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L'ICONOGRAFIA E LA STORIA DI
SANTA MARIA GORETTI
DA CORINALDO A NETTUNO
A SANTA NEL MONDO

a cura di Vincenzo Monti

 

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INDICE - Da Corinaldo a Nettuno - Maria Goretti: La Vita e il Martirio - Il Culto e la festa di S. Maria Goretti - Iconografia - I santini - Le sculture - Mosaici e vetrate - Cartoline - Quadri - Libri - Ricordi - Film, giornali e fumetti - Pio XII , i Papi e Marietta - Modelli di santità - Parrocchie di S. Maria Goretti - Appendice documentaria

 

Cap. 01 - Da Corinaldo a Nettuno attraverso le Paludi Pontine
di Alberto Sulpizi

Arroccata a pochi chilometri dal mare, tra Ancona e Pesaro, troviamo Corinaldo, modesta ma elegante nella sua veste rosso mattone. Il nome potrebbe derivare dal latino curre in altum, grido di terrore durante le invasioni gotiche o forse il toponimo potrebbe semplicemente avere il significato di colle in alto. Le origini del paese si devono al fenomeno storico dell’incastellamento. Vive una vita tranquilla fino al 1360 quando si mette contro il Papato. L’esercito pontificio la circonda, impone agli abitanti di deporre ogni veste fuor che la camicia e la distrugge. Sul finire del Trecento viene ricostruita ex novo con l’attuale cinta fortificata, orgoglio e vanto del paese e le famiglie degli Sforza e dei della Rovere succederanno ai Malatesta. Non vicina a grandi strade di comunicazione, isolata dalle imponenti mura, Corinaldo rimane un paese tutt’altro che ricco e che peraltro non desidera darsi da fare oltre misura. Cattolici ferventi, non sfruttano a dovere, forse per pudore, la fortuna di avere tra i propri concittadini una santa ed il turismo religioso è appena accennato nella bella piazza in cotto davanti alla chiesa barocca dell’Addolorata. Si può, in verità, visitare la casa natale di Maria: al pianterreno la stalla ed il pollaio, in cima alle scale la cucina ed un bel caminetto al centro della casa. Quindi oltre la cucina, due piccole camere; da sempre assenti bagno ed acqua. In questa scarna casupola Maria vivrà fino a sette anni. La storia torna a Corinaldo nel Cinquecento quando vi giunge in missione per conto della Signoria di Firenze, Niccolò Macchiavelli ( famosa lettera in cui si anticipano i temi del Principe). Dal Seicento in poi, terminati i lavori per la chiesa del Suffragio, Corinaldo vive secoli di splendore, grazie alla protezione del Papato e si arricchisce di eleganti dimori. Ancor oggi è cinta da mura medioevali in posizione panoramica tra le valli del Cesano e del Nevola ed offre al visitatore una caratteristica atmosfera con i suoi vicoletti e le sue torri; è anche nota per la produzione del Verdicchio.

 

 

il parse di Corinaldo inizio ‘900

 



Gemellaggio Corinaldo - Nettuno

 

Esser patria di Maria Goretti, è anche il motivo che ne favorisce il gemellaggio con Nettuno dal 2005.
La famiglia Goretti dopo la nascita di Maria, si ingrandisce ulteriormente, nascono: Mariano ed Alessandro. La numerosa famiglia non è in grado di sopravvivere nel piccolo terreno che ivi coltivano e quindi dopo la vendemmia del 1897 danno l’addio alla amata Corinaldo dal color mattone.
Si va a Senigallia per prendere il treno nella stazione dove si alterna chi parte per le paludi del Lazio e chi torna, se torna, ingiallito e fiaccato dalla malaria ma forse con qualche spicciolo in tasca. Scesi a Roma, nella stazione Termini, li aspetta il carrettiere del senatore Scelsi, destinazione Paliano, cinquanta chilometri da Roma, vicino a Fiuggi.

 


Paliano - Colle Gianturco


Senigallia - Stazione ferroviaria

 

