In questo modo, con l’arrivo delle Maestre Pie Filippini, anche le
ragazze che venivano istruite gratuitamente nella religione, nel legge-
re, nello scrivere e nei lavori domestici, poterono affiancarsi nell’edu-
cazione ai ragazzi di Nettuno, per la cui istruzione la Reverenda
Camera Apostolica stipendiava, all’epoca, un appartenente all’ordine
dei Padri Conventuali, il quale aveva la cura dell’insegnamento, gui-
dandoli nel leggere, nello scrivere e altresì, fornendo loro anche alcu-
ni insegnamenti di matematica e di lingua latina.
Nel 1760 monsignor Bartolomeo Soffredini, nato a Nettuno nel
1707, giovane sacerdote all’epoca della costruzione di Villa Albani, fu
inviato come Internunzio a Bruxelles da Clemente XIII, papa
Rezzonico, dopo che era stato Superiore delle missioni in Olanda
sotto i papi Benedetto XIV e quindi Clemente XIII, e a cui si deve la
stesura di una
Storia di Nettuno
pubblicata nel 1750, intorno alla quale
lavorò, ampliandola notevolmente, sino a quando la morte non lo
colse, molto probabilmente non oltre il 1772 se è vero che in quell’an-
no un suo discendente pubblicò un suo manoscritto sul territorio di
Anzio e Nettuno, dal titolo
Brevi memorie dell’antica città di Anzo del pre-
sente Nettuno e del moderno porto d’Anzo
, la cui stampa originale è di
difficile reperimento, per non dire introvabile, che, a mio parere, è il
punto di approdo della sua fatica di studioso della storia del territo-
rio che gli ha dato i natali, studio portato avanti per tappe così come
dimostrano due manoscritti conservati nella biblioteca del Senato,
uno del 1815 dal titolo
Storia di Nettuno e di Anzo
, pubblicata nel 1825
a Roma dal Rasi all’interno della sua opera,
Dimostrazione della neces-
sità e facilità del ristabilimento dell’antico porto neroniano d’Anzio, degli
inconvenienti ed inutilità del moderno Innocenzian
o, e un secondo del
1839, intitolato
Brevi memorie dell’antica città d’Anzo, del presente
Nettuno e del moderno porto d’Anzo
, la redazione appunto definitiva del
suo lavoro, pubblicato nel 1998, a cura di Ida Paladino, con il titolo
Breve Storia di Anzio e Nettuno
, per i tipi dell’editore Ugo Magnanti.
Nello stesso anno, ovvero nel 1760, con l’estinzione dei Pamphilj, in
seguito alla morte di Girolamo, ultimo erede, i beni della famiglia,
finirono col passare, compreso il palazzo di Nettuno, al ramo Doria-
Pamphilj. Difatti nel 1763 papa Clemente XIII concesse al principe
Giovanni Andrea IV Doria Landi il cognome, le insegne e i beni della
famiglia Pamphili, in virtù della parentela acquisita dal matrimonio
che l’ultima rampolla femminile di tale famiglia, Anna, morta nel
1740, aveva contratto,nel 1671, con Giovanni Andrea Doria III, discen-
dente di un’importante e ricca famiglia genovese.
Queste furono le vicende più significative che interessarono
Nettuno nel Settecento, ovvero nel secolo che, a livello culturale e arti-
stico, seppe e volle reagire a quanto era stato prodotto nel Seicento,
allorché l’arte e la letteratura avevano sviluppato un immaginario in
cui finirono per occupare un posto centrale i
temi
della caducità del
tempo, della morte, della finitezza umana, come dimostrò quel diffu-
so sentimento spirituale ed esistenziale tipicamente secentesco, sinte-
tizzabile nell’ammonimento del
memento mori
, così bene rappresentato
ed espresso nella tela del 1641 di Sebastian Stoskopff,
Allegoria della Vanità
e
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Papa Clemente VIII.
Stemma della famiglia Doria Pamphilj.
N
ETTUNO
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LA SUA STORIA