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NEPTUNIA
di G. BROVELLI SOFFREDINI

a cura di
OSCAR RAMPONE

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1 - EPOCA PREISTORICA


Le tenebre della primitiva civiltà, sono rimaste pressoché impenetrabili alle ricerche antiche e moderne. Poche memorie rimangono, a noi tramandate da storici, de' quali molti libri sono periti.
Nel decorso dei secoli, varie, meravigliose opere umane scomparvero distrutte talvolta da catastrofi, tal'altra, da cause naturali, oppure anche dall'insano furore dell'uomo. Di esse opere, sovente è cancellata o nascosta ogni orma; e ne appare confusamente, ormai, soltanto qualche traccia ambigua, attraverso remote, saltuarie tradizioni.
Gli studi per rintracciare antiche città distrutte attraggono oggi l'interesse e la curiosità di persone dotte, le quali, per deserte valli e regioni, non ancora violate dal turbinoso flutto del tempo, si affaticano a ricostruire l'origine delle antiche abitazioni dei nostri padri, i loro costumi, la loro arte, le loro condizioni biologiche.
A diradare il denso velo di nebbie ignote sono attratte le menti colte degli archeologi. Non curando disagi e perigli, questi spiriti eletti, votati alla scienza, si curvano a scrutare nei vari strati del suolo, donde attendono un verbo, un segno qualsiasi, rivelatore di verità. E il piccone scende cauto; e le mani s'insanguinano fra ruderi oscuri o tra le mozze colonne, avanzi di antichi templi, eretti dai pionieri della civiltà.
Nuovi studi archeologici hanno potuto ricostruire epoche, regioni e luoghi di tempi preistorici; dall'età paleolitica all'età dei metalli, dalla quale s'inizia un periodo di tradizioni ormai accertate. Vairone chiama incerta, oscura e favolosa la maggior parte di quanto si riferisce su fatti accaduti prima delle Olimpiadi (750 a.C. ).

 

02) TRADIZIONE STORICA
DI DIONISIO DI ALICARNASSO

Dionisio di Alicarnasso, storico Greco vissuto 400 anni dopo Erodoto, fiorì in un secolo illuminato. Scrisse durante l'impero d'Augusto. La sua autorevole opinione circa le origini Italiche era, ed è, da ritenersi degna del massimo credito. Lasciò una storia accurata di luoghi da lui visitati e descritti.
Parlando dell'Italia (lib. 1), circa l'immigrazione dei popoli, che primieramente abitarono le coste Tirrene; enumerati i vari nomi attribuiti alla nostra penisola dai primitivi abitatori, asserisce, che fu definitivamente denominata Italia ed ebbe i suoi primi termini: " da Neptunia, città edificata sul lido del mar Tirreno, a Taranto". Lo storico bolognese, Leandro Alberti del Sec. XVI, nella sua descrizione di tutta l'Italia (Ediz. 1596), chiaramente manifesta la detta tradizione di Dionisio. Descrivendo i confini d'Italia, così si esprime

" Ritrovo havere havuto ella (Italia) diversi termini et confini secondo l'occorrentia de'tempi (oltre i sopra nominati) poi che Ella è stata nominata Italia. Furono primo consigliati i termini a quella (secondo Dionisio Alicarnasso lib. I) da Nettunia (edificata sopra il lido del mar " Tirreno) a Taranto"

II nome Italia, che, al parere di storici, è dichiarato di origine mitologica, prima di addivenire l'appellativo di tutta la nostra penisola, lo era stato di una parte di essa, cioè la meridionale. Nel V. sec. a. C. allargò la sua zona; al cadere della Repubblica Romana lo ebbe esteso ai confini naturali della regione; indi Augusto divise l'Italia in undici regioni. Chiaramente l'Alberti (assertore dei nostri sacri confini) dice:

" Ultimamente fu chiamata Italia tutto il resto di questo paese cominciando dal fiume Varo et seguitando l'Alpi Cotie, il monte Adula,!'Alpi Retie et altre simili montagne infino all'Arsa, fiume termine deH'Istria, da questo lato e dagli altri il mare Adriatico, il Golfo Ionio, il mar Siculo, il mar Tirreno et Li gustico, come dimostra Polibio, Tucitide, Strabene, Dionisio d'Alicarnasso, Dionisio Afro, Catone, Sempronio, Plinio, Pomponio Mela, Caio Solino, Tolomeo et altri scrittori ".

