Diceva ai concorrenti che aveva a fianco,
con voce caratteristica nasale, a cantilena: -
“Magnate! . . . Non li sprecate! che vepossi-
nammazzavve! ... So bòni! Domani non ce ne
stanno più! Ve cacate sotto dalla fame!” Tante
volte aveva di fianco il suo amico
Antonio
Taurelli
, che entrando in finale, furbescamente
col muso, sparpagliava a terra gli spaghetti per
finirli prima, aggiudicandosi per più anni il
primo premio, che consisteva in un balocco di
Pulcìnella, in dieci lire, ed un pacco di spa-
ghetti. Gaetano, negli ultimi anni della sua vita
fu fatto Commendatore dell’Ordine di S. Sil-
vestro Papa.
Nunzio Ciavatta
Nel 1930 Nettuno fu scossa da un
avvenimento clamoroso.
Alla Scuola
d’artiglieria, durante un’esercitazione, il
cavallo ombroso del capopezzo di una batteria
ippotrainata, si ribellò al suo cavaliere
disarcionandolo prima con enormi salti a
“montone”, poi aggredendolo a morsi, calci e
rampate, fin quando uccise il militare. Era
consuetudine in questi casi eccezionali che tali
animali assassini venissero abbattuti, per far sì
che non provocassero altre tragedie.
La cosa destò enorme scalpore. La notizia si
diffuse presto e Nunzio Ciavatta, noto
domatore nettunese, venutone a conoscenza,
si presentò al Comando della caserma affinché
il cavallo in questione venisse affidato alle sue
cure, per un paio di settimane. Avrebbe
pensato lui a piegarlo e a renderlo docile. Il
Colonnello comandante dapprima l’ascoltò
con sufficienza, poi dalle sue argomentazioni,
rendendosi conto della grande esperienza che
aveva in fatto di cavalli, si decise ad
affidarglielo. Non passarono neanche due
settimane, che una sera verso l’imbrunire ecco
Nunzio che cavalcando il cavallo assassino,
divenuto “manzo” come una pecora,
attraversò la Piazza per dirigersi al Circolo
Ufficiali, passando per il giardino del
Comando. Una moltitudine di civili dal di
fuori, ed un cospicuo assembramento di
ufficiali che stavano riuniti dentro, richiamati
dal clamore popolare, assistettero a questa
scena. Il cavaliere nella sua posizione eretta si
portò col busto avanti in prossimità delle
orecchie dell’animale, sussurrandogli, con la
sua vocina nasale qualcosa; poi riassumendo
la posizione eretta, si accinse a salire la
scalinata che dal giardino portava al primo
piano del Circolo, come se fosse stato un
cavallo da circo;
ridiscendendo poi
maestosamente dall’altra rampa della
scalinata. Smontando quindi dalla cavalcatura
e rivolto agli ufficiali, che gli fecero
capannello, disse: “Il cavallo ormai può essere
cavalcato anche da un bambino”.
Uomo di rare qualità, ottimo cavallerizzo,
conosceva tutto sui cavalli fin da quando erano
“vannini” (puledri), li aiutava a crescere bene,
li domava, li guariva se erano ammalati, senza
l’intervento del veterinario. Aveva una
comunicativa con essi più unica che rara.
Riusciva a far loro eseguire qualsiasi
evoluzione, senza l’uso della frusta e speroni.
Era “tutt’uno” con essi quando li cavalcava.
Durante le festività di Sant’Antonio Abate
ricorda il Rondoni, Nunzio Ciavatta
organizzava corse dei cavalli a Piscina
Cardillo.
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