Dopo l'agitata epoca medioevale, che aveva bandito ogni idea di libertà e di giustizia dopo i procellosi tumulti del gagliardo Cinquecento sopravvennero ancora giorni d'incertezza e d'apprensione. II sentimento patrio soggiaceva all'egoismo e al tornaconto; alla ragione e ad ogni elevato idealismo, sostituivasi la forza e l'arbitrio; al bene pubblico l'oppressione del popolo. Feroci leggi penali inquisitorie abbatterono ogni principio di diritto e di sana giustizia.
82) LA CAMERA APOSTOLICA
L'autorità Ecclesiastica per diritto Pontificio, dopo la Riforma, concentrò in sé i poteri, comperando feudi e assegnandoli alla Camera Apostolica. Il dominio dei Regnanti da epoche remote, die origine al "Fisco"; e la voce Camera non significava altro che una Sede fiscale, che, oltre agli aggravi pecuniali, poteva imporre anche la scomunica. Nei Brevi e negli Editti, l'appellazione di Camera Apostolica si sostituiva, in latino, con quella di " Nostro Palatio ".
I Re egli Imperatori, con le loro donazioni e regalie ai Vescovi ed Abbati, trasmisero egualmente diritti di Camera o fiscali, di censi, tributi e condanne, da essi esercitati sopra i sudditi, vassalli, castelli e Città. I tributi, le gabelle, le condanne ed altre imposizioni appartenevano al Sovrano diretto. Questi ne assegnava una parte al Duca o Marchese, al Presidente della Provincia e al Governatore delle città per il decoro e dignità delle loro famiglie.
I ministri del fìsco furono molti. Essi erano deputati a raccogliere i tributi e tutti i proventi della Camera Apostolica; e si assommavano nei seguenti titoli camerlengo e Vice camerlengo, il Tesoriere generale, l'Uditore generale, nove chierici di Camerae, tra essi, il Decano, che esercitavano la presidenza dell'Annona e Grascia, delle Zecche, Armi, Acque, Strade, Archivi; il Prelato Uditore del Camerlengo, l'Avvocato dei poveri, l'Avvocato generale del fisco e Camera, il Commissario generale. Eranvi Commissari sostituti del Monsignore Procuratore Generale dal Fisco e Camera, i Segretari, i Cancellieri, i Notai ed altri impiegati camerali.
83) ACQUISTO DEL FEUDO DI NETTUNO
II Pontefice Clemente VIII (Ippolito Aldobrandini), mediante il prezzo di quattrocentomila scudi romani, acquistò da Marcantonio Colonna III, il Castello e territorio di Nettuno, i suoi uomini, la giurisdizione feudale e le proprietà allodiali. Convenuta tale somma, venne accettata dal Pontefice con Decreto Concistoriale e Istromento stipolato il giorno 23 Settembre 1594, previo assenso dei Cardinali.
I Nettunesi, costretti e rassegnati all'evento, consentirono, e si trovarono sottoposti all'immediata Signoria della S. Sede. Ad essi balenò la Operanza che il Papa avrebbe migliorate le loro condizioni: Lig; alla volontà ecclesiastica e sperando protezione, cedettero e trasferirono alla Camera Apostolica una certa quantità di terreno boschivo d'esclusiva pertinenza degli indigeni.
Lo stesso Pontefice Clemente Vili ne fa testimonianza nel suo Breve o Mandato papale del 15 Dicembre 1594 a favore della Comunità ed uomini di Nettuno, ove è manifesto che, a contracambio di tanta generosità, prometteva di migliorare il Castello col suo territorio e di restaurare il diruto Porto Neroniano o di edificarne altro in sua sostituzione. Trascrivo i punti più salienti del detto Breve dal testo latino.
84) BREVE DEL PONTEFICE CLEMENTE VIII
Ai diletti figli della comunità e Uomini della nostra terra di Nettuno Provincia Marittima
CLEMENTE VIII
" Ai Diletti figli salute ed Apostolica Benedizione: Avendo noi, da non molto, per consiglio dei nostri fratelli Cardinali di Santa Romana Chiesa, per il decretato e convenuto prezzo, conforme all'infrascritto Istromento, avanti il Decano dei Venerabili Fratelli nostri e Principi dell'Ordine e Cardinali e diletti figli del nostro Camerario di S. R. C. della detta Camera Tesoriere e Commissario Generale, per mano del diletto figlio Tideo di Marco Notaio della detta " Camera il giorno 27 Settembre prossimo passato del presente anno 1594 stipulato e acquistato a titolo di compera il Castello e Terra di Nettuno della Provincia Marittima con le sue fortificazioni e tutto il territorio suo, uomini e diritti da poco appartenenti al Nobile Marcoantonio Colonna Contestabile di Paliano Tagliacozzo e Regno di Napoli per noi e successori nostri Pontefici Romani Santa Sede e Camera Apostolica.Voi, pertanto nostri sudditi della Predetta Sede, che speriamo fedeli e devoti per favori e privilegi accordati...... E siccome da poco acquistammo il Territorio tutto del detto Castello ma quasi tutto boschivo e sterposo e come esiste, incolto, Noi riflettendo di poterlo in parte disboscare ed estirpare e ridurlo a coltura, a Dio piacente speriamo di fare, in modo di beneficare massimamente il pubblico e privato interesse di detta " terra e luoghi circonvicini; e perché abbondino di molto frumento e di tutto quello che umanamente necessita e in breve tempo " ne usufruirebbero in gran copia gli abitanti dello stesso Castello e perché questo accada al più presto e sicuramente per il commercio, ristabiliremo almeno in parte il Porto (Neroniano) dell'antica Anzio, non del tutto rovinato.. A quanto fu detto di disboscare e ridurre a coltura, assumendo noi l'obbligo e mantenendolo (cosa che prossimamente speriamo di fare). Voi che possedevate, fino ad ora, una certa parte di Terra e di Boschi, tale nostra proprietà la ritroviamo donata e unita a quella da noi acquistata, anch'essa da disboscare come la vostra che voi, privi di mezzi non potevate fare. Perciò quella parte di terra che voi da poco a noi e alla Camera cedeste e trasferiste allo scopo di disboscarla. Noi per nostro conto assumendo a nostre spese tutto eseguiremo.. Dato in Roma presso S. Pietro... il giorno 1 Decem-" bre 1594 del nostro Pontificato anno terzo ".
Le terre donate dai Nettunesi alla Camera furono di nibbi romani settecento. Tale generosa offerta rendeva lieti i terrazzani bramosi di migliorare le loro fortune mediante una coltivazione intensiva di cereali; industria che da remoti tempi fiorì sempre in Nettuno, granaio del Lazio. Ma le promesse non furono adempiute, né al tempo del Pontificato di Clemente Vili, né in quello dei suoi successori nonostante che le terre donate fossero sottoposte, come le altre, di proprietà della Camera al corrispettivo, per ogni nibbio di terra un rubbio di frumento, che avrebbero dovuto dare i coltivatori e loro eredi o successori siccome dettagliatamente è descritto al fine del soprascritto Breve. La trasgressione ai patti contrattuali da parte della Camera Apostolica, suoi Affittuari e Ministri, portò, di conseguenza, il giusto risentimento dei Nettunesi.
85) L'INADEMPIMENTO E I RECLAMI
L'inosservanza dei patti proveniva dalla Camera (Fisco) e direttamente dai suoi Ministri e Affittuari delle terre Camerali, i quali vessavano i terrazzani, facendosi sostenitori dei diritti baronali e, insieme, oppressori del popolo.
I Nettunesi, nel 1598, inviarono reclamo a Clemente VIII per aggravi e prepotenze a loro fatte dall'affittuario di quel tempo. Il Papa trovavasi in Ferrara per la presa di possesso della città dopo la tragica sorte del Duca Cesare d'Este, erede e successore di quel ducato. Ad appagare i desideri dei postulanti, incaricò il Cardinale Baronio, che, con lettera indirizzata ai Massari e scritta da Ferrara il 28 di Giugno 1598, dalla premura di S. Santità per i loro risentimenti,promettendo che li avrebbe " consolati " (sic). Ma ben altre preoccupazioni assillavano il Pontefice e i Ministri della Camera.
Grande scalpore difondevasi nel tempo, in Roma e nell'Italia per il sensazionale processo contro Beatrice, Giacomo e Bernardo Cenci, figli di Francesco, nobile romano; e lo stesso Pontefice era occupatissimo a studiare tutto l'incartamento del giudizio, eh 'ebbe termine con la condanna dei parricidi. I Ministri ecclesiastici, incaricati a tutelare gli interessi dei sudditi, invece dì prendere a curai loro giusti desideri, cercavano, con inganni, d'indurre il Papa ad emanare severe dichiarazioni. Spinto da tali ministri il 21 di Maggio 1599, per mezzo del Cardinale Maffeo Barberini, chierico di Camera (che fu poi Urbano Vili), inviò rigide disposizioni, dai Municipi chiamate " Barberina ", le quali come era a prevedersi, a nulla giovarono, ridondando invece, a maggior peso dei terrazzani.