Un autore così erudito, il quale cita una sì eletta schiera di chiare testimonianze, non lascia dubbio sulla grande coltura e sicurezza di notizie. Egli conferma in seguito, parlando di Roma, la detta tradizione di Dioniso:

" Vero è che se da lungi vorremmo investigare, ritroveremo etiandio la fabbrica della terza Roma, molto più antica di quelle due di sopra rammentate, la quale fu edificata molto anni avanti che Enea co' Troiani passasse in Italia, come chiaramente dimostra Antico Siracusano, antichissimo scrittore, quando dice che essendo Italo molto vecchio, il quale tenea l'Imperio d'Italia (i cui confini erano in quei tempi, da Taranto e Nettunia, citta marittima) pigliò il governo del " Reame, Morgetto (come parimente riferisce " Berofo Caldeo nel V. libro delle antichitati) ".

Si conferma la detta tradizione quando l'Alberti descrive la città Neptunia e dice
" II Castello di Nettunio, anzi ristorato dalla nobile famiglia dei Colonnesi.il quale già fu termine d'Italia da questo lato cominciando) da Tarante, secondo Dionisio Alicarnasseo nel primo libro (come già dimostrai) da lui Nettunia detto.."

Per amor del vero, devo far conoscere che, solo l'Aw. Soffredini nella sua storia di Nettuno (1879) ne tenne conto, così accennando in merito alla tradizione in oggetto di esame:
" Scrive Leandro Alberti che la terra di Nettuno sia menzionata da Dionisio d'Alicarnasso e che. per conseguenza, essa può essere considerata come una delle antichissime abitazioni dei nostri padri, o contemporaneamente al dominio dei Romani o antecedentemente ad esso, fondata. Cotesta opinione, potrebbe sostenersi osservando che in quello, ove era il porto Cenone, esisteva eziandio il Tempio di Nettuno, donde si disse, probabilmente Nettunia ".

03) INDIZI DI PRIMITIVI POPOLI TROGLODITI

 

Merita tener da conto, quanto prosegue a dire l'avv. Soffredini, riportando un'affermazione dello scrittore Blondus (Biondi) sul principio del secolo XV riguardo a Nettuno:
" Mi meraviglio che Plinio non faccia menzione affatto di quello che io credo, da che mondo vi fu. perché, essendo gran popolo quel di Nettuno, non visse altro che di caccia, di pesci, di uccelli, di fiere.."

