stringeva la gonna formando pieghe naturali, le cui estremità erano
limitate da una trina tessuta con fili d’oro e d’argento. Sopra la veste
si indossava un corpetto a vita, anch’esso scollato e chiuso sotto il seno
con una fascia arabescata; il corpetto, al pari della sottana, era decora-
to con una trina alle sue estremità. La corta veste lasciava vedere gli
stivaletti alla moresca. Il capo era coperto da un drappo variopinto
avvolto a turbante; i capelli erano lasciati scendere sulle spalle, ed
intrecciati con nastri colorati. Gli ornamenti, orecchini, collane ed
altro erano in stile orientale.
La prima perdita degli elementi caratteristici dell’abito antico fu
quella del turbante. Le larghe fasce non più annodate sul capo furono
intrecciate ai capelli e lasciate pendere sui lati della testa, sulla quale
fu posta la cartonella ciociaria e campana. I capelli, portati lisci e divi-
si in mezzo al capo, in epoca tarda senza trecce nella parte posteriore,
erano trattenuti da un nastro verde per le ragazze, rosso per le mari-
tate e nero per le vedove. Nei giorni di festa i capelli erano sciolti,
intrecciati dai nastri colorati e lasciati ricadere sulle spalle.
La condizione civile era anche indicata nel drappo che copriva il
petto: per le donne maritate vi erano ricamate due ordini di trine, uno
solo per le zitelle. La cintura con i piccoli sonagli d’argento fu sempli-
ficata dopo l’intervento di Gregorio XIII e la nuova veste, senza mani-
che, tutta intera dalle spalle sino ai piedi, fu tagliata alla vita e natu-
ralmente adattata sopra i fianchi dai quali ricadeva “ con sfarzo e ric-
chezza di pieghe”.
L’allungamento dell’abito rese anche inutili gli stivaletti che furono
sostituiti da pianelle ricoperte di panno rosso e di pelle argentate, “ad
uso dei sandali pontificali”.
Dalla prima metà dell’Ottocento, in coincidenza di un rinnovato
interesse verso i costumi popolari, inizia per l’abito nettunese la pro-
duzione di un impressionante numero di stampe ed acquerelli, spes-
so di gran pregio, che ne estenderà la conoscenza in tutta Europa.
Alle rappresentazioni dei vari pittori si devono aggiungere le
testimonianze degli scrittori che scendevano in Italia per ammirare
Roma e la Campagna Romana. Efficace è la descrizione del costume
delle donne di Nettuno lasciataci dal Gregorovius nel suo peregrina-
re nel Lazio.
E’ assai strano che, persino i più piccoli paesi, in Italia si differenzino
tanto l’uno dall’altro sia nel costume che nel carattere e nel modo di vestire,
come delle piccole repubbliche. Così ogni cittadina sia sui monti che lungo il
mare, forma un popolo a se. Per formarsi un idea precisa del pittoresco costu-
me nazionale di questi nettunesi bisogna assistere ad una delle loro feste reli-
giose, perché nei giorni feriali ci accorgiamo solo di particolari dettagli come
un bellissimo modo di dividere la chioma a metà del capo, attorcigliando i
capelli lungo la testa, senza farne una treccia ma annodandoli con nastri,
verdi le ragazze, rossi le donne e neri le vedove, di modo che uno sa sempre
come distinguere le zitelle dalle maritate. Il costume consiste in un fazzolet-
to a strisce d’oro e d’argento rigido e piegato verso l’interno che ricopre il
capo oltre il profilo, in un abito lungo rosso scuro, di seta o di velluto, rica-
mato agli orli in argento e oro che scende solenne ricoperto da una giacchet-
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N. Barabas: Costume di Nettuno 1835.
G. Brovelli Soffredini:
Donna in costume Nettunese, sec XX.
N
ETTUNO
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LA SUA STORIA