L' animo dei Nettunesi era assai depresso; e il popolo affidò l'incarico di protestare a un cittadino, tal Paolo Segneri (avo del letterato nettunese), il quale, come capo della Comunità di Nettuno, con atto Consigliare del 23 Novembre 1599, deliberò, insieme con i componenti il Consiglio, il seguente ordine "... che si vada a Roma in popolo, ognuno a sue spese e per i vecchi si piglino i cavalli " (Archivio Comunale).
Il divisamente venne eseguito; ma l'esito, come era prevedibile, fu vago ed incerto giacché le angherie e le oppressioni proseguirono.
II Pontefice Clemente VIII, che non mantenne quanto nel citato Breve, in fine, scaltramente aggiungeva che il pane si dovesse comperare nel solo forno baronale. Soltanto si fece un'eccezione, apparentemente liberale a riguardo delle povere vedove Nettunesi le quali avevano licenza di vendere nelle pubbliche vie, il pane, a condizione che esso fosse confezionato con grano di lor proprietà.
Evidentemente, dunque, siffatta concessione, di fatto, era illusoria, poiché quelle misere donne non possedevano frumento dì sorta.
86) URBANO VIII
Altre cure distrassero i successori di Clemente VIII; cosicché, gli esternati propositi di riconoscenza non vennero adempiuti; e, con grave danno dei Nettunesi, la Camera Apostolica, per il corso di due-centosessantacinque anni, sfruttò, senza remora, la vasta proprietà delle terre donate.
L'interesse cittadino, essendo di continuo minacciato, si tornò dalla Comunità a proporre reclamo al Pontefice Urbano VII (Maffeo Barberini); e, nel 1624, s'invio la seguente petizione:
" Alla Santità Nostro Signore Papa Urbano Vili la Comunità et Pubblico di Nettuno Monsignore Tesoriere et Commissario che ne parlino
"BEATISSIMO PADRE
"La Comunità et Pubblico della terra di Nettuno,
Vassalli et Servi della Santità Sua con ogni umiltà l'espongono, come
l'Affittuario di detto luogo non vuole osservare il Breve della fel.
;mem, di Papa Clemente (VIII) fatto a quel Pubblico in servizio
delle povere donne e Vedove che per le grazie ricevute
conforme al Breve la Comunità donò alla Camera settecento
Rubia di Terra ed in detto luoco è male ammìnitrata giustìzia per
essere il Governatore nominato dall'Affittuario e anco un suo
fattore amministra il fiscalato, e questo è dopo la morte di un
Cittadino di detto luoco, che prima è stato sempre Cittadino, il
quale aveva una delle cose della Camera per l'interesse che eia
ha il Publico delle selve et ius pascendi, che oggi va ogni cosa a
male per non ci essere il Cittadino nelle guardie, et cura delle
Porte di detta Terra ci furono mandati li soldati così et per li pochi
rispetti, che portavano alle Donne ne furono levati e oggi ci
hanno messo i Cittadini in guardia di detto luogo e Sua
Eccellenza Prefetto Generale di S. Chiesa ha ordinato, che li
Pachi il Pubblico, essendo poveri, et non possono pagare, et non
meno la Comunità dona quanto aveva che con li scudi quaranta
che la Camera da al Governatore dell'Arma di detto luogo il
mese basterebbe a mantenere detti soldati senza altra provisione,
che si obbligano già servire in servizio di Santa Chiesa e del
Pubblico. Pertanto si supplica a ricorre alla Santia Sua, che a
nuovo Affitto di detto luoco che sarà al principio di 7mbre il
Governatore di detto luoco e Giustizia " dipende dalla Sacra
Consulta et non da un mercante.
Che il tutto siriceverà per favore e grazia della Santità Sua "
(Archivio Vaticano).
87) ANDREA SACCHI PITTORE
Nel secolo decimosettimo, Nettuno annovera, nella schiera dei sommi artisti della Pittura, Andrea Sacchi, che illustrò degnamente la patria.
Tra l'avvicendarsi di nubi tempestose in questa cerulea riviera sempre sorrise benigno il sole a confortare gli aspri travagli degli uomini, affranti dalla lotta quotidiana per vivere. In qualche domestico focolare puro e sereno si compiva il misterioso volere della natura e si maturavano i destini del genio. Se le miserie della vita assorbivano sempre più le energie, le contigenze tristi e dolorose non giungevano ad offuscare le menti
superiori, ispirate irresistibilmente dall'incanto di bellezze naturali, profuse per la gioia di ogni sguardo.
Nel seno delle piccole città, sorsero frequentemente germi di vita, di potenza, d'ingegno e di valore che, senza dubbio, conferirono vanto alla Storia della Nazione.
Tra queste brevi, privilegiate plaghe del bel suolo Italico, fecondo di spiriti eccelsi, può degnamente annoverarsi Nettuno. Nel novembre dell'anno 1599, ivi nasceva un eletto artista: il pittore Andrea Sacchi, notissimo nella storia dell'arte. Nacque da famiglia piuttosto agiata che, per i possedimenti goduti e per consone ragioni d'interesse, risiedeva in Nettuno. Dopo la morte del genitore Giacomo, però, il giovane Andrea, insieme con i fratelli, dimorò in Roma. Nell'eterna città studiò belle arti, perfezionandosi e, per il suo valore artistico, seppe cattivarsi la simpatia di nobili personaggi, i quali affidarono a lui esecuzioni di opere pittoriche pregevolissime.
Una lettera a firma di Giuseppe Sacchi, discendente di Giacomo, del 30 marzo 1719, sebbene scritta un secolo dopo, conferma che la famiglia, originaria di Nettuno, ebbe costante residenza in Roma, donde venne indirizzata ad un cittadino Nettunese, amministratore del patrimonio Sacchi la missiva stessa, di cui trascrivo il seguente brano:
"Sig.Pne mio Cm.o Giacché le sue molte occupazioni non li permettono di poter più accudire a colesti miei interessi, con l'occasione si porta in Nettuno per affari del suo Principale il Sig. G. A. Conti, ho addonato ad egli la total cura dei medesimi; per il che si compiacerà V, S. di restringere con il detto il conto di tutto l'esatto... Roma 30 Marzo " 1719 D.mo ed O.mo - Giuseppe Sacchi ". (Arch. particolare).
Il 29 Ottobre del 1608 Giacomo Sacchi, padre di Andrea, con istromento del Notaio Ferdinando De Battisti nominava un tal Domenico Banconi esecutore testamentario e lasciava un censo annuo di scudi sette a favore del Convento e Chiesa di S. Francesco in Nettuno, ove il detto Giacomo aveva una cappella gentilizia nella quale i religiosi, ogni anno, dovevano celebrare una messa secondo la volontà del testatore. Il legato è descritto in una lapide posta nella parte destra della Chiesa suddetta e, per primo, figura scritto il nome di " Giacomo Sacchi di Nettuno ".
Per documentare maggiormente la cittadinanza del valentis-simo pittore, riporto la seguente lettera di un cittadino Nettunese scritta da Roma nel 1772, ove parlasi anche di una Storia di Nettuno inviata dalla Comunità ad un tale Orlandi di Perugia, storico di quel tempo:
" Eccovi finalmente nell'acclusi fogli le memorie istoriche concernenti la nostra Patria chieste dal Sig. Cesare Orlandi e da cotesto Pubblico. Scuserete se ho tardato a trasmettervele mentre sono stati i motivi della tardanza moltissimi, perché è vero per quello che riguarda l'antico avevo di molto raccolto ma questo era tutto in latino, onde ho dovuto tradurre in italiano e metterlo in altr'ordine, per seguitare la traccia dell'Autore, come ho veduto nel suo primo Tomo che è uscito alla luce: per quello che riguarda Io stato moderno ho dovuto il tutto comporre di pianta, e notarvi il tutto minutamente . .... non potevo servirmi del presente segretario per non distrarlo dalle sue applicazioni. Come ve li mando son tutti scritti, come vedrete, originalmente di mia mano e li medesimi desidererei che fossero trasmessi al detto Sig. Orlandi.... Vi avverto che dove si paria dell'incamerazione di Nettuno fatta da Clemente Vili vi manca il millesimo onde vi prego di aggiungerlo il che sarà facile a voi di rinvenirlo nell'Archivio della Comunità. Cosi ancora se vi fossero note al tre notizie concernenti l'origine di costà dell'Ongaro e del Sacchi " potreste comunicarmele per aggiungervele e crederei che facendo qualche diligenza nell'Archivio, si troverebbe qualche cosa; io mi sono contenuto come mi ricordo benissimo intorno al Sacchi mi diceva sempre la b. memoria del nostro Sig. Nonno che egli era Nettunese che la sua casa era nel Limbo (una Vìa di Nettuno) e che egli l'aveva conosciuto e perciò 1' ho asserito francamente ...vi mando altresì la lettera per il Sig Orlandi da scriversi al medesimo dalli Priori che desidererei fosse scritto tale " quale è nel mandargli gli anzidetti fogli... Per altro crederei che sarebbe bene prima di mandarglieli farne fare una copia dal Segretario della Comunità o da altri per conservarla nell'Archivio... Datemi buone nuove e procurate di stare in buona salute in questi tempi stravaganti che non è poco star bene, e con salutar tutti resto abbracciandovi di cuore - Servo D.mo - Bartolomeo Soffredini ". (1772) (Arch. particolare).