Sono attesi nella tenuta del Colle Gianturco, terra povera e secca, dicono infatti i marchigiani emigranti: se laggiù si stava male qui si sta peggio. Nell’ ottobre 1898, a Paliano, nasce Ersilia, nello stesso periodo gli Scelsi assumono un’altra famiglia marchigiana i Serenelli: l’incontro fatale. Il nome Paliano si fa risalire alla massa pulliani, un’estesa proprietà fondiaria già citata nel Patrimonio labicano dei pontefici romani nell’VIII secolo e individuata nell’attuale territorio comunale. Vicariato dei Conti di Segni-Valmontone nel 1378, Paliano passa ai Colonna nel 1425 per suffragio popolare e per merito di Martino V, unico papa della famosa casata romana, che lo assegna pro indiviso ai suoi tre nipoti, i quali fanno del castello uno dei più importanti centri militari e strategici dei loro possedimenti nella Campagna romana. Durante la prima metà del XVI secolo, dopo un’aspra lite di successione in seno alla famiglia, Paliano diventa signorìa di Ascanio Colonna, il quale perde la cosiddetta guerra del sale contro Paolo III e cede Paliano a Pierluigi Farnese nel 1543. Tornato ai Colonna, il castello è nuovamente al centro delle contese familiari, questa volta tra Marcantonio e suo padre Ascanio. Nel 1870 a Paliano, si forma una giunta provvisoria di governo che aderisce al plebiscito per l’annessione al regno d’Italia, mentre gli inizi del ‘900 a causa dei contrasti con gli agrari vedono affermarsi le prime lotte contadine, la nascita delle Leghe e delle cooperative legate ai socialisti e alle organizzazioni cattoliche. Proprio a Paliano, nel febbraio del 1899, a causa di un litigio del più anziano dei Serenelli, Giovanni, che si è messo a capo della piccola comunità (Goretti/Serenelli) e che protesta energicamente col sor Peppino, per lo scarsissimo vitto ricevuto, porterà al licenziamento in tronco di tutti da parte del Senatore. Vi è quindi, necessità impellente di trovare una terra ed in fretta e l’unica opportunità sono le Paludi pontine: vi è posto nella tenuta del conte Mazzoleni. Vi lavorano già i Cimarelli anch’essi di Corinaldo. Di nuovo il treno a Segni per Cecchina dove due carrettieri del Conte di ritorno da Roma li attendono, poi una trentina di chilometri di strada impraticabile ed acqua nel ventre della infida, pericolosa e malsana palude. Per anni si crede la malaria, che la infesta, una malattia dovuta ad aria cattiva, miasma, che si solleva, con la nebbia, dalla palude laddove le acque ristagnano o corrono lentamente nei fossi infestati da alte erbacce.


Il Dr. Angelo Celli nelle capanne dei contadini delle paludi Pontine


Cascina antica


Le Ferriere


Chiesa di Campomorto


Chiesa di San Rocco - Nettuno

 

 

Dal 1880 in poi, studi di medici italiani, dimostrano che è prodotta da un piccolissimo parassita, iniettato sotto la pelle dell'uomo da una speciale zanzara. La terapia consiste per l'uomo nella somministrazione del chinino ai malati ed anche ai sani a scopo preventivo. Verso l'anofele si procede con la distruzione delle larve nelle acque e la protezione delle abitazioni con reticelle alle finestre, infine verso la palude sarebbero necessarie quelle opere di piccola e grande bonifica idraulica che vedranno la luce solo trent’anni più tardi.
Sono due, in quei tempi, le figure principali della lotta antimalarica: Giovanni Cena e Angelo Celli. Il primo, poeta e scrittore nelle sue peregrinazioni fra boscaglie e villaggi di capanne, compiute tra il 1902 e il 1905, constata le tristi condizioni dei contadini, senza assistenza, senza scuole e conforto. Con la sua opera, le scuole dei contadini, crescono di numero, sorgendo nelle capanne, nelle baracche e persino in vecchi vagoni ferroviari. Infaticabile, sempre in giro per la campagna per portare fede e conforto dichiara nel constatare la squallida vita delle popolazioni dell'agro: "...uscii a percorrere questa terra leggendaria per cercarvi la storia e trovai la preistoria!". A fine ottocento, bonificati i dintorni di Maccarese ed Ostia, rimangono intatte ed inaccessibili solo le paludi pontine, un rettangolo di cinquanta chilometri per trenta fra Nettuno, Cisterna, Terracina ed il Circeo. Il loro stato è determinato dal flusso dei torrenti che scendono a valle dai monti Lepini, invadono e ricoprono spazi di terra trasformandoli in acquitrini. Molti di questi terreni sono in mano alla borghesia romana e rimangono a latifondo poiché i grandi proprietari si accontentano di ricavarne guadagno con il pascolo o con la concessione a mezzadria a questa povera gente, lucrandovi sopra. La popolazione che alberga nelle paludi sia ai margini che all’interno si adatta al luogo: pescatori, legnaioli o fantasiosi ed improvvisati mestieranti trovano modo per sostentarvisi. Nel pieno di questa terra inospitale vi è la casa dei Goretti, una reggia in confronto di quasi tutte le capanne della palude. Cascina Antica, (per distinguerla da quella dei Cimarelli, più recente), della fine del seicento, di mattoni rossi, venti ettari di terreno da lavorare con quattro buoi; terra che si impantana e stenta a produrre sotto una vegetazione stepposa e soffocante. La Cascina si trova lì dove sorgeva un tempo l’antica acropoli della potente Satricum. Percorrendo oggi, la statale 148 al Km. 58, una freccia sulla destra indica la località Le Ferriere.
Una stradina inondata di verde e di luce scende tra villini, casolari, poderi coltivati ad uva, cereali e serre per la coltivazione intensiva. Una immagine di grande serenità: ai primi di febbraio le mimose dipingono un paesaggio irreale, un quadro di grande poesia, lontano non solo nel tempo da quello ben più tragico che appare al tempo dei Goretti. Intorno alla ciminiera della vecchia cartiera una borgata con la chiesa, dedicata a S. Antonio, il giornalaio, la macelleria, un ponte stretto e nervoso sul fiume Astura. Al di là del fiume, il colore rosso spento, due grandi e antichi casolari: sono gli ultimi testimoni di una tragedia che si respira ed aleggia impalpabile nell'aria. A qualche chilometro c'è Conca, oggi Borgo Montello, dove si possono ancora vedere i ruderi dei magazzini, la casa del Mazzoleni e la chiesa parrocchiale dedicata all'Annunciazione dove Marietta riceve la Prima Comunione. Nel 1897 l'intero borgo Le Ferriere viene ristrutturato dal conte Attilio Mazzoleni per ricavarne l'alloggio per 22 famiglie marchigiane, tra le quali quella di Luigi Goretti. Quando vi giungono i Goretti, il Conte è una figura contraddittoria ma di grande rilievo: ricchissimo e autoritario, divide i circa diecimila ettari della sua tenuta in 3 appezzamenti coltivati e destinati al pascolo. Famosissimo il suo allevamento di cavalli, destinati in parte all'esercito e in parte all'ippodromo di Capannelle in Roma. Di bassa statura, baffi vistosi, scarse simpatie clericali, con gli affittuari ha un contegno sbrigativo e pratico: prende un terzo del raccolto se da la sola terra, metà se contribuisce alle spese di semina e raccolto. In quel 5 luglio del 1902, il Mazzoleni stesso, monterà a cavallo per andare nella Cascina dove è avvenuta la tragedia e dove è già presente per verificare l’accaduto il suo massaro; nel frattempo Mario Cimarelli di corsa va a Nettuno per cercare un carro ambulanza ed un medico: Francesco Bartoli chirurgo siciliano, giovane ma già abituato alla dura realtà della palude. Il tragico evento, di quell’inizio secolo, troverà nei quotidiani del tempo solo un trafiletto su La Tribuna e qualcosa in più su Il Messaggero e la gente distratta fra belle epoque, modernità e conflitti sociali. L’Italia sta scoprendo l’automobile, la luce elettrica, il cinema, trionfa lo stile liberty. Quando Maria Goretti giunge agonizzante a Nettuno, il paese conta circa cinquemila abitanti,quasi tutti contadini, sparpagliati nella sua vasta campagna, ma con una gran voglia di svilupparsi.