Una tale asserzione comproverebbe che gli antichi popoli, sopravvenuti nel territorio di Nettunia, non si adattarono a mutare le avite usanze etniche, tenendo fermo il retaggio dei lor costumi venatori.
Vengono descritti dal Biondi come genti emigrate forse dalla Libia, forse dalla Fenicia, o da. altra parte Asiatica, e che abitavano in caverne o grottoni, quali trogloditi. Tal vocabolo equivarrebbe, nell'idioma locale, a " cavernieri o rimbucati. "
Vestigia di simili caverne non mancarono nell'antico Lazio, e, come archeologi insegnano ve ne furono abitate, da Sicani, Enotri e Pelasgi, carnivori, ittiofagi, forniti di coltello, e di ascie di selce, con le quali, a guisa di piccone, incavavano, nell'interno, il masso caldareo.
Nelle lor tane si ritenevano sicuri contro l'incursione di nuove colonie, che potevano, probabilmente, giungere ai lidi d'Italia, in cerca di patria nuova.
Allorché i primitivi Pelasgi cominciarono a rinnovare il culto del Sole come visibile divinità, raffigurata dagli Egizi nel dio Osiride, le caverne dei trogloditi furono abbandonate; dai profondi antri presero allora a udirsi oracoli spaventevoli; nella notte misteriosa, apparivano ombre di morti e si profetizzavano eventi e rivelazioni per l'avvenire. Ornerò, nell'Odissea conduce il figlio di Laerte a interrogare, in tenebrose caverne, l'ombra del famoso indovino Tircsia; attorno ad esse fa sorgere la densa foresta di Proserpina e vi fa nascere i fiumi infernali di Cocito e Flegtonte, descrivendo il vorticoso e denso fumo, misto a solforosa nebbia del lago d'Avemo. Virgilio, nell'Eneide, conduce l'Eroe a consultare la Sibilla Deifobe, che dimorava nella caverna di Clima. In tali spaventose grotte si svolgeva la convivenza umana; nella tetra oscurità di quei ricoveri, la famiglia, dimorava, cibandosi degli animali uccisi in caccia col coltello o la cuspide vibrata, di selce.
Tali indizi di vita preistorica - vita di lotta dell'uomo allo stato selvaggio - appaiono in tutto il territorio del Lazio; dall'ascia alla lancia di selce; età paleolitica e neolitica; ed anche in questo litorale sono state rinvenute, sporadicamente, piccole ascie di pietra, come pure frantumi di vasi neolitici precorinzi, pasta vitrea ed altro materiale importato dall'Oriente.
L'archeologo Nibby, parlando dei grottoni in Nettuno (volgarmente denominate " Groltacce " e site verso levante del Castello) asserisce che le grandiose rovine " in parte sono di opera incerta " tale opinione da motivo di poter indurre essere state preistoriche grotte o caverne di un popolo primitivo troglodite.
Simile ipotesi può attribuirsi a quei grottoni, di cui qualcuno tuttora esiste, sotto il Belvedere, in Nettuno. Ve ne erano parecchi, abbastanza profondi, lungo il pendio sul mare, per tutta, la zona, sino alla Villa Costaguti. Recenti fabbriche ne hanno distrutta l'esistenza, la memoria.; " Neptunia ". 2
E si può anche ritenere che nella Terra Nettunia, in epoca preistorica siano sopraggiunti altri abitatori, per il fatto che la città fu sul mare e fu termine d'Italia.
Spopolate le caverne e gli antri dei trogloditi, forse appartenenti a sole poche tribù particolari, sopravvennero altri abitatori i quali, come in altre località dell'antico Lazio, edificarono antichissime città. I popoli, che emigravano dall'Oriente, partivano da importanti centri; e espertissimi navigatori, con navi e zattere, scendevano ai nostri lidi, prescegliendo luoghi ameni, selvosi, di aria purissima, ricchi di acque e di pascoli. Non appena giunti. Si adoperavano a gittare fondamenta di muri, e con essi, formavano la cinta, che chiudeva la nuova città. La maggior parte degli antichissimi popoli del vecchio Lazio litoranee viveva lungo la marina, ed era spinta a costruirvi città, i cui nomi - secondo gli storiografi -denotavano origini fenicie.
Nessun giudizio, fondato su qualche apparente ragione, possiamo addurre per conoscere quale gente sia sopravvenuta per prima ed abbia eretta la città Nettunia. La tradizione di Dionisio fornisce un indizio semplice, ma non certamente favoloso. Quindi deve essere esistito sicuramente, un' antico popolo, che edificò la città Nettunia; e per tale ragione ho creduto, esegeticamente, esprimere un'opinione, nutrita con fede, non certo infondata.

