Dalla scarsa documentazione rimasta presso l'Archivio Generale dell'Ordine a Roma si è cercato di seguire gli eventi che portarono alla costruzione del sanatorio a Nettuno.(Documenti 11-12)
La convenzione fu stipulata nel giugno del 1889, tra la Congregazione di Carità di Nettuno presieduta da don Temistocle Signori e 1' Orsenigo e sono firmatari dell'atto anche padre Gasser (quale generale dell'Ordine) e padre De Giovanni (futuro fondatore dell'Ospedale di Benevento). La congregazione si impegnava a versare L, 300 mensili all'inizio dell'attività oltre una somma di L. 40.000 in vari anni come sussidio per la costruzione del nuovo sanatorio, inoltre gli venivano ceduti tutti i beni e le scarse attrezzature del vecchio ospedale.
Il comune di Nettuno nella persona del sindaco Stefano Grappelli si impegnava a conferire al frate 500 lire mensili per l'apertura di un ambulatorio e si impegnava alla fornitura giornaliera dell'acqua potabile. L'Orsenigo da parte sua si obbligava a costruire il sanatorio in due anni dotato {li 20 letti per uomini e a gestire una camera separata di 5 letti per le donne povere ed ammalate. A fronte delle 300 lire mensili della Congregazione, l'Orsenigo assicurava 1600 giornate di degenza, dopo tale tetto, ogni ulteriore malato costava alla Congregazione due lire al giorno.Tutte queste operazioni furono possibili con l'aiuto di ipoteche "incrociate" tra la Congregazione di Nettuno e l'Orsenigo, e il ricorso a vari mutui il cui pagamento sarà una delle cause di difficoltà gestionale dell'ospedale. Presso la Curia Generalizia dell'Ordine dei Fatebenefratelli sono custoditi con minuziosa precisione i conti, le spese e tutto quello che riguardava la costruzione dell'Ospedale.
Tra il 1890 e il 1891 si ritrovano in Archivio i vari contratti, gli acconti di pagamento e i saldi a favore delle varie ditte, per l'ingegnere costruttore Candido Vaselli, il falegname e l'ebanista Camillo Fantini di Nettuno (che ne ricavò una vera fortuna), il direttore dei lavori Ingegnere Enrico Paniconi, oltre ai muratori, ai carpentieri e agli stagnari. La prima domenica di settembre del 1891 si festeggiò la copertura con un pranzo al quale parteciparono circa 60 operai e che costò lire 110.(Documenti 13-14-15)
Un valente pittore Augusto Manfredi lasciò una testimonianza dell'Ospedale in un acquerello del 1891 oggi purtroppo smarrito.
La ferrovia che già dal 1884 collegava Roma a Nettuno passando proprio di fronte al Sanatorio costituiva un pericolo per le persone che dovevano accedere al mare. Per questo venne costruito nel 1892 un tunnel sotterraneo, eseguito dal sig. Picchioni, che poteva collegare il seminterrato dell'ospedale alla spiaggia, comunicazione ancora oggi esistente ma completamente abbandonata.
Annessa all'Ospedale vi era una farmacia, ad uso eselusivo interno come buona consuetudine dei Fatebenef'ratelli e successivamente aperta all'esterno per tutto il territorio di Nettuno e di Anzio.
Il 1 marzo del 1890 venne affidata alla gestione di un farmacista bresciano Luigi Pacchetti. Rimase sulla strada provinciale fino al 1975 ed attualmente è collocata in Piazza dei Cavalieri di Vittorio Veneto sempre con il nome di "Farmacia Orsenigo".
La Chiesa che l'Orsenigo aveva dedicato alla Madonna del Buon Consiglio era ubicata tra il corridoio dell'ospedale e la strada esterna con due aperture per poter essere frequentata anche dai fedeli non ricoverati in ospedale. L'architettura pressoché invariata fino ad oggi presenta una forma a croce greca. Su gli altari laterali spiccavano due enormi tele a destra una raffigurazione di san Raffaele Arcangelo con l'abito dei Fatebenefratelli, opera di un pittore nettunese Giuseppe Brovelli Soffredini (terminata il 13 ottobre 1902) ed a sinistra una Vergine che presenta il bambino a san Giovanni di Dio del Sozzi di cui esiste anche una copia all'ospedale di Benevento.Le tele sono oggi custodite presso la Provincia Romana dell'Ordine. Sull'altare maggiore di detta chiesa spicca ancora oggi l'immagine della Madonna del Buon Consiglio alla quale era dedicato l'Ospedale.
Da un dattiloscritto conservato presso l'Archivio generalizio a firma di un certo fra Augusto Carreto si parla di una vigna data dal Comune di Nettuno (non si conosce a che titolo) all'Ordine a distanza di 4 /5 chilometri dall'ospedale che tuttavia rimase passiva per molti anni senza ricavarne mai i guadagni previsti a causa di infezioni continue di peronospera e inoltre fu cause di continue dispute con l'Università Agraria.
