G
IORGIO
P
AGLIUCA
- A
LBERTO
S
ULPIZI
una figura maschile, lo vive come una necessità
biologica; avere un figlio è per lei un passo impre-
scindibile della propria vita. Nel 1937 ritorna a
Roma per quasi due anni, lasciando Georg dai
suoceri. Il governo nazista la richiamerà in
Austria per lavorare come istitutrice in un
riformatorio, dove rimane fino al 1942. Elisabeth
sarà una figura sempre presente nella vita di
Georg fino alla morte, avvenuta il tre marzo 1986
nella clinica Villa dei Pini ad Anzio. Ora riposa
nel cimitero di Nettuno e Georg va spesso a
trovarla. La tomba è ornata da un altorilievo di
marmo fatto dal figlio alcuni anni prima della sua
morte.
Secondo Georg, la madre possiede particolari
doti sensitive, che si manifestano in molteplici
occasioni della loro vita. E’ infatti sognando la
sorella Luise che Elisabeth riuscirà a salvare la
nipote Giuseppina, figlia di Luise. E sarà sempre
un sogno a rafforzare la sua fede di “credente, ma
non osservante e da giovane addirittura scettica”.
Elisabeth racconta molto emozionata a Georg di
aver sognato una persona che per lei è Gesù. Le
scende incontro da una collina, seguito da un
gregge senza fine. Arrivatole vicino la guarda con
profondo amore. Elisabeth si sente attraversata
da quello sguardo. Poi un suono di campane e
vede Gesù trasformarsi in un affresco sul muro di
una chiesa. Da quel sogno Elisabeth uscirà con
una fede rafforzata e la convinzione che non
sarebbe più stata abbandonata, “sarebbe uscita da
qualsiasi situazione difficile”. Dopo quel sogno,
inoltre, non ci sarà più alcun segno del glaucoma
diagnosticato anni prima in Austria. E’ grazie ad
un ulteriore sogno, in cui davanti un bosco in
fiamme ed un solo sentiero attraverso il quale
riescono ad uscire illesi, che Georg crede che la
madre acquisti maggiore coraggio e fiducia per
andare avanti, nonostante la dura realtà della
vita. Dopo la nascita, Georg trascorre i primi due
anni con la mamma ad Innsbruck. Non ricorda
naturalmente nulla della città dove poi tornerà
solo un paio di volte. All’età di due anni, nel 1937,
si trasferisce a Klagenfurt, dai nonni paterni,
restando con loro fino all’età di sette anni. Lì
frequenta la prima classe elementare ma viene
bocciato perché “non seguito a casa”. Di quel
periodo presso i nonni ha pochi ricordi. La
sensazione è di una bella fanciullezza, bella ma
trascorsa in solitudine, abbandonato a sé stesso,
tanto da essere bocciato a scuola “anche se non
ero stupido”, commenta Georg. Nel 1942, all’età
di sette anni, va a Graz nella regione della Stiria,
da sua madre, che nel frattempo ha ottenuto un
lavoro statale come istitutrice presso il locale
riformatorio. Gli piace stare con la madre e i
nonni non gli mancano. Elisabeth ha bisogno di
essere rassicurata circa l’affetto del figlio e gli
chiede spesso: “
Hast du mich lieb, Jörgele?
- Mi vuoi
bene Giorgetto? E la sua immancabile risposta
era:
”Ja, bestimmt, wirklich”
, si, certo, veramente.
Ed è vero. Il sentimento di affetto e di fiducia
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