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Illustri Nettunesi
A. Ongaro, G. Brovelli Soffredini, F.Felici

a cura di
A. Sulpizi, P. Cappellari, V. Monti

 

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3) Rappresentazione dell'Alceo

 


Il quadro ad olio di G. Brovelli Soffredini (il personaggio primo a sinistra)
raffigurante la prima rappresentazione dell'Alceo
dinanzi alla corte dei Colonna

 

Il monumentale quadro ad olio, opera di Giuseppe Brovelli Soffredini, conservato nella Sala "Giovanni Serra" del palazzo municipale di Nettuno, raffigura la prima rappresentazione dell'Alceo di Antonio Ongaro, dinanzi alla corte dei principi Colonna, raccolta nell'ampio salone del palazzo baronale di Nettuno.
L'attività di Antonio Ongaro si svolge prevalentemente nella capitale pontificia. L'Alceo viene composto per essere recitato a Nettuno nel 1581, l'opera viene dedicata ai fratelli Ruis.
Nel 1614 se ne progetta una nuova rappresentazione, per la quale vengono utilizzati, in luogo dei cori originali, gli intermedi contenenti allegorie "virtuose", composti anni prima dal Guarini ed il prologo dell'Ongaro è sostituito da un dialogo tra la Fede e la Speranza, poste a guardia del Tempio d'Amore (16).
La dedicatoria dello stampatore Vittorio Baldini, del ''dì ultimo di febbraio 1614", è indirizzata al cardinal Serra in onore del quale lo spettacolo viene allestito. Segue un avvertimento ai lettori, dello stesso stampatore, il quale da conto che il mancato arrivo "di quei personaggi a' quali sì nobile rappresentazione viene dedicata" può portare alla rinuncia di questo nobile e magnanimo spettacolo. Verrà messa in scena al suo posto, l'Idalba di Maffeo Venier, ecclesiastico e letterato, arcivescovo di Corf'ù, che compone oltre alla tragedia Idalba, poesie dai toni vivaci e popolareggiati con uso magistrale del dialetto veneziano.

 


Frontespizio dell'edizione del 1614


A meno di tre secoli e mezzo dalla prima rappresentazione, l'Alceo viene di nuovo rappresentato a Chiavari nell'agosto del 1926.
Infatti il "Gruppo della Chimera", manipolo d'azione d'arte, da nell'anfiteatro della Marina di Chiavari, sotto l'alto patronato del Ministero della Pubblica Istruzione e gli auspici di quel Municipio, il primo dei suoi spettacoli all'aperto il giorno 22 agosto alle ore 17, con la rappresentazione della favola pescatoria: L'Alceo, di Antonio Ongaro, capolavoro del Rinascimento italiano, adattato al teatro moderno dal poeta Gian Maria Cominetti; scene e costumi appositamente disegnati dal pittore Giuseppe Cominetti. Direttore della compagnia e protagonista è il grande Lamberto Picasso.

 


Una bella "marina" di Chiavari in una cartolina dei primi anni del '900

 


- La 'Tribuna illustrata" del 6 settembre 1926

a) Atto primo, scena prima, Alcippe ed Eurilla: Che, colui che non ama essendo amato Commette gran peccato. (ALCIPPE)
Mi maraviglio che tu creda queste Favole de' poeti e sogni, e ciancie. (EURILLA).
b) Lo spettacolo sull'arena del mare.
c) II Prologo con Venere: Venere io son, la madre de l'Amore, Che scendo oggi dal cielo in questa parte Dove serba i vestigi e le ruine Del tempio di Fortuna il lido ancora.

