infine cedevole ad esso, e in cui fanno da sfondo personaggi quali
Timeta (lo stesso Ongaro) e Alcippe, la saggia vecchia consigliera di
Eurilla, nonché altri personaggi quali Tritone, Lesbina, Fillira, Siluro,
Mormillo, Glicone, Venere che appare nel Prologo e l’Eco, artificio tec-
nico per la prima volta introdotto nella poesia rappresentativa.
Sempre per ricordare la morte di Fabrizio Colonna, l’Ongaro scrisse
un sonetto d’occasione, eppure non privo di una qualche commozio-
ne, l’unico –come è stato sottolineato- della sua varia e numerosa pro-
duzione (in proposito si ricordino le due egloghe
Fillide e Glicone
di cui
numerosi luoghi ritornano nell’
Alceo
, e, ancora, sonetti, composizioni
latine e in dialetto veneziano) rivolto a un personaggio della famiglia
Colonna, dal titolo
In morte di Fabritio Colonna
.
Certo, se si riflette sul fatto che, allorché nel 1582, l’anno dopo della
rappresentazione nettunese, pubblicò l’
Alceo
a Venezia per i tipi di
Francesco Ziletti, la dedicatoria dell’opera non era rivolta ai Colonna,
ma ai fratelli Ruis cui riconosceva una grande liberalità nei confronti
degli artisti, si deve necessariamente evincere che tranne il legame di
affetto e di gratitudine
con
e
verso
Fabrizio, l’Ongaro non si ritenne
mai suddito della potente famiglia dei Colonna che pure lo aveva
ospitato a Nettuno, Castello da cui trasse ispirazione per la sua opera.
In compenso però, egli rese, seppur non nato a Nettuno, un grande
servigio al Castello che lo aveva accolto, immortalandolo nella sua
poesia e rendendo luoghi quali il Circeo, Torre Astura, lo Scoglio
d’Orlando, il giardino del palazzo baronale descritti nella sua pesca-
toria la cui storia -come si legge nel frontespizio dell’edizione Ziletti-
«si finge ne i lidi dove fu Anzio, dove è ora Nettuno, Castello dei
signori colonnesi» patrimonio non solo di Nettuno ma della cultura
nazionale e internazionale.
Per terminare la descrizione degli eventi storici che interessarono
Nettuno nel Cinquecento, nel secolo cioè che fu attraversato dalla
Riforma Protestante di Martin Lutero con le tesi contro le degenera-
zioni del papato, affisse, nel 1517, sulla parete del palazzo ducale di
Wittermberg; dal sacco di Roma del 1527 a opera dei Lanzichenecchi
al comando del Duca Carlo di Borbone Connestabile di Francia al ser-
vizio dell’Imperatore Carlo V d’Asburgo, il quale l’anno precedente, il
1526, aveva sollevato contro lo Stato Pontificio i Colonna i cui soldati,
su ordine del Cardinale Pompeo Colonna, devastarono la città santa;
dal Concilio di Trento, convocato, quale reazione della Chiesa
Cattolica alla Riforma Protestante, nel 1536 da Paolo III che, iniziato
nel 1545, si chiuse solo nel 1563; dallo scisma anglicano con la perse-
cuzione iconoclastica contro i cattolici prima di Enrico VIII e poi di
Edoardo VI, nonché dal nepotismo dei papi; dalle lotte per il posses-
so dell’Italia tra Francia, Spagna e Impero d’Asburgo, dal declino
della Spagna e dalla minaccia turca, e, infine, a livello culturale da
quel grandioso fenomeno conosciuto come Rinascimento, inevitabil-
mente esauritosi sul finire del secolo, a Manierismo - dicevo - per ter-
minare la storia di Nettuno nel Cinquecento, è da aggiungere che a
poco più di un anno da quel 13 settembre 1594 in cui Marcantonio III
e sua nonna Felicia Orsini vendettero il feudo di Nettuno, il giovane
56
Alceo.
Ritratto di Enrico VIII.
N
ETTUNO
-
LA SUA STORIA