Andrea Sacchi sentì potentemente la vocazione per l'Arte, e apprese con straordinaria facilità, la maniera degli artisti fiamminghi, informandola a una robusta tecnica della pittura ad olio e ad una scrupolosa e perfetta abilità nel disegno: pregi questi, che gli procurarono la deferente considerazione dei contemporanei e l'ammirazione dei posteri. Fu pittore verista; le sue opere furono sempre notate per la squisitezza della tecnica, per lo spirito creativo e la vivacità dei coloriti. Il suo capolavoro è la visione di San Romualdo, monaco Camadolese.
Questo quadro ornò, dapprima, la Chiesa di Camaldoli; ma fu, poi, sostituito con una copia, trasportandosi l'originale a Parigi. Fu poi restituito a Roma; e Pio VII lo fece collocare nella Galleria Vaticana, ove ammirasi anche l'altro di S. Gregorio Magno, dello stesso artista. II bozzetto del S. Romualdo conservasi al Palazzo Chigi.
La produzione del Sacchi non fu assai abbondante, ma i suoi lavori pregevolissimi bastano a dargli fama non peritura.
Dipinse in Roma nel Laterano, nella Chiesa dei Cappuccini a piazza Barbcrìni e in quella di Capo le Case, di S. Maria sull'Aventino e di S. Isidoro. Il Pontefice Innocenzo XII traportò cartoni pregevolissimi del Sacchi, dal vaticano al Quirinale; e vari altri disegni si conservono nel Palazzo Chigi.
Nelle grotte Vaticane, sopra gli altari, sono riprodotte, a mosaico, quattro opere del Sacchi, i cui originali adornavano la Cappella segreta Pontifìcia. Nel Palazzo Barberini si ammira il ritratto di Urbano Vili ; nella Galleria Colonna un quadro raffigurante Icaro e Dedalo; nel palazzo Sciarra Colonna una bellissima Madonna.
L'artista e cittadino Nettunese non volle lasciare la sua terra natale priva dei suoi stimati lavori.
Nella Chiesa di S. Francesco dipinse il quadro, che tuttora adorna l'altare maggiore. Si compone di quattro figure magistralmente disegnate e colorite; nel basso della tela si ammira la riproduzione simbolica del martirio di S. Bartolomeo raffigurata in una pelle umana. Le figure campeggiano su fondo in piena aria con lo sguardo volto alla visione della casa Lauretana con le immagini della Vergine e del Bambino, che, molto probabilmente, debbono essere state aggiunte in epoche posteriori, discostandosi per forma e per colorito dall'insieme del quadro.
Né, d'altronde, è supponibile una grossolana concezione anacronistica dell'autore in quanto che la leggendaria traslazione della S. Casa si attribuisce alla fine del secolo XIII sotto Bonifacio VIII
II ricordo lasciato alfa sua Patria, è stimato come un capolavoro, di sommo pregio. Il Sacchi manifestò in tale opera, potenza nel disegno e vigoria nel colorito. Meravigliosi sono gli scorci di S. Bartolomeo e S Giuseppe, mentre nelle altre due figure di S. Giacomo e S .Francesco notasi l'espressione mistica di una vita di penitenza e di sacrificio. Nella scelta dei personaggi del quadro, lasciando da parte i primi due come titolari della Chiesa, l'artista ha voluto riprodurre i santi patroni del fratello e del genitore: Giuseppe e Giacomo. Il Sacchi con un sapiente sviluppo di valori cromatici bene arricchisce la pittura delle sue bellissime composizioni. Tali opere si avvicinano a quelle dei grandi pittori delle Fiandre e della Spagna. Una costante ammirazione ed amore ebbero tutti gli artisti del seicento per la tavolozza ardente di Pietro Paolo Rubens e per la soluzione di problemi relativi alla luce dei quadri. L'arte del Sacchi è paragonabile a quella di Bernardo Strozzi. Genovese, i di cui quadri, sparsi nell'Europa, hanno in prevalenza fondi monocromi grigi ed azzurrini, impasto robusto di colori, vivacità e potenza straordinaria della forma e dei disegno. L'artista Nettune-se morì sessantaduenne, dopo aver creato meraviglie d'arte sublime, che esprimono il sentimento, l'ingegno spontaneo e giocondo di un'anima nata in questa solatia terra, ebbra di concepire e di serenamente creare.
88) EDITTI - BANDI - DIVIETI
Nel secolo decimossettimo, proseguivano ancora le fasi dolenti ed angosciose, emanandosi editti a base di prepotenza, con incessanti ed inique inibizioni. I tesorieri Camerali prescrivevano che si dovesse dar parte della cacciagione al Gabelliere, con l'obbligo di vendergli eziandio il resto se lo avesse voluto, con pena, se vi fosse stata repulsa, di scudi dieci e perdita del selvaggiume (Archivio Comunale). I sudditi vendevano, così, a prezzo irrisorio, per paura della pena comminata. Se qualcuno era sorpreso di avere, per se stesso, o per i suoi lavoranti, pane, che non fosse stato comperato nel Forno baronale veniva imprigionato col corpo del delitto (!) (Archivio Comunale).
Si proibiva di somministrare agli agricoltori il pane fatto dalle donne di famiglia. Tale prepotenza indusse la Comunità e i Priori ad esporre supplica al Sovrano trovandosi il paese " nello stato di ultima desolazione " (Arch. di Stato).
Bandi dei Tesorieri proibivano che nelle osterie del paese si cucinasse; e se vi si portavano cibarie, era vietato consumarle. La somministrazione del vitto a pagamento era un diritto riservato soltanto alla cantina baronale. Una lettera dei Priori e della Comunità al Tesoriere di quel tempo affermava che " pel timore del " bando sopra le bettole, queste erano state chiuse ed il povero " cittadino non poteva vendere una botticella ". ( Arch, Comunale).
Se avvenivano trasgressioni da parte dei bevitori, che domandavano o portavano da mangiare, i cittadini, per evitare le pene comminate nel bando, preferivano, con lor danno, di chiudere le taverne essendo per essi men grave iattura abbandonare la vendita del vino, che subire i rigori delle pene minacciate. I tesorieri Camerali, ad istigazione dei loro affittuari e per il proprio interesse emanavano di continuo editti e bandi in danno dei poveri. Il cittadino, perii divieto di poter dare in natura ai lavoranti usufruendo del proprio grano, non poteva economizzare sulle spese campestri, ripercuotendosi ciò in malaugurate crisi agricole. D'altro canto, i miseri lavoratori della gleba erano costretti a comprare a maggior prezzo il pane nel forno baronale.
Trascrivo letteralmente una supplica volta ad un tesoriere, in prova di quanto si è detto
" E.mo R.mo Sig. P.ne C.mo La benignissima propensione mostrata dall'E. V. a questa, povera Terra e la somma degnazione a noi usata quando qui avessimo l'onore d'umiliarci all'È. V. ci fanno arditi ricorrere alla valevolissima protezione di V. E, acciò si degni sollevarci dall' oppressione in cui presentemente giace tutto il Paese il quale si figuri l'E.V, vederselo tutto ai suoi piedi piangente ed implorare la sua autorevole mediazione presso Nostro Signore, acciò benigna niente rimedi ai nostri affanni. Sono questi a insofferibili a causa che ab immemorabili ogni abitante è stato solito dare ai suoi operai di seminati, Vigne ed altro a conto della loro pattuita giornata un grosso di pane casareccio il giorno, venne poi ciò proibito da Mons. Tesoriere ne ricorse a lui la nostra Comunità ed egli con sua lettera abolì d.ta proibizione.
In appresso si fece pure tal Bando, ma parimente ricorresi come sopra, ordinò che nulla s'innovasse e così continuassimo
" nel nostro pacifico possesso sino al presente giorno, a quando in oggi il moderno Affittuario insalutato ospite ha fatto eliminaimente procedere contro chi dava e riceveva il pane casareccio facendo carcerar moltissimi e formarne processo anche per Inquisìtioni il che è assurdo, e mandato tal a processo a Mons. Tesoriere ha ordinato questi che ogni inquisito paghi scudi 6 di pena come convenuto di fare per liberarsi dalle molestie et esecutionì. Pel merito maggiore di tal a affare resterà V. E. informato dall'esibitor di questa e dal nostro Curiale. Assicurando V. E. che se noi perdiamo tal Jus sempre da noi senza interruzione goduto, si renderà sempre più miserabile questo povero paese, bisognerà lasciare incolte le vigne et campagne. Però si degni V. E. aver di noi pietà, mentre noi e tutta la Terra pregherà l'Altissimo per a V. E, acuì baciando con profondissimo inchino la S. Porpora ci diamo l'onore di rassegnarci umilissimamente " Seguono le firme dei Priori e cittadini." (Arch. privato).