 


La "Tribuna illustrata" del 6 settembre 1926

a) Sono fotografate le attrici Adele Garavaglia (ALCIPPE) e Rina Franchetti (EURILLA).
b) Nell'immagine successiva l'Anfiteatro e il pubblico.
c) Nella terza foto il finale atto terzo con Alceo: Ma dimmi ancor, qual cosa / Può porger fine alle mie pene amare? / Precipitando giù da qualche scoglio/... Non ti doler ti prego / Che ben muor chi morendo esce di guai /. L'attore Lamberto Picasso è Alceo. Rina Franchetti nasce a Napoli nel 1908. (Nell'anteguerra è attiva in molte formazioni primarie. In anni successivi torna alla ribalta in ruoli di lavori classici come il Riccardo II, Zio Vanja, ed in drammi di autori moderni italiani (Fabbri, Nicolaj, Santarelli) e stranieri come Joe Egg di Nichols, I fisici di Durrenmatt ed Il malinteso di Albert Camus. Lamberto Picasso nasce a La Spezia nel 1880. La sua carriera ha inizio nel 1903 nella Compagnia di Ermete Novelli. Un anno dopo passa nella Stabile di Roma. Successivamente per un triennio è con Virgilio Talli. Nel 1910 diviene "primo attore" con Irma Grammatica e due anni dopo fa parte della Compagnia Gandusio-Borelli-Piperno. Nel dopoguerra si consacra direttore oltre che attore e .finalmente, nel 1920 forma una sua compagnia, la "Spettacoli d'arte''. Nel 1926 rappresenta opere di Pirandello. Associatosi a Tatiana Pavlova, contribuisce alla formazione di spettacoli di grande impegno e rilievo. Le sue capacità di regia appaiono in pieno nel Grande viaggio di Sherriff del 1930 che rimane una delle sue più incisive interpretazioni. E' un grande sostenitore del repertorio contemporaneo italiano (Chiarelli, Bontempelli. Betti) ed ha offerto esemplari interpretazioni Pirandelliane. Molto intensa anche la sua attività cinematografica. Ricordiamo: Scipione l'Africano del 1937 ed Un Garibaldino al convento del 1942. Si spegne a Roma nel 1962.

 


Un ritratto di Lamberto Picasso
eseguito da G. Cavaciocchi

L'attrice Rina Franchetti

 


L'innamorato pescatore Alceo e la ritrosa Eurilla
in un acquerello del disegnatore Yildrim Orer
ispirato ad un olio su tela di J.G. Mass del 1857

 

 

 

Da "Il Popolo di Roma" del 22 agosto 1930.
"La storia d'amore del bell' Alceo
rivivrà sul mare "di Ostia".


La spiaggia di Ostia
in una bella cartolina
degli anni trenta

Fervono le prove sulla spiaggia di Ostia per le rappresentazioni straordinarie de "L'Alceo" di Antonio Ongaro che come abbiamo annunziato avranno luogo sabato e domenica 23 e 24 corrente nelle ore del tramonto e cioè dalle 17,30 alle 20.
La tempestosa e dolcissima storia d'amore del pescatore Alceo rivivrà così dopo tre secoli e mezzo al bordo dello stesso mare romano che la vide nascere recando seco tutta la fragranza e la freschezza della nostra divina poesia.
Del resto è precisamente una vera e propria Sagra di Poesia italianissima che il Gruppo Chimera intende offrire con la riesumazione di questo capolavoro cinquecentesco, il quale assomma in se tutti i pregi nativi della letteratura poetica del nostro secolo d'oro. Sagra di Poesia fatta per le folle, per avvicinarle alle più pure fonti della gioiosa fantasia della nostra razza canora ed appassionata con il mezzo più diretto, comunicativo o convincente poiché niuna forma è a tal fine più adatta di quella teatrale.
Le prove procedono alacremente. La spiaggia dal lato della pineta, un poco oltre il nuovo grande piazzale sul mare, si è improvvisamente popolata di Tritoni, di pescatori e pescatrici che parlano d'amore e cantano e suonano e vogano e si tuffano sull'onde e dalle onde appaiono. I Chimeristi sono ai posti di comando, e l'uno dirige carpentieri, l'altro pittori, l'altro attori, l'altro cantanti o musici.
Abbiamo, cosi veduto i fratelli Cominetti, Vico Murialdi, il maestro Roberto Caggiano, Ivo Perilli, Italo Ficacci, ognuno con un suo particolare bastone di maresciallo, affannati a disciplinare, a riprendere, a incoraggiare, a sollecitare il massimo sforzo verso la forma perfetta.
La prima impressione è, che lo spettacolo originalissimo, fresco, spigliato, italianissimo debba riuscire semplicemente superbo.
Ad ogni modo la giornata di sabato, che è domani stesso, è oramai alla porta; e ci dirà se il Gruppo delle Chimere può ornarsi d'una nuova fronda d'alloro.
Noi crediamo fermamente. L'Alceo non può mancare di riconfermare sulla spiaggia di Ostia lo strepitoso successo ottenuto l'altra volta su quella di Liguria.
Degli interpreti, dell' interpretazione e dell' allestimento dirà il nostro critico dopo la prima rappresentazione, per intanto noi possiamo asserire, che gli artisti sono stati scelti con intendimento e sommo scrupolo d'arte. V'e Egisto Olivieri, Carlo Tamberlani, Antonietta Kustrin, Elisanda Annovazzi. Fina Torniay, Italo Parodi, Rita Giannini, Ezio Banchelli. Mario Restivo. Sandro Camarda, Giara Ristori, la Farnese, Sara Ridolfi, Bruno Torniay, l'Antonelli, il Colla, la Parodi ecc., ecc.
Inutile aggiungere che l'attesa per tale avvenimento d'arte d'eccezionale importanza è vivissima.


