Pagina 55 - NETTUNO LA SUA STORIA

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Venticinque anni più tardi, in occasione del Giubileo, papa
Gregorio XII, notati gli sguardi irriverenti dei pellegrini, venuti a
Roma, alle corte vesti saracene delle donne nettunesi, ordinò loro di
indossare vesti più lunghe e in proposito, a spese della Camera
Apostolica, fece apportare a tali vesti le dovute modifiche.
Infine nella primavera del 1581 venne rappresentata -come scrive
E. Carrera- la favola pescatoria L’
Alceo
, dal forte impianto scenico, che
l’allora poco più che ventenne Antonio Ongaro aveva composto per
gareggiare -come vuole l’Ingegneri- con l’
Aminta
del Tasso che fu rap-
presentata, per la prima volta, il 31 luglio 1573 nell’isoletta fluviale di
Belvedere sul Po presso Ferrara, dove sorgeva la villa ducale degli
Estensi, alla presenza di Alfonso II e della sua corte, e messa in scena
dalla compagnia di comici dell’arte, i Gelosi. L’
Aminta
, già prima di
essere stampata nel 1583, eccitò -come scrive il Carducci- «per tutto la
velleità degli imitatori» se si pensa che già ad appena un anno dalla
sua rappresentazione si ebbe, nel 1574, il
Ligurino
di Niccolò degli
Angeli marchigiano, cui fecero seguito il
Pentimento amoroso
del Cieco
d’Andria nel 1576, la
Fillide
di Cesare della Valle napoletano nel 1579
e il
Pastor Fido
cui Battista Guarini pose mano nel 1580, anche se poi
venne pubblicato circa dieci anni più tardi. L’
Alceo
, definito
dall’Eritreo «l’Aminta Madidus» non solo era un’ opera celebrativa di
un non ben individuato matrimonio di qualche personaggio della
corte dei signori del Castello di Nettuno, ma -come ho già dimostrato
in altra sede- finì con l’essere anche un’ opera consolatoria del dolore
dei Colonna per la perdita del primogenito di Marcantonio II,
Fabrizio, morto, a soli 27 anni, nel 1580, a Gibilterra al seguito del-
l’esercito spagnolo nella guerra che Filippo II aveva intrapreso contro
il Portogallo per la successione a quel trono, morte sopraggiunta a
causa di un «fiero morbo». La morte prematura di Fabrizio non aveva
colpito l’opinione pubblica di allora per aver egli lasciato la giovane
moglie Anna Borromeo e i due figli, Marcantonio III e Filippo in tene-
rissima età, quanto piuttosto perché la sua salma, imbarcata per esse-
re tumulata a Roma, fu inghiottita dalle onde durante una furiosa
tempesta che causò il naufragio della nave che la trasportava.
La tristissima sorte del ventisettenne Fabrizio colpì profondamente
il giovane Ongaro che da Padova, dove aveva studiato legge e dove si
era trasferito ancora infante dalla natia Venezia, era approdato dap-
prima a Napoli e poi nel 1578 a Roma e da qui, infine, sul finire di
quello stesso anno, al seguito di Fabrizio Colonna a Nettuno, quasi
sicuramente su sollecitazione presso Fabrizio dei fratelli veneziani di
origine spagnola, Girolamo e Michele Ruis, trapiantati nella città
santa, suoi primi protettori romani, per celebrare i quali compose il
poemetto
Hospitium Musarum
di quattrocento esametri, in cui si
immagina che le Muse convengano nel palazzo romano dei due fra-
telli; tema questo che riappare nell’ultima scena dell’Atto V a chiusu-
ra dell’
Alceo
, nonché nel sonetto messo a prefazione della sua favola
pescatoria che, con dolcezza di verso e grande abilità scenica, narra
l’amore infelice del giovane pescatore nettunese Alceo per la bellissi-
ma Eurilla anch’essa giovane pescatrice, prima riottosa all’amore e
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Rappresentazione dell’approdo
della Madonna a Nettuno
(Acquaforte di Georg Keil - 1971).
D
AL
C
INQUECENTO AL
S
ETTECENTO
Frontespizio edizione Princeps.