Tali sventure rievocano alla memoria i tempi di quel Vicario nell'immortale romanzo del Manzoni, quando
"i contadini lasciavano incolti i poderi e, invece di procacciare col lavoro pane per sé e per gli altri, erano costretti d'andar ad accattarlo per carità ".
89) PALAZZO DORIA PAMFILI
I tesorieri camerali, ammaliati dalla bellezza naturale del luogo, e indifferenti al pianto e alla miseria dei poveri cittadini, pensavano a fabbricarsi palagi e ridenti ville sul mare. Nel 1615 si costruiva in Nettano, dal Cardinale Bartomeo Cesi, un villino con prospetto sul mare, sull'attuale piazza Colonna, ove oggi sorge il Palazzo Doria Parafili.
Lo adorno di un bellissimo giardino ricco di piante e di acqua concessa dalla Comunità di Nettuno, " e tolta dal bottino che conteneva le acque per agitare la mola del paese " (Atti Notarili Giuliani-Nettuno). Acquistava, poi, il suolo per costruire altra villa, ricca di viali e parchi (terreno dell'Abbazia Colle di S. Nicola).
Nel 1648, il 30 Giugno Federico Cesi, Duca di Acquasparta, vendeva il villino edificato dal Cardinale Bartolomeo al Principe Camillo Pamfili, nepote di Innocenze X (Pamfili), e il Comune, nel 1651 concedeva egualmente al nuovo proprietario l'uso dell'acqua (Arch. Comunale). Sopra il detto villino, già Cesi, il compratore costruì sul mare, appoggiandolo alle mura di fortificazioni, l'attuale Palazzo, oggi chiamato Doria Pamfili. In esso ospitò Donna Olimpia Maidalchini Pamfili, anteriormente all'esilio intimatele da Alessandro VII.
Con la morte di Camillo, si estinse la nobile famiglia Pamfili I Doria, di illustre prosapia genovese, ereditarono il patrimonio, il cognome e molti terreni in Nettuno, in contrada Campoleone.
90) CEMETERIO DI S. MARIA DEL QUARTO
Un luogo sacro, di vetusta costruzione, ove si notano, scolpiti nei marmi, i nomi di agiate ed antichissime famiglie di Nettuno, tra le quali quella del sommo letterato Paolo Segneri, trovasi presso il Cemeterio di Nettuno, distante un chilometro, circa, dal paese.
Logoro e quasi diruto, nel 1619, il tempio venne demolito, e, sopra le rovine, si edificò l'attuale Chiesa con offerte dei Cittadini e per cura delle agiate famiglie del paese. La Comunità di Nettuno, con a capo il Priore Francesco Segneri, padre del letterato, deliberava di costruire un chiostro attiguo. Acquistato un terreno circonvicino dai fabbriceri Segneri e della Corte, di nibbi due, al prezzo di scudi duecentocinquanta (Istrumento 20 Febbraio 1622, atti Serangeli-Nettuno), venne innalzato il Convento per sette religiosi frati minori, detti Paolotti.
La Curia Vescovile Diocesana scaltramente ottenne che il Convento fosse abbandonato dai religiosi; dopo di che il fondo complessivo venne dato in enfiteusi per l'annuo canone di scudi cinque. (Breve 12 Giugno 1658). Ceduto, in seguito, ad altri, il Convento divenne un villino di delizie per alti personaggi e il tempio restò abbandonato. Un'iscrizione, che era posta nel detto villino, riferiva sulla detta cessione. Passò di poi, per retaggio, al Capitolo di Nettuno e i fratelli Fabio e Francesco Segneri, il primo, zio, e il secondo, padre, del sommo letterato, a proprie spese, riedificarono la tribuna della chiesa e ne lasciarono la memoria ai posteri con l'iscrizione che tuttora leggasi sopra il sepolcro del loro genitore. Il Comune, in seguito, ultimò la costruzione del tempio abbandonato, ponendo sopra l'ingresso Io stemma di Nettuno.
Dopo oltre un secolo, minacciando rovina, la chiesa fu ceduta al Capitolo di Nettuno dalla Curia Vescovile, con l'obbligo della conservazione al culto, della manutenzione e della provvista di suppellettili, conservandosi le stanze addette per l'eremita che, ivi dimorando, godeva pure di un piccolo orticello. In corrispettivo venne ceduto al Capitolo un credito e condonato il canone annuo di scudi cinque. Per molti anni il culto, nel luogo, non fu ripristinato e i patti della cessione messi in non cale. Soltanto nella metà del secolo XIX, il Comune di Nettuno, costruendo il cemeterio ove era il villino, riparò il tempio abbandonato, restituendolo al culto.
Nel 1622 la chiesa fu visitata dal Pontefice Gregorio XV (Ludovisi) il quale, come istitutore di molti cenobi, volle interessarsi anche di quello di S. Maria del Quarto, ivi recandosi il 20 Gennaio 1622. alcune lapidi rinvenute portano segnati i nomi di agiate famiglie antichissime di Nettuno, tra le quali quella Segneri.
91) I DIRITTI DEL PASCOLO E LE DIFESE
Nel vasto territorio di Nettuno "di seimila quattrocento nibbi romani " gravato dei diritti di pascolo e di semina, come dissi, parlando del secolo decimo-sesto, in località prossima al paese, vi era un recinto chiamato " le difese ", non accessibile al pascolo libero del bestiame, fatta eccezione per gli animali domati, e necessari alle coltivazioni.
Per avania dei conduttori generali e del signore Feudatario il pascolo del bestiame innocuo venne ristretto, non soltanto ma inibito, se non fosse pagata la relativa " fida ". La Comunità, nel 1680, rivendicò i diritti dei Cittadini e furono revocate le sentenze emesse. La Camera Apostolica feudataria, per riguardo ai suoi affittuari e ministri, si manteneva passiva, mentre, con cavilli s'imponeva la fida perché i Nettunesi si servivano del bestiame esotico per trebbiare il grano. Anche contro tal pretesa si ottenne sentenza favorevole e il bestiame da trebbia fu esente da la " fida ". Tutto questo irritava i ministri e gli affittuari, che, non potendo reagire, inducevano il signore del feudo a restringere il diritto del pascolo. La Comunità tomo di nuovo alla riscossa e dovette stare continuamente in lite, fino al secolo XIX (Albanese di Tribunale 1820).
Una lettera di Francesco Segneri del 1623, scritta, da Nettuno, al fratello Fabio in Roma, un'anno prima della nascita del letterato Paolo, fa testimonianza degli abusi perpetrati dagli affittuari di quel tempo. Si compone di tre lunghe pagine. Le avarie nella scrittura non permettono di poterla interamente decifrare. Nondimeno, posso addurre i brani relativi al tema in trattazione:
" Sig. Fratello C.mo ... et da questo esempio ci cominciorno ad entrare ancora capre et pecore di cittadini et di affittuari Forestieri concordandoli sotto mano con il sud. suo Parente ..et non è stato possibile che ci abbia potuto rimediare con tutto che ci abbia tenuto per un mese un guardiano pagato a mie spese perché se bene questo guardiano accusava li ladroni delli bestiami che ci tenevano nondimeno perché quest'accuse non si risanno quando il d. Affittuario dalla parte della Corte et delli danni dati sono d'accordo con il Governatore, non hanno fatto ne fanno conto delle dette accuse,mali lasciano accusare quanto vogliono et loro stessi li accusano qualche per non parere di averli accordati di maniera tale che non solo li mi bini se la passano malissimamente che si havevano più degli altri che ne hanno 4 o sei, ma pretendono di farmeli stare o che voglia o no, due giorni sono feci rimenare una punta di capre d'un fidato, non più presto furono arrivate prigione che ad istantia del Ministro dell'Affittuario lll.mo Governatore le volse far rilasciare con sicurtà di pagar la pena ancor che si comparisse et facesse istantia con uno dell'Affittuario delle difese che nel pene non ci entrava sicurtà ma che si doveva pagare nell'atto dello scarceramento ..Sicché sarà utiìissimo che mi pigliate l'una e l'altra inibitione che sarà beneficio delli Bini mi et sgravamento di queste genti cattive che più se li cogli più ardire pigliano nell'altre occassioni. Nett. 28 Gennaio 1623 - Vostro fratello Franco Segneri. " (Arch. privato).