Nel Regolamento del Sanatorio Orsenigo dei Fatebenefratelli in Nettuno le disposizioni generali trovate dattiloscritte a firma del padre Angelo De Giovanni (unico proprietario ed amministratore) presso l'Archivio Generale dell'Ordine dimostrano chiaramente come la gestione della Casa di Salute fosse molto simile ad un'odierna clinica privata. Dagli scritti del padre De Giovanni inoltre si evince la convenzione con la Congregazione di Carità e con l'Amministrazione Comunale di Nettuno, alle quali venivano applicate tariffe particolari per la degenza. Si potevano ricoverare solo infermi di sesso maschile con l'esclusione di pazienti affetti da malattie mentali o contagiose e l'accettazione era demandata al direttore dell'Ospedale. Alle donne era riservata solo una stanza per le urgenze poiché come spesso capitava all'epoca un altro ospedale era riservato alle donne nella vicina città di Anzio.
La retta giornaliera era di 3 lire per i ricoverati in sale comuni e 3, 5 per i casi chirurgici. La camera singola era fissata a lire 5 al giorno.La pensione poteva variare in aumento o in diminuzione secondo il genere della malattia, le esigenze e la condizione degli infermi. Il regolamento dell'amministratore prevedeva che la gestione della Casa di Salute "non aveva scopo di lucro", in realtà somigliava molto all'attuale sistema assicurativo privatistico americano imponendo all'infermo di pagare un anticipo corrispondente all'importo di circa 15 giorni con eventuale conguaglio finale. Tale deposito poteva essere sostituito dalla garanzia di persona solvibile o da una amministrazione pubblica o privata.
In mancanza di adeguate garanzie di pagamento l'infermo poteva essere respinto o congedato.
Il servizio sanitario era assicurato da un direttore figura di spicco dell'ospedale con le stesse attribuzioni dell'attuale direttore sanitario con compiti di sorveglianza su tutto il personale medico e paramedico, sul vitto, e con l'incarico di accogliere tutti i reclami fatti dai medici, dagli infermieri e dagli infermi e li trasmetteva subito all'Amministrazione che poteva prendere gli opportuni provvedimenti.il direttore doveva vigilare che gli infermi venissero trattati con "carità ed amorevoli premure" ma contemporaneamente era tenuto alla sorveglianza di disordini od insubordinazioni verso i sanitari (difensore dei diritti ma anche dei doveri del malato). Due medici-chirurghi, dovevano visitare due volte al giorno i malati e dichiarare "a chiara ed intelligibile voce le prescrizioni per i singoli infermi" il che veniva annotato in apposito libro. Non erano nominati eon contratto a vita né potevano avere diritti ad una pensione ma si ritenevano in servizio fino a discrezione dell'Amministrazione. Questo valeva anche per tutto il personale della Casa. Un infermiere capo, con mansioni simili all'attuale caposala e con mansioni di dirigente del servizio infermieristico, vigilava sul lavoro di un numero non ben precisato di infermieri, sul vitto, su i farmaci ecc. All'ingresso prendeva nota degli oggetti di valore e del vestiario dei pazienti che venivano consegnati al direttore, inoltre doveva essere presente alla visita dei sanitari e riferire eventuali fenomeni osservati.
Ad un farmacista competeva di preparare le medicine che venivano somministrate, la nomina spettava all'Amministrazione. Un cappellano era incaricato ogni mattina di celebrare messa nella chiesa della Madonna del Buon Consiglio "cappella dello stabilimento"., doveva somministrare i sacramenti ai malati, assistere i moribondi e accompagnare la salma dopo due ore nella camera mortuaria, indicando all'infermiere capo la data e l'ora del decesso. Era previsto del personale in guardaroba ed in dispensa per provvedere ad ogni esigenza sia di "casermaggio" sia di provviste con adeguato registro di carico e scarico.
Il segnale della campanella avvertiva il personale della Casa che era giunta l'ora della distribuzione del vitto agli infermi che avveniva alle ore 11 e alle 17.
Dal rapporto statistico del movimento degli infermi nell'Ospedale Orsenigo di Nettuno anno 1890 (archivio Curia Provinciale), ancora collocato nei vecchi locali dell'Ospedale dei Poveri, il medico dr. Norberto Perotti riporta i seguenti dati: "il numero totale dei ricoverati è stato di 163 unità, tra questi 139 vengono dimessi guariti, 7 migliorati, 13 morti e 6 sono ancora ricoverati.La mortalità è del 7, 9% contro una mortalità media degli Ospedali del Regno dell'11, 33%.Vengono ricoverate solo 7 donne ma anche se il dato è molto esiguo dimostrano una mortalità elevata rispetto agli uomini, questo probabilmente era legato al costume dell'epoca per il quale la donna si ricoverava in ospedale solo a malattia avanzata".
Le cause traumatiche (incidenti sul lavoro, ferite da armi) erano le lesioni chirurgiche più frequenti, mentre tra le forme mediche le infezioni malariche rappresentavano il 30% del totale dei ricoveri rispetto al 4% degli ospedali romani poiché il territorio di Nettuno abbracciava zone infestate dalla malaria come Conca, Campomorto, il Fosso dell'Intossicata, Femmina morta, Acqua puzza ed altri luoghi non certo salubri della Campagna Romana. La relazione si conclude con un augurio che all'apertura della nuova Casa Salute dei Fatebenefratelli si potranno ricoverare un maggior numero di infermi ed in appositi locali assistere con caritatevole cura anche i convalescenti di Roma. |