in America Latina, in Cile. Elisabeth sa che a
Roma è possibile ricevere l’assistenza necessaria
per il grande salto verso il Cile. Approfitta
dell’invito a tornare a Roma per lavorare ancora
come istitutrice presso alcune famiglie romane,
come ha fatto qualche tempo prima.
Elisabeth, suo figlio Georg e Giuseppina
partono così per l’ennesima volta per un viaggio
che avrebbe potuto cambiare la loro vita ed il loro
destino. Questa volta la destinazione non è più un
qualche paese dell’Austria ma l’Italia, Roma,
dove Elisabeth ha già vissuto e che non crea
preoccupazioni o angosce a Georg, pieno di
fiducia nei confronti della madre che, tra l’altro,
parla bene l’italiano e conosce Roma. Perciò da
Graz a Mittersill, prima tappa di avvicinamento a
Roma in casa del nonno materno e della sua
seconda moglie, “una vera matrigna”.
Forse sono loro a convincere Giuseppina a
restare e non continuare quel viaggio “così
strano” verso le Americhe. E’ la primavera del
1948. Inizia il viaggio di Georg ed Elisabeth verso
l’Italia, verso Roma. A tedeschi e ad austriaci non
è permesso, dopo la guerra, lasciare il loro paese.
Da Mittersill al Brennero e poi a piedi verso il
confine italiano dove però vengono fermati da un
poliziotto che, visti i documenti, dovrebbe
rispedirli indietro e che invece forse preso da
compassione, li lascia passare. Suggerisce a Georg
però di cambiare calzoni, perché con quei calzoni
corti in pelle, tirolesi, verrebbe riconosciuto e
fermato subito. Così arrivano a Bolzano, ospiti
per una notte di Carlo Masera, uno dei nove
Kriegsgefangene conosciuti a Graz e fuggiti
subito dopo di loro per rimpatriare. A Roma,
quindi, trampolino per il Cile.
Nettuno vista da San Rocco. Cartolina ed. Vaccari
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