Le doglianze espresse si riferiscono alle " difese " nelle quali, come dissi, non era lecito il pascolo abusivo del bestiame esotico e non da lavoro. Il Segneri aveva seminato nelle difese il lupino e l'orzo, ma, continuamente, l'affittuario Camerale, d'accordo col Governatore, immettevano e facevano immettere, perii lucro della " fida ", animali esotici ed indomiti, con pregiudizio alle bestie da lavoro e con danno alle semine degli agricoltori, che tenevano in affitto il terreno camerale.
92) PAOLO SEGNERI LETTERATO
Altra personalità che illustra Nettuno, per il poderoso ingegno e lo spirito ardente fu il sommo oratore Paolo Segneri, il quale completa la triade gloriosa che ingemma la città di Nettano, l'arte e la letteratura.
Il 21 Marzo 1624, all'inizio di una dolce primavera, il sommo oratore nasceva nel Palazzo avito, posto nella piazza che, da tempo, venne intitolata in memoria dell'insigne cittadino per il quale è in procinto di ricorrenza il terzo centenario. Ad eludere ogni dubbio circa l'antichissima origine della famiglia Segneri in Nettuno, accenno ai seguenti documenti consegnati nell'Archivio Comunale del paese. Da un processo di atri civili, per Domenico Manico, del 1558 si rileva che tal " Gentilesca ", figlia di Antonio Segneri, si trovò presente in qualità di teste; negli atti stessi si fa menzione di altri Segneri da tempo defunti e dall'incartamento si deduce, che la prelodata famiglia esisteva in Nettuno fin dal 1440 (Archivio Comunale di Nettuno)
In tutte le deliberazioni consigliali dal 1556 al 1601, ove intervenne Paolo Segneri, avo dell'illustre oratore, sepolto nel tempio dell'attuale Cimitero di Nettuno si leggono intervenuti or vino or due di questa famiglia (Arch. Comunale). 11 cittadino Calcedonio Soffredini, premuroso di notizie storielle del paese, nell'anno 1807, come rilevasi dai suoi scritti formò l'albero genealogico della famiglia Segneri, desumendolo dall'Archivio Segneri, da lui acquistato in Roma e trasferito, quindi, in custodia al Comune di Nettuno. Per le fedi di nascita per i contratti e ricerche genealo-giche accennate, si ha prova sicurissima che la detta famiglia fu oriunda da Nettuno. (Archiv. privato)
Notizie certe di essa promanano, fin dall'anno 1559. Il letterato ebbe a trisavo Andrea Segneri, il quale acquistò da Giovanna d'Aragona Colonna, il palazzo in Nettuno, già in proprietà del cugino di lei, Cristoforo Segneri. Bisavolo dell'illustre uomo, fu Nicola Segneri, defunto nel 1608.11 suo avo - come si è detto - fu Paolo Segneri, nato nel 1548 e defunto il 1623 e per padre ebbe Francesco Segneri, che nacque nel 1544 e morì il 3 giugno 1651 in Roma, ove ebbe sepoltura, nella Chiesa del Gesù.
Ultimi stipiti della famiglia furono Paolo Segneri, iuniore, e Vittoria nepoti del letterato. Quest'ultima si unì in matrimonio col
Marchese Nunez DeTotis, come rilevasi da' suoi scritti, e Paolo, pur esso fu religioso ed anche buon letterato. La famiglia si estinse nell'anno 1737.
Il Segneri ebbe un prozio, Bartolomeo, tenuto a battesimo dal principe Marcoantonio Colonna, e che divenne capitano di milizie, col titolo di Castellano delll Fortezza di Nettuno:
" All' Illmi " SS. Priori di Nettuno. Il Sig. Capitano Bartolomeo Segneri è stato " da me dichiarato Castellano di cotesta Fortezza et Andrea suo " figliuolo capitano di coteste milizie. Desidero che le S. V. passino " con ambidue detti ufficiali buona corrispondenza nelle cose che " spettano al servizio di N. S. E. Dio le contenti. Roma 4 Decembre " 1627 - al piacere delle SS. W. - Carlo Barberini " (Arch. privato).
Paolo Segneri, non ancora decenne, dimostrò una meravigliosa precocità d'ingegno. Nel collegio Romano molte volte, conversando con i piccoli alunni fu visto salire su tavoli e panche, donde improvvisava veementi allocuzioni scagliando all'occorrenza, libri contro i disturbatori. Si distinse subito per la sua spiccata intelligenza, nonché per l'acuto studio della lingua italiana e, specialmente, dei testi di Cicerone, di cui tradusse le opere migliori. Meditò lungamente sui classici, e, a, venticinque anni, tradusse la Deca della guerra di Fiandra, scritta da Famiano Strada, insegnante nel Collegio Romano. Adottò vocaboli ben appropriati esprimendosi in vino stile assai efficace, ben profittando dei validi insegnamenti avuti e largamente attingendo agli esempi della classica letteratura.
Dopo la metà del secolo decimosettimo, l'eloquenza italiana cominciò a risorgere all'antica maestà e bellezza, e propugnatore indefesso e sommo custode dell'arte oratoria fu, incontestabilmente, Paolo Segneri di Nettuno, soprannominato il Vecchio per distinguerlo dall'omonimo suo nepote.
Le opere ascetiche a noi lasciate tra le quali quella imperitura del "Quaresimale ", sono scritte con tal purezza di stile che per la maggior parte sono state stimate degne di essere annoverate siccome testi linguistici. Il Segneri arricchì il Vocabolario della Crusca, e, seguendo gli oratori Greci e Romani, adottò i loro metodi ad argomenti di carattere religioso. Stabilito il tema ne intesseva lo sviluppo dimostrativo, e con tale ordine e con tal chiarezza d'eloquio, da avvincere l'attenzione degli astanti, penetrati dalla profondita delle argomentazioni ed ammirati dalla varietà di figure e dalla vivacità delle immagini, onde abbelliva il discorso.
Inviato insegnante a Pistoia, ivi componeva il suo Quaresimale e, ultimatelo, fu udito, come predicatore dotassimo, sui principali pergami d'Italia. Il Pontefice Innocenze XII lo nominò oratore dei Sacri Palazzi e molti Granduchi desiderarono ascoltarlo.
La lingua pura, lo stile brillante incisivo costituirono i meriti peculiari di Paolo Segneri, che fu grande maestro dell'Italiana letteratura ed eloquenza.
Negli ultimi anni, diventò sordo, mentre si accingeva a venire nella sua diletta patria per godervi l'aria nativa, si ammalò e moriva in Roma a Montecavallo, nell'età di anni settanta.
I cittadini Nettunesi, e gli Italiani tutti debbono essere fieri di questa gloria nazionale. E, ben a ragione, il Perticali chiama il Segneri " Cicerone Italiano " e, in un discorso pronunciato avanti a, Pio VII, mentre creavasi in Roma una cattedra di classica letteratura Italiana, diceva:
" Di quel sommo Segneri il quale con facondia smisurata, non raccoglie acque, che piovono, ma sgorga interi fiumi da una spalancata sorgente; né con più veemenza si può inondare, scuotere, aggirare, rapire. "
93) RESTAURO DELLE MURA DEL CASTELLO -
ORDINI PER LA DIFESA DI NETTUNO E SUA SPIAGGIA
Era dovere di ogni Sovrano o Signore provvedere, nel proprio dominio, alla sicurezza dei sudditi e vassalli. Per le continue aggressioni e scorrerie di barbari e di pirati si richiedevano solide e ben munite costruzioni il cui mantenimento spettava ai feudatari. Nei frequenti passaggi di possesso di un feudo, le mura di fortificazioni, e insieme, tutti gli oneri e utili, che ad esso erano attribuiti, venivano compresi nelle vendite di proprietà feudali. Così avvenne per il feudo e Castello di Nettano.
Allorquando fu venduto dai Colonna al pontefice Clemente Vili, e, per esso, alla Camera, era ben munito e fortificato come è descritto nell'lstromento del 1594 "insieme alla detta Terra, la Rocca e il Fortilizio, palazzo, il porto e la Torre d'Astura ". La Camera feudataria, negli anni 1625-26 proseguì, secondo le occor-renze a restaurare le fortificazioni, ricostruendo il baluardo verso levante. 11 Generale Carlo Barberini, inviando ordini, descriveva la terra di Nettuno una fortificazione militare in perfetto ordine sorvegliata in diversi punti da sentinelle. All'ingresso del castello v'era il ponte levatoio, che veniva sollevato ed abbassato, a seconda delle occorrenze.
II restauro delle sue mura fu sempre argomento di rilevanti discussioni, che degenerarono in liti a danno di cittadini, a cui non spettava il mantenimento della difesa. Nel secolo XIX parlerò dì tale questione, che terminò con vittoria completa della Comunità di Nettuno.
