiere. Per darvene un'idea vi dirò che i pavimenti richiedono due milioni 500 mila piastrelle, porte e finestre ammontano a 10.000, il cemento a 12.000 quintali, il ferro a 3.600. In breve, se si pesasse tutto il complesso, si passerebbe il milione di quintali.
Un bel mal di testa per tutti sono le fondazioni del grattacielo. Le trivelle continuano a girare nella sabbia, scendono come nel burro: dieci metri, quindici, venti, venticinque, trenta... " Dove andiamo a finire? " si chiede Ottolini spaventato, " qua mi rovino ". Finalmente, a trentadue metri, la trivella morde la roccia.
Pali di cemento del diametro di metri uno e venti scendono a saldarsi al basalto e vengono incatenati con una platea di cemento alta quattro metri: fondazioni a prova d'atomica.
Alla fine, il complesso dello Scacciapensieri viene a costare cinque miliardi (oggi ne vale 20).
In che cosa consiste? Presto detto: sei fabbricati, sei palazzine, nove villette con giardino ed il 'grattacielo alto 74 metri. Un insieme di 700 appartamenti e locali per negozi ed uffici.
Ma sarebbe stato semplicistico pensare che si sarebbe potuto realizzare un così vasto comprensorio, senza preoccuparsi di ciò che occorre a coloro che vi abitano.
Infatti, nel campo alimentare, vi sono due ristoranti di 200 e 800 posti, una tavola calda e una pizzeria, senza contare i numerosi negozi.
Nel campo alberghiero, vi è, nel grattacielo, un hotel con un centinaio di posti letto. Occupa quattro piani ed è dotato di saloni e bar.
Nel comprensorio vi sono negozi ed uffici tali da soddisfare ogni esigenza. Vi è perfino un'agenzia della Cassa di Risparmio.
Ma dove questa realizzazione eccelle è nel campo sportivo. Infatti, vi è qui una piscina coperta di metri 25 x 10, frequentata, nei mesi invernali, da una media di 100 persone al giorno, tra cui gruppi di nuotatori provenienti dai paesi vicini, una scuola di nuoto, una palestra ginnica, un campo di tennis dell'albergo, una sala giochi, un bowling, una rimessa nautica, un garage con 200 box.
In quanto alle spiagge, ve ne sono due, una libera, l'altra privata. Quella privata ha 400 ombrelloni.
Come mai questo rione si chiama Scacciapensieri? Semplice: Ottolini è stato a Parigi e sa bene che col termine " sans souci " si indica un posto in cui si entra lasciando fuori ogni preoccupazione. Lui vuole esattamente questo e quindi traduce " sans souci " in Scacciapensieri.
A qualcuno questo nome non piace, ed in realtà suona meno bene di " sans souci ". Comunque il complesso ha preso questo nome e nessuno lo discute più.
Quello che i nettunesi di una certa età discutono è l'intero " compound ". Per alcuni di essi sarebbe un ignobile blocco di cemento, mentre il grattacielo sarebbe una manifestazione di cattivo gusto, un obbrobrio che turberebbe l'armonia architettonica dell'intera città. Uno di essi mi ha detto che, se potesse, distruggerebbe non solo il grattacielo ma l'intero complesso.
Ora, io sono un forestiero che si è innamorato di questo paese, e gli è riconoscente perché col suo sole, il suo mare, la sua aria pulita e il suo dolce clima gli da modo di sentirsi bene e vivere qualche anno di più. Proprio in virtù di questo amore mi permetto di interloquire.
Voi dite che il grattacielo guasta. Perché? I grattacieli sono ormai dovunque. Sono cominciati a Nuova York, dove, non essendo possibile svilupparsi in larghezza, lo si è fatto in altezza. Ma oggi sono a Mosca e dovunque nel nostro continente. Ne ho visti a Bruxelles, a Stoccolma e perfino nel paese più conservatore d'Europa: a Londra, svetta sul Tamigi un candido grattacielo. Ma ne abbiamo a Roma, a Milano e tante altre città; ne ho visti anche sull'Adriatico: a Lignano, a Riccione e così via.
Se il grattacielo dello Scacciapensieri si fosse levato da un insieme di " bungalows " o villette basse, darei ragione ai critici. Ma qui la stonatura non la vedo, perché, non solo il grattacielo sovrasta fabbricative palazzine, ma ne accompagna lo stile. È insomma un insieme armonico superiore indubbiamente a tanti altri casi tollerati, se non apprezzati.
