Riprendendo il concetto della morta natura, questa non è ovviamente la natura morta d'un Caravaggio ariosa di terrestrità, dove il pomo è un frutto nuziale della Genesi, il chicco d'uva un'occhiata sensuale, la foglia lingua. Intendo quella natura di ogni grado e differenziazione in cui elementi concettuali vengono dispersi dalla morfologia tecnografica antimentale e antiumana, come fossero amici frettolosi dopo il funerale.
Sono molti gli esemplari di morta natura che vediamo pendere negli studi quali realismo di periferia. Come l'antropo della prima età che, al contrario del sole che sì corica a sera e s'alza a mattina, cotesto neo-realismo si corica alla fine della sua stagione per non alzarsi mai più. Via dunque dalla " composizione " ogni traccia di valore, d'emozione, di bellezza. Solo necessarie sono lo spessore dell'impianto, la gravezza stilistica, l'urgenza del qui e subito. Inquadrato nel sistema, ciascuno nel proprio limite, è il tessuto filologico di molti artisti già celebrati dalla critica: i Picabia, i Duchamp, i Shanh, Klinc, Tapies, Wagemaker, Domela, Sutherland, Buffet, Soulanges, Hartung, Schwitters, Marchand, Makovsky, Villon, Jaap, Van Dogen e seguaci più o meno fedeli. Sono costoro gli antesignani della decadenza. Dopo di loro il diluvio: i neo-dadaisti, i neo-realisti, gli astrattisti materici, i pop, gli antiottici, i collagisti, gli inanimisti, i nominalisti, gli occasionisti, gli inieisti, gli oggettisti. In tutte queste correnti domina la brama irrefrenabile dell'originalità ad ogni costo. Per la corrente neorealistica per es. si è vista esposta in una mostra una famiglia di topi al naturale dentro la gabbia cornice. Consiglio l'esposizione d'un morto reale nella sua cassa, con " occhi purpurei ", " guance blu cobalto ", " bocca verde acido ". L'idea è d'un critico americano e le parole tra virgolette sono sue. Io passo l'idea e le crome all'artista unidimensionale inanimi sta.
In questi generi d'arte non è più inserito il ricordo ma l'oblio. Gli artisti delle correnti accennate sono morti che si sono dimenticati di caricare la sveglia. Non ringiovaniscono con le superiori facoltà dello spirito, ma regrediscono fino alle appendici organiche, con l'ottundimento mentale, col deposito di scorie ossidate da ruggine culturale. L'influenza dell'ambiente è decisivo. Non v'è reazione al mitragli amento d'un mondo apotropaico, ma fuga nelle fessure di certe Biennali oltre le quali sono rannicchiati gli embrioni. Così dai precursori si è giunti ai bastardi, dalle trombe ai tromboni.
La semiologia (scienza dei segni) in arte può essere psiche, cultura, società, storia. La linea, la macchia, il tratto, il tocco sono sempre radicati ad etimi dai quali si sprigiona il linguaggio rivelatore di situazioni date, di mutazioni e alterazioni come una nevicata muta il paesaggio. Ciò attiene anche alla critica d'arte che dovrebbe essere considerata quale esplicazione ideo-lessicale e non una copertura dell'idea da parte del lessico, e perciò un fatto organico in quanto metodo scientifico che fa conoscere il comportamento umano nell'estetica e il comportamento di questa in quello. Da ciò si deduce la va-stità e la complessità del segno non escluso quello nato da zone dell'ineffabile. E invece, tanto certa arte visiva quanto certa critica stampata, prediligono l'angolo, l'unilateralità, la parzialità, il partito preso. Nel centro di raccolta di mostre e di tipografie imperversa un formalismo andante, bravo ma bloccato. Le sue coordinate fissano uno stato di povertà malgrado sia sotto la protezione del potere tecnico-produttivo. Oggi più che ieri. Non è vero che il passato sia sempre presente nell'arte. La cultura greca, romana, ebraica, islamica, rinascimentale non ha lasciato traccia nel semanticismo. Il taglio è netto.
Se il linguaggio in arte risuona di chiavistelli dietro una porta chiusa, occorre un'acuta investigazione critica per qualificarlo. Quali possono essere le frazioni infinitesimali in un sistema di segni congelato? E' difficile per la critica attuale valutare un volo aperto di tempo-spazio, è facile per lei indagare in un volo basso sbandato di pipistrello. Perché in tutta cotesta arte evertita l'immagine è chiloidata da pesi, l'esercizio stilistico è ingorgato dalla fruizione del momento o dell'annata, della moda, del capriccio e poi il cambio. Vergine Madre, come avvenne che dal tuo grembo fiorì una così vasta aurora? Ora la luce del lontano passato è stata interdetta dalle nebbie del presente, ma per fortuna c'è qualcuno che le dirada.
Si rifletta che il plasticato oggettuale non è tanto da considerarsi come adattamento di trovate estrose, quando simboli scoperti d'un'attività psichica nascosta: alienazione e, grado a grado, rapimento dell'uomo nell'alterità femminile. Oggi più che mai l'artista è femmina, e ciò rende ancora più impetuosa l'inondazione. E' il gusto del belletto, è l'incoerenza priva di logica, è la predilezione del mutamento per il mutamento, l'istinto smanioso di riempirsi gli occhi di oggetti, e importa che l'arte ne sia piena come un ventre. Il rapporto supercoscienziale di soggetto-oggetto è rotto. Non solo soggetto-oggetto singolo, ma anche classe, popolo, razza. Così è dell'invasione armata: bisogna aprire fessure, occupare buchi, e quante ve ne sono d'invasioni nella vita e nell'arte del nostro tempo! Considerate quante volte l'Italia nella sua storia ha rovesciato i rapporti di soggetto attivo in oggetto passivo. Ora è la volta dell'arte.
Nelle correnti e tendenze di cui si tratta lo spazio non è tomistico dioceneguardi, né cartesiano, né atomico, è quello mercuriale- Nella composizione dell'agglomerato non c'è un barlume di trans, c'è il calcolo di matematica semplice che enumera da... a, fino ai minuti nei quali deve arrostire la bistecca alla biennale di Venezia; certo è possibile spingerci oltre, all'azione del bicarbonato di sodio, alla digestione, all'espulsione dei residui, e si possono aggiungere le ore del benessere e basta, che altro volete? Incorporato in un tempo breve, lo spazio di mercato è per l'estetica una bagattella, perché privo di metafore, piani, trapassi, atmosfere. Così è nelle opere di Tanguy, Magritte, Shanh, Tobey, Chill, Maurer, Warholl, Oldemburg e loro discepoli.
Dobbiamo dire addio alle metafore, ai piani, ai trapassi, alle atmosfere di Van Gogh, Monet, Wols, Lebrun, Redon, Ciavatta, De Chirico, Sassu, Mafai? Empiricizzare i valori assoluti significa cangiare il combattente in mercenario che a sua volta cambia la mercé vita in mercé pecunia. |