Indicò al lettore le istruzioni e gli ordini, che si inviavano dai Commissari Generali ai Comandanti le Armi in Nettuno nel 1624, per la difesa del Castello e sua spiaggia, e che formano anche un quadro tipico della vita di que' tempi:
" Istruzioni al Capitano Lorenzo Benavermi per la Spiaggia di Nettuno avendo per la spiaggia di Nettuno 20 soldati corsi e otto della Terra per ogni sera, questi ultimi potrà valersene come le si dirà.
Alla porta ci basteranno li medesimi soldati terrazzani che dalla istessa Terra si pagano, facendo che per il corpo di guardia compreso tra la porta e li rastelli, la notte di dentro si tenga una sentinella che sarà il supplemento osservando che all'entrata di guardia ciascun soldato abbia le sue armi e munizioni.
Ordini che ogni sera si alzi il Ponte e serri il rastello di fuori e di dentro tenendo V. S. la chiave appresso di se, ne la faccia aprire da due ora di notte in su se non per causa necessaria e non per uso ordinario de Cittadini, ma la mezza notte passata fino al giorno chiaro a fatta prima la scoperta, non mai se non per cagione che il servizio della Santità Sua richieda più il valersene con aprirla che tenerla serrata e ciò dovrà bene avvertire senza altro riguardo che dell'ordine datole.
La soldatesca corsa cha sta alloggiata dentro Nettuno. ne impieghi sette alla muraglia dietro la Pizzicheria facendogli far per la sentinella il Casino come si è al Capitano F. Bartolomeo Segneri mostrato, tenendo in una stanza gli altri per corpo di guardia ivi contigua, che gli darà il pubblico, perché serva da guardare la parte di fuori del rastello e della porta, come che la scopre e fiancheggiar tutta.
Degli altri tre soldati corsi che restano, per dargli la muta ogni due sere e per giungere alla metà, ne cavi una Ronda, la quale vadi in molti aperti della Terra, che scuoprano il mare, e fino a giorno giri, queste due ore, osservando se sente alcun rumore, o sbarco per avvisarne il corpo di guardia della porta, e gli ufficiali pagati e di milizie alle loro case, ordinando alla Ronda ; il modo che in ciò dovrà tenere.
Ordini alli suoi caporali che ogni sera le diano la lista della gente di guardia e di quella di Quartiere, non comportando che alcun soldato pagato però resti fuori, e trovando altrimenti però
10 carceri, e dia conto subito se pure sino alla Corda non ricercasse subita dimostrazione.
Avverta che nel corpo di guardia della Porta tra li due rastelli, che non si giochi, se non mai lo permetta tra soldati ed
11 giorno solamente, la notte poi non mai Io permetta.
In caso d'arme farà che gli altri 10 soldati corsi ne vadino 5 al Torrione tondo vicino la Porta verso l'acqua del molino e gli altri alla Pizzicheria con la sua scala a piroli per potervi salire, se non potrà un modo più facile.
Ordinando agli altri di guardia al posto della medesima Pizzicheria che piglino le armi e guarniscono le muraglia per difesa della Porta e della cortina da muro di dritto loro, con questa soldatesca aggiunta sino al cantone verso la Fortezza.
Della soldatesca della milizia ne farà quattro parti, la maggiore di più numero farà che l'abbia il Capitano Bartolomeo Segneri il quale corre subito a rinforzare d'alcuni soldati la Porta, e gli altri si disponga nelle finestre del Palagio rill.mo Sig.r Card. e Borghese e che guardano fuori sopra la porta ( tuttora proprietà Borghese,) e dal lato verso il Torrione tondo sopra detto facendoli difendere ed osservare quanto occorresse.
L'altra parte di soldatesca si dia al Locotenente di Manco numero, acciocché con essa corra a guardar la parte del torrione del Mare che si fa di nuovo, e metta alcuni soldati sopra la loggia della casa di lello, e sopra di essa che sia, la quale fa cantone al mare vicino al torrione nuovo.
L'Alfiere con l'altra parte si mandi allo scoperto della casa di Gio.ni di Prospero e che metta alcuni soldati sopra lo scoperto della casa degli eredi Paris, di Paris ancora.
II Sergente con il residuo vadi entrando per qualche casa che abbia fenestre verso il mare, e disponga la sua gente divisa in più parti, perché possino dalle fenestre render servizio fruttuoso contro chi tentasse offender da questa parte.
V. S. anderà assistendo per tutto ordinando ciò che giudicherà miglior servizio e poi l'ordinario sarà nella parte più pericolosa.
Terrà aggiustate alcune persone le quali divise vadino somministrando le munizioni ne sudetti posti, e le armi a chi le ricercasse necessarie poiché a Lei delle med.e cose se ne data la bastanza di rispetto. Farà che si batta la spiaggia verso Astura, e dall'altra parte fino a Capo d'Anzo da sei soldati a cavallo divisi secondo la distanza per ciascuno, e farà alle volle riconoscerli se compischino il servizio, e gli farà la fede del tempo che servono acciocché possino esser pagati a suo tempo, portandosi bene.
Del suo arrivo dia avviso al suo mastro di campo subito e aggiusti seco il modo da tenersi per dargli presto avviso de bisogni oltre la diligenza di spedirgli persona a posta acciochè prestamente con il più numero de soldati possibile possi ancora soccorrerlo et aiutarlo, poiché se ne starà alla residenza in Velletri. Tutte queste commissioni et istrutioni in difetto ch'ella stesse ammalato o si trovasse per qualche servizio di N. S. fuori la notte dalla Terra, facci che Tesequischi et comandi il Capitano Segneri sud.o come egli è stato presente a vedere i posti e gli ordini saprà ben farlo, che però doverà bene istruirlo et dargli anche et conferilgli il tutto fino a nuovo ordine.
Si deputerà un soldato ad aprire e serrare la porta con le chiavi et dargli la sua paga mentre che serva però acciocché la fatica continua non resti senza ricompensa.
L'aggiunger diligenze al avertire ne sarà sempre lodata et si accrescerà riputazione et credito, et il trascuramento non che il tralasciar le darebbe i suoi contrari, pero adoperi la sua esperienza e destrezza nel maneggiar la soldatesca et in bene applicarla acciò che se ne conseguisca per il buon servizio di N. S. e per Lei quel che se ne pretende: Dato in Roma li 25 Maggio 1624 Carlo Barberini Generale di S. Chiesa ". (Biblioteca Corsini - da manoscritto).
Queste istruzioni descrivono alcuni luoghi e punti principali di fortificazione del Castello di Nettano. Per conoscerne, poi l'ordine e la posizione, gioverà leggere quanto appresso verrà descritto, circa le fortificazioni e loro funzionamento nel secolo XVIII.
94) DAL 1600 AL 1700
Le narrate istruzioni, date a qualche " Don Rodrigo " di quel tempo, venivano inviate in Nettuno dai nepoti di Urbano Vili (Barberini), odiati per le loro prepotenze a danno dello Stato Ecclesiastico. S'imponeva un enorme aggravio di gabelle, le quali non arricchirono punto la Camera, ma l'impoverirono. UrbanoVIII, dando autorità ai suoi nepoti, questi non abbandonarono il desiderio sfrenato di profondere oro e per lo sperpero di esso avvennero dure oppressioni ai sudditi dello Stato Ecclesiastico.
Dopo la morte di Urbano Vili i Barberini furono processati dal successore Pontefice, Innocenze X (Pamfili). Sotto il pontificato di esso, la Camera proseguì ad emanare gride e balzelli, secondo il volere dei suoi Ministri. Alcuni tesorieri, però, provvedevano a migliorare la condizione dei sudditi inviando ai Governatori locali ordini severissimi contro gli arbitri e le angherie degli Allìttuari Camerali.
Nel medesimo tempo Turchi e corsari infestavano le spiag-gie. Nel mare di Nettuno si lottava contro la ferocia dei barbari e le male gesta dei pirati. Le misure di sicurezza erano in parte, trascurate ed i viveri difettavano. I Nettunesi, costretti a comperare pane e viveri dal forno e dalla pizzicheria Camerale, trovavano i generi di prima necessità non solamente costosi, ma di pessima qualità.
Trascrivo alcune circolari e lettere inviate in quel tempo che fanno pensare al " second'anno della raccolta scarsa " nei Promessi Sposi " lll.mo Sig. Vìece Governatore - Nettuno - Cessando questi
" scirocchi compariranno costà le due Feluche di Civita Vecchia, per condurre via il Vascello a li Turchi, circa l'accomodamento delle Prigioni darò l'ordine necessario acciocché non segua più la fuga dei Prigioni - Quanto al pizzicarolo voglio che da lui si osservi quanto si contiene nei Capitoli né sta in arbitrio suo il dichiarar l'uso per li prezzi ma tocca bene a V. S. di far con l'intervento dei Priori. Lo scandaglio della valuta et a quella conformar il prezzo della robba e Dio lo feliciti - Roma 5 giugno 1646 - L. Raggio Tesoriere. "
" lll.mo Sig. V. Governatore - Qui acclusa riceverà V. S. l'ordine per risarcire coteste prigioni et assicurarle da nuove fratture. -Ho veduto il pane tanto bianco quanto basso che spiana cotesto fornaro et tutto mi pare di cattiva condizione V. S. lo castighi quanto egli vi difetti nell'avvenire. Invigili V. S. che si osservino dal pizzicarolo li suoi Capitoli puntualmente Roma 7 novembre 1646.