Da "II Giornale d'Italia" del 30 agosto 1930
"Alceo" sulla Mergellina di Ostia.


l'azzurro e l'incanto di Mergellina non richiedono più un viaggio a Napoli. Per goderli basta la breve corsa al lido di Ostia.
All'estremità orientale del rione marittimo di Roma, tra il cobalto del Tirreno e lo smeraldo della pineta, si distende la bianca lista di un ampio lungomare, il cui primo tratto è già sfarzosamente illuminato e domani sarà fiancheggiato da filari di alberi generosi di ombra ospitale. Finalmente qui si dimentica la gretta reticella stradale che i primi edili della nuova Ostia delinearono più per un vico di pescatori che per la spiaggia di una metropoli di un milione di abitanti; qui si sente il respiro imperiale dell'Urbe. Tra cinque o sei anni, quando il viale litoranee avrà raggiunto Castel Fusano, diverrà questo uno dei luoghi più celebri della nuova Italia.
Il poderoso muro della lunga terrazza è lambito dalle piccole onde che si rincorrono, i pilastri dell'aperto davanzale fanno da cornice a vivaci quadretti di nereidi e tritoni in costume da bagno; sull'orizzonte barche a vela e piroscafi. . .omissis. . .
In questa Mergellina ostiense, sul soffice arenile, laddove non è per anche segnata la nuova strada, è stato riesumato l'Alceo, favola pescatoria del Veneto - e non, come credette Giuseppe Tomassetti, romano - Antonio Ongaro. Alla neonata Compagnia della Chimera che l'ha rappresentato, non si può negare una buona dose di coraggio. Un tuffo nel Cinquecento, specie nella parte del secolo meno nota ai più e meno vicina al sentimento dei nostri giorni, può costare il rischio di non tornare a galla. ..omissis...
Di questo genere letterario conosciamo vita, morte e miracoli, al pari di cosa trapassata. Nasce dal dialogo dell'ecloga sviluppalo ad azione drammatica, e vede la luce in Ferrara, ove la munificenza degli Estensi dava un singolare incremento al teatro; ha il suo capostipite nel Sacrificio del ferrarese Agostino Beccari, rappresentato in casa di don Francesco d'Este l'11 febbraio 1554, presenti Ercole II e suo figlio Luigi; dopo vent'anni, pure a Ferrara, tocca la più alta vetta con l'Aminta del Tasso, autentico capolavoro, e poi si trascina per due secoli attraverso l'imitazione, la mediocrità, la maniera, l'artifizio fino a spegnersi. Non del tutto, perché sopravvisse una scintilla bastevole a dar vita ad un'altra forma tutta italiana, il melodramma. Nella composizione pastorale infatti germinava il "libretto" per musica. Come dunque ha inteso l'Alceo - variante marina dell'Aminta - lo spettatore del Novecento? E' stato in grado di foggiarsi, nell'ascoltarlo, un'anima simile a quella dei gentiluomini, che vivevano nella galante Corte estense alla line del Cinquecento? Come ha vibrato in lui la sentimentalità voluttuosa e talvolta lasciva propria di quei drammi e di quel tempo, nella quale si era mutato il rude sensualismo del primo rinascimento? Qui stava il difficile per la Compagnia della Chimera. Tolta la possibilità di pienamente intendere l'essenza del dramma, che cosa resta? La parte esteriore, il viavai dei tritoni e delle pescatrici, i dispetti amorosi, lo sfondo del mare, le barche, le sciabiche, i cestelli del pesce cavato allora allora dalla rete. E' poco.
Lo stesso intelligente editore dell'Alceo, il Cominetti, è stato tratto, molto probabilmente, a rimetter il dimenticato dramma sulle scene da due circostanze esteriori; un vero mare come scenario, e le medesime spiagge latine, sulle quali tre secoli e mezzo addietro fu dato per la prima volta il lavoro di Antonio Ongaro. Infatti nel 1581 il giovanissimo poeta ai servigi in Roma di Casa Farnese, aveva avuto la ventura di veder rappresentalo il dramma a non grande distanza dal lido d'Ostia, e precisamente in Nettuno, feudo a quel tempo dei Colonna. Scenario era, allora, come oggi, il Tirreno. Si può credere che l'autore ne avesse avuta commissione dai suoi padroni per qualche festa estiva offerta all'aristocrazia romana dai signori del paese nel loro palazzo baronale.