04) L'ANTICO LAZIO
NUOVE COLONIE EMIGRATORIE

Anzi tutto, dirò che Nettunia dovette essere stata edificata sul litorale dell' antico Lazio, e fu prossima al Monte Circeo, col quale ha una certa relazione storica, li primitivo Lazio (secondo Plinio e Strabene) si estendeva dalla sponda del Tevere, a partire dal mezzogiorno, fino al Monte Circeo (Circaeum promontorium). Le remote genti, sospinte da avida brama di giungere a popolare nuove terre, quasi vuote di abitatori (come era il vecchio Lazio) furono gli aborigeni o autoctoni, i quali avevano appena le sembianze umane e menavano vita silvestre ed aspra. Questi esseri zotici non avranno certo edificato Nettunia; ma, nelle posteriori emigrazioni, sopravvenendo nell'antico Lazio (secondo Dionisio e Tucitide) i Pelasgi e gli Arcadi, questi s'imposero agli aborigeni e si mantennero nei luoghi occupati fin quando le lor città resistettero a nuove colonie emigranti. Tali popoli, però, divenuti ospiti, con la loro civiltà orientale, dirozzarono gli autoctoni, e dalla vita selvaggia di pastori di armenti, li condussero a, più evoluti costumi,istradandoli verso l'agricoltura, l'arte, la civiltà e il lavoro. Varie furono le stirpi dei Pelasgi, sopravvenute in Italia.
I Fenici, popoli semiti, navigatori e pirati, mercanteggiarono nell'antico Lazio e Campania, finché non furono sopraffatti dall'influenza Etrusca. Una certa analogia rilevasi fra i due nomi Pelasgi e Fenici. Il nome dei primi si traduce in " dispersi " e l'altro, poco differisce, significando " erranti, fuggiaschi " Si può ammettere l'opinione che i Fenici fossero stati i primi fondatori di Nettunia; essi aspiravano al dominio del mare e, a tale scopo, fondarono città sulle coste, per essere liberi di poter navigare e partire rapidamente. Fioriva contemporaneamente la civiltà Fenicia - Cartaginese, potente sul Mediterraneo e anche sulle coste Tirrene. Appariva la civiltà degli Etruschi; anch'essi esperti navigatori e corsari. La loro influenza si propagava dal centro, tra il Tevere e il Tirreno, presso l'antico Lazio, fino all'Italia superiore. Venne poi la civiltà Greca che scacciò i Fenici dall'antico Lazio, diventando padrona dell'Italia meridionale. Sorsero così città di una straordinaria bellezza, costruite su riviere marine. Alla civiltà cilena sopravvenne Roma con le sue colonie, che erano numerosissime, secondo le tradizioni di Dionisio, di Livio e di Virgilio.
Quali popoli abbiano fondato Nettunia è un fatto ignoto; ma la sua origine è certa, fin dai primordi d'Italia. Forse quelle primitive famiglie erranti come i Fenici, approdando, formarono in questo lido la loro dimora, poiché, da esperti nocchieri, dirigevansi alle più belle coste marittime, costruendovi città. Nel decorso de' tempi nuove genti, salite ad alti gradi di civiltà, giunte al mare di Nettunia, ivi ristettero.

05) TEMPIO PRIMITIVO DEL DIO NETTUNO

I popoli orientali, che emigrarono dalle avite contrade, preparandosi a cercare nuove terre per quivi dimorare, non si dipartirono dal desiderio di far rivivere i propri culti leggi ed usanze, rinnovando, nel volontario esilio, il nome della loro città. Avendo vicino il mare, ad esso si affidavano, intrepidi e audaci; approdando, popolarono le costiere marittime, insieme cogli abitatori, che quivi trovavano, e ricacciando sui monti quelle genti, che si opponevano.
Se nella patria, da cui dipartirono, eranvi templi o altri singolari edifici, per amore al suolo natio e memoria della stirpe, perpetuavano nelle nuove città gli appellativi, già altra volta usati per illudere dolcemente l'animo appassionato dall'abbandono della terra natale.

È cosa certa che il nome della città Neptunia ebbe origine da un tempio dedicato a Nettuno, dio del mare.
Il Nicolai afferma che le città assumevano il nome, o dai templi o da pian te, o da ammali, che ivi si fossero ritrovati. Il tempio di Nettuno era edificato sul grande scoglio in riva al mare, ove ora s'erge il castello medioevale circondato da torri e da bastioni.
Tale testimonianza è ben confermata. Per primo il Nibby, nella sua analisi storico - archeologica dei dintorni di Roma, dice: " quanto poi all'opinione che Nettuno abbia tratto origine da un tempio sacro al dio del mare è più probabile per ogni riguardo, sì per la località, come pure per il nome ".