Sig. V. Governatore di Nettuno -Approvo tutti li rigori usati da V. S. particolarmente contro il pizzicarolo, contro il quale da Lei si invigilerà con premura straordinaria essendo egli solito e contumace a mancare al suo debito - Veggo ancora il pane migliorato, ma di più ordino a V. S. che lo faccia cuocere di vantaggio acciocché vengano staccate le pagnotte dal pan basso, et avverta ella, che per sua convivenza non si ritomi dopo pochi giorni al medesimo di prima, perché io non di altri mi lamenterei che di V. S. la quale ha da me ordini così espressi di usar rigore. V. S. la quale, bisognando a chi fallirà dia la corda irremissibilmente dandone in a Lei l'arbitrio mi avviserà successivamente quel che andrà facendo in queste materie - Roma 17 novemble 1646- L. Raggio Tesoriere. "
Al ritmo affannoso di un'esistenza d'angoscie e di stenti, sopravvennero ancora giorni funesti. Un'infezione pestifera cagionò numerosa mortalità di cittadini, e, per misure igieniche, furono distrutti importanti documenti e memorie Gli Archivi comunali e capitolari subirono un danno incalcolabile, di cui ne risentì l'interesse pubblico, con sensibile pregiudizio che suoi diritti e della Storia.
Nel 1656, l'Italia soggiacque al flagello della peste, importata dalla Sardegna a Napoli, dove maggiormente infierì. La comunicazione per mare al lido di Nettuno di legni e barche Napoletane propagò malauguratamente il contagio. Un marinaio, inosservato, per incuria dell'Autorità, portò il bacillo pestifero nel paese. Il Pontefice Alessandro VII fChigi), con ogni premura e provvidi rimedi, frenò in parte, a Roma, il flagello; ma, in molte altre città, esso dilagò. In Napoli perirono ottantacinquemila persone; in Roma circa vcntiduemila e, nello Stato Ecclesiastico, settantamila (Muraioli). In Nettuno, che contava soli 1200 abitanti, ne perirono la metà. L'assoluta mancanza di profilassi, la deficienza di medicinali e di mezzi per domare il morbo permettevano eh' esso imperversasse maggiormente. Il V. Governatore locale non poteva apprestarvi rimedio, e invano sollecitava soccorsi da Roma. Mancavano, traraltro mezzi di trasporto, disponendosi appena di qualche pesante, sconquassato calesse e di vecchi ronzini da cavalcatura. Lo squallore e l' abbadono dominavano il paese; e " tante " creature selvatiche portando in mano chi l' herba menta, chi la " ruta, chi il rosmarino et chi un'ampolla d'aceto " perivano.
Giunse finalmente un Commissario Governatore, inviato da Roma il quale trovò la popolazione decimata e cento malati d'infezione pestifera. S'inviavano relative istruzioni per provvedimenti profilattici, forse, a qualche " untore ", che doveva provvedere agli " apparitori e ai monatti "
" Istruzione al Governatore di Nettano per la peste accaduta l'anno 1656 - È V. S. inviato al Governo di Nettuno in tempo di tanto travaglio per quella afflitta Terra, che può dirsi affatto persa et desolata d'abitatori, mentre essi si sono ridotti a soli seicento mal vivi, e si confida molto della sua prudenza, applicazione et carità, che Ella sia per essere il loro sollievo, dirigendo bene l'espurgazione della medesima in conformità dell'istruzioni che se le consegnano. Doverà V. S giunta colà eleggersi una Casa delle vote di abitatori per sua abitazione quando non giudichi accertato abitare nel Palazzo della Camera (Palazzo Baronale) e nell'uno o nell'altro caso prima d'abitarvi dovrà farvi espurgare quelle con fuochi et profumi in conformità dell'istruzione che se li da per l'espurgazione delle case et non si vaierà per uso suo di materassi ne alcuna sorte d'imbiancheria del paese, ma d'altra portata da Roma e questa diligenza ella dovrà premettere per la preservazione della sua persona necessaria per la perfezione dell 'opera per la quale è mandato.
Questo eseguito et assicurato la sua persona con debite cautele ed espurgata la Chiesa matrice giusta l'istruzione che se le ne da, Ella dovrà riflettere subito senza perdimento di tempo ali 'elezione di quella parte della Terra della quale Ella giudicherà opportuno di dar principio all'espurgazione, considerando che sarà sempre migliore l'elezione di averla principiata da quella da dove sogliono spirare più frequentemente li venti nella presente stagione ad effetto che l'aria che spirerà non abbia ad infettare le case espurgate, passando prima per quel tratto d'abitazioni infette et sarebbe grandemente da considerarsi che nella parte dove si principierà l'espurgazione si trovasse il Forno e Spezieria, poiché da quelle si dovrebbe dar principio per mantenere al possibile quell'operai sani, et lontani da ogni infezione.
Fatta l'elezione, nella quale dovrà anche sentire col parere dei più pratici del luogo anche li sentimenti dell'Alfiere Giovanni Antonio Antici che si manda seco Commissario sopra l'espurgazione. Saranno le parti di V. S. pubblicare il dando di ordine della Sacra Congregazione della Sanità che se gli da concernente questa espurgazione et invigilare assieme all'esecuzione di esso con ogni rigore e nel medesimo tempo coadiuvare all'Alitici che darà principio con uomini all'espurgazione osservando l'istruzione che se gli sarà data sopra di ciò nell'adempimento, della quale ella insisterà, procurando però con ogni buona maniera per altro camminare con esso d'accordo.
È perché costi della pubblicazione del bando potendo essere che non vi sia mandatario o pubblico Balivo ne farà fare della pubblicazione rogito dal suo Cancelliere con testimoni e ne conserverà l'atto pubblico da lei fatto fare.
Nel medesimo tempo procurerà di sentire spesso nuove di ciò che operino gli altri operai destinati al di fuori a coprire li cadaveri sepolti nell'orto dei P.P. Francescani e solleciterà anche quel lavoro ad effetto che venga terminato quanto prima.
Ma perché sarebbe di uno giovamento l'espurgazione dell'abitazioni di quelli meschini, quando nel medesimo tempo non si procurasse la salute loro corporale et spirituale per quelli che Dio chiamasse a se, perciò si desidera che per quanto le permetterà l'angustia del luogo ella prontamente sovvenga loro con ridurre tutti gli ammalati che mi si suppongono Cento in luogo capace, distintamente gli uomini dalle donne et Putti, ma se non fosse possibile questa distinzione porrà assieme li Putti con le donne, e starà attento che loro sia provvisto a tutti di ogni necessario così di vitto, come di medicamenti e si vaierà perciò dell'opera di quei religiosi che si trovano costì portati dal Spirito del Signore Iddio per consegnare la vita loro in sollievo del prossimo, che però dell'opera loro e del loro Consiglio si potrà valere, massime di quello del P. Passelli che m'è parso che con lo Spirito convinga in lui Iddio Benedetto, una certa attitudine al governo, che può essere molto profittevole alla nostra intenzione Quando non li possa unire in luoghi separati, come dicevo, procurerà che sieno serviti nelle loro case al meglio, che si potrà sino che gli presenti opportunità di farlo.
Invigilerà però sempre con ogni attenzione, che così in caso che Ella abbia eletto di separare gli infetti da sani, facendoli curare in particolari lazzaretti come anche quando per non averne ella comodità o per altro rispetto, si facessero curare in casa, che non sia permesso, con quelli tali e con loro che ad essi servono attualmente alcun commercio, facendo a questo fine chiudere i lazzaretti con cancelli ponendoci alcuni custodi e le case con il solito bollettino della Sanità precettando gli abitatori a non praticare sotto pena della vita e questo oltre l'aver provvisto prima con bando particolare fatto la medesima pena, così a rinchiusi come a quelli di fuori di non trattare, communicare et non ricevere cosa alcuna da quelli che si troveranno rinchiusi così nelle case, come nei lazzaretti.
Non la dico cosa alcuna de soccorsi spirituali di Sagramenti che si devono dare a questi meschini poiché la carità di quei religiosi mi pare, che la possa sollevare da questo pensiero non lascio però di ricordarglielo perché possa almeno avvisarmi quando fosse bisogno di mandare altri per l'indisposizione di quelli che ci sono.