Alceo, ch'è prima gloria ed ornamento. Di questo mar, che nacque nel castello. Che dal gran dio dell'onda ha preso il nome.
Avverte la eloquente Alcippe, che ha il compito di piegar la scontrosa Eurilla all'amore del protagonista. E una didascalia nota che "la scena si finge ne' lidi ove fu Anzio, dove è ora Nettuno, castello dei signori Colonnesi".
Qual è l'argomento del dramma? Alceo, animoso marinaio nettunese, s'è invaghito di una ragazza del luogo. Ma Eurilla non ne vuol sapere e respinge le perorazioni degli intermediari Timeta ed Alcippe, né vale che il giovane la salvi da un pericolo mortale e dalle mani rapaci di un tritone. Disperato, Alceo si getta in mare per morire, ma alcuni pescatori lo raccolgono esanime e lo ridonano alla vita e all'amore, perché Eurilla, pentita lo accoglierà tra le sue braccia.
Ma questa è la favola dell'Aminta! -esclamerete. Sicuro, poche volte nella storia letteraria s'è dato un esempio men dubbio di plagio. Il giovanotto Ongaro aveva presa la via più breve. V'era un capolavoro nel genere di moda? Seguiamolo passo passo mutando soltanto la favola boschereccia in favola pescatoria... omissis...
Unica originalità è il mare invece della selva, i pescatori invece dei pastori, i pesci in luogo degli uccelli, un tritone rapitore di pescatrici in luogo di un satiro rapitore di pastorelle, Il resto - prologo, cori, parti, dialoghi, intreccio - identico in tutto, senza, si intende, l'aria del gran Torquato.. .omissis...
Eppure questo Aminta annacquato, ove a piene mani s'incontrano reminescenze del Tasso, del Petrarca e anche di Dante, non è del tutto disprezzabile, qualche accento di vita qua e là si manifesta. I due maturi intermediari, il gaudente Timeta e l'esperta Alcippe, dalli dalli, finiscono per intendersela fra loro, prima ancora di pacificare i due giovani. E' un felice spunto comico di schietta umanità, che l'autore tuttavia abbandona troppo presto. Anche se al motto di Aminta "S'èi piace, ei lice" è preferibile quello di Alceo: "Ardisci e spera".
Più virile e più magnanimo, anche se è applicato ad imprese d'amore.
Commuove questo tardo ritorno di Alceo alla spiaggia latina? Sarebbe esagerazione affermarlo. La Compagnia della Chimera ha opportunamente ammodernate le scene con. qualche taglio, con una più viva rappresentazione del tentato ratto di Eurilla da parte del Tritone, con buona musica non ingombrante di un giovane maestro al posto de! cori. Ma i difetti dell'Aminta, come accade nei plagi, ne escono moltiplicati. E' un modo raffinato, tutto vezzi e concetti, che non ha nulla di comune con la vita dura e i
sentimenti elementari dei marinai. Personaggi ciarlieri e fatti narrati, e non in atto, ci portano non solo fuori della realtà, il che non sarebbe un male, ma in pieno artificio, fuori d'ogni vigor di passione. Di quando in quando ti culla la grazia d'una voluttuosa immagine e la dolcezza musicale d'un armonioso verso, ma è un attimo... omissis...
Eppure l'Alceo una commozione ce l'ha data. Non per virtù dell'arte, ma per l'incanto della natura. Lo scenario della Mergellina ostiense vince qualsiasi magico apparecchio del Teatro dell' Opera.
La scena era quanto mai semplice. Sul limitare dell'acqua due finte rocce facevano da quinta e in mezzo due colonne ioniche. Ma i verdi algosi tritoni, che soffiavano nelle conchiglie giganti come in trombe, e le policrome pescatrici in succinta tunica ellenica, non dissimile dai costumi da bagno, diguazzavano in un mare autentico: e le barche solcavano onde vere, e le sciabiche insaccavano pesci veri.
Poi, man mano che la recita procedeva, si succedevano nei divini tramonti ostiensi le mille metamorfosi del cielo e del mare. La tavolozza dei colori teneri e luminosi e delle infinite sfumature dall'opale alla porpora prodigava i suoi tesori. Agli occhi nostri stupefatti sembrava che come nell'affresco della Farnesina sorgesse dall'acqua Galatea con la sua corte: e gli orecchi con le voci degli attori udivano il lene e ritmico sciacquio della spiaggia.
Era l'onda che scandiva i versi dell'Alceo.