L'avv. Soffredini nella sua storia, descrive:
" II Tempio di Nettuno, oltre un miglio dall'antica città di Anzio distrutta, stava, ove sorge il castello di Nettuno e prossimo al porto Cenone, che era dalla parte di levante. "

Lo scrittore riporta quanto il Fabretti e il Volpi riferiscono. Questi confermano che il tempio dominava ove è l'attuale Castello e lo provano con due lapidi relative al dio Nettuno, ivi ritrovate. Il Volpi, nella tavola XVII, riporta quattro are rostrate rinvenute, ove sorgeva l' edificio: tre delle quali veggonsi al museo Capitolino, nella stanza del Fauno. In una, dedicata a Nettuno, trovasi scolpita, questa divinità, alla destra avendo un delfino, e alla sinistra un tridente con la scritta: " Ara Neptuni ".

L'archeologo Fea, nell' opuscolo sul restauro dell'antico Porto Neroniano, asserisce di aver fatto indagini, sul principio del sec. XIX, nel basso del Castello, oggi denominato " Fontana Vecchia ". Ivi trovò antichi arnesi di bronzo con lettere latine, importati nel tempio di Nettuno in epoche posteriori. Però appare antichissima la conduttura d'acqua potabile e vuolsi servisse alle lustrazioni sacre.

Un fatto, che ci collega con i primi fondatori di Nettunia, è l'indagine sulle prime origini delle costruzioni votate alle divinità. Erodoto ci assicura che i popoli orientali, e fra essi gli Egizi, furono i primi a costruire are, simulacri e templi.
Era usanza che questi ultimi si fabbricassero sopra un terreno più alto di quello degli edifici circostanti, attorniati di boschetti o giardini, che ne formavano il basamento.
Il tempio di Nettuno dominava, dall'alto dello scoglio o collina, la città, la quale doveva protendersi verso il mare, sì da levante come da ponente. Intorno all'edificio era un bosco di oleastri, piante sacre al Nume del mare, e sopra quei rami, i devoti appendevano tavolette votive, quando erano salvi da naufragio. Il Volpi riferisce aver visto, a suoi tempi, ancor nascere piccoli fuscelli dalle radici d'oleastri; ed egli, vissuto nella metà del sec. XVI, quando ancora si trovavano nello stato semi-primitivo alcune località del Castello, e specialmente la contrada " Fontana Vecchia", molto facilmente ha potuto constatare quanto asserisce.

Nettuno fu una delle principali e grandi divinità orientali. Il ceppo Pelasgico dei Tirreni o Tirseni riferiva miticamente. L'origine da quel Nume, che si venerava nell'Africa, e, specialmente, nella Numidia, nella Mauritania e nell'Egitto, formando oggetto di culto Fenicio-Cartaginese. Il nome di Nettuno e quello di Neptys significavano il Re e la Regina delle costiere marittime, e il nome " Nepthulim ", gli abitanti di esse. Gli Egiziani appellavano Neptys un promontorio e la zona confinante con esso, bagnata dal mare.