Ma perché grandissimo è stato il danno che si è ricevuto della poca cura della sepoltura data a cadaveri perciò procurerà ella che questa sia di fuori della Terra con fosse profonde e con supporre a cadaveri calce viva et poi coprire li medesimi di terra talmente che resti loro sopra alzata la terra per palmi otto almeno. S'avvertirà poi di non farli più seppellile nell'orto dei Frati Francescani così per non ritardare il lavoro di quelli che in quello travagliano alla coperta delle fosse antiche, come per non dare occasione a maggiori fattri con la massa di terra vicina a fossi già ripieni et quando non abbia altro modo di seppellirli, fare abbrugiare lì cadaveri con facilitarsi rabbrugiamento con la pece : che si è mandata a questo effetto.
Non con minor cura dovrà V. S. parimente attendere a, che la Terra sia provvista sufficientemente di viveri, che perciò ella invigilerà che da fornari sia fatto pane in abbondanza et di buona qualità, che da macellari sia provvisto de buoni carni e del pizzi carolo di al traroba concernente la sua arte, etprocurerà che tutti questi esercitino il loro officio con ogni giustizia et carità a morti sostituirà altri di abilità questa faccenda procurerà sempre di prevenire con avvisare a Mons. Tesoriere Commissario tutto ciò che li bisogni avvertendo nel ricevere le carni etaltre provigio-ni da Ministri di Monsignore o da altro, che si faccino dalli macellari, pizzicarci! et altri duplicate le ricevute per cautela di chi manda la roba, una delle quali farà dare a portatori et l'altra trasmetterà a Mons. Commissario e a me a Roma che la farò pervenire a Chi spetterà. L'istesso li dico intorno alla spezierà, sentendosi che per il passato sia stato in ciò grandissimo disordine.
" Con questa occasione devo avvertirla che, dalla Camera si è fatta certa distribuzione di pane, medicamenti et carni per li poveri del luogo più bisognosi con la sottoscrizione del Governatore ed altro religioso dalla ricevuta, quanto a medicamenti et quanto al pace et altro delli Priori e Governatori l'istesso continuando el bisogno si dovrà fare di presente ma con somma applicazione acciò che la Camera non resti defraudata et li benistanti soddisfacciano di quello riceveranno alla giornata et li artisti possino soddisfare a datori della roba il prezzo di quello che non si sarà distribuito et per il resto distribuito con le debite giustificazioni portarne debitrice la Camera che le doverà loro far buono et perciò farà bene che V. S. abbia pensiero di operare che questi tali vadino consegnando al Ministro che si deputerà dal Vice assistente Tesoriere della Provincia di mano in mano che seguirà la, consegna d'altra roba il prezzo della vendita.
Et perché la malizia degli uomini non resta sempre sradicata da cuori humani, ancorché abbattuta da sensibilissimi castighi dell'ira Divina, conviene perciò anche tra questi flagelli pensare con sollecita cura di evitare gli effetti delle sue inclinazioni. Perciò V. S. dovrà con ogni più attenta applicazione operare, che resti nel suo arrivo, chiuso l'archivio a pubblico della Comunità et quello resti ben custodito,con renderlo sicuro da ogni sottrazione di scritture riposizione di altre false per poi a suo tempo farne la purga dovuta.
L'istessa cura dovrà V. S. avere dell'espurgazione delle robe nelle case de particolari procurando che da espurgatori si ponghino da parte tutte le scritture ricevute libretti istruirteli ti che si troveranno in ciascuna casa separatamente, con involgere in un altra carta le medesime et sopra scriverci l'annotazione di chi elle sieno o in casa di chi elle siano state trovate et poi si riponeranno in casse a questo effetto destinate da, serrarsi in particolare stanza custodita con due chiavi una delle quali sarà presso V. e l'altra del Commissario dello spurgo per doverle purgare con più aggio et purgate consegnare a chi sarà di " ragione.
Et perché si desidera che il tutto si eseguisca con ogni puntualità et senza alcun ombra d'interesse s'impone a V. S.
strettamente et al suo Cancelliere di non ricevere dagli abitanti o altri ministri cosa alcuna così per pagamento di sportule, decreti absolutorie inveii tari come di qualsivoglia altro titolo tanto in cause civili che criminali, ma debba il tutto fare gratis et senza alcun premio et di questo sappia che se ne domanderà stretto conto essendo punto di grandissima premura per la buona direzione di quanto si averà da operare.
Questo è quello che ali 'infretta mi è occorso di raccordare aV.S.in questa, sua missione.AlIa giornata si anderà suggerendo quello più occorrerà mentre a molte cose credo che sarà per provedere V. S. con la sua applicazione et prudenza. In tutto prego V. S. dal Signore Iddio la conservazione della sua salute e quello spirito di carità verso Dio et il prossimo che si richiede in si santa opera alla quale godo di vederla, accingere con tanto coraggio el confidenza nella bontà divina, che non posso solo presargirgliene prospero evento del quale ne riporterà la dovuta ricompensa della somma clemenza di N. S. il quale amando et compatendo il travaglio di questo popolo riguarderà sempre con gratitudine l'operato da Lei come si opera con prudenza et applicazione. "
(Da un manoscritto della Biblioteca Corsini).
Circa gli ultimi anni del decimosesto secolo, non si conoscono, per Nettuno, notizie di certo rilievo, difettando memorie ufficiali. Sommariamente, da privati scritti, si può dedurre che il tenore di vita dei pochi cittadini scampati dal flagello, non fu certamente gaio e allietato da rosei eventi, poiché non cessavasi dall 'imporre bandi e misure draconiane, in oppressione dei miseri vassalli.
Con editto del settembre 1664 del tesoriere di Camera Nerio Corsini, si ripristinarono privilegi ed abusi. Alessandro VII, in parte, cercò di mitigare le aspre condizioni, in cui versavano le sudditanze, apportando riforme al governo e alla Magistratura dello Stato Pontificio.
Nel 1667, essendo papa Clemente IX (Rospigliosi), venne abolita la gabella del grano, specialmente per i poveri, e si provvide contro la pirateria Turca. Clemente X (Altieri) (1670) seguì le direttive dei predecessori, e procurò di alleviare gli oneri; ma il saggio suo divisamente, in pratica, venne a cozzare in ardue difficoltà, essendo la Camera carica di debiti per i capricci dei Ministri di essa. (Muratori).
Riforme si ebbero anche in Nettuno.
Ad esempio coloro, che aspiravano ad assumere il Segretario della Comunità, dovevano riportare, con documento redatto da notaio, l'approvazione del popolo, specialmente riguardo i requisiti morali. L'atto veniva sottoscritto dal Governatore, da ecclesiastici, professionisti e da un rilevante numero di popolani di ogni condizione.
Trascrivo il relativo documento:
" Noi sottoscritti Cittadini, Consiglieri et habitanti di Nettuno facciamo piena et indubitata fede per la verità mediante il nostro giuramento qualmente il Sig... et nostro Cittadino mai ha dato scandalo in questa nostra terra né commesso mancamento alcuno ma ben si attestiamo fedelmente che sia giovine honorato et esemplare et modesto in tutte le sue operationi, le quali Io sostiengano Segretario di questa nostra Comunità che fu accettato del Pubblico Consiglio plenis votis et viva voce da due anni in circa che se havesse dato ciò sospetto di qualsivoglia mancamento sarebbe a qualche d'uno di Noi stato almeno manifesto stante l'unione et poca quantità del luogo che giornalmente si vedono le sue vere etbone qualità et per approbbatione di nostra propria mano in forma che è quanto in causa scientie in fide Dato dall'Università per Nettuno li 6 agosto 1696." (Archivio privato).
Seguono le firme del Governatore e di oltre settanta cittadini; infine la formula Notarile con forma e relativo sigillo, il visto del Cancelliere e il bollo della Comunità di Nettuno.
Sul finire del decimosettimo secolo, ministri e dignatari della Corte Pontificia, attratti dall'ameno soggiorno di Nettuno, ambivano di fissarvi dimora.
Il decano di Camera, Cardinale Giombattista Costaguti, nel 1674, costruiva un ricco edificio nei pressi ove era l'acropoli dell'antica Anzio. L'edificio, tuttora esistente, chiamasi Villa Bell'aspetto. Lo stesso Cardinale, proprietario di un ricco museo, donava al piccolo tempio del Cannine sito avanti al Duomo di Nettuno, un' artistico timpano marmoreo, con relativa comice che poggia sopra colonne, edè adorno di finissimi fregi, di puro stile del secolo decimosesto. Non è da escludersi che possa attribuirsi al
Sansovino, essendo opera di molto pregio, certamente degna d'un seguace delle orme possenti del Buonarotti e del chiarissimo allievo di Andrea Contucci e Minio da Fiesole. II Sansovino perfezionatesi in Italia, avendo attìnto largamente alle pure tradizioni del quattro cento, die alle sue opere un senso di spontaneità e dolcezza, loro infondendo uno spirito profondamente vitale; il che solo è possibile agli eletti artistici, i quali, fin dai primi anni, educarono se stessi a degnamente rappresentare il bello. .
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