Col manifestarsi delle prime incursioni dei pirati saraceni, sullo scadere del VII secolo, e col ripetersi dei luttuosi avvenimenti che ne derivarono in questo o quel tratto del litorale, un diffuso senso di allarme si fece eco tra le popolazioni della costa tirrenica le quali dovettero ravvisare la necessità di erigere opere di difesa, sia pure febbrilmente impostate e senza l'apporto di precedenti esperienze, con mezzi e procedimenti locali, in vista di un pericolo forse imminente.
Per dissipare tale stato d'incertezza sempre più evidente, dovette iniziarsi in Astura (a circa 7 miglia dal capo di Anzio) come in altri punti dislocati lungo il litorale, un primo rudimentale tentativo di fortificazione: una di quelle torri saracinesche costruite nell'VIII e nel IX secolo con primaria funzione di avvistamento.
Il luogo ne suggeriva la scelta per la configurazione costiera, per l'esistenza di un piccolo capo in posizione dominante e per la presenza di un'insenatura, vestigia di un piccolo approdo attivo nell'epoca romana, tale da facilitare per via mare il trasferimento e la fornitura dei materiali da. costruzione.
Sull'epoca della prima realizzazione della Torre in Astura molti studiosi, fra i quali il Tomassetti, hanno avanzato ipotesi.
Secondo tali supposizioni, la Torre sistemata a guardia avrebbe con fortuna alterna urtato contro le insidie e le calamità del tempo, ma al presente non resta di quella prima espressione testimonianza o traccia che possa attestarne l'origine e riecheggiarne le vicissitudini.
La Fortezza, che ancora oggi si può ammirare nella sua rude imponenza e nelle sue forme individue, secondo fonti attendibili, fu eretta nel XII secolo, nel corso del quale il tenimento passò in potere della famiglia Frangipane, in un'epoca di accese rivalità e di contese spesso cruente dai bagliori delle quali e da una patetica vicenda trassero vita e ispirazione i versi dell'Aleardi. A testimoniare l'esistenza dell'edificio medioevale e rimane una possente muraglia quadrangolare che denuncia numerose aggiunte e sovrapposizioni, e rileva nell'andamento parietale esterno, prevalentemente nella zona foggiata a scarpa, un reticolo a maglie quadrate nelle quali si ravvisano i quadrelloni messi in opera dai Frangipane con evidente ispirazione all'Opus di età sillana.
Al livello culminale essa presenta ancora una parte del coronamento a merli guelfi. È del periodo medioevale l'avancorpo che s'inoltra dalla fronte della torre attuale. Questa parte della Fortificazione, che oppone alle ingiurie del mare mura di blocchi e mura cottili, è coperta con l'impiego di volte a crociera ancora immuni da lesioni.
L'insieme che, per lo spessore dei muri, per l'impiego dei materiali e per l'omogeneità della struttura manifesta di essere stato costruito, con azione coordinata, interamente in una sola fase, risale agli inizi del XIV secolo, per l'apporto e l'innesto nella compagine muraria di massi lavici che fu opera del Malabranca e per l'integrità delle volte le quali provano la notevole capacità raggiunta dai costruttori romanici pervenuti ad un alto grado di evoluzione sulla tecnica della realizzazione strutturale e sul regime statico dei grandi organismi.
L'avancorpo, che risulta collegato al muro perimetrale del quadrilatero con due muri, dello stesso periodo medioevale, rispettivamente da un lato all'altezza del portale principale e dall'altro all'ingresso del secondo recinto della Fortezza, è limitato all'interno da un muretto di ridottissimo spessore innalzato in tempi moderni.
Durante il periodo rinascimentale viene iniziata la costruzione della Torre pentagonale, nella quale sarebbero stati incorporati i resti della torre preesistente del secolo XII, edificata a sua volta sui ruderi di quella leggendaria del secolo VIII (Tomassetti); ma l'affermazione espressa al condizionale non poggia su dati di fatto.
È vero che sulla fronte della Torre, la cortina di Marcantonio Colonna disgregatasi in più punti lascia in vista i quadrelloni di tufo, ma questi potrebbero appartenere alla cinta medioevale che aumentata di spessore avrebbe formato successivamente il prospetto della Torre rivolto al mare. D'altra parte le due facce normali alla fronte non lasciano traccia di materiali che possano attribuirsi ad epoca diversa, come si è desunto dall'esame dei campioni prelevati nel contesto della struttura muraria.
