L
a costa del golfo nettunese rientra nella
tipologia a falesia costituita da un’arena-
ria fossilifera conosciuta con il nome di
macco. Gli alti costoni di macco rendono ardua
ogni discesa verso il mare. Unico punto ove il
dislivello viene a mancare è lungo la foce del
fiume Loricina, zona in cui sorge un complesso
ecosistema paludoso.
Queste caratteristiche fanno sì che quando
sul finire del diciannovesimo secolo si inizia lo
sfruttamento turistico della zona, i primi stabi-
limenti balneari sono sistemati su palafitte.
Il mare che lambisce il forte Sangallo, la
marciaronda del borgo e tutta la balconata che
iniziava davanti al palazzo municipale per ter-
minare nei pressi del fiume Loricina, producono
nei secoli fenomeni affascinanti di erosione.
Cosicché residui di macco, uniti ad avanzi di
antiche costruzioni romane, formano quei famo-
si scogli che i vecchi nettunesi ricordano con
tanta nostalgia.
Non vi è sabbia, ma dei sassolini arrotonda-
ti, chiamati in dialetto
pallandoli.
Qualche
anziana nettunese racconta, che in periodi di
ristrettezze
una delle fonti di alimentazione, è
la minestra di pallandoli, con il solo sapore dato
da quei sassolini imbevuti nel mare.
Con l’ausilio di Vic De Franceschi, storico
appassionato, una vita dedicata al mare e a
Nettuno, proviamo ad elencare gli scogli che
dopo le grotte di Nerone, l’arco muto ed il molet-
tone ad Anzio, troviamo a Nettuno fino a Torre
Astura: affiorano scogli davanti al villino
Colonna,
Punta
Borghese,
il
vaschettone
all’al-
tezza del Belvedere,
Criccone
e
Pera
davanti al
forte Sangallo,
Orlando, Pagnotta, Patella
e
“Faciolo”
alla marciaronda, la
montagna sco-
gliosa
di fronte al comune, lo
scoglio rosso
all’al-
tezza dell’albergo Astura ed infine affiorano
scogli
in zona Loricina e Poligono. Durante gli
anni sessanta, con l’inizio dei primi lavori per la
costruzione del porto, lavori che termineranno
solo nel 1986, tutto il paesaggio viene stravolto
irrimediabilmente cosicché gli scogli di cui
Nettuno andava tanto fiera vengono confinati
nella memoria di qualche anziano e dimentica-
ti per sempre.
Negli appunti di Gabriele d’Annunzio rin-
tracciati dal Cimmino e pubblicati in
Poesia e
poetica in Gabriele d’Annunzio
troviamo un
vate
in dolce e misteriosa compagnia, forse
presso Villa Borghese, il 27 e 28 febbraio del
1897 lungo gli scogli della riviera di Anzio e
Nettuno che scrive:
il mare grigio e molle,
gemebondo. Paranze lontane….ed ella nei punti
meno aspri si lanciava quasi felina, ponendo il
piccolo piede sicuro nella pietra lubrica
.
Verso la fine dell’ottocento, Nettuno entra a
far parte delle località di villeggiatura, divenen-
do una delle spiagge della capitale: si dice che sia
frequentata soprattutto dal generone romano.
Nella Roma papale esiste una netta divisione
di classi di borghesia, una ricca, formata da fami-
glie di mercanti di campagna, arricchitisi nel-
l’amministrazione dei beni delle grandi case prin-
cipesche, chiamate il
generone
e l’altra minuta,
impiegatizia, non bottegaia che è il
generetto.
Le spiagge da ponente a levante erano: lo
stabilimento di Felice Ciarla, in seguito rileva-
ta da Giovannino Martini, poi a fianco del
Sangallo i bagni Vittoria di Filippo Valeri, a
levante ad inizio secolo lo stabilimento
Massarelli, nel dopoguerra sotto la passeggiata
del lungomare gli stabilimenti: Delfino,
Tridente, Dopolavoro ferroviario e Bagni
Astura, quindi le storiche Sirene ed il Salus.
Da ricordare che sulla collana di sussidiari
per la cultura regionale, Latium, del 1924,
Adele Iacobini Molina, illustra così il nostro
litorale
: La costiera tra Anzio e Nettuno è tutto
un gaio rifiorire di villette annidate fra il verde,
un sorriso della natura e dell’arte. La villa
135
A
LBERTO
S
ULPIZI
La storia sono fatti che finiscono col diventare leggenda
le leggende sono bugie che finiscono col diventare storia.
Jean Cocteau
N n basta sser nati...bisogna f
qualcosa.
Giovanni Arpino