Parlando dell'intero complesso, esso ha risanato una zona in cui vi erano misere catapecchie, ha dato a Nettuno un grande albergo, il più grande ristorante, l'unica piscina coperta in un'area di moltissimi chilometri quadrati, l'unico bowling, la migliore sala giochi, la migliore tavola calda, un buon bar con grande terrazza sul mare. Ma non basta, così com'è avvenuto in Olanda, gli ha strappato una spiaggia, proprio nel punto ove il mare si mangiava il terreno. Ha dato ai giovani un quartiere in cui si trovano benissimo. Ma, cosa che conta anche di più, ha dato a Nettuno un fortissimo apporto economico, che non si ferma ai cinque miliardi spesi in gran parte sul posto. Infatti, ha richiamato a Nettuno oltre 2.500 forestieri che, altrimenti, sarebbero andati altrove, cioè quelli che hanno acquistato gli appartamenti e vi abitano d'estate e a fine settimana. E badate che si tratta di gente che non nasconde il danaro sotto il mattone.
Il tanto discusso grattacielo io lo vedo come un segno di modernità e benessere; e mi piace.
Ma anche se avessi torto, anche se fosse brutto, non sarebbe il caso di prendersela. Si fa l'occhio a tutto.
Io non so come sia stato visto il campanile di piazza San Marco, a Venezia, quando fu eretto. Fu nel 1148 e, se polemiche vi furono, forse non v'è traccia. A me personalmente, questo gigante di 98 metri (24 in più del nostro grattacielo), quando lo vidi la prima volta, non fece buona impressione. Era troppo alto per la basilica, il palazzo ducale e le procuratie. Li guardava dall'alto in basso, ed anche se abbellito alla cima, era sempre troppo spoglio per i merletti e le finezze bizantine e gotiche di questi edifici che fanno di piazza San Marco il salotto d'Europa.
Mi fece addirittura pensare a quegli spilungoni pieni di sicumera e tutti di un pezzo, che amano conversare stando in piedi, quando tutti gli altri stanno seduti, così che ti fanno venire il torcicollo, mentre sdegnosi e severi vanno avanti e indietro, e continuano a parlare, anche se non hanno nulla da dire.
Se fosse dipeso da me, avrei voluto un campanile meno presuntuoso, che appena appena levasse il capo al di sopra della basilica, e che avesse anch'esso molte cose preziose addosso. E poi non lo avrei voluto staccato quasi sdegnosamente dalla chiesa, ma affettuosamente a braccetto con essa.
Può darsi che io abbia torto, ma a me pare che i veneziani non vedano, o non abbiano mai veduto questo, solo per una questione di " imprinting ". L'hanno trovato lì così, e sta bene dov'è e com'è.
Tanto è vero che, quando, nel 1902, il campanile, misteriosamente s'inginocchiò e si disintegrò come un castello di carte, senza cadere sul fianco, i veneziani si affrettarono a ricostruirlo esattamente com'era e dov'era prima.
Pensate alla torre Eiffel. Quando fu eretta, in occasione della Esposizione Mondiale del 1898, sollevò un'iradiddio di polemiche. Vi fu addirittura chi minacciò di farla saltare con la dinamite. Bene, la torre Eiffel non solo è diventata una. miniera d'oro, ma ha finito per simboleggiare Parigi.
Stando così le cose, molto probabilmente, il nostro grattacielo finirà per simboleggiare Nettuno.
Per ora è solo un punto direzionale. Chi viene a Nettuno via terra o via mare, a un certo punto, dice " ci siamo ". È quando a grande distanza ha visto il grattacielo.
Ma già i giovani nettunesi, quando vanno lontano, lo ricordano con nostalgia.
Tuttavia, qua occorre dire anche ai giovani che non apprezzano il Borgo che hanno torto anche loro, così come hanno torto quando chiamano " matusa " i genitori. Infatti, senza i genitori loro non ci sarebbero, così come senza il Borgo forse non ci sarebbe Nettuno o per lo meno sarebbe diversa di nome e di fatto.
Gli uni e gli altri devono amar Nettuno nella sua integrità. Devono amare il Borgo e lo Scacciapensieri, villa Borghese con la pineta profumata, il lungomare con le sue tamerici, l'antica via Romana con i suoi negozi ben forniti, la linda stazioncina, gli angoli fioriti, le piazze, le vie, le chiese, le antichità, vale a dire tutto ciò che molte città rivierasche non hanno e c'invidiano.
Quasi sempre ciò che si ha non si apprezza, ma solo chi apprezza ciò che ha è degno di possederlo. |