Dalla data relativa degli anni indicati nel titolo e fino ai nostri giorni, si sono reiterate nell'arte le due categorie medioevo e barocco che occorre approfondire per capire chi sia quest'uomo e questo artista del nostro tempo.
Si sa che il Medioevo, dopo l'orgia istituzionale dell'estremo Impero Romano, capovolse i valori materia-spirito, ma l'opposizione delle antitesi era solo intenzionale e non irriducibile. Perché? Perché l'iconografia aveva in sé la stessa insistenza compiacente di lacerazioni caratterizzata dalla decadenza della civiltà romana. Durante e fino al sec. XII, erano immagini bestiarie con volto umano scolpite nei capitelli, gesti e atteggiamenti di demoni visionati in affreschi e bassorilievi, scene macabre di danze della morte negli incunaboli. Ora in questo squilibrio adualistico la critica non può non rilevare una carenza d'un'unità per raggiungere la catarsi, e che la ripulsa del corpo umano come maligno soggetto attivo era pertanto un'ipocrisia. La narrazione tenebrosa era un pretestuoso cattivo servizio reso allo spirito. La sinistra realtà era quella delle condizioni societarie, e i motivi psichici della stanchezza trovavano un'alternativa nella cupidità del servire plebeo ai nuovi signori che non avevano smesso di tuffare le mani nel sangue. L'arte del ciclo gotico-bizantino non valse a trattenere le forme dallo scivolare nel triviale, come nella modernità l'arte precedente il 1914 non è valsa a trattenere le forme del cadere nella materia vile.
Il barocco si ricongiunse all'Evo Medio succhiandone i succhi. Sotto l'influenza della Controriforma, il linguaggio di nuovo rovesciò il rapporto materia-spirito con l'insistenza e la compiacenza sensuale dei particolari, con l'ipertensione del gesto, con l'orgia immaginativa di contorni e sfondi che spesso sapevano di alcove. Anche il barocco aveva il gusto dello sfacimento e della morte; e nel pieno di quest'arte, tipica era la reiferazione di scene macabre dipinte e incise, tra le quali non mancavano demoni con fiamme a genitali e deretani. Sul piano stilistico, non poteva certo ottenere una forza-lavoro con l'ipertrofia dello sforzo, l'esaltazione lirica, l'addensamento delle dimensioni, l'imbarbarimento della lingua. Adesso vige il gusto di rivalutare il barocco. Con sintomatica ragione.
Il circolo si chiude con l'arte attuale. Anche in questa il dualismo materia-spirito è annullato dal primo termine del dilemma. Motivi medioevali e barocchi vengono ripresi e potenziati nella figurativa dove si rinnovano i caratteri dello squilibrio bio-psichico, e l'elemento linguistico vi si accanisce a spezzare la forza nel punto di transizione. Nelle opere di Lam le figure aprono bocche ossificate, in quelle di Sutherland le immagini totemiche vigilano da una equivoca distanza, in quelle di Van den Berghe i nudi post-agonici sono aggressivi, in quelle di Spazzapan gli spettri sono opulenti, le figure di Nolde sono così grottesche che vengono esposte al pubblico disprezzo, la deformazione del corpo umano è onirica nel surrealismo di Picasso 1927, gli stracci di Burri sono sordidamente reali e insieme simboli. Intensificata è la coltivazione funerea nella forma di Grosz, Dix, Buttger, Radzwill, nei quali le allegorie essudono morte da un disegno allucinante, da un colore livido. Il disegno e la croma enfatici in tali soggetti sono ben adatti a forgiare larve polverose di ex uomini. Tutto ciò stilizzato da una mitologia di correnti neo-espressionismo, post-surrea-lismo, neo-realismo quasi imposte da... L'idea che in questo momento viene a me è che si tratta d'una " Messa Solenne in morte ". L'organo tuona il dies trae, macerato è il colore dei fiori, il nero dei paramenti, quel nero gettato a piene dite sulle tele, richiama la cripta. Però è un bel funerale, non c'è che dire, fuori sul sacrato attacca la banda municipale con grossi ottoni e grossi baffi.
