Le insufficienti aule comunali, dovute al sen-
sibile aumento della scolaresca, portano alla
decisione di costruire un edificio moderno
rispondente alle normative igienico-sociali.
L’edificio sorgerà su terreni acquistati dalle
suore fin dal 1919 in via Durand de la Penne ed
in seguito ampliati con l’acquisto di altri lotti
confinanti.
Nel 1932 iniziano i lavori che si concludono
nel giro di tre anni sotto il vigile controllo di
suor Caterina Pesci, come ricordano nel bellissi-
mo volume
Le maestre pie Filippini, Una storia
di 230 anni,
edito nel 1991,
Bonomo e Rocchi.
L’edificio scolastico, modello per scuola ele-
mentare – media e magistrale è inoltre in
magnifica posizione sul mare. Nel 1951 viene
ampliato con una ala laterale. Tra i molti docen-
ti che in questo periodo vi svolgono attività
didattica ricordo la professoressa di matemati-
ca e fisica Ignazia Privitera, in seguito tra le
colonne storiche dell’insegnamento anche in
altri istituti di Anzio e Nettuno.
Non si può non sottolineare la dedizione
delle maestre pie nell’educazione della gioventù
nettunese ed il modo con cui hanno sempre ade-
guato mezzi e metodologie educative all’esigen-
za della persona e del suo ambiente.
Le maestre pie Filippini sono presenti a
Nettuno con le seguenti istituzioni: l’asilo
infantile e scuola materna (1915), la scuola ele-
mentare parificata (1935), l’istituto magistrale
quadriennale (1949), il V° anno integrativo
(1988) ed infine anche con il liceo classico insie-
me al liceo socio-psico pedagogico.
Le figlie della Croce
ANettuno, accanto alla scuola elementare, sul
finire dell’ottocento, è presente una scuola per
bambine in classe unica, retta dalle Suore della
Croce, come risulta dal prospetto dell’Ispezione
dell’anno 1888-1889, redatto dall’Ispettrice
Marietti Guerrina.
Invitate dal Principe Borghese, le suore della
Croce si stabiliscono a Nettuno ed aprono un
asilo d’infanzia per le bambine, di cui Nettuno
sembrerebbe sprovvista.
Il Principe fornisce alle suore il locale,
pagando anche il vitto delle bambine dell’asilo e
lo stipendio a tre suore. L’istituto è, in realtà,
diviso in: “ educatorio privato colla scuola anche
per esterne”, costituito da cinque classi (infan-
tile, 1°, 2°, 3°, 4°) con un totale di nove alunne
interne e venti esterne; “una scuola popolare
gratuita a spese del Principe Borghese”, in
un’unica classe, in tre sezioni, con un totale di
cinquanta alunne esterne; un “asilo d’infanzia”
per centoventi bambini, metà a spese del
Principe Borghese e metà del Municipio di
Nettuno, con un totale di sessanta femmine e
sessanta maschi, tutti esterni.
A proposito dell’asilo d’infanzia, va detto che il
progetto del Principe prevede inizialmente solo
sessanta posti per le bambine. E’ il comune a pre-
mere affinché l’asilo funzioni anche per i maschi e,
nel 1880, in accordo con la Superiora delle Suore
della Croce, riesce a raggiungere un compromesso
ottenendo l’ingresso dei bambini, come risulta
nella delibera del 27 settembre 1880,
“Progetto
della Superiora delle figlie della Croce per l’istitu-
zione dell’asilo infantile anche ai maschi”.
Le condizioni del locale sono discrete. Buone
le stanze per le scuole, molto bella la terrazza
per la ricreazione. Un po’ ristretto il locale per
l’asilo e sufficiente la scuola per le alunne ester-
ne e gratuite.
Al momento dell’ispezione nell’istituto, si nota
una disparità di materiale didattico, fra la dota-
zione dell’educatorio, fornito di “quadro peso e
misure, mappamondo, Europa, Italia, Provincia
di Roma, Pianta di Roma” e quella della scuola
gratuita e dell’asilo, che ha comunque “materia-
le scolastico sufficiente”.
Suor Monicat soprintende e dirige tutto,
mentre Suor Buzzi risponde “dell’educatorio
all’Autorità scolastica”
(Caneva, Travaglini,
Atlante Storico).
Anche il canonico Matteucci sostiene che a
Nettuno, alla fine dell’ottocento, vi sono mae-
stre pie nostrali per le fanciulle, nonché mae-
stre pie Francesi della principessa Borghese, da
lei mantenute, ed allocate nel suo bel palazzo,
una volta Pamphili.
Per la retta educazione, premura, e zelo, degne
tutte queste ottime maestre di meritato elogio.
Inoltre il canonico Matteuci suggerisce che
“per render, robuste e colorite quelle care figlie
non v’ha mezzo più atto che la corsa in aperto,
ed in casa l’innocente
saltarello,
(…) innocente,
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A
LBERTO
S
ULPIZI