Graz
A Graz la madre racconta a Georg di quel
sogno dove lei vede sua sorella Luise, mamma di
Giuseppina, da anni in rotta con lei. Luise ai piedi
del letto la guarda fissa, intensamente, in modo
triste, senza proferire parola e poi sparisce, come
un fantasma. La sensitiva Elisabeth interpreta il
sogno come un’invocazione di aiuto: Giuseppina
è in pericolo. Infatti lo è, insidiata, nella famiglia
dei nonni dove era ospite dopo la morte in guerra
del padre. Elisabeth parte subito per Innsbruck e
va dal sacerdote che conserva il documento di
patria potestà su Giuseppina e che ascoltati i fatti,
cede senza esitare il documento ad Elisabeth. Alla
fine del 1943 Giuseppina va a vivere a Graz, da
Elisabeth e fra Georg e la cugina si instaura un
ottimo rapporto. La madre vorrebbe essere
aiutata, impegnata com’è con il lavoro a maglia
che porta da vivere a tutti e tre ma Giuseppina,
racconta Georg, “sembrava in villeggiatura”,
collaborava poco nei lavori e quando era
costretta a prendere ago e filo in mano lo faceva
controvoglia e senza alcun impegno. Elisabeth
commentava: “
Lange Fädchen, faule Mädchen
”, filo
lungo, ragazza pigra.
Dopo la guerra Giuseppina si sposa, ha dei
figli e scrive dei libri. In uno di questi, la sua
biografia, fornisce della zia Elisabeth una
descrizione non positiva cosa che Georg non
accetta ed allenta quindi di molto i rapporti.
Da allora si scrivono, a Natale, ma quasi solo
come “
Lebenszeichen
”, un segno di vita.
A
Graz,
nella
Stiria,
durante
un
bombardamento, in un rifugio antiaereo, Georg
conosce nove soldati italiani che, dopo
l’armistizio dell’otto settembre del 1944, sono
diventati
Kriegsgefangene
, prigionieri di guerra e
come tali lì lavorano. Sono prigionieri “a piede
libero”, hanno le tessere annonarie e gli esercenti
locali “cercano di imbrogliarli” perché non
conoscono il tedesco; più di qualche volta la
madre, che parla italiano, li aiuterà. L’ incontro
con questi nove prigionieri avviene tramite un ex
ufficiale austro-ungarico. Questo avverte
Elisabeth che alcuni prigionieri italiani stanno
rubando della frutta. La mamma andrà da loro
e facendo la voce grossa, in italiano, dirà
loro: “andate dietro la casa che ce n’è di più”.
Georg li frequenta poco, sono così diversi dagli
altri adulti che conosce e non solo perché parlano
un’altra lingua, ma perché si comportano in modo
diverso, strano, forse dovuto al loro status di
prigionieri. Georg li incontra solo nel rifugio
durante i sempre più frequenti bombardamenti.
Georg ricorda però perfettamente quel giorno in
cui dicono alla madre: ”Lisetta, deve andare via!
Non può più rimanere qui. Arrivano i russi”.
“Alcuni di questi vennero addirittura a casa
nostra – racconta Georg - per aiutarci ad
impacchettare le nostre cose”. Elisabeth, Georg e
Giuseppina fuggono da Graz come tanti altri
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