06) COROGRAFIA DELLA CITTA' PREISTORICA NEPTUNIA

La città Neptunia, facendo centro al Castello, necessariamente comprendeva una zona verso il mare, estendendosi, tanto dalla parte orientale, quanto da quella di ponente. Alcune osservazioni potranno essere di guida a quanti avranno a cuore un' argomento così importante sulla preistorica Neptunia, dominatrice dell' antico litorale del Lazio.
Osservando la posizione topografica del lido di Nettuno e il modo come il suo suolo è naturalmente disposto sul livello acqueo, si scorge una disuguaglianza ora più, ora meno rilevante, dal mare alla superficie solida del terreno tuttora fabbricato.
L'attuale castello e annessi fabbricati stanno eretti su di un' altura calcarea, la quale prosegue come rupe più o meno elevata tanto da levante, come pure da ponente in pendio ripido sul mare. Siede Nettuno a cavaliere di uno scoglio, che dal lido ascende a circa sedici metri di altezza; si protende per oltre cinquecento metri verso terra, giungendo ad un'altitudine di circa metri settanta. Non è mio compito diffondermi in descrizioni; ma solo intendo mettere in evidenza quanto realmente si osserva.
Dall'alto del castello e lungo il pendio ad est ed ovest, verificasi che il mare non ha profondità notevoli come suole avvenire presso le coste dirupate, a perpendicolo sulle onde.
Il fondo non ha le naturali caratteristiche composizioni di marga, creta ed arena; ma, fatta eccezione in alcuni punti, ha un aspetto tipico, manifestandosi, in varie partì della riva" e per lungo tratto, una stratificazione di costruzioni antichissime.
Sebbene tali ruderi (che, specialmente nella bassa marea, si scorgono nettamente, emergendo dalle acque) presentino perfettamente l'aspetto e la forma della casa Italica, tal fatto non nuoce alla convinzione che possano essere le vestigia della preistorica città, perché sopra costruzioni Fenicie si innalzarono costruzioni Greche, come sopra di queste, in epoche posteriori, si costruirono case Italiche e Romane.
Nello svolgimento dei secoli, vari popoli, in distìnte età, hanno usufruito del materiale e degli avanzi di città ed edifici distrutti per ricostruirvi, le abitazioni, secondo motivi della loro arte.
Tito Livio narra che Appio Claudio, allorché costruiva la via Appia, nel litorale Volsco, innalzava molti edifici. Nerone eresse magnifici portici, bagni e terme stupende, le cui vestigia, a giudizio di alcuni, sarebbero appunto quelle di cui si parla. Classificandole per bagni marini dell'epoca Romana, non devesi escludere che siano stati costruiti sopra avanzi di antichissime costruzioni.
La preistorica città Nettunia si estendeva maggiormente verso il mezzogiorno sul mare, per essere stata indicata siccome primo termine d'Italia, secondo l'Alicarnasso, doveva designare necessariamente un estremo limite costiero, ben visibile, e di una certa estensione e notorietà.

07) DISTRUZIONE DELLA PREISTORICA NEPTUNIA

Fra le traccie di costruzioni visibili nel mare, a intervalli più o meno lunghi, alcune emergono, altre sono interamente sommerse. Tali frastagliamenti fanno supporre che la città Neptunia abbia sofferto l'opera devastatrice di movimenti o sconvolgimenti naturali e, in parte sia stata subbissata, in parte soltanto sommersa. I resti, ora emergenti, furono adibiti a costruire bagni marini ed altri pubblici e privati edifici.
Le numerose mine affioranti nel mare, avanti al Forte Sangallesco, hanno linee di fondamenta subacque e pura perimetrali che vengono a formare una specie di ampie vasche, ove, per il moto dei flutti, l'acqua contenuta, rigira, creando insidie di gorghi vorticosi. Tali mulinelli si agitano in ambienti, o stanze, inghiottite dalle onde.
Altra traccia di antichissima costruzione (che si scorge nel mare, in dirczione della "Fontana Vecchia a discreta distanza dalla banchina delle mura del Castello) emerge sulle acque, in forma di massa murale, che fin dal sec. XVI ebbe a chiamarsi " scoglio d'Orlando " (Alceo Atto IVScen. III).
Questo notevole rudero appare essere stato foggiato per opera d'uomo e prosegue, in considerevole tratto ad interrarsi nelle arene. Prossime allo scoglio, esistono alcune colonne di ben largo diametro, che, probabilmente, facevano parte di qualche intercolunnio o antico portico consuetamente edificato avanti ai templi.
Le scienze insegnano che i movimenti e le agitazioni violente del mare, cagionate da furiosi venti e movimenti tellurici occasionarono grandi rivoluzioni nell'orbe terracqueo. Le opinioni di Plinio e di altri naturalisti additano i motivi dell' abbassamento e sprofondamento di città, le quali, in seguito, sono state ricoperte dal mare. Plinio afferma ch'esse perirono, assorbite dalle onde in combinata causa di fenomeni tellurici di abbassamenti, prodotti da vulcani sottomarini, rimanendo, così, solo poche vestigia, visibili sotto i flutti. Il detto naturalista conta cinquantaquattro terremoti (dei quali uno oltremodo terrificante) avvenuti in Italia, mentre Anni-baie combatteva con Flaminio sul lago di Perugia.
Fa menzione dell'isola Eea, sprofondata ad un tratto; 'accenna a una metà della città Tindarica (in Sicilia) così distrutta nonché ai profondi mutamenti nella configurazione delle coste marittime d'Italia (Lib. Il III).
Il mare, formidabile forza della natura, avanzando inghiotte, e, ritirandosi, discopre la terra ferma.
Plinio attesta il fenomeno, enunciando che, secondo la tradizione Omerica, il promontorio Circeo fu isola. Anche l'opera dell'uomo può aver cagionato la distruzione della Città Neptunia. Genti Sicule della razza degli Oenotri, stanziatesi nell' antico Lazio, distrussero infatti varie città.
Il vecchio Lazio subì ancora le crudeli pugne dei Lestrigoni, popoli giganti e fortissimi della Sicilia, barbari crudeli, dipinti da Omero come inospitali ed antropofagi. Avvennero poi le guerre contro i Latini, che furono conseguenze e cagione di mina a molte città Laziali.