Tale tabulazione ci fa torcere e sudare. Un mare di tele è sotto la passivilità d'uno scirocco, il peso dell'oggetto a noi incorporato ci attira al di sotto. La forma persuade la sintassi stilistica dell'inutilità dopo che il contenuto ha persuaso della sua inutilità la sintassi mentale. L'Io è in continuo stato di transfert in tutto ciò che è pragma fruibile, di cessione della personalità all'oggettualità politica, economica, culturale e morale. Allora accade ciò che è già accaduto nella storia dell'arte, che la libertà, ridotta ad ancella del nuovo Signore, viene limitata a mera funzione di lei per lui. Molti sono gli artisti (e partners critici) che si sono evirati per far la guardia al gineceo del Potere. Che io sappia non c'è stato in Europa una resistenza organizzata da parte di artisti, come è avvenuto nel Nordamerica pur fertile di pragmatismo, dove è sorta un'associazione di artisti e critici ostili al reclutamento (Equity Artist Corporation). Anzi la situazione s'è aggravata in occidente, perché si sono irrobustiti i pulloni usciti dalle radici dei maledetti anni 1914-1940, e perché nel circolo filologico sono entrate tante brutalità quante sono le disfunzioni d'un Giove malandato. Qui tre domande: cotesto logoramento di valori estetici non è condizionato dal logoramento di valori istituzionali e dello stesso Stato?; dove cercare il punto di trapasso d'una cattiva azione nella storia ad una cattiva azione nell'arte?; il disumano rappresentato e quello vissuto, entrambi unificati, non hanno una dimensione di tempo-spazio e quale? In una corrispondenza del 1946 Benedetto Croce attirò la mia riflessione sul problema se le due guerre mondiali, e in particolare le efferatezze del nazismo, provenissero dalla storia (della Germania) oppure dalla natura (del suo popolo). Io ero per la seconda versione. Ma la citazione dello sterminio da gas, dei bambini lanciati in alto a bersaglio di fucilate, del branco dei porci tenuti a digiuno e fatti irrompere nel recinto dove erano ammassati morti e vivi, non valse a far uscire il Maestro dalla perplessità. Ora, rimeditando su quegli eventi e su quelli attuali, e indagando sulle allucinazioni d'un Kokoscka, d'un Crorz, d'un Heckman, sulle placente villose dipinte da un Mirò, sul primitivismo totemico d'un Sutherland, sulle mostruosità figurative d'un Appel, sul demonismo d'un Matta, d'un Ensor, d'un Van de Berghe, d'uno Spazzapan e d'un Viani, sulle stigmate degenerescenti d'uno Jorn e d'un Guttuso, sulla predilezione per la fanghiglia d'un Dubuffet, appare certo che gli eccessi del sensorio, il processo vegeto-animale, gli umori glandolari, il tessuto spaimodico neuro-distonico, il filoneismo esacerbato, l'automatismo della bassa vita organica e immaginativa, tutto ciò, incorporato nel linguaggio di gruppi di famiglia d'arte, sia correlato con le deviazioni naturalistiche di quelle due guerre, una più dell'altra. Ho letto che le glandole sudorifere e sali vari dei militari nazisti presenti alle esecuzioni, se-cernevano in abbondanza sudore e sputo. Certo che la sottovalutazione parossistica della personalità ha condotto al disprezzo dell'uomo, e da tale disprezzo si formano larghe zone di fermentazione inconscia. A questo punto la parola dovrebbe esser data al cli-nico che ricercasse un'interrelazione istero-umo-pa-tologica con le aberrazioni di ogni specie e grado. Il critico poi compirebbe l'opera col collegare i sintomi con la segnica e il cromatismo. A complemento di quanto detto, non sarà superfluo citare una delle " Meditazioni di San Bernardo - I, II -: " Attende, homo, quid fuisti ante ortum et quod eris usque ad occasum...: - " Guarda, uomo, ciò che fosti prima della nascita e ciò che sarai fino al tramonto. Fatto di materia vile, nutrito di sangue mestruale nell'utero materno, la tunica tua fu la tua pelle. E non ti ricordi quale sia la tua origine, fetido sperma, sacco stercoraio, cibo per vermi ". Non vi sembra una delle invettive hitleriane contro l'uomo ebreo? Non c'è in questo radicalismo allucinato l'eccessività della linea barocca e medievale identificabile negli artisti testé nominati? |