la metà posteriore è più lunga di quella anteriore. Talvolta si trasfor-
mava in un semplice tovagliolo, più o meno morbido, e più o meno
ampio; le sue due parti sono fermate sul capo da nastri cuciti sulla
stoffa e legati ai capelli. Sotto la parte anteriore, nella sua metà, è fis-
sato un fiocco rosso con le due estremità appena visibili nei lati: sono
il ricordo delle
manticelle
, le larghe fasce che non più avvolte sulla
testa erano state lasciate scendere quasi sulle spalle.
Oltre che come copricapo era usato per nascondere i documenti di
famiglia: nella particolare piegatura dell’asciugamano si formava
infatti una sacca, nella quale finivano non di rado anche le lettere
segrete delle giovani nettunesi.
Il mantile è largamente presente nella tradizione popolare romana
e ciociara, oltre che campana; è possibile che la sua introduzione a
Nettuno possa essere legata ad immigrazioni stagionali delle popola-
zioni della valle del Sacco ed alle pressioni campane legate alla costru-
zione del Porto Innocenziano di Anzio, che dal 1700 richiamò molte
famiglie di pescatori di Gaeta e di Formia.
Guarnaccia
E’ la lunga veste priva di maniche ed aperta sul petto che, stretta ai
fianchi, scende sino ai piedi arricchita da numerose pieghe.
Il lembo della gonna è oggi orlato da una fascia bianca o argentata
che ha sostituito una trinatura dorata. Questa, a un tempo a più giri e
con complessi intrecci, si è gradualmente semplificata, mentre sottoli-
nea ancora la scollatura.
I lati della veste, aperti dalle spalle sino sotto la vita, erano stretti in
parte da un laccio rosso, passante in alcuni fori per permettere un faci-
le adattamento alle variazioni dei fianchi: un vestito era un bene pre-
zioso che doveva durare una vita per passare poi di madre in figlia.
La parte superiore era foderata con una tela; nell’interno della gonna
erano fissate due file di nastri, utilizzati per la sua conservazione: le
pieghe venivano sovrapposte una sull’altra e legate con i nastri. Un
altro nastro interno permetteva di stringere la veste sulla vita.
La primitiva veste corta non doveva differire dall’attuale; il peso
maggiore delle trinature rende ragione del deciso giudizio dato sulla
derivazione orientale dell’abito. Il tessuto era di lana finissima e per
questo molto costoso. Il colore rosso è variato nel tempo dai toni più
cupi dello scarlatto a quelli più brillanti del carminio; era questo il
colore dell’abito della sposa e delle maritate. Al colore verde per la
veste delle fanciulle si affiancava il viola che Bartolomeo Soffredini
lega al “corruccio”.
I tre colori sono ben documentati nelle diverse raffigurazioni, dove
è invece totalmente assente il colore nero, attribuito all’abito delle
vedove da tardi scrittori locali. La veste insieme al corpetto era la
parte più costosa dell’abito; conservata con estrema cura, piegata a
ventaglio, passava di madre in figlia come patrimonio familiare;
anche per questo il colore nero, se presente, doveva essere limitato a
rari casi di ritintura. Il segno della vedovanza era più probabilmente
segnato da un solo nastro nero che si intrecciava ai capelli.
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Mantile (tegola).
Guarnaccia (veste priva di maniche).
Veste retro.
N
ETTUNO
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LA SUA STORIA