 

 

Carlo Tamberlani. in due foto di scena; l'attore interpreta ad Ostia, l'Alceo, il 22 agosto del 1930.
Carlo Tamberlani nasce a Salice Salentino, in provincia di Lecce, nel 1899, si dedica al teatro classico ma è anche e soprattutto fautore di iniziative in favore del teatro nazionale. Appartiene ad una grande famiglia teatrale italiana, il cui capostipite è Fernando Tamberlani capocomico dal 1870.
Figlio d'arte, dopo aver recitato con il padre, nel primo dopoguerra lavora con diversi gruppi prima di entrare nella compagnia di Starace-Sainati, di cui assumerà la direzione con il fratello Nando. Attraverso altre esperienze arriva nel 1933-34 a lavorare con la Palmer e a interpretare: Ippolito di Euripide, Agamennone di Eschilo e Ifigenia in Aulide di Euripide. Nel 1935 è con Cele Abba in Coriolano e in Giulio Cesare di Shakespeare. Nel 1950, dopo aver diretto in Spagna il Teatro Stabile di Barcellona, torna sulle scene con allestimenti di Shakespeare, Gor'kji e Calderòn. In Sicilia, a cavallo degli anni '60, interpreta: Le baccanti di Euripide, Una luna per i bastardi di O'Neil. Nel cinema ha recitato in 120 film, tra i quali ricordiamo: Bengasi (Italia. 1942), L'Assedio di Alcatraz (Italia, 1940), e Cadaveri eccellenti (Ita-Fra 1976, ultimo film).
Tra gli attori che prendono parte alla rappresentazione dell'Alceo. il 22 agosto del 1930 ad Ostia ricordiamo anche Egisto Olivieri, interprete di film come Un fatto di cronaca, Miracolo a Milano e Luciano Serra pilota.

 

NOTE

16 - Antonio Ongaro, Girolamo Vida, Favole, a cura di Domenico Chiodo. Edizioni RES. San Mauro Torinese, novembre 1998.

 



OPERA APPARTENENTE AL FONDO BIBLIOGRAFICO
"100 LIBRI PER NETTUNO" Edizione del Gonfalone 2004
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