Il paese di Nettuno inizio ‘900

 

 


L’apertura del Poligono militare, sul finire dell’Ottocento, il più moderno ed attrezzato d’Italia, darà un notevole contributo a questo sviluppo, costituendo per l’economia e la società nettunese dell’epoca, ancora legata alla vita rurale, motivo d’incremento demografico e motore di crescita economica. Il cuore pulsante del paese è il borgo, ricco di palazzi signorili ma anche di case semplici costruite attorno alla chiesa madre dedicata ai Santi Giovanni Battista ed Evangelista: ne è parroco l’arciprete don Temistocle Signori che assisterà e conforterà nelle sue ultime ore la piccola Maria.
A lato della Collegiata vi è ancora l’oratorio del Carmine, di fronte il palazzo baronale, già Colonna. Dietro la chiesa il bel palazzo Sègneri, su piazza Colonna il palazzo Doria – Pamphilj, costruito sul villino Cesi di epoca secentesca. Sindaco di Nettuno è Angelo Combi, la sede del municipio è ancora nel palazzo baronale di fronte la chiesa di San Giovanni. Nel 1900, il primo marzo, la città è raggiunta dalla luce elettrica. Le antiche lampade a petrolio, che al declinare del giorno vengono accese lungo le vie, sono sostituite nelle piazze e lungo le strade del paese dalle lampadine elettriche. Risale al 1902 l’inizio dei lavori di costruzione del nuovo palazzo municipale su via generale Durand de la Penne, oggi viale Giacomo Matteotti. La città del tridente è meta turistica per il bel mare, i bagni di sole, l’aria salutare, come affermano in alcune pubblicazioni due illustri medici, dapprima il dottor Giulio Petraglia e poi il medico condotto-ufficiale sanitario dottor Norberto Perotti. E’ in piena attività il nuovo ospedale di Nettuno il “Sanatorio Orsenigo dei Fatebenefratelli”voluto fortemente da don Temistocle Signori e dal famoso” cacciadenti”dell’Isola Tiberina di Roma fra Giovanni Battista Orsenigo. La linea ferroviaria, consente di arrivare da Roma in solo quarantacinque minuti e la piccola borghesia romana viene volentieri a passare qualche giorno spensierato nella calda ed assolata Nettuno, proprio come in quel tragico inizio di luglio, quando una santa si spegne, perdonando il suo assassino, nell’ospedale di frate Orsenigo fra la commozione e le preghiere di un intero paese.

 

Il paese di Nettuno inizio ‘900





 

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VINCENZO MONTI

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