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A
LBERTO
S
ULPIZI
mercato di questi multicolori cartoncini. La diffu-
sione dei “gruss aus” inizia verso il 1880 e prende
piede nel nostro paese verso il 1890 ottenendo
solo verso il 1897 il grande successo che sarà però
di breve durata, poiché la fotografia policroma
con la sua efficace resa della realtà relegherà
questi precursori negli album dei collezionisti.
In Italia le cartoline dedicate alla propria
città diventano ufficiali nel 1889 con le
A
UTORIZZATE DAL
G
OVERNO
e differiscono dalle
gruss
, colorate ed in cromolitografia per esser
di un solo colore, normalmente seppia e stam-
pate in fototipia.
Sono abilitate a viaggiare a tariffa ridotta,
con un francobollo da dieci centesimi: sono la
nostra risposta ai
gruss aus
nordeuropei e con-
dividono per alcuni anni la scena postale con le
cugine di ispirazione straniera.
Primo editore il Danesi di Roma, accurato e
preciso stampatore, iniziano a viaggiare pochi
mesi dopo il decreto ufficiale del primo agosto
1889 che ne autorizza la produzione.
La cartolina con vedute di città destinata ai
viaggiatori per l’usuale saluto ai parenti ed
amici non conoscerà più tramonto. Al successo
iniziale contribuisce non poco un periodo relati-
vamente tranquillo dell’Europa di metà secon-
do ottocento che spinge molta gente a
muover-
si.
L’evolversi dei mezzi di trasporto, special-
mente del treno, porta allo sviluppo del turismo
e di conseguenza della cartolina.
Non è da sottovalutare il fatto che nel
periodo fine ottocento-primi novecento, la con-
segna della posta avviene in tempi rapidissi-
mi. In alcune città vi sono fino a sette levate
giornaliere della posta con relativa consegna,
così che (sottolinea argutamente Angelo Pinci
nella presentazione del libro “Saluti da
Tivoli”)
attraverso una cartolina spedita al
mattino, si possono invitare le amiche per il
the del pomeriggio
.
Conservate e collezionate diventano mate-
riale utile ad individuare i cambiamenti della
società, a focalizzare la trasformazione urbani-
stica ma ancor più a capire le consuetudini di
un tempo, una testimonianza fotografica che, se
ben osservata, trascina in un viaggio nella
memoria storica e culturale del nostro paese,
negli usi e costumi del territorio.
Riporto volentieri, in conclusione, un pen-
siero di Benedetto Croce:
“la cultura storica ha
il fine di serbare viva la coscienza che la socie-
tà umana ha del proprio passato, cioè del suo
presente, cioè di se stessa, di fornirle quel che
le occorre sempre per le vie da scegliere, di
tener pronto quanto per questa parte potrà
giovarle in avvenire. In questo alto suo pregio
morale e politico si fonda lo zelo di promuover-
la e di accrescerla, la gelosa cura di preservar-
la incontaminata, e insieme con ciò, il biasimo
severo che infligge a chi la deprime, la distor-
ce e la corrompe”.