INTRODUZIONE
Poco più di 5000 gli abitanti di Nettuno agli inizi del 1900; 68 grotte, 600 nicchie e altrettante botti, con la potenzialità di produzione di 100 litri di vino per abitante.
Dalle 70 nicchie di Pirri Silvio, alle 30 di De Luca Giovan Battista, alle 22 di Bernardini Luigi, fino a 1 di Castroni Celeste.
In seguito si aggiunsero altre grotte superando forse quota cento.
Le grotte non hanno una datazione precisa: se ne fa menzione nel Rasi2 e i primi atti notarili risalgono al 1700.
Gli insediamenti e lo sviluppo delle attività umane sono condizionati dalla situazione geomorfologica di un territorio.
Così a Nettuno quasi tutte le case erano fatte con il Macco, estratto nel luogo che poi diventava abitazione e la cavità creatasi con lo scavo diventava la grotta, lavorata e rifinita con il piccone.
Un pozzo, una temperatura costante sui 18°, le grotte fresche d’estate e calde d’inverno; alcune intercomunicanti.
Immaginandole allineate sarebbe stato un percorso di circa due chilometri, mentre il materiale estratto accumulato in un’unica zona avrebbe formato una collina alta 50 metri, lunga 40 e larga 3 metri.
Le grotte, utilizzate per conservare la carne, il ghiaccio ma soprattutto il vino, divennero rifugio nel corso della seconda guerra mondiale.
Scavate nel Macco che ha una storia di due milioni d’anni. Il Macco duro ma anche tenero, permeabile e impermeabile, ricco di fossili, è stato ampiamente studiato da geologi, sedimentologi, paleontologi, che hanno prodotto un’ampia bibliografia.
Il Macco, utilizzato fin dall’antichità, è presente nella storia di Nettuno, Anzio ma anche di Tarquinia, Cerveteri, Civitavecchia, Canino.
2 RASI G.B., “Sul porto e territorio di Anzio” (Discorso Istorico), Pesaro 1832.