08) RICERCHE ARCHEOLOGICHE

Pongo termine allo svolgimento di un tema tanto importante, chiedendo in merito, adeguata ponderazione. Forse un giorno le grandiose rovine della preistorica Nettunia, che il glauco mare vieta di scrutare tra le profumate alghe, potranno rivedere il bel sole latino nell'amenità del suo orizzonte, e risorgere memorie importanti per la storia della nostra terra.
Sarà dato di frugare, con animo trepidante, tra gli algosi scogli, e rinvenire qualche superstite avanzo che, come parola rivelatrice, annunzi traccia dei fondatori. Nominata tra le vetuste città dell'antico Lazio (nelle cui terre ubertose ed illustri s'accentrò la potenza dei trionfanti dominatori) Neptunia confermerà la propria esistenza, fin dai più remoti secoli, oltre alla certa testimonianza intorno alla sua storia medioevale, aleggiai!te fra le torri merlate, che, superbe s'innalzano sopra il suo mare meraviglioso, in vasto orizzonte di sogni e di ricordi.
Il passato di Neptunia, se pur leggendario, è interessantissimo, per la sua tradizione nella storia dei secoli. Importanti rovine della preistorica città dormono nel fondo del mare. (Ghirlande d'alghe adornano la sua azzurra immensa tomba, nascondendo preziose memorie.
Dotti archeologi hanno sempre rivolto il loro desiderio al territorio del Lazio, chiedendo, con insistenza, indagini, le quali potrebbero risolvere problemi di grande importanza. A memoria nostra, non sono state fatte regolari investigazioni (massimamente nel litorale) con programma determinato, per il ritrovamento di vetuste città Laziali. Questo lido di Nettuno venne esplorato in due epoche, nei Sec. XVI e XVIII, come dirò in seguito; ma tali esplorazioni vennero fatte al solo scopo di rinvenire tesori od opere d'arte per arricchire musei e ville in Roma e altrove. Il suolo e la spiaggia di Nettuno non si esplorò, dunque, a scopo scientifico e storico, inteso a dimostrare al mondo le antiche civiltà Italiche, che furono più vitali di ogni altra e che formarono l'avito diploma della nobiltà, derivata dalla grandiosa parte che ebbe nella genesi dell'umano lavoro.
Dell'antica Neptunia non resta che l' oblio cagionato dalla caducità delle cose terrene; né il mare volentieri concede allo sguardo degli uomini di penetrare i segreti delle sue magnifiche prede. E magnifica preda fu, forse, Neptunia, primo termine secolare d'Italia.





OPERA APPARTENENTE AL FONDO BIBLIOGRAFICO
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