Questo secondo volume della collana Il limbo rappresenta una nuova occasione, particolarmente significativa, per delineare l'itinerario della collezione, variegato nelle scelte ma coerente nel prefigurare la meta.
Come ogni buona meta che si rispetti la nostra è irraggiungibile: ad essa si può soltanto tendere ed avvicinarsi: è la chimera di una cultura diffusa e amata, l'araba fenice di un florido passato che torna a rigenerarsi, carico di tutta la sua forza evocativa.
L'idea di estendere l'orizzonte culturale di un'area geografica come quella in cui operiamo non può che partire dalla valorizzazione del patrimonio di cui disponiamo, fatto di storia, di arte e di cultura; patrimonio che allo stesso modo non può rimanere confinato in un ambito circoscritto per autocelebrarsi; deve elevarsi e diffondersi.
In tal senso la figura che è al centro di questo testo, quella del pittore Andrea Sacchi, è esemplificativa, perché se da una parte i quasi certi natali nettunesi non sono stati poi così valorizzati come la statura e il prestigio dell'artista avrebbero richiesto, d'altra parte l'interesse che la sua opera suscita va ben oltre i confini nazionali.
Riproporre le due più celebri biografie del Sacchi può sembrare scelta canonica che nulla aggiunge a quanto già conosciuto, tuttavia si tratta di uno strumento per avvicinare questo artista a chi non ha avuto modo sinora di farlo e per stimolare quanti da questo testo prenderanno lo spunto per nuove ricerche.
La curiosità è alla base della conoscenza e, ci sia concesso, la conoscenza è il fine dell'uomo.
Molto interessante sarebbe ad esempio approfondire i rapporti del Sacchi con gli intellettuali del suo tempo, inoltrandosi nella appassionante relazione fra arte, filosofia, religione, matematica ed esoterismo. Un viaggio che non può essere intrapreso se non esaminando il legame del Sacchi con Nicolas Poussin, il pittore che nei suoi anni romani ha con lui operato e che più degli altri è noto al grande pubblico, pur rimanendo circondato da un alone di mistero: sono in molti a ritenere infatti che i suoi dipinti contengano messaggi non ancora svelati.
Vi è poi il rapporto di Andrea Sacchi con Tommaso Campanella, tema affrontato in Italia da Francesco Grillo nel testo intitolato Tommaso Campanella nell'arte di Andrea Sacchi e Nicola Poussin. In quest'opera l'autore, esaminando i simboli astrologici dell'affresco del Sacchi di Palazzo Barberini, il Trionfo della Divina Sapienza, ne evidenzia le corrispondenze con gli attributi della virtù descritti dal Campanella ne La città del sole. Non si tratta ovviamente di una questione meramente tecnica ma di un importante spiraglio su quell'intreccio tra sapienza occulta e rappresentazione artistica che si delinea già a partire dall'età umanistico-rinascimentale.
Non condividiamo a questo proposito il giudizio di Edgar Wind, il quale nell'introduzione a Misteri pagani nel Rinascimento afferma che, essendo alcuni dei più grandi dipinti rinascimentali concepiti per iniziati, da un punto di vista estetico la presenza al loro interno di residui non chiariti di significato rappresenta un ostacolo al godimento dell'arte.
Secondo noi il gusto di procedere per gradi di approfondimento e di conoscenza riguarda ambiti ben più vasti di quello artistico, ma nell'arte si manifesta in modo
particolarmente attraente, perché ciò che si può vedere improvvisamente come una realtà svelata è un qualcosa che non è stato notato le migliaia di volte che quell'opera è stata osservata prima.
Eugenio Bartolini