Se i pareriegli storici sono per molti aspetti contrastanti, la deduzione di fondo è condivisa ed appare a tutti evidente che la torre pentagonale, quale elemento fondamentale del baluardo, perfetto, non può essere stata tradotta in opera che nel secolo XV.
Ma a questo punto una domanda s'impone: quando e attraverso quale elaborazione è sorta la forma pentagonale?
L'origine è incerta. Come spesso si riscontra per la genesi di tutte le forme, così per quella pentagonale è più verosimile ammettere che non emerse compiuta e funzionale da una semplice idea. Si può pensare allora che per lenta e progressiva decantazione d'immagini se ne sia ottenuta una con più netta delimitazione la quale da origine ignota sia stata in seguito rielaborata e perfezionata al punto da trarne la forma nuova, alla quale si riconosce funzione precorritrice dei bastioni.
L'invenzione della forma pentagonale che risponde alle esigenze dell'Arte Nuova ottiene una decisa affermazione e chiarificazione per merito degli studi e degli apporti dell'architetto militare senese Mariano Di Giacomo operante fino al 1458.
Il Pentagono di Astura si può quindi far risalire al periodo anteriore a quest'ultimo anno, in accordo con le analisi e le deduzioni del Nibby e del Tomassetti. Ma se sussiste convergenza sulla definizione dell'epoca in cui l'opera fu eseguita, non può aversi identità di vedute su una circoscrizione analitica più obiettiva dell'evento.
L'autore del presente articolo, per scopi inerenti uno studio di restauro, è venuto a conoscenza di un errore involontario in cui il Guglielmotti è incorso dando credito ad un rilievo eseguito dal Genio Pontificio quasi all'atto della cessione di Astura avvenuta per un trasferimento di proprietà tra la Camera Apostolica e la famiglia Borghese nel 1831.
Le misure dei lati del Pentagono desunte dai disegni geometrici del capitano Guglielmo Meluzzi risultano in metri dalla serie: 10-10-10-7-7. Gli stessi lati nell'ordine misurati nei due sensi alla base del Mastio e in sommità danno i seguenti valori medi: 8,80-9,30-9,50-5,80-5,10. Dall'esame delle misure eseguite appare manifesto come la forma pentagonale riveli una configurazione decisamente irregolare dovuta all'ultimo lato della serie. Non si può fare a meno di rilevare, inoltre, la differenza notevole che divide le misure dei rispettivi termini delle due successioni numeriche, come notevole differenza sussiste nelle configurazioni dei due rilievi planimetrici completi.
Dai raffronti effettuati emerge una prima deduzione: la forma pentagonale della Torre risulta decisamente più arcaica di quella che il Guglielmotti avvalorò.
Una seconda deduzione, conseguenza della prima, è che il periodo intercorso tra le prime testimonianze ancor vaghe e incerte della nuova forma tradotta dal Di Giacomo e l'inizio della costruzione della Mole, fu sicuramente di breve durata in quanto la forma pentagonale è l'immagine pervenuta da una lenta elaborazione, ma ancora nel ciclo di una traiettoria tendente al traguardo del baluardo perfetto.
"Una forma che sa eliminare essa sola gli angoli morti, acconciarsi al fiancheggiamento, ricevere la difesa dei fuochi radenti incrociati ed eludere i colpi perpendicolari del nemico" (Guglielmotti).
La realizzazione della Torre pentagonale, intesa come espressione volumetrica e, nella veste architettonica, come estetica associata alla funzione, con l'accordo stilistico delle mensole (beccatelli), di cui si notano ancora gli alveoli, delle arcatelle munite di piombatoie e del coronamento a merli, è da attribuirsi quindi ad epoca sicuramente anteriore al 1450. Il rivestimento a cortina laterizia è invece dell'epoca dei Colonna, cioè del secolo XVI.
Di origine non perfettamente databile sono la piccola torre semicircolare coronata da merli ghibellini che s'innesta sullo spigolo ovest del Mastio e l'anticamera adiacente che immette nel secondo recinto della Fortificazione. Il muro frontale dell'anticamera è ancora dell'epoca medioevale, ma gli altri due appartengono verosimilmente a periodo successivo. La torre ghibellina è invece da attribuirsi decisamente ad epoca posteriore.
