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A
LBERTO
S
ULPIZI
del resto
L’invasore
nel luglio del ’43 non può
che essere l’americano.
Il film è ambientato nel settecento, durante la
guerra di successione polacca, 1733 – 1738, com-
battuta dalla grande Austria ed il piccolo
Piemonte e ciò si evince, sottolinea argutamente
il
prof. Rocco Paternostro
docente di
Critica let-
teraria e Letteratura italiana
presso l’Università
degli Studi di Roma,
La Sapienza,
sia dai riferi-
menti letterari al
Metastasio
, vedi la messa in
scena di una favola mitologica ad inizio film, sia
dalla sequenza del ferimento da parte di un sol-
dato austriaco, della cagnetta della marchesa
zia, narrata dal
Parini
nell’episodio della
vergine
cuccia, ne Il Giorno
, componimento dedicato, per
così dire, alle mode del suo tempo e scritto in
endecasillabi sciolti.
La vicenda si svolge nel
castello dell’Olmo
, il
riferimento a Nettuno è evidente dato che Villa
Borghese è situata proprio davanti la via Olmata,
che il maresciallo austriaco von Bruchen sceglie
come sede del suo stato maggiore e dove giunge
anche il capitano de la Fierte, Osvaldo Valenti,
antagonista militare e sentimentale di Amedeo
Nazzari, nel film Conte di Valpreda, sposo di
Diana, Miriam di san Servolo, nella vita sorella
di Claretta Petacci, amante del duce. Sarà il
Conte di Valpreda a far saltare il ponte per impe-
dire la fuga agli austriaci e sconfiggerli.
La parte sentimentale, sottolinea il prof.
Paternostro, è narrata con il linguaggio proprio
della commedia dei telefoni bianchi ma altro non
è sostanzialmente che la metafora della situazio-
ne dell’Italia in quel frangente storico. In tale
metafora sta l’enigmaticità del film in quanto la
stessa ha una natura bifronte: può esser infatti
letta da un duplice punto di vista, correlativi di
due diversi momenti storici della nostra nazione,
ma accomunati da un unico denominatore: lo
stato di sofferenza profonda di un popolo schiac-
ciato dal peso della guerra. Rossellini, prima
accreditato saldamente presso il fascismo anche
grazie ai suoi film che seguivano i dettami della
retorica fascista (La nave bianca, Un pilota ritor-
na, L’uomo della croce), passato poi al neoreali-
smo e quindi alla nuova classe dirigente, diviene
il garante per una rivisitazione del film per cui
l’invasore non è più necessariamente l’americano
ma può essere il giogo nazista del dopo 8 settem-
bre o forse anche quello di ogni esercito invasore
verso un popolo inerme. Quando il film esce nel
1949 si garantisce così la paternità al regista
Nino Giannini ma si allega la supervisione di
Roberto Rossellini.
Questa operazione di com-
promesso è visibile fin dai titoli di testa del film
dove scompaiono due protagonisti eccellenti
:
Osvaldo Valenti
ucciso
frettolosamente
(
Italo
Moscati in Gioco Perverso
) insieme a Luisa
Ferida vittima gratuita della resa dei conti nel
tragico epilogo della guerra. Nel novantesimo
anniversario della sua nascita, il
comune di
Bologna,
sindaco ed assessore alla cultura in
testa, renderà omaggio alla bella attrice di
Castel San Pietro. Scompare anche il nome della
co – protagonista,
Miriam di san Servolo,
che
nonostante capacità ed avvenenza terminerà qui
al terzo film la sua carriera cinematografica. Il
film si conclude con la cacciata degli austriaci,
dell’invasore
e con una pungente battuta della
contessa – zia “
vanno via così senza salutare,
non li riconosco più
…” ennesimo riferimento alla
maleducazione
e all’
arroganza
di ogni occupante;
sulla parola
fine
parte poi un
inconsciamente ma
profetico e beneaugurante
l’Inno alla Gioa di
Beethoveen che mezzo secolo dopo sarà adottato
come inno dell’Europa Unita.