Prima di amare impara a camminare
sulla neve senza lasciare traccia.
Antico detto turco
A
LBERTO
S
ULPIZI
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Il costume
D
opo aver risolto il primo bisogno natura-
le, quello di offrire una protezione, una
difesa al corpo dai vari agenti esterni che
in vari modi insidiano i primi uomini nel loro
quotidiano, dalla temperatura agli insetti, dagli
animali più grandi e pericolosi alla vegetazione,
inizia un processo, continuato negli anni, arriva-
to ai nostri giorni che non troverà fine: la ricer-
ca di un
coprimento
adatto a tutte le necessità.
Il vestito, figlio della necessità di prima pro-
tezione del corpo dall’esterno, formato, forgiato
e realizzato secondo i bisogni della zona ed in
base alle diverse possibilità di reperimento di
materia prima, vegetale o animale, diventa
una realtà per tutti, in tutte le latitudini, con
poche eccezioni.
Iniziano così le prime differenziazioni anche
sessuali del modo di vestire, che portano i due
sessi a coprirsi in modo differente, una differen-
za biologica.
Una volta che il vestito ha assolto al suo
primo scopo quello di coprire il corpo, inizia la
ricerca della differenziazione del vestire, di
colui che indossa un abito.
I colori, la foggia, il tipo di tessuto,
l’occasio-
ne
, porterà dalla primitiva copertura alla ricer-
ca del vestito adatto alle diverse necessità:
nascono le
uniformi
, identificative di una
appartenenza ed avendo acquisito un valore
simbolico in relazione alle condizioni sociali
soprattutto le classi dirigenti ne fanno un
mezzo di differenziazione da altri ceti.
Ma anche ai ceti popolari non basta più
coprirsi in modo dignitoso, essi attraverso il
costume tendono a soddisfare esigenze legate
alla religione, al mito, al folclore, creando una
tradizione anche nel vestire.
A partire dall’età medioevale il modo di vesti-
re, insieme a tutte le arti maggiori e minori,
diventa un momento determinante del gusto di
una particolare epoca in un particolare territorio.
Il rapporto di scambio fra arte e forme d’ab-
bigliamento è sempre più evidente e se nel pas-
sato è sancito solo dalla necessità e dalla spon-
taneità, da adesso in poi sarà sancito dalla
moda, dal gusto, dalla creazione degli stilisti.
Molti artisti nel passato guardano con inte-
resse a questo fenomeno e ne tramandano le
conoscenze: nobiluomini e popolani vengono
immortalati nei dipinti ed il vestito è lo spec-
chio di un momento storico o di un luogo o di
una condizione di vita ed in questo ambito la
figura della
donna in costume, nobile o popola-
na,
monopolizza gli interessi degli artisti ma
anche di storici, scrittori, cronisti dell’epoca
che, tramite la penna, descrivono come i pittori
fanno col pennello un modo di essere, di vestir-
si, di mostrarsi, mantenendo viva la memoria di
quegli aspetti della vita quotidiana prima del-
l’avvento della fotografia.
I costumi segneranno il senso di appartenen-
za sociale e l’orgoglio della propria identità, la
pittura diverrà un archivio iconografico con
immagini che pur concedendo qualcosa alla fan-
tasia conserverà comunque i tratti fondamenta-
li della realtà tramandandoci un tesoro cultura-
le prezioso.
Le regioni, le campagne d’Italia, la campa-
gna romana ed in particolare la campagna net-
tunese, da sempre fornisce stimoli narrativi per
le scene dipinte. Aspetti indigeni si mescolano
nelle ricostruzioni storiche – religiose, dando
talora un’interpretazione popolaresca anche ad
immagini di culto.
Nel secolo dei lumi e del rilancio neoclassico
delle vestigia del passato, scrittori e artisti viag-
giatori vanno alla ricerca di una realtà pittore-
sca fatta di paesaggi naturali e di immagini fol-
cloristiche. Disegnando dal vero, questi viaggia-
tori, sia locali che stranieri, portano e riportano