La rotta subita da Francesco Il, per opera dei turchi in Barberia, il 10 maggio 1560, rinnova il pericolo di scorrerie di pirati lungo il litorale. Marcantonio Colonna, signore di Nettuno e Astura, invia per ordine di Pio IV, il 20 maggio, una lettera ai suoi intendenti invitandoli a dare le opportune disposizioni per allontanare le donne e a tenersi pronti per l'azione difensiva.
Lo stesso Colonna attua importanti modifiche per l'adeguamento della Fortezza all'impiego dei nuovi mezzi di difesa. Viene allo scopo innalzata una seconda cinta a forma bastionata, unita alle mura del quadrilatero e tale da impedire l'accesso alla Guardia e al piano di ronda la cui vigilanza abbraccia nelle direzioni nord, est e sud il settore sul quale si sviluppa la difesa.
Nella cinta a sud-est e a sud-ovest vengono inoltre realizzate quattro troniere per l'artiglieria che può graduare le sue salve su tutto il mare aperto. Oltre ai nuovi provvedimenti adottati, viene accuratamente esaminato lo stato di efficienza di ogni opera muraria integrandola, ove occorra, con inchiavature di travertino. Si attuano in sostanza accorgimenti ed innovazioni già applicati e riconosciuti validi nella fortezza di Paliano. A complemento di queste iniziative è riconosciuta indispensabile l'attuazione del rifacimento parietale di estese zone del muro perimetrale e dell'intera Torre. Queste opere si realizzano con l'applicazione di una cortina in laterizio che si estende a tutta la fronte a mare della Fortezza e investe i muri esterni fino al portale d'ingresso sul quale è collocato il marmoreo stemma dei Colonna.
Con la cessione di Nettuno a Clemente VIII e per esso alla Camera Apostolica nel 1594 "cum turri ac portu Asturae", il Castello incomincia a decadere pur essendo ancora armato. La Torre perde, sopra la linea dei beccatelli, il suo coronamento che è sostituito da una banale copertura a tetto, alcuni anni più tardi, come documenta, sulla trave verticale centrale della struttura di sostegno, l'indicazione dell'anno (1606) in cui fu operato l'armamento. La caduta del fastigio, oltre a cancellare tutte le linee architettoniche e la plastica espressione chiaroscurale del coronamento, altera altresì le proporzioni della Mole rispetto all'alzato privandola della sua euritmia. Il 5 luglio 1830 con la caduta di Algeri cessa il pericolo di nuovi eventi e azioni di pirateria e la Guardia di Astura non avendo più scopo per assolvere alla sua funzione di difesa, viene disarmata e privata del suo presidio.
Il Castello inizia da quest'ultima data un'esistenza che gli è inconsueta e, malgrado il suo atteggiamento ispirato dal movimento delle masse, come se stesse ancora una volta manovrando per predisporsi all'azione, nella sua inquadratura enigmatica, tace.
L'importanza di Astura attraverso i secoli fu tale, infatti, che non restò mai estranea ai contrasti, agli appetiti e alle lotte intestine che in Roma si accesero specialmente nei secoli XIII e XIV. Astura fu in tutte le epoche una terra contesa che ebbe a sostenere le difese, l'egemonia e le velleità di coloro che l'ebbero in dominio: dal Cenobio di Sant'Alessio ai Conti del Tuscolo, dai Frangipane al Malabranca e ai Caetani e, infine, dagli Orsini ai Colonna. Con lo Stato Pontificio fu ancora sotto la minaccia dei pirati barbereschi. La sua Rocca fece fronte ad un numero quasi inverosimile di attacchi improvvisi e di azioni manovrate, sostenuti contro gli assalitori con tutti i mezzi: dal corpo a corpo all'arma bianca, dall'uso degli inghiottitoi allo sfrigolio dell'olio bollente, dalle pietre eruttate al fuoco delle artiglierie, nel terrore degli avvistamenti, nel bagliore degli incendi, nell'angoscia dei rapimenti e dei saccheggi, nell'ira e nella desolazione...
Oggi la Torre, già prima guardia di Roma, in sembianza suggestiva, si staglia ancora all'orizzonte; ma quando la distanza la rende incerta nei contorni, pare evochi nell'atmosfera brumosa altre lontananze, dense di secolari ricorsi e di vicende.
Dr. Arch. Cesare Ottaviani |